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E’ persino superfluo ripetere che è la scuola il luogo dove si formano cittadine e cittadini, dove si educa alla libertà di pensiero e di azione, dove si mettono in atto i primi passi della democrazia.
Bene, ci sono due iniziative, un disegno di legge (numero 1627) e una mozione (numero 7-00309) che sembrano invece prefigurare quell’idea di supremazia dell’Occidente già delineata nelle famigerate indicazioni, dove, nei fatti, si immagina una dicotomia bene-male dove sono altri a decidere dove sia l’uno e dove sia l’altro.
Il disegno di legge è stato presentato in agosto (ed è in discussione in commissione) dal senatore Maurizio Gasparri. Come ha scritto Simone Alliva, “Il testo stabilisce che i ministeri della Difesa, della Giustizia, dell’Interno, dell’Istruzione e dell’Università «promuovano corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua» su cultura ebraica e israeliana, sulla storia dell’antisemitismo «incluso l’antisionismo»: criticare le politiche dello Stato di Israele, dibattere sulle sue scelte internazionali o sulla situazione nei territori occupati potrebbe essere considerato equivalente all’odio razziale. Prevista anche una formazione per le Forze dell’ordine su come redigere verbali di denuncia”.
Veniamo alla mozione. Viene presentata da Rossano Sasso, Lega, e nei fatti intende limitare gli incontri e le riflessioni sull’Islam, lasciando intendere che parlare di Islam significa nei fatti incitare al terrorismo:

“la libertà di insegnamento è sancita dall’articolo 33 della Costituzione italiana, ma non può essere considerata assoluta in quanto devono essere rispettati alcuni limiti per garantire che l’insegnamento sia svolto in modo responsabile e rispettoso dei diritti e delle libertà altrui, in primis esso deve essere conforme alla Costituzione e alle leggi vigenti in Italia, non deve violare i diritti e le libertà altrui, come la libertà di religione, di pensiero e di espressione e non deve incitare all’odio e alla violenza contro persone o gruppi di persone”.

Suona come “il diritto internazionale conta fino a un certo punto” di Tajani, lo so.
Queste non sono iniziative che riguardano solo la scuola: ci riguardano tutte e tutti, e vanno almeno raccontate, diffuse e infine contrastate.

Leggo un’intervista a Marco Minniti che torna a parlare di  sicurezza sociale, e dice: “sicurezza è la parola chiave per coloro che pensano sia aperta la sfida tra autocrazie e democrazie, perché nonostante qualcuno dica il contrario, la sicurezza è un tema fondativo della democrazia”. Leggo anche dalla newsletter del Corriere della Sera:
“Mattarella  ha già chiesto modifiche al decreto sicurezza che introduce nuovi reati come quello di rivolta e resistenza «passiva» nei centri migranti e nelle carceri; estende il Daspo urbano, che vieta l’accesso a determinati luoghi; dà al governo (e non al Parlamento) il potere di individuare una lista di opere strategiche contro cui diventa reato manifestare; elimina le attenuanti in caso di violenze contro la polizia. Inoltre prevede che gli agenti possano portare senza licenza alcuni tipi di armi quando non sono in servizio e garantisce loro un anticipo fino a 10 mila euro per le spese legali, in ogni fase di giudizio, per gli atti compiuti in servizio che diventano oggetto di indagine o processo penale”. 
La Lega si oppone.
Sentir parlare ancora di sicurezza in questi termini è scoraggiante.
Fossi in voi, leggerei Il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana, curato da Antigone e pubblicato da Momo edizioni.

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