Due anni fa avevo scritto per L’Espresso una lettera alle giovani persone sul 25 aprile. Oggi, anche alla luce del famigerato invito alla sobrietà da parte di un governo che di sobrio non ha nulla, la cambierei un po’. Intanto, augurandomi che sobri non siano, domani: perché non c’è niente di peggio che l’accorrere dei servi sciocchi come è avvenuto in queste ore con la cancellazione di una serie di eventi.
Porre come scusa il lutto per Papa Francesco è risibile: non stiamo parlando dell’allestimento nelle piazze di Rocky Horror Picture Show (visto che siamo nel cinquantenario del film), ma di convegni, che d’abitudine sono fatti da seri studiosi seduti dietro un serissimo e sobrio tavolo su sedie sobriamente scomode a parlare di quel che sanno. E’ che, al solito, si corre a compiacere chi comanda infischiandosene della logica, e pure della decenza.
Ma alle giovani persone direi soprattutto di non prestare orecchio alle adulte e agli adulti che in questi anni hanno ignorato l’onda lunga del fascismo, sospinto a una mistica del materno che farà danni enormi e anzi li ha già fatti, cavalcato un giovanilismo di facciata, insultato le lotte per l’ambiente.
Un grande poeta come Franco Fortini, nelle sue ultime poesie, scriveva: «Proteggete le nostre verità». Credo che quelle sue bellissime parole debbano essere cambiate: proteggete le vostre e siate loro fedeli. Dite di no.
La cosa più bella del blog è ricevere mail e storie. Ieri ne ho ricevuta una da un esponente del Climate Pride. Come ho scritto ieri, al di là dei singoli convincimenti, il dialogo di Papa Francesco con le ragazze e i ragazzi che si battono per l’ambiente non è dimenticabile. Per questo, pubblico volentieri il loro manifesto, preceduto da una storia. Seguiteli.
“Le soluzioni (la redistribuzione delle risorse, innanzitutto) ci sono e altre vanno trovate. Crediamo che le energie debbano essere rinnovabili e meno impattanti possibili, sul modello della fotosintesi che le piante realizzano da milioni di anni. Crediamo che le merci debbano avere una vita circolare e si debbano ridurre i consumi, come i batteri fanno da miliardi di anni, riassemblando, riusando e non lasciando scorie. Le relazioni umane debbano imparare dai funghi che sono interconnessi e stimolatori di diversità. La simbiosi con le altre specie possono essere il nostro stile di vita come fanno i licheni simbionti.
Dall’era dell’uso forsennato e dell’abuso sistematico dei beni comuni naturali, e dei rapporti di diseguaglianza verso la nostra e le altre specie, possiamo e dobbiamo tendere all’essere in divenire delle relazioni Multispecie.”
Oggi su La Stampa c’è un mio articolo su Papa Francesco, dove ricordo la sua esortazione apostolica. In particolare:
“In quello stesso 2023, il 4 ottobre, viene data alle stampe l’esortazione apostolica Laudate Deum, dedicata all’emergenza climatica di cui i grandi della terra, a vario titolo, dedicavano e dedicano ben poca della loro attenzione. In quel testo, Papa Francesco citò addirittura When species meet di Donna Haraway, la filosofa ecologista e femminista, e sposò le sue tesi: “il paradigma tecnocratico può isolarci da ciò che ci circonda e ci inganna facendoci dimenticare che il mondo intero è una zona di contatto”, scrisse.
In quello stesso scritto, inoltre, stigmatizzò la mancanza di autorevolezza dell’Onu, si spese in favore di Ultima Generazione e dei “gruppi radicalizzati” (“essi occupano un vuoto della società”) e, infine, sferrò un duro colpo al capitalismo e al culto della Meritocrazia: “Si incrementano idee sbagliate sulla cosiddetta “meritocrazia”, che è diventata un “meritato” potere umano a cui tutto deve essere sottoposto, un dominio di coloro che sono nati con migliori condizioni di sviluppo. Un conto è un sano approccio al valore dell’impegno, alla crescita delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, la meritocrazia diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere”.
