70. STORIE DAI BORGHI: DA QUI A 25 ANNI, E INDIETRO DI 17

Questa sera Presadiretta racconta, alle 21.15 su Rai3, cosa sta avvenendo nelle terre colpite dal terremoto.
Le cose non vanno, dicono a Terre in Moto Marche, la rete che ha monitorato il territorio e organizzato il presidio davanti alla Regione di mercoledì scorso.
Non vanno proprio, incalza Mario Di Vito sul Manifesto:
“La Protezione civile ha stimato i danni agli edifici privati in un totale di 12.9 miliardi di euro (su 23.5 miliardi totali), ma malgrado quello che è stato scritto nel decreto (rifinanziamento al 100% di tutte le case all’interno del cratere, e al 50% delle seconde case fuori dal cratere), nella convenzione stipulata il 17 novembre scorso tra Cassa Depositi e Prestiti e Associazione Bancaria Italiana, il limite massimo di spesa che verrà finanziato tramite il meccanismo del credito d’imposta è pari a 1.5 miliardi, con un plafond annuale che non potrà superare i 60 milioni di euro, secondo quanto previsto dalla Legge di Stabilità del 2016. E già così viene fuori che, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno 25 anni per ricostruire”.
25 anni. E nel frattempo?
Date uno sguardo all’altro terremoto, quello del 1997, dove pure in un paio di mesi si ebbero i container. Così si vive, e naturalmente si riesce ad andare avanti, e a ricreare una comunità, per fortuna. Quella che oggi non è concessa.
Così, per Repubblica, nel gennaio 2000, Giovanni Maria Bellu:
“Chi l’ ha detto che qua nei container ci si congela? C’ è un caldo da morire. I termosifoni funzionano senza sosta. E’ come il riscaldamento di una macchina: finché è acceso puoi stare in maniche di camicia, ma se lo spegni… Dunque c’ è caldo, anche troppo, ma a condizione di non spegnere mai. E infatti, come spiega Venanzo Ronchetti, sindaco di Serravalle di Chienti, esiste una linea dell’ Enel pronta a partire immediatamente in caso di black out. Cinque minuti senza termosifoni e comincerebbe l’ effetto-frigorifero.
A dire il vero, un po’ di effetto-frigorifero c’ è sempre, ma non te ne accorgi subito. Devi guardare sotto il letto. “All’interno del container – spiega Dante Amici, terremotato di Colfiorito – per via della differenza di temperatura con l’ esterno, si forma la condensa. Il pavimento è gelido, non è isolato in alcun modo. Così nella notte la condensa diventa ghiaccio. Dormi sopra una lastra di ghiaccio. La mattina fai per prendere le scarpe che hai sistemato sotto il letto, e ti accorgi che non si muovono. Il ghiaccio le ha incollate al pavimento. Allora raschi attorno con un cacciavite e ti metti le scarpe. Puoi andare a fare la seconda operazione della mattina: aprire le tapparelle che hai chiuso prima di dormire. Anche là si deposita la condensa e nella notte si ghiacciano. Se fai forza le rompi. Devi armarti di pazienza e di raschietto. Poi vedi la luce del giorno”.
Dante Amici ha un figlio di cinque anni, Emilio, che aveva tre anni al tempo del terremoto. “Sa cosa vuol dire avere un bambino così piccolo e non poterlo fare giocare sul pavimento? Emilio, infatti, ogni tanto ci giocava. Altre volte apriva la porta e usciva fuori. Uno sbalzo di temperatura davvero tremendo. Era sempre malato. Per fortuna qualche mese fa attraverso un amico abbiamo trovato una casa in affitto. Adesso è la, con mia moglie. Hanno l’ influenza. Ma è una cosa da niente quando hai una casa”. “E comunque i bambini hanno risorse di recupero straordinarie. A stare peggio sono i vecchi – dice il dottor Tiberio Biciuffi, medico di Serravalle – e l’ allarmismo dei media sull’influenza ha aggravato la situazione. Per un vecchio che ha perso tutto sotto le macerie il solo riacutizzarsi dell’ asma può determinare un crollo psicologico. Pensate un po’ con che stato d’ animo vive questa situazione se tv e giornali gli descrivono l’ influenza come una epidemia micidiale”. Secondo una ricerca condotta in un altro dei comuni terremotati, Nocera Umbra, anche se “in modo modesto” la mortalità degli anziani in questi due anni è cresciuta. Il termometro durante queste notti è sceso sotto i meno dieci. Fa un freddo da morire, letteralmente. Tutto diventa ghiaccio. Katia, la madre di Emilio, che si gode l’influenza finalmente al caldo di una casa, ricorda ancora con orrore i cibi nella notte si surgelavano fuori dal frigorifero. Ma accade anche ai vestiti: se non cogli quell’attimo di sole che ti consente di stenderli all’aria, li ritrovi rigidi e freddi. Cautamente – se cadono si rompono come cristalli – devi portarli dentro e aspettare che pian piano si scongelino. “Sì, anche stendere i panni è una acrobazia – dice Fiorella Falcioni, impiegata del comune di Serravalle – Convivi con lo stenditoio che sposti da un ambiente all’ altro. La mattina lo metti in camera, la notte lo sistemi in soggiorno”. “Io – ricorda Katia – ne avevo uno sulla doccia del bagno”. I bagni sono come quelli di una grande roulotte. Trappole per anziani e disabili. “Lì dentro – Umberto Senin, presidente della società italiana di geriatria – uno con una stampella non può muoversi”. Ma in questi giorni il freddo ha eliminato del tutto il problema di muoversi. I vecchi non possono uscire dalle loro prigioni di latta. E dire che nell’autunno del 1997 i container furono accolti come fossero vere case. L’ inverno era in arrivo e si viveva nelle tende: bisognava fare anche quaranta- cinquanta metri all’aperto per andare in bagno. Nei container, per quanto minuscolo, il bagno c’ è. Sempre che l’ acqua dei tubi non si congeli, come è successo l’ altra notte. In tal caso, la mattina dopo, passano i volontari con dei grandi phon che buttano fuori aria calda. I tubi salutano il tepore con gorgoglii che quasi sembrano di piacere. L’ acqua ritorna. Si fa il conto dei danni. Ce ne sono di continuo, basta distrarsi un attimo. Lo scorso anno i vecchi delle zone montane del terremoto furono mandati a svernare in albergo. Non tutti prima di partire si ricordarono di chiudere l’ acqua e al ritorno trovarono i sanitari del bagno spaccati dal ghiaccio”.

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