Mi è arrivata ieri l’antologia di Minimum Fax curata da Giorgio Vasta, Anteprima nazionale. L’idea è quella di far raccontare (ad Avoledo, Bergonzoni, Celestini, De Cataldo, Evangelisti, Falco, Genna, Pincio, Wu Ming 1) il nostro paese tra vent’anni. Mi incuriosisce e comincio a leggere.
Grazie della segnalazione, già telefonato in libreria per farmelo mettere da parte.
Devo dire che è anche con un po’ di rabbia che leggo questi libri.
Ma è sempre stato così, oppure è solo di questi tempi che per sapere qualcosa della realtà dobbiamo rivolgerci ai romanzi?
Incuriosisce anche me. L’altro giorno ho letto sulla Stampa un bell’articolo/anticipazione scritto dal curatore. L’intento – cercare di scollegare la narrazione dal tempo della cronaca – è intrigante: è un peccato che non ci sia neppure una scrittrice donna nell’antologia a tentare un simile esperimento e lo dico, davvero, senza spirito polemico.
Abbaglia l’assenza di voci femminili in questo progetto…
I maschietti parlano solo tra loro… come sempre. Sapete che faccio? non la leggo questa antologia,a prescindere dal tema più o meno interessante. Mi sono stufata di queste quote azzurre 100%
Io l’ho comprato, ho speso ben quindici euro delle mie poche risorse economiche, e quindi chiedo a Giorgio Vasta (Palermo, 1970, vive e lavora a Torino ecc. ecc. ecc.) e alla Minimum Fax: caro signor Vasta e cara Minimum Fax come mai non avete ritenuto opportuno selezionare anche qualche racconto di qualche scrittrice donna?
Oltre tutto la Minimum Fax qualche tempo fa ha pubblicato una raccolta di racconti di donne Tu sei lei, curata da Genna, di cui si può sentire qui una intervista a Fahrenheit su questa raccolta.
Se pubblicare un’antologia di racconti di sole donne è ‘un gesto politico’ (parole di Genna), che ‘gesto politico’ è (se lo è) pubblicare una antologia di racconti di soli uomini, proprio di questi tempi e proprio sul futuro di questo Paese?
E’ una vera domanda, assolutamente non retorica.
p.s. non mi piace la parola ‘maschietti’, la trovo detestabile. Gli uomini forse non parlano con me, ma io ho sempre parlato con loro, ed è per questo che ho fatto questa domanda.
altra domanda: perchè il più delle volte i post vengono pubblicati subito, e a volte invece appare il messaggio ‘Il tuo commento è in attesa di approvazione?’
Intervengo in quanto scrittrice di fantascienza.
Purtroppo, cio’ che non ha visibilita’, non esiste. E il movimento relativo alla fantascienza, al fantastico in Italia e’ abbastanza un illustre sconosciuto, lo e’ rimasto sempre, tranne voci isolate, personaggi che o provenivano gia’ da altri settori o si sono “affrancati” dal marchio di inferiorita’ del sottobosco di genere. Che rimane sottobosco sperduto, magari anche per demeriti suoi, insufficienze o divisioni interne, non voglio far la vittima a tutti i costi. Pero’ e’ un dato di fatto che e’ negletto. Non parliamo poi delle voci femminili, poche e ignorate del tutto. E un po’ come nelle competizioni sportive, se agli atleti promettenti non dai la possibilita’ di gareggiare e confrontarsi ad alti livelli, i migliori non emergeranno mai, non cresceranno, e tutti rimarranno a mollo nella palude del dilettantismo.
Questa antologia mi pare abbia gia’ dei criteri. Avoledo, Evangelisti, Genna, Wu Ming sono una sicurezza, dei punti di riferimento. Ci sono casi ben peggiori.
Capita infatti che quando si vuole fare un’operazione di un certo tipo, e’ gia’ successo con un’altra antologia “futuribile” di casa editrice famosa, non si vada affatto a pescare fra i migliori scrittori di fantascienza, ma si mettano insieme nomi sulla base di criteri che non c’entrano niente con il tema, gente di diverso settore: personaggi famosi, giornalisti, attori, scrittori di tutt’altro, con risultati, a detta di tutti gli appassionati, assolutamente discutibili.
