PASSIONI TRISTI, PASSIONI SPENTE, PASIONARIE

Le parole pesano. Banale, lo so. Eppure continuo ad avere la sensazione che la responsabilità della parola pubblica (della parola scritta, su rete e su carta, in particolare) stia venendo meno. Per esempio.
Leggo Aldo Grasso, ieri sul Corriere della Sera. Un Grasso incattivito, che non corrisponde al ricordo dello studioso che ho conosciuto, apprezzato e che, in anni lontani, è stato anche mio (bravissimo) direttore, in radio.
Leggo, dunque, quel che scrive Grasso su Erri De Luca e basisco. Non per gli attacchi a De Luca: da quando il medesimo  ha preso posizione a favore del No Tav, quegli attacchi si sono moltiplicati. Nella migliore delle ipotesi, gli viene dato del vecchio nostalgico, viene accusato di non aver dimenticato il proprio passato (e perché dovrebbe?), di non aver chiuso i conti con gli anni Settanta (e chi, di grazia, li ha chiusi, in questo paese?), di corteggiare la protesta a proprio vantaggio (quale? quello di venir insultato da tutto il mondo giornalistico?).
Leggo, subito dopo, la mail di un valsusino, che mi racconta il suo stupore nei confronti dell’articolo di Grasso, e mi rendo conto di quanto realtà e rappresentazione si stiano distanziando:
“Non sai quanto stride questo articolo con quello che è capitato ieri sera: centinaia di valsusini stipati per ascoltare Erri De Luca, atmosfera gioiosa, percezione precisa di ciò che significa una comunità (in lotta)”.
Poi rileggo Massimo Onofri, e una sua definizione di De Luca ripresa anche da Grasso. Questa:
” Vorrei concludere con un altro eclatante caso di dannunzianesimo degradato di massa: quello di Erri De Luca. Un dannunzianesimo declinato, se così si può dire, al rosso dell’ideologia, di vocazione estetizzante, per cui resta sempre operante l’equazione tra impegno rivoluzionario e aristocrazia dello spirito. De Luca è uno scrittore che mi piace definire “intensista”, se mi si consente il neologismo: cioè volontaristicamente intenso, in tutto quel che fa e in ogni cosa che dice e scrive, di modo che ogni sua parola ci risulti perentoria come un gesto definitivo. Basta farsi un giro sul web, magari curiosando tra i profili di Facebook, per scoprire che De Luca è diventato il guru d’un vastissimo pubblico di analfabeti di ritorno, ma con pruriti da cultura “alta”, fino a guadagnare il titolo di più imitato degli inimitabili”.
E’ interessante, in tutto questo, il disprezzo che sia Aldo Grasso sia Massimo Onofri nutrono nei confronti dei lettori e dei sostenitori di De Luca: “groupies attempate” nel primo caso (attempate è, suppongo, l’aggravante),  “analfabeti di ritorno” nel secondo. E allora rileggo anche “Nessuna passione spenta”, dove George Steiner scriveva:
“L’intellettuale non ha scelta, salvo fra essere sé stesso o tradire sé stesso. Se pensa che la felicità, come appare nelle definizioni fondamentali della teoria e della pratica dell’American way of life, sia preferibile, se non sospetta che la «felicità» in quasi tutte le sue forme sia il dispotismo dell’ordinario, del volgare, ha sbagliato mestiere”.
Ecco. Forse la felicità di De Luca sta proprio nell’incontrare le sue groupies attempate e i suoi analfabeti di ritorno: non lo so, non mi interessa. Mi interessa, invece, la differenza che esiste fra chi agisce, qualunque sia il motivo che lo spinge a farlo, e chi prova a sminuire quell’azione osservandone il riflesso deformato.
Le parole pesano, anche se pensiamo che verranno dimenticate nel giro di un giorno. Pesano e fanno pensare che no, non ci sono conti da chiudere e scrittori nostalgici. Ci sono, evidentemente, passioni diverse.
Alcune delle quali, irrimediabilmente, tristissime.

36 pensieri su “PASSIONI TRISTI, PASSIONI SPENTE, PASIONARIE

  1. Vista da fuori la cosa, a volte mi sembra che la TAV in Val di Susa sia un riassunto perfetto della situazione in Italia. Chi riuscisse a risolvere la questione sarebbe un ottimo primo ministro/a.

  2. L’Italia è un paese che non ha chiuso i conti (se non nella modalità della polvere sotto il tappeto) col proprio passato intriso di fascismo, colonialismo, razzismo. L’unica generazione che ha fatto i conti col proprio passato, sia in termini giudiziari (scontando più anni di galera di quanti ne siano stati comminati ai fascisti dopo la resistenza, e ai briganti – veri, presunti e/o cosiddetti – meridionali dopo l’unificazione), sia in termini di pagine scritte, è stata quella del ’68-’77. Pagine scritte, che dunque si possono leggere, per chi sapesse come si fa: per dirla col titolo di un libro di Erri De Luca, cominciando In alto a sinistra. Se analfabetismo di ritorno c’è, è quello di critici, poco importa se televisivi o intellettuali, che emettono sentenze senza neanche una sbirciatina agli atti di un processo senza fine che, dopo magistrati e pentiti, credono di portare avanti loro, da brave mosche cocchiere.
    Postilla: Aldo Grasso rimprovera a Erri De Luca di non aver ancora raccontato “la verità sul delitto Calabresi”: si sentirà furbo a chiedere una cosa del genere dalle pagine del “Corriere della sera”, davvero.

