Sarà che il caldo che provo è inedito, e sono convinta che il corpo serbi memoria delle stagioni passate, e la sensazione della pelle che scotta l’ho provata raramente a meno di non addormentarmi sotto il sole. Sarà lo spaesamento, l’incertezza generale, la rabbia non sopita, sarà tutto quel che volete, ma mi chiedo perché intorno a me, di contro, tutto sembra accelerare come se fossimo in un produttivo ottobre e non in uno sfinito e sfinente luglio.
Queste parole hanno dodici mesi esatti. Il caldo è ancora più inedito, la pelle scotta, e la rabbia monta. Non la mia. Più passa il tempo che ci separa da quell’inizio del 2020, e, stranamente o forse no, si affievoliscono i miei piccoli e grandi furori, perché nessuno di noi può definirsi persona mite fino in fondo, e forse bisognerebbe parlarne di più, dei lati oscuri che neghiamo rappresentandoci come amanti dei fiori e degli animali (mi inquietano le bacheche delle odiatrici, piene di rose in boccio e cagnolini da adottare, e forse sono finte e forse sono vere, vai a capire).
So che la rabbia cresce, attorno a me. Per cose sciocche, anche, quotidiane. O per nessun motivo.
Per il poco che posso fare, vi posto qui un articolo scritto per Linus nel febbraio del 2022. Magari serve.