Tanto il criterio e’: e che ci vuole a scrivere fantascienza? Attiriamo non quei quattro gatti di fan, in via di estinzione, ma un pubblico piu’ vasto, aggregando nomi conosciuti. E qual e’ il risultato, a mio avviso?
Prima di tutto, se uno scrittore e’ digiuno di fantascienza spesso mettera’ insieme una storia, un’idea che a lui sembrera’ originalissima, ma che e’ trita e ritrita e reminiscenza inconscia di suggestioni varie. Dilettantesca, insomma.
Il pubblico che si accosta, che se non appassionato comunque magari una certa conoscenza la ha, tende a rimanere deluso, le vendite non decollano e cosi’ lo spazio per ulteriori iniziative del genere diminuisce.
Al tempo stesso tanti, troppi scrittori che da anni si stremano nella gavetta senza uno straccio di occasione di visibilita’ , di possibilita’ di crescere e migliorarsi nel confronto con il vero pubblico, si sentono delusi e defraudati e demotivati.
E l’idea di fantascienza italiana si scredita ulteriormente.
Per carita’, e che adesso va gia’ molto meglio, per certi versi un minimo di sdoganamento c’e’ stato, rispetto a una volta quando c’erano solo le fanzine!
Sono colpita anche io dall’assenza. Anche perchè esistono fior di scrittrici che avrebbero molto da dire sull’argomento: e non parlo di “genere”, visto che l’antologia chiede ad un gruppo di scrittori di irrompere nel genere medesimo e di utilizzarlo, non di attenersi a un canone.
D’altro canto, non vorrei nemmeno che la presenza femminile fosse un gesto “politico” e non di apprezzamento reale. Giro comunque la domanda a Vasta, e attendo anche io una risposta.
Ps. Valeria: ci sono alcuni IP in moderazione perchè, come è dimostrato anche oggi, alla parola WuMing c’è chi si scatena. Mi dispiace che ci vadano di mezzo anche altri, ma rimedio, come vedi.
Comprendo le ragioni dei commenti qui sopra, sono sicuro che Giorgio Vasta si confronterà con queste critiche nel modo più aperto e onesto possibile. Spero comunque che quanto è scritto nell’antologia non venga valutato male a prescindere, e le critiche vengano estese ai testi stessi, per traslazione. Confido che ciascun racconto venga valutato per quel che l’autore ha tentato di fare. Ho scritto il mio racconto, a cui tengo molto, cercando di dare il meglio e senza pensare a chi fossero gli altri autori o autrici. Per quel che può valere (probabilmente poco), ha un io narrante femminile. Ho cercato di mettere in pagina un divenire-donna, con tutta la buona volontà e sapendo che avrei comunque scontentato qualcuno. E’ un mio alter ego donna, tra una ventina d’anni circa. Attraversa luoghi che sono miei, è lacerata da consapevolezze che sono mie. Sono io, e – almeno nella pagina – sono donna. Poi giudicate voi…
Errata corrige – frase ingarbugliata, ho chiesto troppo a una singola negazione a inizio frase. Leggasi: “e le critiche non vengano estese ai testi stessi, per traslazione”.
Solo una precisazione: io non parlo mai di letteratura/scrittura femminile e letteratura/scrittura maschile. Riguardo alla produzione letteraria, a parer mio, esiste solo buona scrittura o cattiva scrittura a prescindere dal sesso del romanziere/narratore in questione.
Fatta questa premessa, concordo con Loredana quando dice “non vorrei nemmeno che la presenza femminile fosse un gesto “politico” e non di apprezzamento reale”.
E’ un’occasione mancata, ma di sicuro (qualora dovessi leggere l’antologia)
non saranno certi preconcetti un po’ banali a distorcere la mia capacità di giudizio sulla qualità dei racconti.