Non sono stati molti, coloro che si sono spesi a favore di Ultima Generazione. In proposito, ripubblico qui un altro articolo, che ho scritto proprio in quel 2023, a maggio. Per rinfrescarsi la memoria. E ricordare tutti i nodi che sono stati raccontati dai giovani ambientalisti fino allo sfinimento, nell’assoluta indifferenza. Anzi. Nello scherno. Nei primi giorni della catastrofe in Emilia Romagna, sia Ignazio La Russa che Enrico Mentana li hanno invitati ad andare a spalare come gli Angeli del fango. Così Mentana: “Dai ragazzi che siete ancora in tempo, meno tangenziali occupate, meno comparsate tv e più sana, ma faticosa, militanza”.
Peccato che c’erano tutti, i ragazzi e le ragazze di quei movimenti, a spalare, a raccogliere beni di prima necessità, a contribuire con le loro mani (a differenza dei twittatori). Ci sono decine di fotografie, a testimonianza. E resta la pessima figura di chi vilipende (e da anni) chi ha ragione, anche quando la realtà stessa glielo sta dimostrando
E’ che sono stata abituata male.
Sono stata abituata a credere nell’intelligenza dei gruppi, nella diverse età della mia vita. E ho potuto far parte più volte di gruppi luminosi per intelligenza: nella mia giovinezza, al tempo del partito radicale, negli anni Novanta, quando ho conosciuto gli attuali Wu Ming, negli anni Zero, quando ho conosciuto scrittori e scrittrici che sono ancora fra le mie amicizie. Uno su tutti, morto esattamente tre anni fa, era Valerio Evangelisti, che è stato davvero un compagno di via indimenticabile, non solo come autore, ma per lo sguardo ai deboli, ai non garantiti, ai contadini, a coloro cui abitualmente non si guarda.
Ho potuto farlo, ancora, negli anni Dieci, con l’avventura magnifica del Salone del Libro insieme a Nicola Lagioia e al gruppo editoriale, quando non si trattava solo di metter su un programma ma di immaginare qualcosa di diverso da quanto si era conosciuto fino a quel momento.
Ecco, con tutte queste storie alle spalle e peraltro ancora vive nel presente, proprio non riesco a capire come si possa mettere insieme pensiero politico, e letterario, e giornalistico usando l’arma della delegittimazione. Davanti a questa sempre più ampia tendenza, mi viene in mente ancora una volta Mark Fisher, quando parlava di salute mentale e diceva che “la depressione è il lato oscuro della cultura dell’autopromozione”. Credo sinceramente che siamo tutte e tutti, se non depressi, nella terra che lambisce la depressione stessa. Perché “la nostra immaginazione”, ha scritto Fisher in The Only Certainties are Death and Capital, “è ancora dominata (o stordita) dal lavoro che emerge da questa mistione dopata di edonismo, cinismo e pietà che hanno governato l’arte e la politica negli anni Novanta e nei primi anni Zero”.
E come se ne esce? Lo diceva proprio Evangelisti: costruendo un immaginario attraverso le storie, che ci aiuti a “evadere dai sogni imposti ed eterodiretti”. Sognando un altro sogno, insomma.
Dovremmo, tutte e tutti, essere consapevoli di questa possibilità che è anche una responsabilità. Anche quando scriviamo un post. Anche quando commentiamo. Ogni volta che prendiamo parola pubblica e sprechiamo l’occasione, contribuiamo a quel cinismo che ci sta schiacciando da anni.
E Buona Pasqua.