  3. Sappiamo che l’informazione è sempre controllata dalla classe dominante ovvero, per dirla in modo meno comunista, da chi è al potere. Non stupisce quindi il livore di chi si è allineato e vede qualcuno che “canta” fuori dal coro. Stupisce invece il tono, quasi come se i suddetti si rivolgessero agli stereotipi che dicono essere sostenitori del “nemico”.

  4. A quel che risulta Grasso e’ sempre stato organico.
    Inoltre si rilegga cosa scriveva di Carlo Giuliani e la sua famiglia.
    La cattiveria non e’ una novita’.

  5. Cara Lori, Aldo Grasso vive a via Solferino, e ne segue ben persuaso le direttive.
    Però è vero che Erri De Luca scrive male, kitsch-kitsch.

  6. @ fabelef
    Non è in questione se scriva male o no: sono le sue idee in questione. Meglio: il modo in cui le sue idee sono criticate per come scrive, per la supposta qualità nostalgica dei suoi lettori, per il suo (di De Luca) e loro (dei lettori) passato politico. Poi, da lettore e lettore, possiamo discuterne (cioè posso discuterne con te): ma non con un critico letterario che ha rivalutato Croce e ritiene imprescindibile Moravia – ecco, con uno che ha questi parametri di dannunzianesimo proprio non ho voglia di discutere.

  7. > La differenza che esiste fra chi agisce, qualunque sia il motivo che lo spinge a farlo.
    Non sarebbe male sindacare anche sulla fondatezza dell’agire.
    De Luca è un narratore e come tale tende a vedere il mondo come un repertorio di storie, oer cui una volta che ha inquadrato il pezzo di mondo che ha davanti in uno schema narrativo a lui noto e a lui gradito, considera pacificamente chiusa l’indagine su quel pezzo di mondo.
    Così incontra un contadino della Val Susa cui il cantiere della TAV crea dei problemi e questo fatto, prontamente incasellato nell’antico schema in stile Guglielmo Tell del potere estraneo che va a vessare il montanaro nella sua vallata, determina in lui l’immediato anatema contro la TAV. Peccato che De Luca dimentichi che le strade, le ferrovie che ha percorso per arrivare in Val Susa da casa abbiano richiesto espropri, perlopiù ai danni di contadini, e che lo stesso abbia richiesto la costruzione di teatri, biblioteche, ospedali. Ma questa banalissima considerazione richiede un approfondimento del tutto estraneo al modo di ragionare di De Luca, che non ama andare oltre l’incasellamento narrativo.
    In modo analogo parla di nuvole di uranio e di amianto, perché la potenza di una storia di catastrofe è di gran lunga superiore a quella dei banali e noiosi papelli dei geologi e dei prospettori, papelli che, dati oggettivi alla mano, negano questa sinistra possibilità.
    E così via, si potrebbe continuare su molti altri aspetti relativi alla (non) comprensione da parte di De Luca della faccenda NO TAV e probabilmente anche di altre questioni. In generale mi pare che De Luca sia guidato dalla vanità della immediata assimilazione della complessità del mondo a partire dalla sua superiore ispirazione poetica e che sia del tutto alieno all’idea che non sempre il mondo sia così privo di complessità da lasciarsi tranquillamente adagiare nei suoi schemi.
    Non condivido poi quello che dicono Onofri e Grasso sui fan di De Luca, per il poco che può valere la mia esperienza conosco persone che apprezzano De Luca e che non rientrano nelle categorie da loro indicate, ma quanto i due dicono sulla scrittura di De Luca (dannunzianesimo degradato, intensismo,sentenziosità, ieratismo partenopeo) è ampiamente condivisibile. Insomma, riconosciamo almeno ai critici letterari il diritto di stroncare una scrittura mediocre o che loro ritengono mediocre. E questo non mi pare attaccare qualcuno, termine che sottointende una volontà di colpire, di ferire, mi pare che si tratti del diritto-dovere di esprimere opinioni diverse in un pubblico dibattito.

  8. @picobeta
    riconosciamo almeno ai critici letterari il diritto di stroncare una scrittura mediocre o che loro ritengono mediocre.
    C’è differenza tra dire a qualcuno che ha le scarpe slacciate mentre cammina, e dirglielo mentre sta parlando per interromperlo con una critica che sposta l’attenzione dalle parole ai lacci delle scarpe.

  9. più che altro il “compos mentis” non è un genere molto praticato(come andrebbe considerato Il pansa che prima di diventare cintura nera di controstoria degli anni in cui teneva la sua rubrichetta sull’espresso?)

  10. @girolamo
    Non sono del tutto d’accordo. Grasso segue un suo filo logico, vede un De Luca radicato nel suo passato e descrive gli sforzi che fa per svincolarsi da esso, essendo la sua scolpita scrittura uno di questi sforzi e i suoi inviti al sabotaggio un altro sforzo
    Onofri di suo descrive la scrittura di De Luca e il tipo di pubblico che a parer suo lo apprezza
    Prendendo un paio di frasi dall’ultimo libro di De Luca, quelle con cui lui stesso presenta il libro:
    È la bellezza pura che sta entrando in mare, illesa da lusinghe di futuro, senza un saluto indietro, come un serpente con la vecchia pelle
    La profondità del mare è sorella maggiore del grembo materno
    è difficile negare che si tratti di scontate banalità enunciate con sapienziale solennità, senz’altro appetibili da parte di chi ricerchi efflati di spiritualità facilmente assimilabili.