Dunque la questione diventa che a prescindere dalla qualità dei racconti va garantita una quota per diritto acquisito? E’ una discriminazione editoriale o una censura in atto? Qualcosa DEVE ESSERE DATO in un momento in cui balena senza effetti l’ipotesi che QUALCOSA DEBBA ANCORA ESSERE PRESO? La difesa del diritto è un’idea di rappresentanza assicurata da un passato? Come si può rendere vero il passato? Cosa segue all’idea di una militanza attiva, di cui questo luogo lipperiniano è certamente una testimonianza e non una milizia? Cosa c’entra il curatore con un oggetto che desidera fare e fa come gli pare e piace? Si sa che cosa piace prima di agire sul piano di ciò che piace? La mobilitazione politica per la riconferma dei diritti della donna esiste? Le donne stanno facendo? I maschi stanno facendo? I maschi dovrebbero fare per le donne? La democrazia implica ingaggio oppure galateo? La cultura è democratica nel senso del numero? Quanti altri scrittori maschi avrebbero potuto raccontare di visioni del futuro? E quanti scrittori omosessuali? Perch nelle antologie non è riservato un posto di diritto agli omosessuali maschi e alle lesbiche? Per fare un nome, Walter Siti non saprebbe raccontare meglio, non so, del defensor Genna una visione del futuro? L’editore è un’editrice? E alla prossima antologia avremo la prova che l’esclusione è stata portata a termine silenziosamente e sotto gli occhi di chiunque?
Specifico che non sono Giorgio Vasta sotto falso nome e non voglio provocare per niente, o forse sì. Provocare un dibattito.
Porre la questione mi sembra legittimo e comprensibile. Porla ad altri, ma soprattutto farla presente a noi stessi. Porsela non necessariamente in termini di “affirmative action” o di “quote”, ma di critica ai nostri stessi automatismi, riflessi condizionati etc. A me l’antologia è arrivata svariati giorni fa, ho letto alcuni dei racconti ma non tutti, e ammetto che prima di leggere questo thread non avevo fatto caso al fatto che ci sono solo autori uomini. Non me n’ero accorto, perché siamo abituati a darlo per scontato. A “stagliarsi” sullo sfondo sono le (rare) antologie di sole donne, quelle di soli uomini sono lo “stato delle cose”, sono l’ovvio. Quindi ben venga il pungolo, a me fa solo bene. Fatto salvo, sia mooolto ben inteso, che ognuno cura il proprio progetto come meglio crede. Però se gli si fa presente che quel “meglio credere” potrebbe basarsi su un’esclusione non conscia, avvenuta a monte di qualunque scelta intenzionale, avvenuta nella cultura che ci circonda, beh, non c’è da averne paura. Anche questo è “sguardo obliquo”, guardare a quel che facciamo da un punto di vista differente. Ne usciamo tutti migliorati, credo.
Scritto in un italiano cagnesco, chiedo venia, avevo la bimba accanto che si registrava e si riascoltava cantando la Fiera dell’Est, “Papà, che bottone spingo?… Papààààààààà! Come faccio a sentirmi???” 🙂
Non penso che Giorgio Vasta abbia operato una voluta selezione della specie maschile, e l’assenza di donne non salta agli occhi per il rapporto 0:9 (ci sono tanti altri casi). Risalta invece in rapporto al tema.
Io credo che se dovessi preparare un’antologia di racconti con lo sguardo sul mondo al futuro, il primo bisogno che avvertirei sarebbe quello di garantirmi la più ampia rappresentatività di prospettive possibile.
Non sono le donne, è la prospettiva delle donne che non c’è. A dirla tutta manca anche quella degli stranieri che scrivono in lingua italiana, per esempio un Hamid Ziarati o una Anilda Ibrahimi, e io l’avrei considerata preziosa e provocatoria per un tema come quello.
Le motivazioni possono essere solo tre: o Giorgio Vasta non conosce scrittrici in grado di affrontare il tema, oppure nessuna di quelle a cui ha pensato scrive altrettanto bene del maschio che eventualmente avrebbe dovuto escludere per fargli posto. O – e anche questa è una ipotesi interessante – non ha nemmeno pensato a chiederglielo.
Solo una precisazione: sono intervenuta in quanto scrittrice, ma le mie lamentazioni erano piu’ riferite allo stato del genere fantascienza in Italia e del suo sottobosco di praticanti scrittori, che alle scrittrici donna.
Poi e’ chiaro che essendo poche in un genere discriminato, ghettizzato e autoghettizzato, subiscono discriminazione doppia.
Se il tono del post di Isomorfo è l’esasperazione non la capisco, come non capisco alcune delle sue domande.
Lo sappiamo che ogni antologia è frutto di presenze e assenze e dunque, inevitabilmente, di inclusioni e di esclusioni. Non sarebbe un’antologia, sennò.
