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Sulla vicenda della disillusione degli intellettuali dice la sua un meraviglioso libraio come Giorgio Gizzi/Harry Crum, che in un lungo post interviene su uno dei punti in questione: che riguarda le lettrici, e in particolare le lettrici di romance, da anni sotto accusa per la “pochezza” dei libri che amano e quest’anno alla ribalta delle cronache perché la loro presenza al Salone è stata evidente e importante. 
Gizzi ci ricorda che il problema non è solo del romance e delle ragazze che lo leggono.
Le storie non sono semplici. Possono usare un linguaggio semplice, a volte, ma semplici non sono da quando sono nate. Richiedono coinvolgimento, richiedono attitudine a sognare, volontà di entrarci, in quelle storie. 
Condannare il romance non serve e non è utile a nessuno. E’ sempre esistito, in mille forme, ma al suo interno sono possibili i ribaltamenti. 
Faccio un esempio lontano.
Nel 1975 Roberto De Simone diventa “il cavaliere Giambattista Basile” e impara “che la matrigna si può decapitare troncandole la testa in una cassa di biancheria”. Nella ricerca che lo porterà a scrivere una delle più belle opere teatrali del passato recente, La gatta Cenerentola, va sulle tracce della tradizione orale, e impara altro. Che Cenerentola può non solo uccidere la matrigna ma fare a meno del principe, per esempio: “E che nn’haggi’ ‘a fa’ d’ ‘o princepe!…Io ccà sto bbona!…Io nun voglio a nisciuno!”.
Nulla è semplice davvero, se lo si vuole e in senso buono. Basta però essere disponibili a discutere e di questi tempi diventa sempre più difficile, perché mi sembra che la postura sia quella già denunciata da Douglas Adams in Guida Galattica per gli Autostoppisti: 
“Se c’è in giro una cosa più importante del mio Io, dimmelo che le sparo subito”.

Per una volta, vi invito apertamente a comprare L’Espresso, per un paio di motivi.
Il primo: Sabina Minardi racconta il disvelamento di Jianwei Xun, autore di Ipnocrazia, saggio pubblicato da Tlon sui meccanismi del potere nell’era digitale. Lo legge, coglie alcuni indizi disseminati nel testo, comincia a dare la caccia al filosofo. E capisce, infine, che si tratta di un esperimento sulla costruzione della realtà nei nostri tempi. Così, intervista Andrea Colamedici, che racconta come il libro sia nato da un esperimento di “cocreazione” con l’intelligenza artificiale.
Mitopoiesi, si diceva negli anni Novanta a proposito di Luther Blissett.
Nell’intervista, Colamedici spiega il processo di costruzione di Xun e invita, ed è necessario, a una riflessione pubblica. Da leggere.
E già che ci siamo, in questo numero, oltre alla Cosa preziosa della settimana, c’è un mio lungo articolo sulle Nuove Indicazioni 2025 del ministro Valditara.
Che comincia così:

“Immaginiamo che a Guglielmo da Baskerville, il sapiente protagonista de Il nome della rosa di Umberto Eco, venga chiesto se è vero che “solo l’Occidente conosce la Storia”, come si afferma nelle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e il Primo ciclo di Istruzione. La domanda andrà naturalmente corredata da una precisazione per non incorrere nell’ira di Ernesto Galli della Loggia, che sul Corriere della Sera del 25 marzo ha detto, non senza anatemi verso “la miseria del nostro ceto intellettuale”, che la frase con cui si apre la parte del documento dedicata allo studio della Storia va intesa così: “solo in quell’area geo-storica che si chiama Occidente la conoscenza dei fatti storici e la riflessione su di essi — alimentata dal pensiero greco-romano e dal messaggio cristiano — ha dato vita a una dimensione culturale particolarissima nella quale il realismo analitico più crudo si è mischiato al profetismo sociale più estremo”.
Alla fine della prima riga Guglielmo si sarebbe tolto gli occhiali sbuffando, e, cercando di essere paziente, avrebbe snocciolato una serie di nomi, chiamando a convegno i cinesi Sima Qian, autore di  Shiji o Memorie Storiche,  Ban Gu e sua sorella Ban Gao, cui dobbiamo molto di quanto sappiamo della Cina antica, gli storici arabi Ibn Ishaq e poi Ibn Khaldun la cui Muqaddimah (Introduzione alla Storia Universale) è  considerata una delle opere maggiori della storiografia tutta (vi si parla persino di asabiyya , o solidarietà sociale).”
Segue in edicola.

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