115. STORIE DAI BORGHI. LETTERA AI FUTURI MAESTRI

Questa è una storia dai borghi che non viene dai borghi, non del tutto, ma viene da me. E’ il testo della lettera che ho indirizzato sabato ai Futuri maestri, leggendola all’Arena del Sole ai mille splendidi ragazzi che hanno recitato nello spettacolo. Mi sono state chieste cinque parole da affidare loro. Le ho scelte. Pensando ai nostri luoghi.
Non voglio chiamarvi allievi, o discepoli.
Mi piace chiamarvi, invece, giovani sorelle e giovani fratelli, perché la strada che percorrete è simile a quella su cui abbiamo camminato noi, gli adulti, noi che avremmo dovuto tracciarla forse meglio, e avremmo dovuto togliere con maggiore pazienza i sassi che vi intralciano il cammino.
Ecco. Alle sorelle e ai fratelli si consegna anzitutto il Nome.
Tenetelo caro, il nome che portate. Siatene fieri, e non solo perché chi lo ha scelto, prima che veniste al mondo, lo ha fatto con amore immenso, cercando il più bello in un libro, e avanzando e scartando ipotesi la sera, prima di andare a dormire, sapendo che nel sonno avrebbe sognato quel che sareste stati. Vi consegno il Nome, perché il nome è quel che siete.
Nei miei luoghi, quelle Marche oggi distrutte e sbriciolate dal terremoto e ancora in briciole dopo otto mesi, esiste un Monte. Si chiama Monte Sibilla. Là dimorava la potente Signora, Maestra di Saggezza, appunto la Sibilla. Nella grotta sotto il Monte cavalieri ed eroi si recavano a chiederle quale fosse il loro nome. Conoscere il proprio nome significa essere consapevoli di chi si è, e di quello che desideriamo, e di cosa portiamo con noi attraversando la vita. Dunque, con il nome è la consapevolezza che vi consegno: perché ci saranno momenti in cui la perderete, e vi lascerete andare ai tanti impegni piccoli e grandi delle vostre giornate, a una parola sbagliata, a una cattiveria facile da mettere in atto, magari su un social. Ricordate chi siete, ricordate il nome, ricordate l’amore con cui vi è stato dato, ogni giorno.
Ma ogni nome ne nasconde un altro. Nelle mie terre, doppi sono i fiori magici dei Sibillini: si chiamano pollibastro e centofoglie, e le donne sapienti che furono seguaci della Sibilla le usavano per dare concordia o sconcordia a seconda di quale parte veniva usata e se cresceva verso l’alba e verso il tramonto. Insieme al nome, dunque, vi consegno il Doppio: perché possiate sempre ricordare che non c’è una sola verità, né un solo modo di raccontarla, né una sola realtà. Perché possiate scrutare nelle zone d’ombra, e imparare a vedere anche quando il sole è così forte che tutto sembra bianco, e le cose spariscono. Di ombra e di sole è fatta ogni vita, e il mio augurio è che possiate amare l’una e l’altro, il freddo e il caldo, lo scuro e il luminoso. Perché doppia è la vita stessa.
La Sibilla lo sapeva. Nell’oscurità della sua grotta scese un giorno il Guerin Meschino, che non conosceva i propri genitori e non sapeva di essere figlio di re. “Sono di questo mondo, non so donde venga, e non conosco ove vado”, disse all’oste che cercava di convincerlo a non entrare nella grotta, dicendogli che falchi e grifoni e belve gli avrebbero impedito l’accesso, e se fosse riuscito a entrare non sarebbe più tornato. Guerin Meschino, invece, va. Ed è il coraggio che lo spinge e il Coraggio che vi consegno: nessuna belva e nessun grifone vi fermi, se avete deciso di intraprendere una strada. Non vi fermino coloro che dicono: tanto non c’è niente da fare, o la vita è difficile, o non ce la farete, o funziona così, o fatti furbo. Scegliete invece la via e percorretela fino in fondo, e scoprirete che i falchi si limitano a volteggiare in cielo, e i grifoni sono creature docili, e le belve possono essere ammansite. Come diceva un grande poeta che si chiamava Franco Fortini, “La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro. Ma scrivi”.
Accanto alla grotta di Sibilla c’è inoltre un lago a forma di occhiale. Lo chiamano lago di Pilato e le sue acque sono rosse perché vi dimora un piccolo crostaceo dal nome astruso, Chirocefalo del Marchisoni, che lo tinge. Si diceva che gli stregoni vi si recassero a immergervi i loro libri di magia. E che il demone evocato chiedesse “cosa vuoi da me?”. “Conoscerti”, diceva il negromante. La conoscenza e non il potere spingeva l’antico mago, e la Conoscenza vi consegno. Nessun potere uguaglia quello del conoscere, dell’essere curiosi, del voler sapere di più sul mondo, sugli altri che vi sono accanto e su quel che prima di voi è avvenuto. Non pensate, in nessun momento della vostra vita, di sapere tutto: c’è sempre qualcosa, sempre e sempre, che attende di regalarvi sapere. Cercatelo.
Ma non tenete quel che sapete per voi.
Si dice infatti che per ottenere quel che si cerca dalla Sibilla, occorre sorprenderla mentre lavora a un telaio di raggi di sole, insieme alla sorella rossa e alla sorella nera, quella che porta il sonno. E una volta trovata occorre porre tre domande alla tessitrice, ma tener presente che se lo si fa per egoismo e per ambizione, si verrà scaraventati sulle rocce e bruciati dal sole e neanche le ossa dormiranno e illumineranno col proprio biancore l’entrata della grotta. Condividete quel che avete. Fatene un tesoro comune. Per questo vi consegno la Generosità. Quello che non terrete per voi, crescerà di valore. Quello che sarà in comune con gli altri, renderà gli altri e voi stessi più forti.
Dicono le leggende che la Sibilla sia difesa dal mondo da un vento straordinario e terribile, da un ponte non più largo di un piede, da dragoni di pietra dallo sguardo fatale e da due porte di metallo che sbattono continuamente. Se si superano le prove, si giunge in un luogo di paradiso. Il mio augurio è che le vostre prove siano lievi, e che la vostra destinazione ve ne ripaghi, qualunque sia quella che sceglierete. E che nessun vento possa mai fermarvi.
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2 pensieri su “115. STORIE DAI BORGHI. LETTERA AI FUTURI MAESTRI