  11. @ picobeta
    Grasso usa un testo di critica letteraria (dai toni anch’esso dannunziani, va da sé) non in un contesto di critica letteraria, ma in una critica politica del tipo: i tuoi contenuti non hanno valore perché parli dannunziano.
    Quanto al passato di De Luca, Grasso dimostra di non conoscere né il suo passato remoto, né quello prossimo (altro che “radicato nel suo passato”): gli basta sapere che c’è una tessera di LC per fare 2+2 e concluderne 7, con un discorso che potrebbe essere ritagliato e ricucito a piacere su chiunque sia stato in quell’organizzazione (o altre) – chessò, Capuozzo quando ebbe un sussulto di dignità dopo il G8 di Genova, Rossella non appena salterà giù dalla nave che affonda, Lerner a piacere, ecc. Per dire, io non sento il bisogno di indagare su dov’era e cosa faceva Grasso quando De Luca ecc. ecc., per prendere atto delle sue parole.
    Quanto al dannunzianesino come categoria letteraria: troppo facile l’equazione ridondanza=dannunzianesimo (che Onofri trasforma in una specie di trascendentale dell’eterna natura degl’italiani). E Gadda, allora?

  12. PS: ancora sul “dannunzianesimo” di De Luca (Onofri dixit). Come minimo scorretto – ma forse no, per uno che stima la critica fatta con le forbici in mano à la Croce – ritagliare una o due frasi decontestualizzandole dalla pagina, per alludere all’effetto-D’Annunzio. Dando per scontato – non certo da me – che D’Annunzio sia l’emblema del cattivo scrittore, attraverso una retroazione del personaggio sulla pagina scritta che crea un D’Annunzio buono per tutte le stagioni, fabbricato ad hoc per il critico che vuole spandere l’accusa di dannunzianesimo su Tizio e Caio.

  13. @girolamo
    Credo che il termine dannunzianesimo sia uscito dal’ambito stretto della filologia novecentesca, distaccandosi quindi da un giudizio di valore su D’Annunzio stesso, per entrare nel linguaggio comune come sinonimo di una lingua che trova esiti al di sotto delle sue troppo elevate e per nulla nascoste ambizioni.
    La lingua di Gadda, per il poco che può valere un mio parere, mi pare piuttosto il contrario, l’ingegnere si impasta con evidente gusto in una lingua piena di orpelli e sfuggente perché confuso e sgusciante è il mondo che cerca di raccontare. E per uno che arriva dal corsi di analisi matematica e di scienza delle costruzioni, dal linguaggio della tecnica che esige un esprimersi preciso, univoco, non ambiguo, si tratta di un risultato non da poco. Bravo Gadda!
    Di exit strategy da Lotta Continua ce ne sono state molte e di molti tipi, Grasso ritiene che De Luca si sia liberato meno di altri di quella ingombrante matrice primigenia (visto che De Luca è biblista e incline all’arcaicità del mito, perché non buttare la faccenda in mitopoiesi?). Il che poi a me dovrebbe interessare poco, visto che per me parlando di libri si dovrebbe parlare sostanzialmente di libri e non di quell’inutile entità che diventa l’autore una volta che il libro è stato scritto, ma il De Luca è troppo costante nel porre se stesso davanti ai suoi libri, per cui è difficile evitare di tirarlo in ballo quando della sua opera si discute.
    E infine legittima la sua osservazione sul fatto che due frasi non possano rappresentare una intera opera, ma le frasi da me citate non sono scelte a caso o con malizia, sono quelle che compaiono sulla fascetta del libro e sulla presentazione del medesimo e che quindi, a parere stesso dell’autore, dovrebbero rappresentarlo al meglio.

  14. @S
    Il documento da lei citato presenta nelle pagine 71-73 le considerazioni su uranio e amianto.
    Circa l’amianto non viene contestato l’esito dei sondaggi che individuano rocce potenzialmente amiantifere (rocce in cui si può trovare amianto) per 400 metri sui 57 km del tunnel. Si è poi verificato la presenza di fibre di amianto per il 15% di questi 400 metri, cioè per una sessantina di metri circa. Per questo settori dello scavo è prevista l’adozione di tecniche che evitano ogni dispersione di fibre nell’aria, secondo tecniche messe a punto nel coso degli scavi di tunnel di base svizzeri (vedi http://www.socgeol.it/files/download/Val%20di%20Susa/03%2011%20VS%20%2811-12%29.pdf).
    Circa l’uranio, si concorda sul fatto che i problemi possano derivare dal gas radon e che, viste le basse concentrazioni e i rapidi tempi di decadimento del radon, i problemi possano riguardare eventualmente gli addetti del cantiere. Si ovvia da sempre a questi problemi con un continuo ricambio di aria nella zone interessate.
    Comunque problemi di questo tipo sono stati affrontati negli scavi dei tunnel svizzeri e del tunnel del Brennero senza problemi per i lavoratori e per le popolazione e senza che questo abbia determinato esodi dalle vallate. In Val Susa sono stati scavati 40 km di gallerie dell’autostrada, 25 km di gallerie per la centrale elettrica in caverna di Pont Ventoux e non è successo nulla. A Caprie è attiva da decenni una cava (http://goo.gl/maps/v8iLI) che scava le pietre verdi (quelle che potenzialmente contengono amianto) all’aperto e con esplosivo e poi le sminuzza in pietrisco usando frantoi anch’essi all’aperto. Nessuna di queste attività di scavo, di impatto anche superiore a quelle del tunnel di base, ha devastato la valle. Ovviamente tutto ciò è troppo prosaico per trovare spazio nella considerazione di De Luca

