72. STORIE DAI BORGHI: ALICE E LE CAMPANE DI LORO

Una piccola vittoria, quella chiesta e ottenuta ieri dai marchigiani che si sono mobilitati: il via libera, nelle Marche, a rivedere le norme sulle famigerate “casette provvisorie”, quelle prima vietatissime. E poi le altre storie che arrivano. Come quella di Alice.
Mi chiamo Alice e sono una marchigiana fuorisede a Pisa.
Il terremoto di agosto ci ha colto impreparati, addormentati. Noi come gli altri, come i miei amici lontani che si sono svegliati con i titoli terribili dei giornali e in TV: ” Centro Italia devastato dal terremoto”. È grande, il centro Italia. Decine di messaggi da tutti per sapere come stavo, per dirmi di venire via, e con i nervi a pezzi dopo giorni di scosse di assestamento, andare via era proprio quello che volevo. Anche se la paura resta dentro e anche qui, lontana, ad ogni vetro che tremava i miei muscoli si tendevano, pronta a scappare sotto l’architrave più vicino.
Il terremoto di ottobre ci ha colto meno impreparati, svegli. Questa volta ero io l’amica lontana e allarmata, quella che diceva “Venite via” ma che pensava “Voglio tornare lì”. Tornare per cosa? Nessuno dei miei cari ha subito dei danni, non avrei potuto essere utile in nessun modo. Tornare per tremare con la terra, tornare per spezzare di nuovo i miei nervi che non sono di certo antisismici? No, meglio di no. Stai lì dove stai.
Cosa è successo nelle Marche? Niente, non è successo niente. Morti ce ne sono? No, e allora non c’è niente che non si possa riparare.
Ma a Loro non suonano più le campane.
Le campane sono grandi e sono di bronzo, vibrano e sono pericolose. Me l’ha raccontato mio nonno, aggiungendo: non se sa più se more chiduna. Le campane chiamano, le campane avvisano, e ora le campane tacciono. E se tacciono a Loro, dove ci sono settanta famiglie sfollate, non possono parlare nei paesi colpiti ancora più duramente. Un silenzio che frastorna. Lo stesso silenzio che ci ha coperto come la neve di gennaio, ma prima di lei, sulle pagine e nei cuori nazionali. Aveva coperto Amatrice con i suoi morti, poteva andare meglio ai vivi? Per questo ti sono grata per il tuo lavoro incessante per dare a voce a questi vivi, che possono ancora parlare ma spesso non hanno nessuno a cui farlo (a parte i giornali locali, ma è un po’ un cantarsela e sonarsela), nonostante la solidarietà e tutti “i soldi andranno alle popolazioni colpite dal terremoto del centro Italia” panacea di tutti i mali, sbandierato in ogni occasione utile dalla politica e non.
Grazie per voler rompere i sovrumani silenzi e la profondissima quiete per i quali sì, quasi il cor non si
spaura.

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