Leggo un’intervista a Marco Minniti che torna a parlare di sicurezza sociale, e dice: “sicurezza è la parola chiave per coloro che pensano sia aperta la sfida tra autocrazie e democrazie, perché nonostante qualcuno dica il contrario, la sicurezza è un tema fondativo della democrazia”. Leggo anche dalla newsletter del Corriere della Sera:
“Mattarella ha già chiesto modifiche al decreto sicurezza che introduce nuovi reati come quello di rivolta e resistenza «passiva» nei centri migranti e nelle carceri; estende il Daspo urbano, che vieta l’accesso a determinati luoghi; dà al governo (e non al Parlamento) il potere di individuare una lista di opere strategiche contro cui diventa reato manifestare; elimina le attenuanti in caso di violenze contro la polizia. Inoltre prevede che gli agenti possano portare senza licenza alcuni tipi di armi quando non sono in servizio e garantisce loro un anticipo fino a 10 mila euro per le spese legali, in ogni fase di giudizio, per gli atti compiuti in servizio che diventano oggetto di indagine o processo penale”.
La Lega si oppone.
Faccio dunque un bel respiro e torno all’estate del 2024, quando venne approvato l’emendamento al ddl Sicurezza sulla cannabis light, equiparata a quella con THC. Ci sono stati ricorsi, poi, ma al momento non ho ben capito dove sia finita quella norma che dimostrava, tra l’altro, ma una non sorprendente incompetenza.
Allora feci per l’Espresso un paragone un po’ audace, motivandolo così: se fossimo nel mondo dei sogni dove ogni cosa diurna si trasforma nel suo contrario, come sosteneva fra l’altro James Hillman, potremmo dire che nel regno onirico Maurizio Gasparri è Bugs Bunny. Partiamo dal secondo, anche per dar sollievo a chi legge: Bugs Bunny non è solo un coniglio dei cartoni animati, ma un semidio. Lo sostenne Marco Giusti in un bel libro del 1993, Cartoni animali: Bugs è l’anti Mickey Mouse ed è parente stretto de L’uomo di fiducia di Melville, che ingannava con arte i passeggeri di un battello a vapore. E’ insomma, un trickster, e il trickster non è un volgare imbroglione ma una creatura sacra, destinata a produrre cambiamento in un mondo stagnante. Bene. Maurizio Gasparri è l’esatto opposto, perché su quell’emendamento disse: “Chi difende la cannabis light difende sostanzialmente attività ambigue e pericolose. Va stroncata ogni forma di incoraggiamento all’uso delle droghe e alla propaganda delle droghe. Non mi meraviglio quindi che quelli che vogliono legalizzare le droghe difendano anche la cannabis light”. Naturalmente non un dato a supporto, ma sarebbe chiedere troppo.
Ora, fanpage ha intervistato Marco Pistis, farmacologo del gruppo dipendenze patologiche della Società Italiana di Farmacologia, professore ordinario di Farmacologia all’università di Cagliari, direttore della scuola di specializzazione in Farmacologia. Dunque, uno che ne sa. Pistis ha dichiarato che la cannabis light, che per legge deve contenere una bassissima percentuale di THC per essere definita tale, “non è una droga” perché “non ha effetti psichici nemmeno lontanamente paragonabili a quelli del tetraidrocannabinolo e non ha di certo la capacità di dare dipendenza che in alcuni casi può avere il THC”. Farmacologicamente, insomma, non è una droga, ma “in senso giuridico, se non è più legale, è una “droga” a tutti gli effetti”.
Insomma, è l’emendamento ad aver reso una droga quella che non lo era, il tutto in nome del solito decoro, spettro agitato da sinistra (decreto Minniti 2017, la premessa per le panchine anti-uomo e la decenza di facciata) e da destra (il decreto anti-rave). Poco importa che non abbia senso, esattamente come non lo hanno quei meravigliosi comunicati della questura che, dopo una manifestazione musicale e culturale con decine di migliaia di partecipanti (Montelago Celtic Festival), dichiarano di aver sequestro trecento grammi di hashish, sempre trecento anno dopo anno, al punto che lo spettro di Fibonacci si sta chiedendo come sia possibile che l’hashish non si moltiplichi come i suoi conigli.
Sentir parlare ancora di sicurezza in questi termini è scoraggiante. Dunque, sono andata a rileggermi cosa scriveva Wolf Bukovski su Giap :
“Mettere in questione il «decoro», da anni a questa parte, ha significato essere additati come «rompicoglioni», «spocchiosi e marginali», da destra e da (con ancora più acredine) manca: «siete voi che fate vincere la destra». Perché il «degrado», si sa, è impolitico, lo si vede coi propri occhi, è «questione di buonsenso».
«Voi vivete nei quartieri bene, figli di papà, come vi permettete di dire che il decoro e la sicurezza sono una roba di destra? Venite qui»: questo è stato ripetuto ad nauseam e contro ogni evidenza a chi ne scriveva, ma anche ai movimenti, ai centri sociali, ai singoli e singole che si opponevano alla retorica (razzista e classista) del degrado. «Venite qui a vedere»: testimonianza diretta totalmente emotiva, in cui i «fatti» sono rappresentati in modo così semplicistico da diventare una caricatura dei fatti. E come se lo scegliere, decodificare, selezionare e commentare un fatto piuttosto che un altro non fosse un’operazione di arbitrio, anche nel senso nobile del termine. Come se non fosse, precisamente, lo spazio della lotta politica, l’affermare un fatto tra i mille e renderlo importante”.
E’ esattamente quello che continua ad accadere: si scelgono alcune istanze e non altre e si ignorano tutte le voci che non chiedono decoro e sicurezza in questi termini. Fossi in voi, leggerei Il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana, curato da Antigone e pubblicato da Momo edizioni, con testi di Patrizio Gonnella, Stefano Anastasia, Susanna Marietti, Luigi Ferrajoli, Valeria Verdolini, Antonino Azzarà, Mauro Palma, Marco Ruotolo, Marco Pelissero, Osce, ASGI, Amnesty International Italia, Pasquale Prencipe.
Per semplificare, qui la lettura a fumetti di Elena Mistrello.
Che rabbia.
Penso che oggi la protesta sia se non morta almeno moribonda, uccisa prima ancora che da leggi e decreti dall’incrocio se vogliamo paradossale fra la relativa prosperità residua del nostro mondo “occidentale” (smartphone, servizi di delivery) e la crescente penuria di speranza in un domani migliore.
Non è un caso se le principali forme di “protesta” adottate da decine di migliaia di persone in tutto il Pianeta sono il diventare NEET per scelta e l’antinatalismo.