  15. @picobeta
    potremmo continuare citando le osservazioni sul progetto definitivo, ma dato che non sono un tecnico e che stiamo andando pesantemente ot mi fermerei. Mi limito ad alcune osservazioni.
    -a sentire i tecnici fautori dell’opera collaboratori dei proponenti, ogni problema è facilmente risolvibile, come dici tu “problemi affrontati senza problemi”, c’è soluzione per tutto senza alcuna conseguenza. Poi quando si guarda cosa capita realmente i risultati sono ben diversi (basti pensare al Mugello). Bisognerebbe trovare il modo per potersi confrontare con tecnici realmente indipendenti (io sbaglierò e sarò di parte, ma al giudizio dei tecnici finanziati dal proponente l’opera preferisco quello dei nostri tecnici che lavorano sui progetti pagandosi persino le spese. D’accordo è un pregiudizio, ma bisognerebbe trovare modalità che impediscano il sorgere di tali pregiudizi, e le ultime vicende Lorenzetti/Bellomo certo non aiutano a fugarlo).
    -il pezzo segnalato da te si conclude così: “L’information de la population locale et le rétablissement d’un climat de confiance (avec l’aide des géologues) doit être une priorité du projet Lyon-Torino”. Beh, se questa era la priorità avete fallito alla grande. I no tav organizzano assemblee pubbliche informative costantemente, organizzano serate con i tecnici, convegni. Nulla di tutto ciò fanno i proponenti che calano un progetto dall’alto (si ok l’osservatorio, dove è escluso chi non accetta l’ineluttabilità dell’opera) e lo impongono con la forza. Per questo i proponenti hanno già perso.
    P.S. e poi comunque, fossi in te, non mi fiderei troppo di chi incomincia i suoi articoli con “C’era una volta il Corridoio 5. C’e ancora, a dire il vero. È il famoso progetto di un nuovo asse ferroviario trans-europeo Alta Velocità, 4000 km da Kiev a Lisbona”, propagandando una realtà, il fantomatico corridoio che trasporta merci da lisbona a kiev che anche i sassi sanno essere una fandonia. Poi, fai come credi.

  16. @S
    Personalmente giudico i tecnici in base alla qualità delle loro relazioni e non ritengo che quelli che sostengono la TAV siano a priori in malafede. Nei documenti NO TAV, che ripeto non sono documenti scientifici ma che appartengono alla categoria letteraria della propaganda, puoi trovare illustri docenti universitari che inventano dati, che sbagliano il calcolo dl volume di un cilindro, che confondono la pendenza media con la pendenza massima, che si inventano leggi dell’economia, che sparano dei numeri senza spiegare come questi sono ottenuti, che elencano tutti i problemi possibili dimenticando che ci sono le tecniche per affrontarli.
    Il riferimento alla Lorenzetti è doveroso, ma a questo punto ricordo che sono stati sequestrati 1300 milioni di euro a un imprenditore nel campo delle energie alternative prestanome di Messina Denaro, che ci sono stati arresti per i restauri della reggia di Venaria, che ci sono frequenti scandali nel mondo della Sanità, vedi le vicende lombarde. Questo vuol forse dire che dobbiamo smettere di investire nelle energie rinnovabili, evitare di restaurare e mantenere i beni culturali, chiudere gli ospedali? Direi di no, bisogna operare con adeguati controlli, e da questo punto di vista la TAV Torino-Lione, con il controllo misto italo-francese, con gare europee, con la supervisione europea attraverso il commisario olandese Brinkhorst, sotto l’occhiuto e efficente controllo di PM di Torino tipo Caselli e Guariniello ha tutte le carte in tavola per essere gestito secondo criteri di onestà e efficienza.
    Il corridoio 5 da Lisbona a Kiev è al momento in ribasso, considerando la pesante crisi economica, ma la Torino-Lione si giustifica a partire dall’interscambio Italia-Francia.
    La comunicazione SI TAV è senz’altro insufficiente, ma è anche problematica, non ricordo un solo incontro in cui si sia cercato di presentare le ragioni della TAV, sia in Val Susa (Susa, Avigliana, Bussoleno) e sia a Torino (compreso il Salone del Libro), che non sia stato disturbato, ostacolato dai NO TAV e che non abbia richiesto massiccia presenza di polizia per potersi effettuare. Il più delle volte gli oratori pro TAV sono riusciti andar via solo accompaganti dalla polizia e devono vivere sotto scorta il commissario della Torino-Lione Virano e il senatore del PD Esposito, che si è ritrovato tra le altre cose pesanti minacce sul pianerottolo di casa.
    Invece De Luca è venuto a Torino, ha parlato sabato pomeriggio piantato in mezzo a piazza San Carlo, ha parlato di repressione del dissenso, ma nessuno ha pensato di andare a disturbarlo o tantomeno sabotarlo (anche se De Luca giustifica il sabotaggio) anche se sono tanti, ma veramente tanti quelli che non condividono le opinioni di De Luca

  17. Un’ultima osservazione.
    De Luca racconta in una intervista
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/09/erri-de-luca-avrei-incontrato-giancarlo-siani-in-val-susa-allo-sbarramento/738068/
    che
    “Tanto la ferrovia, non si fa.Il presidente della Repubblica francese ha deciso che non è un’opera importante, non serve. Per non dire che non si farà ha detto che addirittura rimanderanno l’apertura del cantiere al 2030”.
    Orbene Hollande ha confermato la volontà della Francia di costruire il tunnel di base il 3 dicembre 2012 a Lione nel corso dell’incontro con Monti. Non ha mai affermato che la Francia voglia fare marcia indietro e per il 20 novembre è previsto a Roma un incontro con Letta per firmare l’accordo relativo alla realizzazione del tunnel. A me pare che De Luca lasci ampio spazio all’invenzione non solo nei suoi romanzi ma anche nel raccontare la realtà. meglio non raccontarlo a Onofri e Grasso.