Che ci fosse una dicotomia in atto è cosa risaputa da cinque anni, ed è nata e si è sviluppata nel momento in cui dicevamo di noi stessi che saremmo stati migliori. Invece, non abbiamo mai fatto i conti con gli effetti della pandemia e, prima ancora, di un certo uso dei social che ha scavato la divisione profondissima fra “voi e noi”. Non è la prima volta che scrivo di questo, ma ci torno perché in questi anni, e poi in questi giorni, sto constatando quanto sia diventato difficilissimo dialogare.
Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin (atto spaventoso, diciamolo prima che qualcuno alzi il ditino e dia della putiniana a me, a me che ancora fremo di rabbia per l’assassinio di Anna Politkovskaja), non è stato più possibile parlare di pacifismo senza ricevere insulti.
E’ avvenuto con Carlo Rovelli, avviene con Alessandro Barbero.
Laddove chiunque abbia contestato l’uso del falso video “in quanto falso video”, e non per le posizioni che venivano espresse, è putiniano, fango, fan accecato, altro.
Ci sono ovviamente decine di altri esempi sul modo in cui ci si divide e ci si sbrana vicendevolmente, ma non fa ben sperare il fatto che persone stimabili e stimate, intelligenti, colte, attente a quanto succede nel mondo, mostrino sempre più quello che, se non sbaglio (potrei) Elias Canetti chiamava “duro cristallo di rancore”.
E ancora, allora, qual è il compito di chi scrive? Secondo il mio umilissimo parere è esattamente auspicare altri discorsi, altri confronti, altre parole. Che non eliminino il conflitto, ma anzi lo accolgano nei termini in cui possa essere costruttivo.
Già, e le fumetterie? O comunque i luoghi dove si vendono i fumetti? Fin qui abbiamo parlato di librerie, ma il meccanismo della centralizzazione non è prerogativa delle medesime.
Oggi mi ha scritto un lavoratore che chiamerò Qin, come uno dei protagonisti della bellissima serie a fumetti Strangers in Paradise di Terry Moore. Ed ecco qual è la situazione.
“Da qualche anno (e con orgoglio) è stata introdotta la “tecnica dei 5 sorrisi” ovvero 5 step di vendita che i commessi devono mettere in pratica con ogni cliente. Se utilizzata bene e con costanza, si potrà portare a termine la vendita riuscendo a fare un add-on sale e anche un upsale! Mi spiego: un add-on sale è la vendita di un oggetto che magari non si sta nemmeno cercando, ma inerente a quello che si compra.
Per esempio: abbiamo un cliente che è entrato per comprare un fumetto dal prezzo di 5,20 che, se sono stato bravo, ha comprato i primi 10 numeri di quel fumetto (52,00€) e mi sta lasciando un’altra decina di euro per sovrapprezzo della variant e buste protettive.
Ma (cito nuovamente) non devo sentirmi in colpa se faccio spendere tutti questi soldi a un cliente, perché gli sto dando dei consigli preziosi per divertirsi. E il tutto, se sono bravo, in venti minuti. Perché poi devo passare al prossimo.
Come si fa a controllare se i propri dipendenti effettuano con successo la tecnica dei 5 sorrisi? Avvalendosi di un’altra ditta che procura dei “mistery client”, ovvero finti clienti che di mese in mese vengono mandati nei punti vendita in tutta Italia allo scopo di creare varie situazioni di vendita e compilare poi un questionario di valutazione per il commesso che li ha serviti, con punteggio che va fino a 100. Per la catena, la sufficienza è il 95).”
Nelle giornate un po’ storte, e aprile è per sempre il più crudele eccetera, avviene che si aggiungano alle cose storte altre cose storte, quindi il post non sarà proprio allegro.
Da ieri sera, costernata per centinaia di cose, dal pestaggio dei manifestanti milanesi (anche da parte del poliziotto con bomber che inneggia ai neonazisti polacchi) alla modifica costituzionale in Ungheria che infine porta alla negazione delle manifestazioni Lgbtq+, e ovviamente si può andare avanti e avanti, perché non ci mancano e non ci mancheranno le notizie che ci mozzano il fiato e ci fanno chiedere cosa succederà, anzi, cosa sta succedendo già.
