150. STORIE DAI BORGHI. GLI STORICI DI FURGONCINEMA, SENZA LA REGIONE MARCHE

Luci e ombre, scelleratezze e resistenze. Queste sono, da 150 puntate, le storie dai borghi. Oggi una storia di resistenze, piccole e belle, che si deve a Cronache mesopotamiche. Poi, la pausa fino a martedì 12 settembre: dopo un mese passato a raccontare Saturno, torno a raccontare i libri degli altri, in diretta dal Festivaletteratura di Mantova. Si ricomincia la settimana prossima, commentarium. Intanto, come sempre, mandatemi le vostre storie.
LA STORIA SIAMO NOI
Qui aspettiamo la pioggia, e intanto succede che si comincia a sondare il terreno -letteralmente- e già si capisce che ci sono case e gruppi di case e borghi che non saranno ricostruiti. Ed è difficile l’equilibrio fra il desiderio e la paura di rimanere, perché mica tutti sono coraggiosi resistenti e c’è anche un diritto a decidere di rifarsi una vita altrove.
Chi ci ha creduto al “doveracomera”? Io no, mai.
Ogni tanto però ci si imbatte in storie belle. Come quella Camporotondo, uno dei tanti piccoli borghi del cratere maceratese, meno di seicento abitanti. Anche qui tanti danni, più del 60% delle case è lesionato. Alla fine di ottobre, quando la terra ha tremato più forte, il sindaco, Emanuele Tondi (docente di geologia all’università di Camerino), ha deciso che nessuno doveva lasciare il paese, che era importante che la gente rimanesse dov’era. Una scelta favorita, certo, dalla fortuna di avere la possibilità di utilizzare le strutture sportive come ricovero temporaneo. Le prime settimane la cucina comune faceva grigliate e pasta per tutti come se fosse la sagra del paese, e c’era persino allegria. E subito dopo, nel corso del difficile inverno, chi aveva la casa integra ha ospitato chi non ce l’aveva più. Una specie di tetris sociale che ha creato nuove solidarietà -anche qualche malumore da convivenza forzata, ma questo è normale. La piazza, il Comune, sono rimasti i luoghi centrali della piccola comunità. Tutto sembra essere com’era – anche se la normalità è solo illusoria.
Sono le cinque del pomeriggio. Nella piazza quasi deserta una coppia di ottuagenari: lui viene da una comunità albanese che si è insediata qui nel secondo Ottocento, e inizia a cantare una nenia in una lingua misteriosa, e sembra una storia inventata e invece no, giuro. Suonano alla porta di una signora che, loro, definiscono anziana, perché ha più di novant’anni. “Non è facile farla uscire”, dicono. La novantenne, al citofono, dice che deve finire di lavare i piatti. “Ma chette c’hai da lava’, ché si’ sola?”, risponde l’ottantenne. La coppia si siede, e aspetta paziente che la novantenne finisca.
Dal palazzo di fronte figure furtive spiano i movimenti nella piazza: succede qualcosa.
Nella piazza è arrivato un camioncino, ragazzi stanno montando uno schermo, un proiettore. Oggi si fa cinema in piazza: è arrivato “Furgoncinema”. È un’idea nata da giovani storici -sì, storici- convinti che non si possa ripartire se non dalla memoria delle comunità. L’aspetto più visibile del progetto è il film che viene proiettato, gratis, dopo un rapido sondaggio nei paesi in cui il camioncino farà tappa. Niente di imposto, insomma. Quando è possibile, come qui a Camporotondo, invece dello schermo bianco il film è proiettato sul muro di un edificio lesionato. Sovrapposizioni di arti e di tempi. E intanto, in attesa della proiezione, passano le immagini dei beni artistici lesionati o distrutti. Per ricordare, sempre, che noi siamo anche le pietre e gli affreschi. Una piccola festa di paese, un modo per incontrarsi una sera d’estate in piazze sofferenti, e già questo sarebbe bello. Ma c’è altro.
Nel corso del pomeriggio, mentre tutte le macchine vengono montate, i giovani storici abbordano passanti e amministratori locali, con gentilezza gli mettono addosso un microfono piccolo, e con un telefono riprendono quello che hanno da dire. Liberamente. Quasi nessun filtro fra le parole e gli strumenti che, intanto, registrano. E si registra di tutto. Storie di vita, e storie di terremoto, che ha occupato il tempo di tutti, quest’anno. Gli storici gentili, che fanno parlare le pietre, sanno come far parlare anche anziani taciturni. Come quella vecchietta di Pioraco, che si confessa “malata di timidezza” fin dai tempi della gioventù, ma che non rinuncia a parlare. Una gigantesca seduta di psicoterapia che fa saltare il tappo delle emozioni che la gente di quassù spesso tiene ben nascoste.
Alla fine ci si saluta come se si fosse amici da sempre, vecchi e giovani, storici e contadini. Contenti che qualcosa è successo, che si può fare comunità senza distrarsi da sé, da quel che si è.
[Il progetto, finalizzato alla creazione di un archivio permanente, è stato condotto da volontari -i giovani storici; poi però ci si chieda se questo è lavoro, o no- con il patrocinio, tra gli altri, dell’Associazione culturale Isola Comacina, che tocca googlare per capire che siamo in Lombardia. Spicca l’assenza della Regione Marche, e ognuno ne tragga le debite conseguenze; e, se vuole, ognuno rifletta sull’evento principale sponsorizzato dalla Regione, il festival di cantanti pop sui prati di montagna (€154000 quest’anno, 180000 o più per il prossimo). Tra gli enti patrocinatori, l’Istituto Storico delle Marche, sezione di Macerata. Per capire come funzionano le cose in Mesopotamia, aggiungo che, per decisione dell’Ufficio scolastico regionale, non è stato rinnovato l’incarico al docente che seguiva i progetti didattici dell’Istituto, e che nel corso dell’anno passato ha seguito iniziative destinate alle scuole all’interno del cratere. Marte, una regione senza storia? (lottate insieme a noi)].

2 pensieri su “150. STORIE DAI BORGHI. GLI STORICI DI FURGONCINEMA, SENZA LA REGIONE MARCHE

  1. Ma lei,gentile dottoressa Loredana Lipperini,non è mai stata molestata?Io penso proprio di sì,magari proprio da un rompicoglioni impertinente come me.Mi trova d’accordo con lei?O pensa che io sia un molestatore da quattro soldi come tanti mitomani del cazz…?

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