  18. Ci sono molte inesattezze nel tuo commento:
    -ricordi male per quanto riguarda le presentazioni e i confronti fra favorevoli e contrari, qui per esempio http://www.youtube.com/watch?v=aQPxTRDpeto
    mi sfugge anche l’accenno alla scorta ad Esposito, un paio di mesi or sono hanno tagliato i freni dell’auto a un nostro compagno durante un presidio no tav (tentato omicidio), non contiamo più le gomme bucate, le lettere minatorie e le righe sull’auto, ma tutto questo cosa c’entra con le ragioni a favore o contro il tav?
    -curioso anche che hai colto il riferimento alla Lorenzetti, ma non al tuo collega Bellomo. Perché il problema che evidenziavo era nei tecnici legati ai proponenti e a dei modi per esercitare un controllo su chi per assecondare delle esigenze politiche abdica al proprio dovere di tecnico.
    -parli di adeguati controlli e dell’occhiuto ed efficiente controllo dei pm torinesi. Talmente adeguati, occhiuti ed efficienti che sono stati i no tav a far notare come una delle ditte che lavoravano in Clarea era sprovvista del certificato anti-mafia. Curiosa anche l’efficenza nel denunciare gli ambientalisti per procurato allarme (avevano denunciato l’assenza di reti paramassi, misteriosamente apparse, ma non dove erano indicate nel progetto, pochi giorni dopo le loro parole)
    -mi spiace deluderti, ma il corridoio 5 non è in ribasso, è proprio andato al creatore. C’è un bel libro, probabilmente non un documento scientifico, che lo racconta e si intitola Binario Morto, se ti capita.
    -“la torino-lione si giustifica con l’interscambio Francia-Italia”. Parli di quello previsto da ltf o quello che la cruda realtà mostra in costante diminuzione? No, perché se parli delle previsioni secondo cui al 2035 il traffico sarà 5 volte quello attuale, non finisci solo nella categoria letteraria della propaganda, ma in quella della temerarietà.
    E infine una proposta, c’è un tecnico no tav che stufo delle fandonie dei proponenti ha fatto asseverare un documento dove analizza la questione. Denuncialo per falso, fai un po’ di grano e liberi la comunità scientifica da questo giogo no tav che impedisce il progresso e le legittime aspirazioni dei costruttori di grandi opere, dio li abbia in gloria.
    P.S. Non pretendo da De Luca che sappia cos’è la commissione Duron, ma da te che sei coinvolto si. E sai bene cos’ha detto sulla tratta di accesso alla tratta internazionale e a quando l’ha rinviata. Comunque invenzione per invenzione, tu hai dei sodali che hanno dichiarato che la Kiev-Algeciras (lisbona lasciamola perdere) proseguirà con un tunnel sotto lo stretto di gibilterra e attraverserà il nord africa (Virano) o che arriverà fino a Mosca (Fassino) Shangai (ho dei dubbi ma potrebbe essere un ex sottosegretario ai trasporti nostro conterraneo) o che il tav serve in realtà come apertura psicologica all’Europa (Cota). E questi non sono scrittori militanti, ma amministratori che decidono del futuro dei nostri territori.

  19. – conosco l’incontro al Poli cui fai riferimento, ma sono anche noti gli email in cui un noto professore NO TAV del Poli invitava i NO TAV a intervenire in massa per coprire di sterco i suoi colleghi pro TAV
    – Bellomo non è (più) mio collega, ho lavorato nel settore geotecnico molti anni fa (troppi), ora mi occupo di altro. Quindi, giusto per chiarire, non sono in alcun modo coivolto con i lavori della TAV, ma abitando a Torino e avendo un poco di competenza nel settore, mi interesso alla questione. Poi ti ripeto, se pensi che tutti i consulenti siano in malafede, allora blocca qualsiasi collaborazione tecnica agli enti pubblici
    – dubito che servano i NO TAV alla procura di Torino per individuare le infiltrazioni mafiose, è dal 1992 se non da prima che Caselli dà con successo la caccia ai mafiosi
    – quella della frana è una storia succosa, 2 esponenti NO TAV affermano che c’è una frana che minaccia il cantiere, l’ARPA verifica, conclude che il rischo di frana non c’è (l’ARPA come Bellomo?) e i due si ritrovano con una denuncia per procurato allarme. Dubito poi che una rete paramassi possa fare molto contro una frana fatta di “massi di dimensioni pari a due-tre grosse abitazioni”, come affermato nell’esposto
    – mi è nuova la faccenda del documento asseverato (asseverare mi pare voglia dire garantire la correttezza di una traduzione), sarei curioso di saperne di più. Non credo poi che una denuncia per falso aiuterebbe a liberare la comunità scientifica dal giogo NO TAV, dal momento che la comunità medesima si è digerita la documentazione NO TAV senza battere ciglio e senza trovarvi alcun motivo per cambiare opinione
    – Virano ha parlato di Gibilterra nella prospettiva di “riflessioni
    che traguardano ad un orizzonte molto molto lungo”, che i cinesi vogliano collegare la loro rete AV verso ovest è oggetto di ampie speculazioni, su Cota invece sono disarmato, del tutto indifendibile, quasi peggio di Scibona.
    – non chiedo a De Luca di leggersi il rapporto della commissione Duron, ma almeno di non inventarsi le dichiarazioni di Hollande, visto poi che lui è uno per la sacralità del verbo e della verità. Ben so che il rapporto Duron suggerisce di ritardare la tratta nazionale francese così come è stata ritardata la tratta nazionale italiana, quello che nessuno mette in discussione è il tunnel di base, che è l’elemento chiave di tutta la faccenda. Invece i NO TAV trasferiscono il ritardo sulla tratta nazionale francese allo scavo del tunnel di base.
    – quando gli oratori pro TAV sono andati a presentare la TAV a Susa, sono riusciti a tornare a casa solo incastrati in mezzo ai celerini organizzati a testuggine, Esposito è stato assediato qualche ora a Bussoleno quando ha osato andare a dire la sua in terra infidelium, la presentazione di un libro pro TAV al salone del libro stava per finire a cazzotti, un paio di convegni a Avigliana si sono svolti sotto assedio, tutte cose che scrivono Numa sulla Stampa e Griseri su Repubblica, ma che trovi anche raccontate con malcelata soddisfazione su notav.info. Esposito gira sotto scorta, è un fatto noto.
    – il traffico con la Francia di cui parlo ha come base le 40 milioni di tonnellate di interscambio attuale, non calate nonostante la crisi, che anziché scegliere la ferrovia prendono vie più lunghe e più costose attraverso la Svizzera o vanno a intasare l’autostrada a Ventimiglia.
    Se poi a qualcuno interessa, potrei raccontare la storia del Frejus, di Brindisi e della Valigia delle Indie, ma credo che ognuno possa facilmente trovarla in rete