In questo caso balza agli occhi (dei miei, oltretutto, solo in seconda battuta) l’assenza, e dunque l’esclusione, delle donne e di scrittrici/scrittori stranieri che scrivono in lingua italiana, per esempio, ma potrei aggiungere, certo, anche di scrittori omosessuali.
Ho appena letto la raccolta di racconti ‘Io non so chi sei’ di Giancarlo Pastore (ed. Instar Libri) e l’ho trovata estremente interessante.
Qui stiamo parlando di un libro che mette a tema il futuro, e il futuro di questo paese (l’Italia, ce ne siamo dimenticati?) e mi pare che interrogarci su quali punti di vista siano stati ospitati e quali no sia più che legittimo.
Poi certo come ci dice WM (scusa, ma non ti scrivo per intero, sennò il post mi si congela) uno scrittore può avere pure l’io narrante femminile o straniero o omossessuale o altro.
Però in questo paese, di questi tempi, a me la cosa non basta. Scusami per la franchezza.
p.s. la qualità è fuori discussione. Non c’è proprio un ‘a prescindere dalla qualità’, come dice Isomorfo.
Si dà il caso che apprezzi (anzi molti di loro li amo) quasi tutti gli scrittori presenti nell’antologia. E dunque non si tratta proprio di discutere sulla qualità e legittimità della scelta letteraria, non è di questo che stiamo parlando, non io almeno.
So che in genere ci si fa schermo della qualità letteraria ma, ripeto, quella in questo caso a me non basta. E sto parlando da donna e da lettrice nello stesso tempo.
Non basta nemmeno a me, Valeria, ma mi sarebbe bastato ancor meno non provarci. Io ci ho provato, e ci proverò ancora. Mi sentirei uno scrittorucolo, se non ci provassi.
La mia non era una critica a te personalmente e nemmeno una diffidenza generica nei confronti degli scrittori e della scrittura. Non era nemmeno una difesa della letteratura di genere, o delle donne o dei cosiddetti soggetti deboli ecc. ecc. ecc.
E’ che di questi tempi sono in allarme, come se avessi potenziato tutti i miei sensori di pericolo.
Comincio a scampanellare al minimo fruscio, poi magari era solo un topolino, ma io scampanello lo stesso. E preferisco così.
Dato il rapporto che ha l’editoria italiana con la fantascienza, questo libro è già tanto.
E’ già tanto che abbiano incluso dei veri scrittori di fantascienza.
Anzi, è già tanto che abbiano incluso dei veri scrittori.
😀
Continuo a pensare che non sia una questione di genere.
Ho letto la prefazione di Vasta, e la condivido parola per parola, come se avessi letto su quelle pagine il mio stesso pensiero.
Ma nonostante questo, anzi proprio per questo, la mia perplessità e la mia conseguente domanda rimangono.
Ciao Loredana e ciao a tutte le persone che sono intervenute.
Provo a rispondere, in ritardo, alle questioni che sono state poste.
Nella costruzione di un’antologia collettiva intervengono diversi fattori. Ci sono le scelte che fa il curatore e c’è, com’è inevitabile, il modo in cui gli autori ai quali si rivolge possono rispondere. C’è, detto in altri termini, il modo in cui le scelte iniziali fanno attrito con le circostanze reali con le quali ci si confronta. Questo attrito si manifesta in vari modi. Ci sono impegni precedenti, altri testi sui quali gli autori stanno lavorando, ci sono problemi di tempo ed economici, ci sono gli agenti letterari così come può esserci scarso trasporto per il progetto che viene proposto o tante altre variabili del tutto naturali. Nel momento in cui ho cominciato a ragionare su questa antologia ho tirato giù una lista di autori rispetto a quali non ho pensato al genere ma allo sguardo e alla scrittura. Tra questi autori c’erano anche delle autrici ma alla fine, per le ragioni che ho detto, non è stato possibile coinvolgerle. Immaginare questioni pregiudiziali o persino l’intenzione di escludere a priori le scrittrici è dunque del tutto estraneo al lavoro che è stato fatto.
Grazie e un saluto,
Giorgio Vasta
Mi piacerebbe molto che Giorgio Vasta leggesse questo mio intervento.
Credo che sia una persona seria – nella antologia in questione spiccano i nomi di persone che stimo e che ho letto già volentieri. Credo come Valeria nella buona fede di Giorgio Vasta e trovo questa buona fede tragicamente sintomatica.
