La discussione sulle scrittrici: un articolo di Meg Wolitzer di dodici anni fa per il New York Times. Sarebbe molto bello partire da qui, dalle riflessioni fatte da un’autrice statunitense, per capire anche come mai altrove è possibile dibattere dalle pagine del maggior quotidiano e qui molto meno. Buona lettura.
“Tirare in ballo la questione femminile – nel senso di narrativa femminile – è un po’ come parlare del debito di stato durante una cena. C’è chi si infastidisce, ritenendolo un argomento di cui si è parlato troppo e in modo inesatto, mentre alcuni lo considerano cruciale.
Poco tempo fa, a un evento sociale, scoprendo che ero una scrittrice un ospite mi ha chiesto: «Potrei aver letto qualcosa di suo?» Gli ho declinato le mie generalità: il nome non gli diceva nulla, il che va benissimo, non sono così famosa. Poi, dietro sua richiesta, gli ho descritto i miei romanzi. «Mah, contemporanei, direi. Alcuni parlano di matrimonio. Di famiglia. Sesso. Desiderio. Genitori e figli.» Trascorsi alcuni istanti d’imbarazzo, il signore ha chiamato sua moglie, annunciandomi che era con lei, «che quel genere di libri li legge», che avrei dovuto parlare. Se ripenso a quell’incontro, lo vedo come un’occasione persa. Alla domanda «Potrei aver letto qualcosa di suo?», molte scrittrici sarebbero tentate di rispondere: «In un mondo più giusto».”