  20. Rispondo solo al primo e all’ultimo:
    -sono contento che tu riconosca di aver detto una fesseria affermando: “non ricordo un solo incontro in cui si sia cercato di presentare le ragioni della TAV, sia in Val Susa (Susa, Avigliana, Bussoleno) e sia a Torino (compreso il Salone del Libro), che non sia stato disturbato, ostacolato dai NO TAV e che non abbia richiesto massiccia presenza di polizia per potersi effettuare”.
    -le 40 milioni di tonnellate sono costituite dall’intero traffico con la Francia: Ventimiglia (18,1), Frejus (3,4 su ferrovia, 11 sull’A32) e Montebianco (9,2) dati del 2011. I proponenti prevedono che dalla sola Valle di Susa passeranno nel 2035 39,9 Mt in ferrovia e 32,4 Mt su strada. Al 2053 prevedono che in totale passeranno dalla Valle 110 milioni di tonnellate di merci (adesso sono, ripeto, 3,4 su ferro e 11 su gomma, in calo da diversi anni). Come le chiami tu queste previsioni?
    Voi continuate a fare “riflessioni che traguardano ad un orizzonte molto molto lungo” spendendo montagne di soldi pubblici quando quotidianamente ci sono problemi con le scuole, gli ospedali e i servizi basilari. Ma questa è una questione di scelte politiche, un tecnico si limita a risolvere problemi, giusto?
    P.S. il rischio frana è talmente assente che da progetto erano previste le reti paramassi e che dopo che i presidenti di Legambiente e Pronatura piemonte lo hanno fatto notare, prontamente ltf ha predisposto una doppia recinzione. Poi sono stati denunciati…succoso?

  21. – d’accordo c’è stato un incontro al Politecnico di Torino quasi due anni fa in cui 2 esperti pro TAV hanno goduto in modo del tutto eccezzionale della prerogativa loro riconosciuta dalla Costituzione di esprimere pubblicamente le loro opinioni.
    – il Frejus ferrovia ha perso traffico anche per via dei 10 anni di lavoro per abbassare il piano del ferro, anni in cui molto traffico è finito su altre direttive alpine dalla Svizzera a Ventimiglia, calando dai 10 milioni di tonnellate del 2002 ai 3.4 del 2009. A questo si è aggiunto il fatto che il trasporto merci attraverso il tunnel attuale costa il 40-50% in più rispetto alle alternative. La crescita del traffico dipenderà da diversi fattori:
    – tunnel di base a costi di trasporto competitivi rispetto alle alternative
    – aumento dei costi del trasprto su gomma
    – fine della crisi. In proposito l’analisi costi-benefici giustifica il tunnel di base anche nell’ipotesi in cui gli effetti della crisi attuali abbiano impatto per ancora una decina di anni

  22. @picobeta
    o sei disattento o credi di poterci prendere per scemi: ti ho appena scritto che voi proponenti sostenete che nei prossimi 20 anni il traffico merci crescerà esponenzialmente SIA su ferrovia CHE su gomma. Il numero di tif triplicherà sulla A32 Torino Bardonecchia, e le merci su ferro addirittura saranno 3 volte quelle del massimo storico e dieci volte quelle dell’attuale traffico. (Picobeta, ma non sono numeri a caso questi? Non sono analisi fatte apposta per compiacere i desiderata dei decisori politici? Tra l’altro sono stime che ricalcano quelle che i proponenti vanno facendo da vent’anni a questa parte, stime sempre smentite dalla realtà). E tu mi rispondi che la crescita del traffico dipenderà “dall’aumento dei costi del trasporto su gomma”?
    Per giustificare la linea, altrimenti indifendibile, prospettate una nuova rivoluzione industriale che aumenterà a dismisura le merci in circolazione, trasportate in ogni modo, su strada e su ferrovia. E grazie a questa “ideologia” vorreste far spendere miliardi di euro togliendoli alle esigenze primarie: scuole, ospedali, trasporto pendolari etc.
    Comunque se l’obiettivo è diminuire il costo del trasporto delle merci che si sposteranno fra 20 anni, facendo gravare questa diminuzione sulla collettività io avrei una soluzione migliore: perché limitarsi alla ferrovia? Facciamo un canale, da Bussoleno a St. Jean de Maurienne, i costi del trasporto su chiatta sono infinitamente minori di quelli su ferrovia. Se questa è la logica che dobbiamo usare, diminuire i costi del trasporto merci facendo pagare la differenza alla collettività, facciamo le cose per bene! 🙂
    P.S. se non sbagli l’ipotesi del decennio perduto non è esattamente come la metti giù te: non dice che nel 2017/8 torneremo ai livelli del 2007/8 (prospettiva allo stato attuale un tantino ottimista)?
    P.S.2 sai bene che l’analisi costi benefici prodotta da Virano (curiosamente uscita quando già erano in corso i lavori, come si suol dire mettere il carro davanti ai buoi) è stata oggetto di aspre critiche persino da parte di chi sedeva al tavolo dell’osservatorio ormai “normalizzato”.

