Permettetemi il secondo post letterario in due giorni. Ieri sera ho visto la prima puntata di It-Welcome to Derry. Mi sono lasciata prendere fino alla fine. C’era qualcosa che mi disturbava, però, pur nella curiosità e nell’interesse di antica kinghiana. E me ne sono resa conto stamattina, dopo averci dormito su.
Accade quasi ogni volta (quasi) con le trasposizioni cinematografiche o televisive da Stephen King, ed è accaduto anche stavolta. Non bastano i colpi di scena, i mostri, il saltino sulla sedia. Perché dentro la scrittura di King c’è qualcosa che è molto difficile da restituire, tranne in alcuni casi (per quanto mi riguarda, soprattutto Le ali della libertà, Stand by me, Il miglio verde, Misery, L’ultima eclissi, che non casualmente non sono horror e, Miglio verde a parte, neanche sovrannaturali).
Stavolta il problema è proprio Derry. Esistono città inventate, case inventate, luoghi che esistono solo nella mente di chi scrive e che però riescono a rappresentare il mondo intero. Come gli altopiani di Lovecraft. Come la Hill House di Shirley Jackson. Come le città di King, Derry o Castle Rock, luoghi dove sopra la televisione ci sono i quadri con Gesù e il gregge di pecore, e a volte, come in Tommyknocker, Gesù farà l’occhiolino alla padrona di casa e le spiegherà come uccidere il marito. Ci sono molte lattine di birra e fiere di paese e molti fallimenti. C’è povertà. Ci sono le case mobili dove le ragazze che si sono sposate giovanissime perché incinte mangiano scatole intere di cioccolatini e picchiano i figli, come in Salem’s Lot. E silenzio. Nessuno parla a Derry, nessuno vede, anche se ragazzi e bambini scompaiono. La città prospera su quel silenzio e con quel silenzio nutre il male che cresce nel sottosuolo. Non funziona così, sempre? Non si prospera forse grazie al silenzio e all’indifferenza? Salvo poi venir distrutti, in un sol colpo, in quel 1985 che vede esplodere Derry mentre, nel mondo cosiddetto reale, Ronald Reagan iniziava il suo secondo mandato.
Ecco. In questa prima puntata della serie non ho visto questo. Non ho visto quel che è più importante in It e derivati: non ho visto che i cartelloni che danno il benvenuto a Derry ma non basta, ma è didascalico, e non ci fa capire quanto gli adulti siano indifferenti nei confronti del terrore. Mi rendo conto che è difficile. Aspetto la seconda puntata, ma intanto, come si immagina, rileggo.