  1. Ciao,
    sono un ragazzo che scrive a titolo gratuito per una rivista che quotidianamente recensisce Futuri Maestri. Volevo solo farti avere il testo dell’articolo che ho scritto su di te il giorno della prima. Sarei dovuto anche intervenire di persona all’aperitivo serale ma non ho avuto modo di presenziare. Nessuna pubblicità né sponsorizzazione, comunque; volevo solo che avessi il testo perché sei un personaggio che ammiro particolarmente.
    Debuttano stasera i Futuri Maestri, e con loro debutta anche il primo personaggio – uno diverso ogni replica – che sul palco leggerà ai ragazzi una lettera sull’importanza del presente e del futuro, della grinta e della determinazione, della voglia di conoscere e di ribellarsi. A dare il via, Loredana Lipperini: giornalista, scrittrice e storica voce radiofonica.
    Nata a Roma nel 1956, Lipperini inizia la sua carriera negli anni Settanta in Radio Radicale, come direttrice dell’agenzia di stampa e voce di punta dell’emittente; Con il successivo passaggio in Radio Rai, collabora per diverse testate nazionali e programmi televisivi, per i quali è autrice e conduttrice. Dal 2004 apre Lipperatura, blog di recensioni editoriali e commenti su questioni di attualità, che diventa rapidamente un punto di riferimento per il dibattito letterario nazionale. Narratrice, titolare di corsi di scrittura tra Torino e Bologna, giurata nei più importanti festival di letteratura: Lipperini è una personalità poliedrica nel panorama autoriale italiano.
    Quali insegnamenti, dunque, potrà fornire ai ragazzi sul palcoscenico? Lipperini, sul suo blog, firma da alcuni mesi la rubrica Storie dai borghi, in cui racconta le falle del sistema economico e politico italiano sul fronte della ricostruzione post-sisma nelle Marche, sua regione d’elezione. L’importanza della concretezza, del riferimento preciso, dell’analisi coi piedi ben piantati a terra: per spiccare il volo c’è sempre bisogno di radici solide. Come diceva Pavese: «un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via».
    Inoltre, Lipperini pubblica periodicamente romanzi. Dopo una parentesi fantasy con l’eteronimo Lara Manni – dove l’autrice dimostra la propria capacità di astrazione e di evasione – giungiamo al suo ultimo lavoro, L’arrivo di Saturno, che racconta l’amicizia tra Dora, voce narrante, e Graziella de Palo, giornalista scomparsa a Beirut nel 1980. Le vicende narrate nel libro danno origine a un doppio filone narrativo che tenta di spiegare la verità attraverso la finzione letteraria. La realtà, tanto assurda da superare la fantasia, può essere analizzata sotto la lente di ingrandimento della letteratura, che non la inquina né la falsifica, bensì ne amplia le possibilità di lettura. Questo potrebbe essere un nodo cruciale da trasmettere ai ragazzi. L’incontro tra verità e finzione, tra tangibile e impalpabile, è indispensabile per una vita più piena, più ricca; se sotto l’egida della letteratura, dell’arte, del desiderio, tanto meglio. Ecco che, se i futuri maestri impareranno a coniugare attinenza al reale e slancio fantastico, avranno in mano gli strumenti necessari per poter osservare con sguardo critico e non semplicistico la complessità del mondo e delle sue contraddizioni.

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