Giusto, questa forse vi manca: l’amministrazione Trump ha congelato oltre due miliardi di sovvenzioni ad Harvard, perché l’università, prima fra gli altri atenei, si è rifiutata di aderire alle richieste del governo. Ovvero, “ridurre il potere di studenti e docenti ; segnalare immediatamente alle autorità federali gli studenti stranieri che commettono violazioni della condotta; e di coinvolgere un soggetto esterno per garantire che ogni dipartimento accademico sia “diversificato da opinioni diverse””.
Tutto quasi noto, certamente. Mi chiedo, come spesso mi accade, cosa possono fare le persone che lavorano con le parole. Raccontarlo, certo: serve a pochissimo, ma almeno potrebbe essere qualcosa di meglio rispetto al lamento sulle persone che vengono alle presentazioni e poi non comprano i libri (si è liberissimi di essere stufi di fare presentazioni, per carità: ma fare di un caso personale un caso generale mi sembra eccessivo), o al trecentocinquantesimo libro sulla propria ava. Capita di essere sconfortate, come me oggi, e di cercare una risonanza, un barlume di interesse, uno sguardo verso il mondo: ci sono, eh, ma non sono così tanti.
Erano altri anni, da ogni punto di vista e anche per la mia piccola vita. Venticinque anni fa collaboravo regolarmente con Repubblica e il 13 aprile 2000 scrissi questo articolo su Gianni Rodari. E dal momento che il giornale oggi lo ripropone on line, lo ripropongo pure io. Con immensa nostalgia per Rodari.
“C’ è una cosa che non si dice abbastanza sul celebratissimo Gianni Rodari, in questi giorni ancor più celebrato in occasione del ventennale dalla morte. Una cosa che viene anzi dimenticata del tutto, forse perché non in linea con il politicamente ipercorretto che si vuol forzatamente attribuire allo scrittore di Omegna. Il fatto è che Rodari fu probabilmente l’unico intellettuale italiano a prendere posizione a favore di un mondo che tutti gli altri odiavano perché lo percepivano estraneo e dunque minaccioso, un mondo che, non casualmente, sarebbe diventato la cultura di riconoscimento per una generazione intera: quello dei cartoni giapponesi. Era il 1980, l’anno della sua morte, e Rodari scrisse per Rinascita un articolo che si chiamava Dalla parte di Goldrake, il robot appena approdato in Italia e già oggetto di interpellanze parlamentari e anatemi pedagogici. Schivando le saette, Rodari proponeva: “Invece di polemizzare con Goldrake, cerchiamo di far parlare i bambini di Goldrake, questa specie di Ercole moderno. Il vecchio Ercole era metà uomo e metà dio, questo in pratica è metà uomo e metà macchina spaziale, ma è lo stesso, ogni volta ha una grande impresa da affrontare, l’affronta e la supera. Cosa c’è di moralmente degenere rispetto ai miti di Ercole?”.
La settimana scorsa ho pubblicato su Lipperatura la lettera di Anonima Libraia che esprimeva diverse critiche al primo intervento di Otello Baseggio. Il quale mi ha riscritto, e devo dire che gli scritti di Baseggio, anche se giustamente molto tecnici, sono lezioni importanti per me e credo anche per voi che leggete. Pubblico dunque la sua replica e approfitto per ricordare che il blog non sarà aggiornato fino a lunedì, perché per l’intera settimana ho lezione a Torino.
