123. STORIE DAI BORGHI. IL MODELLO BUROCRAZIA SU REPUBBLICA

Finalmente, sì. Gran pezzo (in apertura, pagine 2 e 3) su Repubblica di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci, dove si dà conto dello stato delle cose (e tante altre ce ne sarebbero e ce ne sono, come la follia delle deportazioni sulle coste, come il paragone con un altro modello, quello del 1997, come il fatto che in molti comuni non è necessario espropriare perché le piazzole su cui collocare le casette esistono appunto dal 1997). Finalmente, davvero. Tignosi burocrati, come aveva detto Paolo Rumiz, che provano a cercare sollievo nella cosmesi (i concerti di qua, le manifestazioni estive di là) per tutto quello che non hanno avuto il coraggio di fare. Stralci, qui sotto. Ci si ritrova lunedì 16 (domani comincia Gita al Faro a Ventotene, siate pazienti).
“Vi rendete conto?”, si chiede il sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini. Per accedere alla zona rossa del suo paese deve attraversare una capanna accanto alla pasticceria vissana. “In sette mesi dovevano arrivare le casette di legno “, mormora. “Mica me lo sto inventando, c’è scritto sul sito della Protezione Civile. Sapete quante ne abbiamo viste a Visso? Zero”.Sulle casette antisismiche le promesse si sono frantumate, fin da subito. “Entro Natale daremo le prime venti ad Amatrice”, dichiarò il 23 settembre l’allora premier Renzi. Le famiglie amatriciane le hanno avute a marzo. Finora ne sono state ordinate 3.620 in 51 comuni del cratere. Consegnate? Appena l’8 per cento: 296 in tutto, e quelle effettivamente abitate (188) sono soltanto in due comuni, Amatrice e Norcia. Il “modello Burocrazia”.
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Come un rosario, Pazzaglini sgrana la farraginosa procedura imparata a memoria. “Il sindaco deve stabilire quante casette servono, poi individua le aree dove metterle, poi la Protezione civile deve valutarle, poi interviene il genio civile regionale, poi si passa all’esproprio, poi la società incaricata disegna il layout, poi il layout deve essere autorizzato in municipio, poi torna in Regione, poi la Regione dà l’incarico per la progettazione, poi il progetto passa all’Erap (Ente per l’abitazione pubblica, ndr) di Pesaro e infine la gara la fa l’Erap di Macerata… “. Si contano almeno undici passaggi. E una selva di sigle, dentro cui si perde chi sta provando a rialzarsi dopo il sisma: Sae, Map, Dicomac, Aedes, Fast, Erap, Mude, Mapre, Cas. “A gennaio ho comunicato che mi servivano 225 casette: sei mesi sono passati e niente si muove”
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Come fanno a tornare, se per strada hanno i frantumi delle case crollate? Secondo una stima per difetto ci sono 2,3 milioni di tonnellate di macerie da rimuovere: da quel 24 agosto, quando il primo terremoto distrusse Amatrice e Accumoli, la macchina dell’emergenza è stata in grado di portarne via 176mila e 700, meno dell’8 per cento. Nel Lazio hanno cominciato a novembre: rimosse 98mila su un milione; in Umbria 3.700 su 100mila; in Abruzzo 10mila su 100mila. Nelle Marche sono partiti solo ad aprile. Ad oggi hanno raccolto appena 65mila tonnellate su un milione. Il 6,5 per cento del totale.
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Nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli, le più colpite dalla scossa del 30 ottobre (6.5 gradi, la più forte degli ultimi 37 anni), si procede a passo di lumaca. Per dire: ci sono voluti cinque mesi e sette autorizzazioni perché la Conferenza dei servizi autorizzasse la ditta Htr a portare macerie nel sito di stoccaggio di Arquata. Htr vince l’appalto a novembre, i camion si sono mossi ad aprile. Accanto a questa lavorano due aziende pubbliche che si occupano di rifiuti: Cosmari nel Maceratese e Picenambiente nell’Ascolano. È una precisa scelta del governo, che ha equiparato le macerie a “rifiuti urbani non pericolosi”, dunque scommettendo sugli operatori che normalmente si occupano della spazzatura. Prezzo medio: 50 euro a tonnellata. Giuseppe Giampaoli, direttore della Cosmari, nonostante tutto è ottimista. “Entro il 2018 ce la faremo”. Al momento nelle Marche viaggiano a un ritmo di 1.200 tonnellate al giorno: a spanne serviranno non meno di due anni e mezzo. “Ma a regime raggiungeremo le 2.000 tonnellate “, promettono dalla Regione. “Il nostro territorio è a forte rischio idrogeologico, motivo per cui si è faticato a individuare aree idonee dove mettere casette e macerie”.
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Oggi la realtà è rappresentata dalla durezza di quei due dati: il 92 per cento delle macerie a terra, il 92 per cento delle casette di legno non consegnate. A Roma negano che la crisi del governo Renzi di dicembre e i rapporti complicati tra Errani e gli ex compagni di partito del Pd abbiano potuto influenzare la gestione dell’emergenza. Eppure si sente la mancanza di un’autorità che abbia il coraggio di assumersi responsabilità straordinarie. E la forza di scartare due modelli ugualmente fallimentari: il “modello Bertolaso” e il “modello Burocrazia”.

3 pensieri su “123. STORIE DAI BORGHI. IL MODELLO BUROCRAZIA SU REPUBBLICA

  1. Il racconto è impressionante. 11 passaggi per poter dare una casa ai terremotati. I numeri sono chiari e fanno capire come va l’Italia: a spanne. Invece di scannarsi sul *ellum di turno sulla nuova legge elettorale i politici dovrebbero fare cose concrete per chi ha bisogno. E che pure paga le tasse.

  2. Ormai è chiaro che lo Stato rema contro perchè non possono essere TUTTI incapaci. Mi chiedo quale vantaggio (politico, economico, sociale) possa derivare dal lasciare morire un territorio così vasto a cavallo di 4 regioni e non riesco a trovare una risposta.

  3. Grazie per questi racconti dai borghi. Siamo stati sabato scorso a Fiastra passando da Pieve Bovigliana – di solito passiamo anche per Pieve Torina, ma dopo averla vista l’ultima volta ci è mancato il cuore – e al ritorno per Caldarola, no comment. La sensazione è che le Marche siano state “dimenticate” non solo dalle istituzioni (e aggiungerei un “volutamente”), ma anche dal resto d’Italia, a parte qualche caso sporadico. Quando parliamo di quanto succede da quelle parti sembra che chi ci ascolta si affretti a cambiare discorso.

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