95. STORIE DAI BORGHI: VENZONE, LE PIETRE DELLO SCANDALO E VISSO

Oggi Tomaso Montanari commenta l’elezione di Venzone a borgo più bello d’Italia.
“Chi oggi ha meno di sessant’anni – scrive su Repubblica – forse non sa che nel 1976 Venzone non esisteva più, raso al suolo da un terremoto. Dopo la terribile scossa del 6 maggio (che provocò 47 morti e gravi danni), ce ne fu una, fatale, il 15 settembre. Poteva essere la fine di Venzone: c’era chi proponeva di ricostruirlo altrove, in forma moderna. E già dopo il 6 maggio le ruspe avevano inflitto danni incomparabili alle macerie degli edifici storici. Ma lo shock di settembre provocò una straordinaria mobilitazione, culturale e civile: si costituì un Comitato di coordinamento per il recupero dei Beni culturali, e i cittadini chiesero di riavere Venzone ‘com’era e dov’era’. E così fu: il sindaco requisì l’intero centro storico, che fu ricostruito come un unico organismo, un’unica opera pubblica. Il Duomo fu ritirato su con le sue stesse pietre, ricollocate ad una ad una, lasciando bene in vista i segni della devastazione”.
Ricorda, Montanari, il libro “Le pietre dello scandalo”, scritto a più mani e uscito nel 1980 in una collana diretta da Corrado Stajano. Ricorda che la lotta di Venzone per la difesa della propria identità non è un’utopia ma una chiave di lettura:
“Una lezione terribilmente attuale: visto che non decolla ancora, nel cratere dell’Italia centrale, la ricostruzione degli edifici storici”.
Lo ricordava, Montanari, anche in questo articolo:
“Nell’aprile del 1945, nel primo numero del Ponte di Piero Calamandrei, lo storico dell’arte Bernard Berenson scrive:” Se noi amiamo Firenze come un organismo storico che si è tramandato attraverso i secoli, come una configurazione di forme e di profili che è rimasta singolarmente intatta nonostante le trasformazioni a cui sono soggette le dimore degli uomini, allora essi vanno ricostruiti al modo che fu detto del Campanile di San Marco, “dove erano e come erano”». È da quello spirito, che intrecciava ricostruzione delle città e ricostruzione della democrazia, che nasce l’articolo 9 della Costituzione: «la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Gli italiani di oggi non lo sanno (il che non fa che dimostrare l’eccezionale bravura delle maestranze di allora), ma le chiese, le piazze, i palazzi che formano i nostri centri storici sono in parte assai notevole frutto di una estesa opera di ricostruzione postbellica. In altri termini: se nel 1945 non fosse stata presa quella decisione, oggi l’Italia come tutti la conosciamo, e celebriamo, semplicemente non esisterebbe. Questa linea attraversa la nostra storia, annoverando successi (si pensi a Venzone, in Friuli) e insuccessi, fino ad arrestarsi drammaticamente all’Aquila, nel 2009”.
E adesso parliamo di Visso. E di quanto ha scritto il sindaco Giuliano Pazzaglini:
“Terremoto: spesso mi chiedono cosa manca a questa ricostruzione. Secondo me manca il coraggio…Il coraggio di fare la cosa giusta… La priorità” dice Pazzaglini “non è aiutare le persone… la priorità è la legalità (come se fosse stato un problema nelle nostre zone)… quindi non conta fare le stalle, le case, i negozi, le messe in sicurezza in tempi brevi… conta solo seguire le procedure corrette…Il coraggio di prendere atto degli errori e se serve ricominciare… visto lo scenario creatosi dopo le scosse di ottobre bisognava resettare tutto e cambiare radicalmente impostazione… non provare a riadattare un modello troppo macchinoso per lo scenario di devastazione a cui doveva rimediare…Il coraggio di prendersi le responsabilità… non si può bocciare un’area SAE perché il progetto che ha realizzato la diga che metteva in sicurezza l’area dopo l’alluvione del 2003 si chiama “ripristino”… il nome è dato dall’intervento prevalente ma non significa che non si sia fatto altro… e non significa che l’evento si possa ripetere perché il progetto è di ripristino…
Il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo…La Valnerina, le altre strade, le nostre montagne, dovevano essere riaperte subito…
Il coraggio di dire come stanno le cose… Per partito preso, per interesse, per campanilismo, e per altri motivi…
Il coraggio di farsi aiutare… Non si sarebbe trattato di una bocciatura, anzi, consentire di portare un contributo a chi in condizione di farlo sarebbe stato un risultato di cui andare fieri, non un’ammissione di inadeguatezza… nessuno può uscire da una crisi devastante come l’attuale facendo tutto da solo quindi consentire a tutti di aiutare significherebbe dimostrarsi all’altezza del compito… perché come c’è sempre chi fa da zavorra anche in situazioni del genere c’è anche chi vuole aiutare… paradossale è che chi vuole aiutare spesso è di fuori e chi frena è delle nostre zone (fortuna che sono pochi), ma è e sarà sempre così quindi arrivo all’ultimo coraggio…Il coraggio di andare avanti, con la consapevolezza che molto non sarà uguale al passato ma che ne varrà ugualmente la pena… per quanto sarà faticoso…Grazie a tutti quelli che questo coraggio lo hanno già o che lo troveranno a breve…”.
Ci vorrebbero altre pietre dello scandalo.Ci vorrebbe un atto di coraggio, come quello che ebbe Corrado Stajano nel pubblicare quel libro. Ci vorrebbe un’utopia. Ci vorrebbe una speranza. Che, no, non esiste – o non dovrebbe – solo in Star Wars.
Nota per il commentarium. So bene che il blog va avanti a singhiozzo, ma è una primavera complicata. Da domani a domenica mattina sarò con Radio3 a Tempo di Libri. Domenica sera, inoltre, sarò a Forlì, dove grazie al Centro Diego Fabbri va in scena una piccola cosa giocosa sull’operetta. Giocoforza, considerando anche l’affannoso ritorno in treno lunedì mattina per condurre Fahrenheit, il blog tornerà ad essere aggiornato fra una settimana, il 25 aprile. Perdonate, pazientate, verranno tempi più regolari.

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