AMBASCIATOR NON PORTA PENA

Dall’intervista di Paola Zanuttini a Philip Roth, numero de Il Venerdì in edicola:
Per caso, è insoddisfatto anche da Barack Obama? Da un’intervista a un quotidiano italiano, Libero, risulta che lo trova persino antipatico, oltre che inconcludente e assopito nei meccanismi del potere.
“Ma io non ho mai detto una cosa del genere. E’ grottesco. Scandaloso. E’ tutto il contrario di quello che penso. Considero Obama fantastico. E trovo che l’attacco che gli stanno sferrando i repubblicani è molto simile a quello subito da Roosevelt al suo primo mandato. E’ la destra più stupida mobilitata da Sarah Palin. Agitano la bufala dell’atto di nascita che dimostrerebbe che è nato in Kenya. E trovano ascolto. Sotto c’è il problema della razza, della pelle. Sono molto seccato per queste dichiarazioni che mi vengono attribuite: non ho mai parlato con questo Libero. Smentisca tutto. Ora chiamo il mio agente”.
Chiama il suo agente, che gli filtra tutti i contatti: nell’agenda delle interviste passate e future non risulta nè Libero nè il nome dell’intervistatore. Roth attacca e poi chiede cosa vuol dire Libero in inglese. Traduco.
“Vuol dire che questi sono liberi di fare tutto quelli che gli pare?”

66 pensieri su “AMBASCIATOR NON PORTA PENA

  1. @ Girolamo
    Anche a me sembra strano, ai limiti del possibile. Solo che una intervista completamente inventata con uno come Roth è oltre ogni limite, mi pare un seppuku professionale.
    A me, che son giornalista, hanno insegnato a non farmi illudere dalle apparenze, e dai miei personali pregiudizi. Per quanto male possa si possa pensare di un quotidiano, stiamo parlando di giornalisti. E di un autore ancora vivo e vegeto che può distruggerti la carriera.
    Ora, non vorrei sbagliarmi, ma questo Debenedetti Tommaso non è parente di.?… è plausibile che abbia qualche linea di contatto più breve anche con scrittori e agenti letterari importanti? Oppure che abbia tradotto dall’inglese qualche pezzo in giro sul Web e abbia spacciato questo materiale per intervista telefonica?
    Mah… sono allibito. La verità è che possiamo fare solo supposizioni (per questa ragione non mi piace chi già spara forte su “bufale” e quant’altro).
    Anyway, secondo me resta più probabile che uno come Roth abbia detto cose orribili su Obama – e magari oggi se ne trovi pentito – piuttosto che abbia concesso questa intervista a «Libero».

  2. Ho pensato: magari questo ha visto un intervista a Roth in cui questi esprime la sua delusione per Obama e l’ha tradotta e gabellata come sua.
    Faccio una ricerchina in rete e non trovo nulla, anzi:
    “He is hopeful about the new President. “You know, if McCain were President, there would be no health bill to debate; there would be no policy in Afghanistan to reconsider; no economic stimulus package; there would be a deep Depression. So whatever happens is the best that can happen, given the circumstances, you know. So I am still rather high on [Obama]. He’s done remarkably, really. He’s fighting an entrenched army of ignoramuses. He’s not a magician.”
    Forse non un delirio d’entusiasmo ma decisamente positiva: Roth non è un giovane ingenuo che si aspettava miracoli. E l’intervista è del 17 ottobre 2009, cioè poco prima dell”intervista’ a Libero. No, mi sa che è proprio una bufala-bufala…

