Tag: Verde urbano

I sogni sono strani. Questa mattina mi sono svegliata con in testa la frase del Riccardo III di Shakespeare (e del bellissimo romanzo di Javier Marías) : “Domani nella battaglia pensa a me, e cada la tua spada senza filo: dispera e muori!”.
I sogni sono strani, evocano fantasmi, appunto, e chiedono giustizia. E in questi giorni ho diversi fantasmi intorno a me e molto sconcerto: sì, sto parlando ancora di alberi e di verde urbano e, no, non lo faccio per riposizionarmi come mi è stato graziosamente detto un paio di giorni fa facendomi rimanere malissimo, né perché la mossa prima, quella che mi ha fatto capire quanto grave sia la situazione, è avvenuta letteralmente “nel mio cortile”, con il taglio delle decine di alberi alti e sani sul terreno accanto a me che ha fatto alzare di diversi gradi, termometro alla mano, la temperatura delle case di fronte, private di ombra. Lo faccio perché è la cosa più importante che posso fare in questo momento.
Mi stanno arrivando da tutta Italia commenti e segnalazioni su tagli indiscriminati del verde urbano, tanto che non riuscirò in un solo post a riportare tutto quel che sta avvenendo. Ma quel che sta avvenendo, appunto, è che a fronte degli abbattimenti e degli scempi, esistono decine di comitati di cittadine e cittadini che provano a fermarli: anche qui, non riesco a elencarli tutti, dal Comitato Besta a Bologna alla rete di Onda. E questo, alla luce di quanto sta avvenendo a Milano, è molto interessante e importante: i cantieri, la “rigenerazione urbana”, i grattacieli, eccetera. Ma quelle due parole, “rigenerazione urbana”, tornano ovunque: e significano una sola cosa, mattoni per il decoro,  preteso non si sa bene da chi e attuato in nome di una cittadinanza fantasma che desidererebbe gradoni assolati invece di verde e ombra.
Per esempio, mi arriva la storia dei platani di Venezia.

In questi giorni ho postato vari articoli, incluso il mio su L’Espresso, sull’avanzata del cemento nelle città e sul progressivo abbattimento di alberi. La tendenza maggioritaria dei commenti è di testimonianza: ovvero cittadine e cittadini da ogni parte d’Italia che raccontano cosa avviene nelle loro città. E sarebbe importante leggere questi commenti e farne tesoro.
Però ce n’è una minoritaria ma rumorosa. Persone che scrivono: bugia, Roma è ricca di verde, anzi è la più ricca di tutte. Oppure, da Bologna, qualcuna che strilla: ma insomma, non si può più fare niente!
Dunque, Roma. Secondo Roma Capitale, “dal novembre 2021 al febbraio 2025 sono stati messi a dimora 29.665 alberi giovani, sono stati abbattuti ben 13.281 alberi adulti, sono state rimosse 10.365 ceppaie, sono state effettuate circa 120.000 potature”
Ma gli alberelli giovani, come spiega Antonio Pascale, vengono piantati male e non curati, dunque muoiono. Quanto alla potatura, “si preferisce la capitozzatura. Vietata in teoria ma di fatto quella più usata. In pratica, gli alberi diventano pali della luce. Un obbrobrio (avrei voluto farvi vedere come pochi mesi fa hanno ridotto gli olmi di via di Donna Olimpia, a Roma). Voi dite: ma così almeno non cadono. No, al contrario, così cadono di sicuro”.
Insomma, a fronte degli alberelli piantati, si sono tagliati o capitozzati malissimo parecchi altri. Che significa? Che a Roma si va avanti come si può, per fare appunto la foto col sindaco o l’assessore, e non è vero affatto che il verde aumenta. Aumenta formalmente, nei fatti diminuisce.
Bologna, dunque, tanto per fermarci a due città, perché sto ricevendo parecchie segnalazioni da tutta Italia.
Tanto per cominciare, domani c’è un’iniziativa da seguire. Alle 17 ci sarà un flashmob in piazza dell’Unità, dove vogliono abbattere gli alberi. Ci sarà un’altra iniziativa venerdì, titolo “Hands Off San Leo”, ovvero il giardino di San Leonardo entrato nelle mire della Johns Hopkins University, su cui c’è qualcosa da sapere.
Per farla corta, non è che occuparsi degli alberi significa essere noiosi passatisti o addirittura complottisti anti-sindaci. Significa provare a salvare le nostre città, e noi stessi, e i nostri figli e figlie.
Se poi si preferisce continuare così perché la politica ha lo sguardo sempre più corto e l’unico futuro che concepisce è quello della prossima scadenza elettorale, strillate pure. Ma Saramago avrebbe un paio di cosette da dire sulla cecità.

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