1.VALUTAZIONI DI BASE

378357_339529802800900_1761182653_nE’ andata così. In una manciata di ore, tornando a navigare in rete, ci si imbatte in un paio di cose che danno da pensare. Bic for her (qui il gustoso resoconto su Huffingtonpost), ovvero la penna biro tutta femminile. Oppure, la bimba che pubblicizza una scuola per estetiste. Oppure ancora, ma dal vivo stavolta, il cartellone ideato da una banca che, per esaltare la bontà dei propri servizi, sceglie due faccine  con altrettanti desideri. Citando a memoria, una cucina nuova per la signora, un master per il figlio.
Ora, quando si discute della biro, della pupa  e della banca fornitrice di cucine, scattano reazioni prevedibili: sconforto e fastidio da una parte, sconforto e fastidio dall’altra. In un caso, nei confronti di chi ha ideato la penna e le pubblicità. Nell’altro, nei confronti delle femministe che detesterebbero le estetiste, le cucine e l’inchiostro glitterato. Segue discussione: no, altro che detestare le estetiste, ma il gioco delle associazioni è reiterato, insiste su un modello unico anzichè moltiplicarli, figurati se non amo le cucine, ma possibile che la mamma sia indistingubile dal fornello? Guarda che basterebbe poco: la bambina che si pasticcia la faccia con il rossetto come tutte abbiamo fatto, invece di essere fotografata in atteggiamento glamour, il figlio che sogna la cucina e la mamma che sogna il master, tanto per spiazzare chi guarda. Eccetera.
Quel che intendevo dire con il post di ieri, e che provo a esemplificare con quello di oggi, 564559_4609997139059_753573578_nè che l’attenzione verso il modo in cui i media rappresentano le donne è aumentata, e molto, e per fortuna. Ma, se non si studiano le famose strade diverse, tutto questo porta con sè un rischio: all’accusa di sessismo si controbatte, nel giro di righe tre, con quella di moralismo. Diventare macchiette, tornare ad essere la famosa femminista con baffi di inizio anni Ottanta, è un pericolo reale. Facciamoci i conti e cerchiamo di capire come uscirne.
Ps. Oggi viene pubblicato in tascabile “Non è un paese per vecchie”.

17 pensieri su “1.VALUTAZIONI DI BASE

  1. Ruoli, ruoli, ruoli, sempre ruoli. E invece è con le scelte che le donne e gli uomini rivoluzionano, da sempre, il mappamondo. Creare, costruire, rinforzare ruoli è proprio il classico modo per appannare le scelte delle donne (in particolare delle donne, ma non solo), e la letteratura, il giornalismo, i media in generale sono l’esercito armato della ruolizzazione.
    Grazie per essere tornata.

  2. Hello Loredana.
    Io sogno una cucina nuova (anche IKEA, più di quella mi sa che non mi posso permettere), e quest’estate ho imparato a fare la marmellata di prugne (col pesto ero già bravino).
    Promosso?

  3. Io idealmente la penserei come te, Loredana, rispetto al martellamento di modelli di genere riproposti fino all’ossessione. Però mi chiedo se sia possibile e corretto chiedere al business di automoderarsi. Quelli capiscono una sola logica, che è quella delle vendite, e se trovano quel tipo di riscontro non si fermeranno. Il che riporta la questione a monte, alla creazione di una sensibilità al problema in un insieme sufficientemente grande di donne e uomini, in grado con la semplice forza del numero di mandare a sbattere contro un muro simili campagne comunicative. E poi nelle cose che tu elenchi e in molte altre che sono sotto gli occhi ogni giorno, reiteratamente, io ci vedo un problema anche peggiore dell’imposizione di modelli di genere, ed è l’applicazione di clichè adulti a corpi infantili. Vedere queste bambine in atteggiamenti provocanti e i loro coetanei maschietti esibire quest’aria smagata, blasè, con addosso qualche migliaio di euro in abiti e accessori che nulla hanno di infantile e sembrano più che altro presi dall’armadio di una coppia di lillipuziani tipo affluent… o trasmissioni come quella, orrenda e grottesca, in cui si fanno interpretare a bambini pezzi musicali scritti da adulti per adulti; ecco, questo mi fa imbestialire, lo confesso, molto più di quanto non faccia l’uso improprio del corpo delle donne. Ma mi ricordo male io o in questo paese esiste anche, tra le innumerevoli entità che spesiamo con le nostre tasse, un garante per l’infanzia? Si può sapere che fa, di grazia, questa meritoria istituzione? Possibile che non trovi niente di strano nell’uso di bambini per la proposizione reiterata (agli stessi bambini) di modelli che oscillano tra la zoccola/casalinga per le donne e il paraculo/padre di famiglia per i maschi?

