CINQUE ANNI E NESSUN TENTATIVO DI APRIRE UNA DISCUSSIONE

Ieri sera ho pubblicato un post sgomento per quanto Silvana De Mari ha scritto, su La Verità, contro Selvaggia Lucarelli: prendendo a pretesto il non gradimento della canzone di Cristicchi (autodenunciamoci: siamo parecchi a non aver gradito), l’ha attaccata sul suo aborto con parole intollerabili. L’ho fatto perché trovo terribile che si possano impunemente scrivere articoli, ripeto, articoli, di questo tenore, e suppongo che l’Ordine dei giornalisti stia facendo il solito pisolino in proposito, ma pazienza.
Quello che mi ha colpito, ma ancora una volta non sorpreso, è che alcune commentatrici hanno, se non difeso De Mari, spezzato una lancia in suo favore per il suo essersi spesa contro i vaccini.
E questo mi riporta a un discorso molto importante, che prova a infilarsi negli articoli commemorativi di questi giorni che rievocano quanto avvenuto cinque anni fa con la prima scintilla, o il primo incendio, del Covid in Italia.
Le divisioni non sono state prese in considerazione. Il trauma continua a essere ignorato. I discorsi non accolgono il dolore e la paura collettivi. Non si fa, ancora, un ragionamento serio e riparatore sul greenpass.
E invece dovremmo.
Ripubblico un articolo di dieci mesi fa. Lo ripubblico testardamente, perché dopo cinque anni bisognerebbe parlarne e parlarne e parlarne, proprio per non lasciare alle De Mari di turno l’ultima parola per quel che riguarda le persone che hanno sofferto, ebbene sì, in prima persona l’imposizione del greenpass. Che si possa almeno discuterne ora è necessario, anche se vedo che non avviene, e probabilmente non avverrà, lasciando campo libero a chi non ha altro interesse che raccattare seguaci (sì, ancora una volta è una questione di potere e, no, non esistono poteri buoni).
Ecco il post.

 

Su questo blog ho più volte espresso dubbi giganteschi su come è stata raccontata la necessità del greenpass. E ho più volte linkato quanto hanno scritto e ripetuto i Wu Ming, cui l’onestà e il nitore con cui hanno provato a intervenire sono costati parecchio.
Linko nuovamente il lungo articolo su Giap in cui hanno analizzato la questione, invitandovi a leggerlo e a riflettere.
Per esempio:

“Il lasciapassare è lo strumento con cui il governo prosegue la strategia adottata fin dall’inizio della pandemia, quella di metterci tutti sul chi vive gli uni contro gli altri. In questo caso potremmo dire: “sul chi merita di vivere” e chi invece deve stare chiuso in casa «come un sorcio».

Deviare l’attribuzione di responsabilità verso il basso e disperderla in orizzontale è ciò che ha fatto la classe dirigente fin dai primi di marzo del 2020.

Prima il nemico pubblico era chi faceva la «corsetta» o anche solo la passeggiata. Ricordiamo bene la volta in cui il sindaco di Bologna Virginio Merola paragonò le persone che continuavano a fare due passi o fare jogging a «sacche di resistenza» da sgominare, aggiungendo: «Ci sono ancora alcune zone, in particolare nelle periferie, dove il richiamo del verde è molto forte.»

Questo, rammentiamolo, mentre le fabbriche di Confindustria restavano aperte e treni e bus giravano carichi di pendolari.

Poi si è sferrato l’attacco alla «movida», termine spagnolo ma che si usa così solo in Italia. Ancora una volta gente che stava all’aperto, nelle piazze, fuori dalle rotte reali del contagio.

Poi è stato il turno degli stronzi irresponsabili che erano andati in ferie, molti dei quali… usando il «Bonus vacanze» dato loro dal governo.

Nel frattempo c’era la voga del dare a chiunque del «negazionista».

Poi c’è stato l’obbligo di mascherina all’aperto, e chiunque dicesse che era insensato – cioè dicesse la pura verità – era un «no mask», altro esempio di anglicorum di regime.

