LA MEMORIA PARZIALE DI MATTEO SALVINI

Il 14 giugno 2018 Matteo Salvini inizia la sua battaglia contro gli intellettuali. Fa così. Manda un suo emissario all’incontro con Edoardo Albinati alla Feltrinelli di Milano, l’emissario registra un pezzo del suo intervento che viene subito rilanciato sui giornali simpatizzanti della Lega. Poi, Matteo Salvini  aizza i cani (“Che vergogna”). Cos’ha detto Albinati? Ha usato un espediente retorico, ha dato forma a un pensiero che ha sfiorato tutti, in quei giorni. Se muore un bambino sull’Aquarius, cosa succede a questo governo? Questo intende dire Albinati quando dice “ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave”. Ed è evidente che è questo il punto. Sul suo profilo Facebook, così orgogliosamente gonfio di seguaci, Matteo Salvini pubblica l’audio, l’occhiello è “E l’intellettuale di sinistra si augura la morte di bimbi per accusare Salvini”. Così comincia. Con abilità, si semplifica e si deforma per far capire che, già, gli intellettuali di sinistra sono un problema, vergogna vergogna. Così comincia. E i suoi ottomila-quasi-novemila condividono invitando a morte e ammazzamenti. Così comincia. E noi ci chiedemmo: da quando un ministro dell’Interno attacca uno scrittore? E perché un ministro dell’Interno attacca uno scrittore e con lui gli intellettuali di sinistra? A cosa gli serve? E perché?
Poco dopo, infatti, Salvini attaccherà Giuseppe Genna, e Andrea Camilleri.
Ma restiamo a quel mese di giugno del 2018. Perché tra il 21 e il 22 giugno, grosso modo contemporaneamente all’aggressione ad Albinati, Roberto Saviano in un post lo appella “ministro della malavita”: è una citazione da Gaetano Salvemini. Anzi, è il titolo di un suo saggio, che per esteso è  Il ministro della mala vita: notizie e documenti sulle elezioni giolittiane nell’Italia meridionale, viene pubblicato nel 1910 e ripercorre imbrogli e violenze del candidato giolittiano Vito De Bellis per le elezioni politiche di Gioia del Colle. Salvini, in aula, ammette di conoscere il libro anche se non l’ha letto, ma ribadisce di voler mantenere la querela. Motiva la decisione così: Saviano, dice, è famoso, ha molto seguito sui social e con queste affermazioni getta ombra sul ministro dell’Interno appena eletto (lui), uno che deve “garantire la sicurezza in Italia”.  In più, anche se “in famiglia abbiamo le spalle larghe”, la figlia di cinque anni ha letto il post sui social (a cinque anni, certo), e ne è rimasta turbata.
A questo punto gli avvocati gli chiedono conto di quello che Salvini stesso aveva affermato nello stesso giugno 2018.
“Ehhhhh…..ma se mi chiedete di ricordare quel che ho detto a giugno 2018”, minimizza Salvini, che evidentemente considera la memoria qualcosa che si può manipolare a proprio tornaconto. Alcune cose si ricordano, altre no.
Comunque, durante la sua campagna elettorale di quel 2018, Salvini ha affermato più volte che una volta al governo, “toglieremo a Saviano l’inutile scorta”.
“E’ un’esternazione politica”, dice.
“E’ una promessa elettorale?”, incalza l’avvocato di  Saviano, Andrea Nobile.
Salvini minimizza.
Nobile gli chiede la differenza fra politica e propaganda.
Salvini dice: “Non discuteremo mica di semantica in un’aula di tribunale?”
Nobile risponde: “In un’aula di tribunale, ministro, le domande le fanno gli avvocati”.
Di fatto, Salvini non risponde.
E per quel che riguarda la scorta, sostiene che prima di diventare ministro non aveva idea che la valutazione su queste cose fosse un fatto tecnico. Nobile gli ricorda che però lui era sotto scorta dal 2017.
Brusii in aula, educati (personalmente ho messo in atto le pratiche di respirazione profonda che mi sono state insegnate per non gridare, in romanesco, “ma che stai a dì?”).
Salvini glissa anche sul suocero del parlamentare calabrese della Lega Domenico Furgiuele, ovvero Salvatore Mazzei, condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso. “Avere certi suoceri non è un reato”, dice.
Su Saviano, dice serenamente che si sono reciprocamente antipatici, ma che lui “cerca di occupare il meno possibile le aule dei tribunali”. Peccato, gli ricorda l’avvocato, che abbia presentato già altre due querele.
Più o meno finisce così, con un rinvio a novembre, con una dichiarazione appassionata finale di Roberto Saviano, mentre il ministro era già fuggito col codazzo di giornalisti e fotografi.
A dimostrazione che le frittate si possono rivoltare e si rivoltano, e che la campagna salviniana contro scrittori e intellettuali passa in secondo piano e svanisce, mentre tutti e tutte ricordiamo benissimo il tiro al bersaglio di quei giorni, visto che la nostra memoria non è parziale. E sappiamo che continua, e continuerà, e che non si tratta di difendere il solo Roberto Saviano, ma la libertà di espressione e di parola di tutti noi, che domani potremmo essere in quell’aula dove la E de “La legge è uguale per tutti” è scritto con l’apostrofo, e questo farà inorridire i puristi ma non è che un simbolo, uno spunto, mentre non c’è nulla di simbolico, e molto di pericoloso, nel disequilibrio fra un ministro della Repubblica e uno scrittore.
Ricordiamocelo.

Un pensiero su “LA MEMORIA PARZIALE DI MATTEO SALVINI

  1. Condivido pienamente, senza ombra di dubbio, ciò che dichiara la giornalista che vuole incontrare il Sindaco. Purtroppo rimarranno parole, gli alberi e le periferia sono diventate giocattoli per il potere politico e i palazzinari

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