In questi giorni sto consultando gli archivi in cerca di vecchi articoli scritti per Repubblica nella seconda metà degli anni Novanta. Ricordavo di essermi occupata a lungo di quella che veniva chiamata, ai tempi, controcultura, e che nei fatti era composta da una galassia di possibilità e scoperte che andava dai videogiochi ai rave, dai graffiti ai centri sociali, dalle posse a Internet. Erano gli anni in cui molti scrittori erano vicinissimi a quel mondo: ricordo un “Cannibal rave” a Venezia Poesia nel 1997, con inaugurazione di Umberto Eco e finale con i cosiddetti autori pulp che facevano il verso a se stessi nel “Cannibal Rave”, condotto con i dj della Fonderia Italghisa di Reggio Emilia (protagonista di un romanzo di Giuseppe Caliceti) e con, tra i vocalist, Niccolò Ammaniti, Rossana Campo, Stefano Raspini, Isabella Santacroce.