I LIBRI DELLE ALTRE: UNA QUESTIONE IMPORTANTE

Oggi, su Facebook, una scrittrice e storica di luminosa intelligenza come Vanessa Roghi (leggete, a proposito, il suo La parola femminista, perché avremo occasione di parlarne) pone un problema non piccolo. Scrive, cioè, questo:

“I libri delle altre.
Io comunque leggo e quando mi piacciono parlo moltissimo dei libri delle altre.
Ne scrivo, li consiglio, li recensisco. Ci lavoro sopra insomma. E lo faccio  gratis ovviamente perché mi fa piacere, perché mi arricchiscono, perché delle persone che scrivono e non leggono chi possono essere? Questo lo fanno molte donne che conosco che ringrazio per essere sempre generose e attente.
Ma mai come negli ultimi mesi ho messo a fuoco il fatto che farlo è diventato un obbligo o almeno è stato percepito così da alcune altre.
Le stesse che consigliano di leggere solo libri che fa loro comodo consigliare.
Questa cosa mi ha fatto cadere le braccia.
Ma comunque  continuo a leggerli, se mi piacciono a parlarne se non mi piacciono a maledirmi di aver perso tempo.
Facebook amplifica moltissimo le conoscenze quindi chiaramente chi scrive più o meno si conosce, questo non è amichettismo è semplicemente contiguità di ambienti.”
Ripeto, questo è un problema a varie sfaccettature, perché i social, lo si voglia o meno, sono il terreno in cui nella maggior parte dei casi passa non solo la promozione ma il racconto dei libri. Mi rendo conto che io stessa mi informo molto dai social, che spesso arrivano prima dei canali tradizionali, e che mi fido del parere di alcune e di alcuni.
Però parlo molto poco, sui social e sul blog, di libri italiani, se non per informare in poche righe di un’uscita che mi sembra significativa: parlo di più di libri stranieri, e con meno titubanza. Il motivo è semplice: detesto quell’idea malevola di sottofondo secondo la quale se parli di un testo che ti è piaciuto lo fai per amicizia. E’ peraltro interessante che questa accusa si rivolga soprattutto alle scrittrici, mentre da tempo incalcolabile gli scrittori sono decisamente disinvolti e continuativi nel sostenersi, on e off line.
Il secondo motivo risale ai tempi di Fahrenheit: se parli di un autore e autrice fai torto a chi non nomini.
Di fatto, è un problema mio.
Di fatto, è un problema comune.
Ma cosa deve fare, dunque, una persona che scrive e che legge e si occupa di libri? Scegliere e parlare di quanto ha amato e apprezzato o tacere per non essere accusata di parzialità, di cerchiomagicismo e di tutte le solite cose che frullano sui social? Inoltre: sarà o no lecito sorvolare e non nominare i libri che non si sono apprezzati? Vecchie questioni, lo so, che toccano peraltro non chi esercita il mestiere della critica letteraria ma le lettrici, diciamo così, professioniste. Scrivo lettrici non a caso.
E’ la spia, credo, di un malessere profondo che è inevitabile in un ambiente sempre più ristretto. Ed è per questo che ci tornerò, con maggior tempo e spazio.

Nota di servizio: la prossima settimana il blog non sarà aggiornato perché torno a condurre Pagina3. Ci si ritrova là.

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