  3. @ Sasha
    ho letto solo ora la “spalla” di Borgonovo uscita stamattina su «Libero». Sostanzialmente dice che questo Debenedetti andava producendo – e vendendo – articoli a pezzi grossi americani, un po’ su tutti i giornali (compreso, bisogna dirlo, anche quelli del gruppo Espresso-La Repubblica). E che loro, non i primi e gli unici a farlo, si sono fidati.
    Insomma… la morale, in effetti è questa: se è una bufala, potrebbero essercene in giro altre. Gabellati i lettori, e gabellati anche i giornali che l’hanno ospitato.
    Certo, controllare, riscontrare… è un dovere. Ma quando uno ha già delle credenziali.
    Vicenda incredibile, simile a quella di quel ragazzo del NYT che fece una carriera brillantissima salvo poi farsi beccare: aveva inventanto di sana pianta intere inchieste.
    E questo è accaduto al più grande giornale del mondo…

  4. Vedo che commenti di altri utenti vengono pubblicati, mentre i miei restano in attesa. Ne deduco che i miei interventi, per non so quale motivo, sono ritenuti da moderare, a differenza di altri. Bene, prendo atto. Chiedo scusa se non sono gradita. Mi piacerebbe sapere perché, ma forse nemmeno la signora Lipperini lo sa. Tanti saluti.

  5. Certo pubblicare il falso può capitare a tutti. Non dovrebbe, ma capita.
    Quello che mi deprime di più è il tipo di falso che si va a capare: il grande scrittore americano che ritira la sua fiducia ad Obama. Gulp! (ve lo abbiamo sempre detto che Obama è inaffidabile?) e il resto a seguire: ce ne fossero di intellettuali così indipendenti in Italia! (ve lo sto dicendo da tempo che gli intellettuali nostrani sono tutti embedded?) ecc. ecc. ecc.
    Per puro caso ho tra le mani il libro di Franca D’Agostini, ‘Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico’.
    Per il momento lo sto solo sfogliando e mi è capitato sotto gli occhi il commento a questo enunciato: “Ciò che è libero è vero e ciò che è vero è libero, dunque la verità coincide con la libertà”.
    A parte l’ironia di questa frase, visto il giornale di cui si sta parlando, il punto che sottolinea la D’Agostini è che, a prescindere dalla vaghezza dell’enunciato (ma – e questo lo dico io – quanta furbizia c’è nell’aver scelto una parola tanto seduttiva e tanto vaga come ‘libertà e averla monopolizzata fino a farne un brand di partito) questa frase, formalmente ineccepibile, in realtà non fa che ripetere nella conclusione la sua stessa premessa, come se dicessi “io sono un giapponese e quindi ne consegue che sono un giapponese”: in questa ripetizione contraddice la regola della ‘fecondità’ che si può formulare così: “La conclusione di un argomento deve offrire effettivamente qualche nuova informazione rispetto alle premesse”.
    E’ una mia impressione o molta della informazione che circola di questi tempi contraddice questa regola e obbedisce invece a quella che potremmo chiamare la regola della sterilità?
    Una notizia mi interessa – e dunque la pubblico – solo se è a conferma delle mie premesse, o se la posso manipolare e rivendere come se fosse a conferma. Che sia vera o falsa non ha molta importanza.
    Secondo me è più questa regola di sterilità che rende pessimo il giornalismo che le patacche pubblicate in buonissima o cattivissima fede.

  6. Il giornalista Tommaso Debenedetti ha realizzato in questi anni alcune interviste degne di un premio Pulitzer incontrando quasi tutti i premi Nobel e scrittori di fama mondiale viventi e non sostenendo che avesse un rapporto particolare senza passare per gli uffici stampa: Gore Vidal, Toni Morrison, Herta Muller, Derek Walcott, J.K. Rowling, Nadine Gordimer, Paulo Coelho, Ken Follett Atiq Rahimi e mi fermo qui. Che dire un maestro di giornalismo o il genio della truffa?

  7. Scusa Sabino ma, almeno sulla mia schermata, il tuo commento è involontariamente ironico: “incontrando quasi tutti i premi Nobel e scrittori di fama mondiale viventi e non” e poi a capo “sostenendo…”.
    Se è così, e non ho nessun motivo di dubitarne, una sua parola per spiegare come tutto ciò sia potuto accadere sarebbe utile. Perché sennò uno è legittimato a pensare che Debenetti intervista i vivi così come Totò parlava coi morti, ovvero lui parlava ma quelli non gli rispondevano.
    E’ solo una battuta, ovviamente, in attesa del chiarimento di Debenedetti (magari lo ha già dato e io non lo so).

