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Emma Bonino, in questo momento ancora in ospedale in condizioni critiche, è stata accusata di tutto e del contrario di tutto nella sua vita indomita. Ma negli ultimi anni, e questo è un segno dei tempi, viene accusata soprattutto di aver aiutato le donne ad abortire quando l’aborto, nel nostro paese, era un reato. Nessuno naturalmente usa l’espressione corretta: ha aiutato le donne a non morire, perché questo accadeva all’epoca.
Se vi prendete la briga di andare a leggere i commenti sotto le testate che riportano del malore di Emma, troverete frasi come “Chissà quanti bambini l’aspettano lassù”. “Dai che è la volta buona” Dalla pompa di bicicletta alle pompe funebri è un attimo”. E vi assicuro che c’è di peggio. I più gentili sono: “Che Dio ti benedica e protegga,. cosicché tu abbia modo di convertirti e chiedere perdono per tutti gli aborti sostenuti, prima che sia troppo tardi per la tua anima”.
Ho conosciuto Emma quando avevo vent’anni ed ero colma di ammirazione per quella donna così coraggiosa che vedevo nei corridoi del partito radicale con la sua salopette di jeans e i sabot rossi. Ma non è per questo che scrivo di lei, augurandomi che esca al più presto dall’ospedale per tornare nella sua terrazza piena di sole. Scrivo di lei, e non solo di lei, perché continuo a chiedermi cosa sia accaduto a una buona parte di questo paese. E, no, non basta la spiegazione che esistono i troll e i commentatori aizzati da una precisa parte politica: è troppo poco, perché c’è verità in molti di quei commenti.
E passo alla seconda donna crocifissa in questi giorni: naturalmente, Francesca Albanese.
Non entro ulteriormente nei dettagli: entro, invece, nel gigantesco vortice di chi letteralmente gode nel poter azzannare alla gola Albanese per una frase rubata al volo: fatevi un giro sui social, leggete le persone colte e buone e brave che urlano “finalmente”, tutto in maiuscolo. Tutto questo dovrebbe farci chiedere per l’ennesima volta cosa sta succedendo, e come sia possibile che si sia sempre pronti allo Charyou tree (per chi non ha letto la Torre nera di King, è il rogo rituale), e come mai tutto questo eccita gli animi ancor di più quando a salire sul rogo è una donna. Perché no, spiacente per i commentatori col ditino alzato, non è vero che vale l’inverso. Non vale mai l’inverso, all’inverso si fornisce sempre una seconda possibilità.
E allora, cosa ci succede? Bene, molti anni fa, Umberto Eco disse: “Il vero Anticristo è lo scoop”. E questa frase, oggi, non riguarda i giornali, ma riguarda noi, che siamo sempre in cerca del caso e dunque dei bersagli su cui scaricare la nostra voglia di forca. Il contagio comincia da lontano. Prenderne atto oggi non rende giustizia a chi è stato distrutto da questa voglia antica di linciaggio. E neanche a noi, che guardammo l’orrore mentre si addensava, increduli. E ancora guardiamo, tutti i santi giorni.

“Signora Albanese, lei è una strega. Questo rapporto è un’altra pagina del suo libro degli incantesimi. Ogni accusa è un incantesimo che non funziona, perché lei è una strega fallita”.
(il rappresentante dello Stato di Israele, Danny Danon, alla presentazione all’Onu del rapporto di Francesca Albanese “Genocidio a Gaza: un crimine collettivo”).
Sapendo che è inutile, sarebbe interessante che il signor Danon leggesse Carlo Ginzburg. In particolare, “I Benandanti, stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento” e “Storia Notturna. Una decifrazione del Sabba”. Dove si dimostra che i cacciatori di streghe vivevano nella stessa eresia che condannavano.
Sapendo che è inutile, sarebbe interessante che il signor Danon leggesse due testi di Silvia Federici, “Calibano e la strega” e “Caccia alle streghe, guerra alle donne”.
“La strega fu la comunista e la terrorista della sua epoca — un’epoca che necessitava di una spinta ‘civilizzatrice’ per produrre una nuova ‘soggettività’ funzionale alla disciplina del lavoro capitalista… La posta in gioco era distruggere non solo i corpi delle streghe, ma un intero universo di relazioni che erano alla base del potere sociale delle donne, nonché un vasto patrimonio di conoscenze trasmesse di madre in figlia attraverso le generazioni.”
Certo, non serve, perché anche se codesto signore leggesse, non avrebbe alcuna voglia di capire. Bollare una donna come strega dà la misura della persona e della politica che rappresenta.
Non abbiamo molto altro, noi che viviamo di parole, se non le parole stesse. Ma almeno usiamole. Come ha fatto ieri Arundhati Roy, come dovremmo fare tutti. Anche insorgendo chi osa ancora usare la parola “strega”.

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