Cioè al di la delle problematiche che implicano la creazione di un’antologia, non vorrei sembrare spocchiosa ma qui semo in pochi a non poterle immaginare – se non saperle in anticipo, che dici la Lipperini le saprà??? – al di la di questo, trovo che ci sia una colpevole scotomizzazione del problema. E’ una cosa che accade spesso, in contesti intellettuali, anche accademici. Perchè io mi aspetterei dai miei compagni di generazione – o poco sopra o poco sotto poco importa – mi aspetterei che certe questioni come il sessismo siano un chiodo fisso, un problema costante. Vedi che non ci hai nessuna relatrice al convegno dei glottologi dispari? ce la metti. Vedi che al CdA della ditta frullini quadratini non ci sono femmine? ce le metti. Se sei la persona non sessista che io so che tu sei, non lo farai per un meccanismo di quota rosa, lo farai perchè sai che una donna o due o tre idonee ci sono ma ficcarle dentro costa una minima fatica, costa la fatica di forzare una forma storica. La fatica di fare caso a certi inavvertiti momenti di se stessi e degli altri- non si dire meglio.
Leggo questo intervento di Giorgio Vasta e penso al blog di Gad Lerner dove anche oggi il bravuomo Dio me lo protegga, parla di sessismo e ripropone il tema del video sulla violenza alle donne. 500 e rotti commenti, alcuni di donne in tema, la maggior parte di uomini (con una cospiqua percentuale di utenti abituali del blog che lo riducono a forum privato peggiorandone la qualità va beh questo era OT) e solo le donne commentano in tema, e solo alcune, gli altri proprio cambiano argomento.
Perchè la discriminazione di genere, che in certi paesi – vedi USA e CANADA specie nelle aree della cultura è associata all’essere un po’ truzzi, come il razzismo, in Italia è tema noioso e secondario. E’ una cosa che non influisce sulla qualità dei nostri prodotti culturali, anche se semo di tipo bravino e rispettoso nei confronti delle donne. Non è un tema che percepiamo come politico. Nè un tema che percepiamo come importante per la qualità dei nostri prodotti intellettuali.
Alla fine l’ottimo Giorgio Vasta, si ritrova ad avere qualcosa in comune con il nostro Premier Maximo – contribuendo ognuno a modo suo alla perpetuazione del medesimo sistema socioculturale.
Loredana siamo sicuri che fa peggio Arisa di Giorgio Vasta?
non lo so.
L’hai buttata giù dura Zauberei.
Io tendo a salvare sempre la buona fede, però sì anch’io denuncio la cecità. Non si tratta della richiesta di quote rosa, che poi anche se fosse io non ci troverei niente di male.
Nel senso che le quote rosa sono un dispositivo, palese, attraverso cui si è tentato di inserire nella vita pubblica le donne, che ne sono state (e ne sono) escluse attraverso un dispositivo dissimulato.
Perchè è di un dispositivo, nel senso un cui lo intendeva Foucault, che dovremmo parlare.
Poi certo di incidenti, accidenti, equivoci ce ne sono a bizzeffe. Ma è di quel dispositivo che dobbiamo parlare, caro (davvero senza ironia) Giorgio Vasta.
(Cara Zauberei di quel dispositivo invece non possiamo parlare col nostro leader, e questo per me già fa una bella differenza).
Ho finito oggi di leggere l’antologia.
Sulla mancanza di donne tra gli autori, l’unica cosa che posso dire è che si sente. Forse nel leggere sono stato influenzato dalle discussioni lette qui sul blog, ma comunque l’assenza di un punto di vista di genere sul futuro si avverte parecchio. Anche perché le uniche voci narranti femminili presenti, quelle di Wu Ming 1 e di Pincio, sembrano piuttosto asessuate.
Al di là della questione, che è stata dibattuta a sufficienza sino ad ora, devo dire che l’antologia è interessante ma mi ha un po’ deluso. Certo, nessun racconto è da buttare, ma se si eccettuano quelli di Avoledo, Celestini e WM1, tutti gli altri sembrano dire “siamo stati scritti nell’intervallo tra lavori più importanti di questo”, non so se rendo l’idea.
E’ un peccato, perché il tema era molto interessante, ma affrontato in maniera troppo approssimativa.