  8. Secondo un commento su NI – citare la fonte a questo punto è d’obbligo… – Battista oggi sul Corriere si scusa coi lettori per aver preso per buono Libero.
    Resto convinto che la lezione non gli sarà servita per smettere quel riflesso condizionato del “giornalismo” di cui parlava Valeria: una “notizia” ha valore se conferma i propri convincimenti, nella misura in cui se ne può fare un uso strumentale.

  9. Viene in mente la gag di Corrado Guzzanti sulla casa della libertà in cui sei libero di fare quel cazzo che ti pare. L’idea di libertà dei liberisti di libero e compagnia cantante, senza tralasciare naturalmente il nostro premier, è quella di assenza di vincoli. Un’idea ingenua e volgare di libertà, la più superficiale e meno filosofica possibile, questi neoliberali berlusconiani questo popolo della libertà ha reso questa parola nel contesto italiano praticamente inutilizzabile. E ne ha tolto tutta la carica dirompente e l’idealità.

  10. Scuse accettate, Loredana. Aldilà dell’IP simile, dovrebbero però esserci contenuti differenti. Vedo ancora in attesa di moderazione miei due interventi precedenti, in tema con l’argomento dibattuto e, uno dei due, sull’articolo pubblicato ieri su “il Fatto Quotidiano” e relativo alla questione qui discussa: nell’articolo (di Malcom Pagani), si riferisce della reazione di Borgonovo, dell’attuale irreperibilità di Debenedetti, che tra l’altro avrebbe detto a Borgonovo di non riuscire a trovare la registrazione dell’intervista a Roth.

  11. Ho fatto una piccola ricerca sui precedenti di giornalisti inventori o produttori di bufale, e non parlo del gustoso prodotto caseario. Beh, devo dire che i casi nel mondo si sprecano. Di solito si dice che la realtà supera la fantasia, ma in questi casi bisogna affermare l’esatto contrario a cominciare da quello più famoso del New York Times dove Jayson Blair falsificò e plagiò 39 articoli. In precendenza ci fu Stephen Glass che addirittura inventò di sana pianta 27 storie quando lavorava al New Republic, a lui è andata meglio di tutti perchè poi riuscì a inventare un libro di successo “Il favolista” da cui poi fu tratto un film. E visto che gli italiani preferiscono sempre prendere il peggio di quello che viene dall’estero, prima di Debenedetti c’è stato il caso del giornalista Jordi Valle che proprio sul Venerdì di Repubblica realizzò alcune importanti interviste a capi di Stato e guerriglieri Sudamericani, il caso venne scoperto da Il Manifesto. Dal 2008 non si sa più nulla di questo Valle. Ragazzi, La guerra dei mondi e Orson Welles ci fanno un baffo.

  12. Qui il mea culpa di Battista: «Due mesi fa ho commentato su queste colonne un’ intervista di Philip Roth a Libero che adesso, tramite Paola Zanuttini del Venerdì, si scopre essere falsa. Mi scuso con i lettori (e con l’immenso Philip Roth) per aver dato credito a un giornale che si inventa le interviste».

  13. Comunque un perfetto esempio della ‘comunicazione’ come l’intende Mario Perniola in ‘Contro la comunicazione’…
    Prima non è vero, l’intervista è falsa e c’è la registrazione; poi, non è vero ma molti liberal in America la pensano così e magari anche Roth; poi anche altri giornali hanno stampato bufale simili…
    In un altro forum si è arrivati a sostenere che nemmeno Repubblica ha mai intervistato Roth e comunque Scalfari da giovane era fascista…
    (e no, queste cose non succedono solo in Italia anche se da noi c’è un tocco di volgarità in più…)

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