  23. Comunque la storia delle giustificazione per costruire il tav comincia a diventare stucchevole: venti anni fa dicevate che bisognava farla per gli uomini d’affari che avevano l’esigenza di muoversi velocemente fra torino e lione prospettando vagonate di business people e manager ad alta velocità. Poi è iniziato il ritornello della linea storica che si sarebbe saturata nel giro di pochi anni, anzi pochissimi. E infine siamo approdati al fatto che bisogna fare la nuova linea per ridurre le spese di chi deve spedire le merci. Manca davvero un passo al “dio lo vuole”…

  24. Diciamola tutta, sul cosiddetto “Rapporto Duron” (= Commissione Mobilità 21). I progetti afferenti all’alta velocità (LGV) sono stati “ritardati”, come afferma @picobeta – con le parole delle raccomndazioni del presidente della commissione Mobilité 21, «il ne s’agit pas d’abandonner les grands projets
    mais de les hiérarchiser dans le temp»
    ; ma ritardati al di là del 2050! La scansione gerarchica delle priorità dei progetti da realizzare è infatti «2014-2030, 2030-2050 et au-delà». E questo perché da un lato si afferma che l’alta velocità non risponde al complesso dei bisogni di un sistema di trasporto nazionale, e dall’altro che va data priorità a un’offerta intermedia tra il trasporto ordinario e quello ad alta velocità (TGV).

  25. L’analisi costi benefici non è stata prodotta da Virano, ma da un gruppo di studio italo-francese con contributi di studiosi indipendenti e ha dimostrato la convenienza dell’opera in due scenari su tre, escludendp solo lo scenario dello shock permanente. L’analisi è stata poi validata da Baccelli e da Maffii in tre scenari diversi. Maffii, che è della Scuola Ponti e che quindi privilegia investimenti in autostrade, non ha condiviso le conclusioni, Baccelli ha fatto previsioni migliori di quelle dell’analisi circa i benefici dell’opera.
    Le previsioni di traffico sono basate su:
    – diverse stime dell’andamento del PIL di Italia e Francia in generale e in particolare delle aree interessate dal traffico sulla linea (insomma il PIL della Sicilia influisce molto meno di quello della Pianura Padana)
    – impatto dell’andamento del PIL sul traffico merci generato (su questo punto Maffii ha opinioni diverse)
    – caratteristiche dell’ infrastruttura ( costi di trasporto, capacità di garantire il passaggio a convolgi di dimensione differente, tempi) sia per la situazione attuale (traforo a 1300 metri) e sia per il nuovo tunnel di base
    – capacità dell’infrastruttura di attirare flussi e di generarne di nuovi
    – politiche di incentivi e di disincentivi dei trasporti.
    A farla breve nel 2035 si prevedono sull’asse del Frejus (ferro + gomma) 58 milioni di tonnellate di merce senza il tunnel di base (ma con 43 su gomma e solo 15 su ferro) e 72 con il tunnel di base ( ma con solo 32 su gomma e 40 su ferro). Non mi risulta che Maffii e Debernardi abbiano contestato la divisione del traffico tra gomma e ferro nei due scenari (con e senza traforo), ma che abbiano stimato volumi di traffico inferiori. Baccelli invece ha stime superiori per il traffico, visto che il PIL da considerare è quello delle regioni economicamente più forti di Italia e Francia e non quello nazionale.

  26. Negli ultimi 15/20 anni, escludendo l’anomalia della chiusura del Bianco, il traffico merci sull’A32 è stato stabile o in leggera diminuzione e compreso fra i 10 e i 15 milioni di tonnellate. Giusto? Ora, cosa succederà di così incredibile da portare questo traffico stabile da un paio di decadi alle 43 Mt che tu indichi nel 2035?
    E poi, sopra hai detto che il traffico sulla linea storica è passato dalle 10 milioni di tonnellate della metà degli anni ’90 alle 3 attuali anche per via della sua non competitività, bene, diamolo per buono. Cosa succederà di così sconvolgente nei prossimi 20 anni per quintuplicare il traffico sulla ferrovia del frejus? Come farà a tornare competitiva superando del 50% il picco massimo di utilizzo della linea avvenuto 15 anni or sono?
    Io credo che quei numeri che tu hai dato siano frutto di una ideologia. La stessa che negli anni ’90 ci prefigurava la rapida saturazione della linea, la stessa che nel 2007 prevedeva 3 ipotesi di sviluppo del pil: una ottimistica al 2,1 annuo, una media all’1,8 e una pessimistica all’1,5. Sappiamo come è andata. Se la vostra ideologia rimanesse chiusa nei salotti o al limite trovasse qualcuno disposto a investire i suoi denari seguendo le vostre indicazioni non ci sarebbe nulla da ridire. Ma i soldi sono pubblici e questi numeri di cui vaneggiate producono disastri, come nel mugello.
    Per sapere cosa ne pensa la Maffii dell’analisi costi benefici http://www.youtube.com/watch?v=jSCgQOz5yy4