E mica li abbiamo elencati tutti, i diversivi e i capri espiatori.

Ogni volta si è trovato un modo di scaricare su bersagli implausibilissimi le colpe del governo e dei padroni, in modo da continuare a gestire l’emergenza in modo capitalistico, facendo leva sulla pandemia per un’enorme ristrutturazione.

Ora è il turno dei «no vax», e ormai viene chiamato così chiunque non abbia il lasciapassare, e persino chi ce l’ha ma non lo descrive in modo encomiastico”.

E, nella seconda puntata dell’articolo:

“Rifiutiamo la trappola dicotomica vaccinismo/antivaccinismo, a maggior ragione dobbiamo rifiutare l’altra falsa linea di frattura, quella tra chi ha e chi non ha il lasciapassare. Non possiamo sprecare fatica e senso dell’equilibrio camminando sulla fune sbagliata.

Del lasciapassare dobbiamo denunciare, tutte e tutti insieme, irrazionalità e secondi fini. Dobbiamo lottare perché venga richiesto in sempre meno circostanze e, meglio ancora, venga abolito. Gli argomenti a favore di quest’abolizione sono numerosi e facilmente spiegabili. A questo proposito, ricordiamo un paio di banalità di base.

■ Il lasciapassare è l’ennesimo provvedimento emergenziale descritto come inevitabile… eppure evitato nella maggior parte dei paesi. Quando qualche esperto da social vi dice che «il pass c’è in tutta Europa», sappiate che sta confondendo, forse a bella posta, due documenti diversi: il Certificato Covid Digitale dell’UE – che consente di viaggiare tra paesi membri e ha praticamente solo quello scopo – e il lasciapassare sanitario, che con queste caratteristiche, almeno al momento, esiste in pochissimi paesi [2].

■ In Italia il lasciapassare è stato introdotto e viene usato in modalità – e per finalità – da cui la stessa OMS mette in guardia in questo documento ufficiale. Chi non ha tempo di leggerselo può farsene un’idea grazie al sunto di Fabio Chiusi.”

Il post è lungo, e i due articoli ancora di più.
Se li ripubblico oggi è perché ritengo folle non aver riaperto il discorso, come se non fosse accaduto nulla. E non è per rispondere a chi chiede “dove eravate?”. Molte e molti di noi ci sono sempre stati, hanno sempre provato a problematizzare e a capire. Magari non ci avete letto, e ci sta. Ma non bisogna neanche usare la domanda per minimizzare la situazione di oggi o per screditare chi contro questa situazione si batte. Sarebbe non solo ingiusto, ma pericoloso.

Un pensiero su “CINQUE ANNI E NESSUN TENTATIVO DI APRIRE UNA DISCUSSIONE

  1. buongiorno Loredana, seguo i suoi articoli da Linus e poi saltuariamente su fb. La radio purtroppo no perché vivo all’estero da anni.
    Giustamente lei dice se ne dovrebbe parlare …. ma secondo la mia modesta opinione e per la mia esperienza, visto le reazioni e le aggressioni verbali scatenate sui socials a chi, me compresa, sollevava anche il minimo dubbio, visto e vissuto il clima da caccia alle streghe e la campagna di terrorismo psicologico credo sia molto molto difficile che se ne parli in termini civili e dialettici, anche solo per la paura che hanno in molti di scoprire che non sono stati realmente protetti e che sono stati ingannati. Mi sembra che si siano tutti chiusi in un guscio coriaceo difficile da aprire. Io personalmente vista l’esperienza ho smesso di scrivere e esprimere i miei dubbi in particolare su fb. e anche di parlare con le persone se non so come la pensano. Sinceramente non avrei mai immaginato di vivere una situazione così allucinante per non parlare della delusione di certi personaggi come V. Merola conosciuto di persona e vicino alla mia famiglia. Io evito di dire quello che penso se non so con chi ho a che fare. Comunque grazie per questo articolo.
    Antonella

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