LE PAROLE SONO UNO SCIAME D’API: UNA NUOVA AVVENTURA

Tra la fine degli anni Zero e l’inizio degli anni Dieci ho scritto, per Feltrinelli, tre saggi narrativi, tre oggetti non identificati che riguardavano e riguardano le donne: Ancora dalla parte delle bambine, Non è un paese per vecchie, Di mamma ce n’è più d’una, lavorando a tre momenti della vita, anagrafici e non solo, infanzia, vecchiaia e maternità. Ovviamente, dal mio punto di vista. Che, come ho sempre detto e ripetuto, non era non è quello di una pensatrice titolata, o di un’esponente riconosciuta dei femminismi storici, non quello di una psicologa o di una pedagogista, eccetera. Era ed è semplicemente lo sguardo di una donna curiosa, che aveva dati per certi e definitivi alcuni diritti per cui si era battuta nella sua giovinezza e improvvisamente, verso la metà degli anni Novanta, li aveva visti rifluire via. Magari sbagliando, chissà.
Dopo il  libro sulle madri, uscito nel 2013, ho anche detto che non avrei scritto altro sulle donne: smentendomi nel giro di pochi mesi, perché fu allora che Michela Murgia e io scrivemmo L’ho uccisa perché l’amavo (che tornerà, peraltro, fra non moltissimo, e sarà dunque di nuovo disponibile).
Comunque, ho ripetuto che non avrei scritto altro: non in un libro, almeno, perché sui giornali e sul blog ho continuato a parlare di donne e femminismi. Il motivo era ed è semplicissimo: era giusto che parlassero e scrivessero le altre, soprattutto più giovani di me, ed era giusto che le voci si moltiplicassero, ed era ingiusto tentare di avocare a sé qualunque tentativo di portavocismo (neologismo orribile, ma me lo passerete).
Quando Sperling&Kupfer, diversi mesi fa, mi ha chiesto di curare una raccolta di testi sulla violenza contro le donne prima ho detto no, poi ho detto vediamo, e infine, ragionandoci molto, ho detto sì. Perché era l’occasione giusta per parlare di violenza dal punto di vista culturale, e culturale significa infinite cose, dalla letteratura alla memoria familiare, dalla lingua alla mostrificazione dei corpi ai luoghi dove parlano e si incontrano le giovani persone. E dunque doveva essere un libro collettivo.
Quel libro c’è, esce il 4 marzo, si può preordinare qui o su altre piattaforme e naturalmente nelle librerie. Si intitola Le parole sono uno sciame d’api, reinterpretando un verso di Anne Sexton. Perché le parole servono a raccontare e a sperare, anche, di cambiare il mondo.
E’ un libro di tutte le donne che hanno accettato di scrivere: donne diverse fra loro per professione e punti di vista, e anche per femminismi, e questa è una cosa meravigliosa, in tempi di divisioni. Ecco il titolo dei loro interventi, che sono saggistici e narrativi. E diversi, ripeto.

Scegliere il finale: una questione culturale
di Loredana Lipperini
Geografia della memoria
di Maura Gancitano
Basta saperla vedere: la violenza di genere
nella lingua che usiamo tutti i giorni
di Vera Gheno
(Giovani) uomini che odiano le (giovani) donne
di Jennifer Guerra
Il mostro e il suo labirinto.
Mostruosità e corpi nella violenza di genere
di Giulia Paganelli
Meglio Femmina
di Melissa Panarello
Un grido disperato e confuso
di Romana Petri
Un filo rosso sangue. 
La violenza maschile sulle donne:
un fenomeno di lunga durata
di Chiara Volpato

Solo una cosa, in chiusura. Ieri ho annunciato l’uscita del libro su Facebook. Mi è stata immediatamente rimproverata, da due uomini che conosco come persone gentili, peraltro, l’assenza di firme maschili. Mi auguro che leggendo, se vorranno, comprenderanno il motivo: questo non è un saggio sociologico sulla violenza. E’ un’insieme di sguardi di donne su come quella violenza, che non è evidentemente solo fisica, viene percepita. E questo deve essere, per me. Poi, attendo un libro fratello tutto al maschile. Così come ho atteso per quasi vent’anni, invano, e avendolo sollecitato, il corrispettivo maschile di Ancora dalla parte delle bambine. Magari succede.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto