BREVE STORIA DEL VITTIMISMO DI GOVERNO

Allora, non è la prima volta che la premier gioca la carta del vittimismo, come ha fatto in queste ore a proposito della Global Sumud Flotilla, accusata di utilizzare “la sofferenza del popolo palestinese per attaccare il governo italiano” (ehm, è una missione internazionale), e protestando per il fatto che in molti “mi accusano di essere complice di quello che accade a Gaza, che ho le mani sporche di sangue, che sono un’assassina”. Aggiungendo di non aver mai usato un linguaggio simile  quando stava all’opposizione e qui per carità cristiana rimandiamo alla rete che serba memoria.
Mi sto chiedendo quanto dobbiamo ancora interrogarci sui pericoli del vittimismo, come ormai fece undici anni fa Daniele Giglioli in Critica della vittima. Passaggio:

“La prosopopea della vittima è la protesta (impotente e pericolosa se abbandonata a se stessa) contro quell’avaria della dimensione pubblica che affligge il cittadino di una società post-democratica. Quando non è in palese malafede, certo; eppure, anche in quel caso attingendo allo stesso bacino di energia passionale. La forza dei mistificatori parassita quella dei mistificati. Restituirla agli espropriati è ciò a cui mira la critica della vittima, come accadde per esempio quando il movimento operaio passò da quella che Marx chiamava “filosofia della miseria” all’orgoglio dialettico di chi, sentendosi insediato nella punta piú avanzata della produzione sociale, rivendica il diritto a guidarla: un diritto del fare, e non dell’essere attraverso il subire. Dannati della terra sí, ma in piedi, prometteva il suo inno: “Debout les damnés de la terre” ecc.”

 

Ricordo soltanto quello che avvenne mesi fa, quando Meloni bacchettò  Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Bologna, ribadendo che è grave sostenere che le “radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”. Si potrebbe rispondere, citando una frase di Tolkien che Meloni ha deformato a proprio uso e consumo, che le radici profonde non gelano. Più semplicemente, è vero che il neofascismo degli anni Settanta e il postfascismo degli anni Venti non sono identici: ma è molto difficile negare che siano due lingue della stessa fiamma (non è una metafora).
Il problema che il vittimismo governativo funziona come ha funzionato la campagna elettorale che ha portato all’elezione di Meloni: perché chi li vota non aspetta altro che di essere rassicurato sul fatto che la colpa è sempre, sempre degli altri, e mai sua.
Se si prende in mano il rapporto Censis del 2022, si vedrà che avevamo allora (e abbiamo ancora oggi) un problema di paura: il 51,7% degli italiani teme di rimanere vittima di reati, nonostante nell’ultimo decennio il numero delle denunce sia diminuito del 25,4%: gli omicidi volontari calano del 42% (i femminicidi restano sempre stabili, invece) e le rapine e i furti in casa del 48%. Eppure, questo governo agisce proprio sul terrore degli italiani: un paio di anni fa, la Presidente del Consiglio rispondeva alle non poche polemiche relative al decreto anti-rave e anti-tutto con queste parole: “è una norma che rivendico e di cui vado fiera perché l’Italia – dopo anni di governi che hanno chinato la testa di fronte all’illegalità – non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”.
Qualche tempo fa, inoltre, l’ineffabile Luca Ricolfi contestava il ddl Zan scrivendo su La Ragione che si può condannare l’odio ma non la paura: “perseguire xenofobia, omofobia e transfobia equivale a sostenere che la gente non abbia il diritto di manifestare sentimenti di paura verso determinate categorie di persone”. Giuro che l’ha scritto davvero. Che poi la paura non sia quella di venir aggrediti o uccisi, ma quella di perdere uno status sociale, come notava anni fa la psicologa Chiara Volpato, poco conta: l’importante è che si continui a essere terrorizzati, magari dai fantasmi, e di esultare quando il governo in carica risponde da par suo.
Ovvero, che è colpa degli altri, e che la missione della Flottilla è stata fatta proprio contro Meloni, certo, e non per chi muore a Gaza. Il problema è che parecchi ci credono.

 

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