  4. Quando frequentavo il corso di grafica pubblicitaria l’insegnante ci propose l’esercitazione sulla campagna “shopping days”, e poi ci fece una lavata di testa collettiva per gli obbrobbri che avevamo concepito. Ricordo che i peggiori stereotipi sulle donne che fanno shopping furono usati dalle aspiranti grafiche. Forse noi maschi eravamo più stimolati a ragionarci sopra causa retaggio diverso.
    Comunque lui era solo un insegnate e noi dei novellini con molto tempo a disposizione. Il professionista tende a sbatterci sopra lo stereotipo più riconoscibile perchè spesso lavora a cottimo, e ha poca voglia di scontrarsi con un cliente tradizionalista che non accetta “stravaganze”.

  5. Sai chi comprerà questa penna facendone un successo commerciale? Le bambine e le ragazzine, che non a caso consumano tonnellate di articoli di cartoleria decorata. si sono scordati un elemento, dovevano dare un profumino diverso a ogni colore.
    E quindi anche se di mio boicotto un sacco di prodotti, anche a volte con dispiacere (quei disgraziati delle mutande Bunga Bunga facevano le migliori calzette per i miei figli, da allora quelle che compro nella stessa categoria di prezzo sono ciofeche, ma vuoi mettere la meravigliosa sensazione del principio?) temo che a questo giro i soldi gli entrano eccome.

  6. Non ho ancora letto l’articolo pubblicato sull’International Journal of Cancer e riportato dal Corriere della Sera, ma a naso mi sembra una delle innumerevoli dimostrazioni di come il pregiudizio di genere informi di se` anche la “scienza”

  7. Non so, a me sembra che la ricerca sia incentrata sui benefici dell’attività fisica. E’ il Corriere che sin dal titolo ha posto l’accento solo su un tipo di attività fisica comunque i commenti sotto sono tutti giustamente perplessi su questo articolo e sul taglio dato dal quotidiano

  8. Bentornata 🙂
    .
    In televisione è possibile vedere una pubblicità di biscotti in cui il bambino dice (più o meno) “buoni! Li mangi perchè sono buoni?” e la bambina “Li mangio perchè fanno bene”. Alla bimba preoccupa la salute (la linea?), sceglie ciò che le fa bene. Che brava, mette da parte il piacere e sceglie il dovere.

  9. l’articolo del corriere è di un cinismo preoccupante. la superficialità con la quale si gioca al sessismo parlando di cancro è disturbante. E ancora più disturbante che la gente legga e non se ne accorga (non si metta ad urlare e imprecare ad es). c’è una soglia di dolore emotivo che questo paese deve aver stabilito collettivamente per sopravvivere al progressivo degrado della comunicazione e delle condizioni sociali e culturali in cui si vive. la tortura porta alla morte e se sei sedato ci arrivi senza quasi accorgerti. questo credo renda plausibile parlare di fascismi e nazismi.

  10. A proposito di pubblicità, a me fa venire il latte alle ginocchia quella dello yogurt per bambini in cui la bimba (tre anni scarsi) fa la principessa imprigionata sotto al tavolo. Il fratellino la salva, e lei riconoscente gli serve uno yogurt (con riverenza, se non sbaglio)…

  11. Quel che c’è scritto sulle bustine di zucchero è allucinante. E quel che è ancora più allucinante è che alcune donne vi abbiano contribuito. Che umorismo, che ironia di se stesse! Non capisco perché noi donne non ci svegliamo da questo coma indotto, ma quando apriremo gli occhi? Non ci accorgiamo di quanto contribuiamo a questi ruoli imposti che ancora imperversano.
    Gianni: ben vengano le femministe con barba e baffi!

  12. Pensa che vedendo la pubblicità del prestito bancario avevo fatto un altro tipo di associazione: i genitori che pensano a spedire il figlio lontano (al Master, magari negli USA) per liberare una stanza e farci finalmente la cucina dei sogni. Più originale, dai. Un po’ tipo la stanza di Alex in Arancia Meccanica.
    A parte scherzi, segnalo un altro interessante – a mio avviso – caso di pubblicità-progresso: ne ho visto uno solo, a Roma, di cartellone gigante, e francamente non so nemmeno cosa promuova. So che c’è disegnato un corpo femminile nudo, evidentemente molto ritoccato, tutto tratteggiato tipo quarto di manzo (alla maniera dei chirurghi). La didascalia dice: “Vorresti avere un corpo così? Te lo diamo noi gratis!” e poi non ho seguito cosa dovrebbe fare una per realizzare il grande sogno. Bello, eh?
    Eppoi scusate, ma c’è poco da ragionarci quando si parla di marketing. La pubblicità serve a vendere, se il modello più diffuso è A, di certo non miro a cambiarlo con la mia campagna promozionale ma a sfruttarlo il più possibile. Come effetto collaterale, otterrò addirittura di rinsaldarlo. In alcuni casi c’è chi rischia facendo finta di urlare fuori dal coro, per ottenere attenzione in primo luogo ma pascolare la stessa erba successivamente.
    Detto questo, gridare allo scandalo perché la bambina parla di salute e fare per forza l’equazione con “linea” mi sembra un tantino esagerato.

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