“Quanto all’aspetto economico di Panoplìa la dottrina di David Ricardo sui rendimenti decrescenti potrebbe esserti utile
– l’anonima libraia ha notato direttori di passaggio in magazzino osservare che qualche editore entrava a sconto “bassissimo”; un tocco di attenta osservazione: tanti, ma davvero tanti librai universitari sono diventati ricchi con fornitori al 25% quand’anche al 20%, trasferendo pure uno sconto del 15% o del 10% ai loro clienti; come mai? Lo sconto residuale andava a colpire libri di alto prezzo, ad altissima rotazione (magazzino pressoché azzerato a fine campagna) e a domanda rigida, lo stesso avviene con gli acquisti internet: se non hai domanda rigida, ma hai un profilo qualitativo ben definito riesci a dare rigidità al tuo bacino di clienti e, con gli strumenti e l’attenzione imprenditorialmente dovuti (non è possibile dilungarsi ma molti Baseggio ne ha illustrati durante i lunghi anni della formazione d’aula), puoi creare valore e ricchezza da distribuire, per esempio ai dipendenti, diversamente non avrai quanto serve da mettere sul tavolo per una buona trattativa
– semplificazione con esposizione per sigle editoriali: vallo a dire a chi si occupa di saggistica o legge narrativa per generi o acquista libri per ragazzi ragionando per interessi ed età: Panoplìa non soddisfa nessuno di questi requisti; Feltrinelli ha fondato le proprie fortune sulle porte aperte ai libri di buona fattura culturale e di intrattenimento, questo era il discrimine, la gestione commerciale poggiava su questo discrimine per ottenere condizioni favorevoli, discriminare sulla sola base del costo di acquisizione alza invece un muro invalicabile per parte di autori e opere che soddisfano il criterio fondativo, di conseguenza alla fruizione del pubblico nella catena Feltrinelli si tolgono opere che tale criterio soddisfano”
Per una volta, vi invito apertamente a comprare L’Espresso, per un paio di motivi.
Il primo: Sabina Minardi racconta il disvelamento di Jianwei Xun, autore di Ipnocrazia, saggio pubblicato da Tlon sui meccanismi del potere nell’era digitale. Lo legge, coglie alcuni indizi disseminati nel testo, comincia a dare la caccia al filosofo. E capisce, infine, che si tratta di un esperimento sulla costruzione della realtà nei nostri tempi. Così, intervista Andrea Colamedici, che racconta come il libro sia nato da un esperimento di “cocreazione” con l’intelligenza artificiale.
Mitopoiesi, si diceva negli anni Novanta a proposito di Luther Blissett.
Nell’intervista, Colamedici spiega il processo di costruzione di Xun e invita, ed è necessario, a una riflessione pubblica. Da leggere.
E già che ci siamo, in questo numero, oltre alla Cosa preziosa della settimana, c’è un mio lungo articolo sulle Nuove Indicazioni 2025 del ministro Valditara.
Che comincia così:
“Immaginiamo che a Guglielmo da Baskerville, il sapiente protagonista de Il nome della rosa di Umberto Eco, venga chiesto se è vero che “solo l’Occidente conosce la Storia”, come si afferma nelle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e il Primo ciclo di Istruzione. La domanda andrà naturalmente corredata da una precisazione per non incorrere nell’ira di Ernesto Galli della Loggia, che sul Corriere della Sera del 25 marzo ha detto, non senza anatemi verso “la miseria del nostro ceto intellettuale”, che la frase con cui si apre la parte del documento dedicata allo studio della Storia va intesa così: “solo in quell’area geo-storica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo”.
Alla fine della prima riga Guglielmo si sarebbe tolto gli occhiali sbuffando, e, cercando di essere paziente, avrebbe snocciolato una serie di nomi, chiamando a convegno i cinesi Sima Qian, autore di Shiji o Memorie Storiche, Ban Gu e sua sorella Ban Gao, cui dobbiamo molto di quanto sappiamo della Cina antica, gli storici arabi Ibn Ishaq e poi Ibn Khaldun la cui Muqaddimah (Introduzione alla Storia Universale) è considerata una delle opere maggiori della storiografia tutta (vi si parla persino di asabiyya , o solidarietà sociale).”
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