  27. Avevo già sentito l’intervento di Silvia Maffii, trovandovi non pochi punti deboli:
    – se faccio dei lavori in una stazione per consentire ad esempio di caricare interi camion su un treno, come ad esempio già si fa a Novara per il traffico verso la Svizzera attraverso il Loetschberg, questo tornerà comodo non solo al traffico merci che va sulla Torino-Lione ma a quello che va in qualsiasi direzione ove vi siano linee ferroviarie o tunnel in grado di gestire quel tipo di traffico, dal Terzo valico, ai tunnel svizzeri e così via. Al contrario la linea storica avrebbe poco da guadagnare da nuove infrastrutture nelle stazioni, visto che non è attrezzata per sagoma del tunnel e per pendenza della linea a gestire il tipo di trasporto che le nuove infrastrutture potrebbero mettere sulla rete
    – visto che su tutte le direttive alpine si sostituiscono le linee ottocentesche in quota con tunnel di base (anche su altre linee, come la Pontremolese), immagino che i costi di esercizio siano tollerabili, al netto di una improvvisa ventata di follia che comprende Francia, Italia, Svizzera e Austria. Tra l’altro il tunnel di base del Loetschberg fa soldi a palate e persino l’Eurotunnel sotto la Manica ha cominciato a pagare dividendi ai suoi azionisti.
    – stima del PIL. Maffii dice che è basata solo su alcune regioni, Baccelli invece afferma che è basato sull’intera nazione.
    – l’esempio svizzero ( due terzi del traffico su ferro) mostra che è possibile spostare, anche con interventi legislativi, grandi percentuali di traffico merci dalla gomma al ferro. E questo prima dell’apertura dei tunnel del Monte Ceneri e del Gottardo
    – sull’incidentalità, vorrei ricordare gli anni di chiusura del Traforo autostradale del Bianco per un incidente stradale, con i costi per il mancato uso del tunnel e per il ripristino. Anche al Frejsu c’è stata una chiusura di diversi mesi nel 2005, sempre per incidente. I tunnel autostradali hanno da sempre una incidentalità molto più elevata di quell ferroviari
    Sui numeri dell’Osservatorio:
    – il tunnel ferroviario del Frejus ha perso traffico per la non competitività e per i lavori di abbassamento del piano del ferro, prima dei quali il tunnel ferroviario portava 10 milioni di tonnellate, il che non è un picco ma il traffico pressoché costante a partire dagli anni ’90. Arrivare a 15 in 20 anni non mi pare dissennato.
    – i numeri delle stime sono forse alti per il traffico autostradale, ma non per quello ferroviario, visto che una nuova infrastruttura non solo intercetta il traffico esistente, ma ne genera di nuovo, come mostra il famoso esempio della Valigia dell Indie e di Brindisi
    – curioso infine che avendo a disposizione lo strumento di previsione Maffii non abbia provato a fare lei stime del traffico futuro
    Ricordo infine che i sindacati (tranne la FIOM) e le organizzazione imprenditoriali vogliono a tutti i costi la TAV. Gli industriali non dicono ad esempio “non fate la TAV e con quei soldi abbassate o abolite l’IRAP (cioè la tassa che odiano di più)”, dicono anzi “Fate la TAV perché è necessaria per le nostre attività produttive”. E circa la FIOM sarei curioso di sapere se Landini, Airuado, Cremaschi, tutti NO TAV (almeno per la TAV in Val Susa ma favorevoli alla TAV Napoli-Bari), sono in grado di garantire che ci sia spazio per la sopravvidenza delle industrie metalmeccaniche in cui lavorano i loro iscritti nel caso in cui gli industriali, rimasti senza TAV, decidessero di alzare i tacchi e andare altrove o se si avverassero gli scenari di decrescita felice tanto cari ai teorici NO TAV.

  28. Tralasciando gli industriali che senza il tav alzano i tacchi e se ne vanno dall’Italia direi che siamo giunti almeno a una conclusione su cui concordiamo: le stime dell’aumento del traffico autostradale dei proponenti (stime grazie alle quali giustificano la necessità dell’opera) sono troppo alte.
    Non continuo e mi accontento di questo piccolo terreno comune, solo una precisazione. Tu dici che “il tunnel ferroviario del Frejus ha perso traffico per la non competitività e per i lavori di abbassamento del piano del ferro, prima dei quali il tunnel ferroviario portava 10 milioni di tonnellate, il che non è un picco ma il traffico pressoché costante a partire dagli anni ‘90”. I lavori iniziarono nel 2002/2003. Questa la serie storica del traffico merci in milioni di tonnellate
    1994->7.7
    1995->8.5
    1996->9,7
    1997->10,1
    1998->9,3
    1999->8,4
    2000->8,6
    2001->8,6
    2002->8,6
    2003->7,8
    2004->6,4
    2005->5,9
    2006->6,1
    2007->5,7
    2008->4,6
    2009->2,4
    2010->3,9
    2011->3,4
    10 milioni di tonnellate è, a rigore un picco, e continuo sforzandomi di comprendere il tuo punto di vista ma tenendo conto della serie storica a credere irrealistica l’impennata nei trasporti che voi “auspicate”.

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