Per la raccolta “Willie lo strambo” ho scritto “Il modo in cui ti chiama”, un racconto decisamente non realistico tranne che in un punto: la rabbia. Il mondo intorno alla protagonista è rabbioso, spintona, strilla, scatta. Ci sono tre figure femminili, molto somiglianti fra loro, che provocano quella rabbia fino a farla esplodere. Con un piccolo particolare: chi cede, morirà nel modo che teme di più, legato a un trauma, a un’ossessione, un timore ben seppellito nella propria anima.
Ieri mi ha scritto un lettore, un po’ stizzito per il fatto che ci fosse poco sangue in questa storia, e che ci fosse una possibilità di sfuggire a questo destino. Non “buonista”, ma meno disumana dell’epidemia di livore e rancore che in effetti ci circonda: diciamo che ho voluto omaggiare il King politico, quello che si guarda intorno e restituisce quel che vede.
Una riflessione sulla paura e sulla letteratura nera, tutta da proseguire.