Ogni tanto vado a visitare il blog di Alice, per capire come vanno le cose in quel di Amandola, appunto. Vanno, o non vanno, a seconda dei punti di vista:
“abbiamo avuto nuovi sopralluoghi in azienda e anche gli stessi funzionari si sono stupiti vedendo di persona come è fatto il modulo in cui ci fanno vivere “ma questo non è fatto per abitarci…” ma dai…non mi dire…”
Ora la regione ha scaricato la patata bollente delle attività produttive sui comuni (come se i comuni non avessero già abbastanza problemi), per cui pare che entro qualche mese, ci verrà finalmente fornito un modulo ad uso lavorativo in modo da poter riportare le nostre attività di lavorazione della carne all’interno della sede aziendale, sinceramente finché non vedo non credo, ma non vedo l’ora!!!
Sia chiaro, parlo di moduli provvisori, perché per quanto riguarda la ricostruzione i decreti che sono usciti (di qualcosa vi ho già parlato), sono tutto meno che chiari ed ancora non sono usciti tutti, quindi per farla breve: ancora nulla si muove…
Tanta la solidarietà ricevuta in questi mesi, ma anche tante, troppe, risposte inevase e porte sbattute in faccia”.
C’è andata anche Beatrice Brignone, per Possibile, da Alice. Ed ecco cosa ha visto
“Provano a rialzarsi, continuano a produrre carne con metodo biologico. Nessuna istituzione (tranne, ci tengono a precisare, il Comune, sempre presente) che gli abbia chiesto in questi mesi: “Ma voi come fate a vivere? A lavorare?” Riescono a farlo grazie alla disponibilità di un mattatoio a qualche km di distanza che per qualche mese li ospita, altrimenti non avrebbero avrebbero saputo come fare per vivere.
Chiedono cose sensate, che però appaiono troppo complicate per meritare risposta.
Chiedono un PSR dedicato al sisma, o almeno dei criteri che agevolino le aziende che ne sono state vittime.
Chiedono di semplificare le procedure.
Chiedono di non essere presi in giro e che non vengano buttati via denari pubblici.
Si chiedono se moduli e mobili di seconda scelta vengono pagati come moduli di prima qualità, che fine faranno una volta dismessi, quanto costano al mese.
Si chiedono se la ricostruzione è un dovere delle istituzioni o una concessione.
Chiedono che si faccia di tutto per scongiurare lo spopolamento di queste zone, ma anzi di trasformare questo dramma in un’occasione di investimento per ricostruire investendo sul futuro, sui giovani, sul ripopolamento e le aziende di un territorio che può offrire tantissimo in termini di turismo, produzione e qualità della vita.
Ci ripetono senza sosta che non chiedono aiuti per se’, ma per tutti i produttori colpiti dal terremoto che non riescono a rialzarsi da soli. La loro è una famiglia unita con due figli giovani e pieni di energia e entusiasmo, ma tanti, tantissimi, sono i produttori anziani, spesso malati e soli. Non hanno voce, non hanno amici, non hanno la Rete, non hanno angeli in paradiso”.
Voi che brontolate anche contro i terremotati, oltre che contro i migranti e gli intellettuali da salotto (che vanno tutti a mangiare da Vissani, scriveva ieri un’ascoltatrice di Fahrenheit: uh, a saperlo!), pensateci un poco su, prima del prossimo mugugno, magari.