HATE!

La vicenda di Google, dunque: ovvio che la sentenza di Milano faccia discutere mezzo mondo. Personalmente concordo con quanto scrive Zambardino sul suo blog e con quanto da tempo si sostiene qui e altrove sulla responsabilità individuale (etica, per intenderci) di chi scrive in rete. La questione degli “urlatori” (mi faccio notare se la dico più grossa perchè tutti abbiamo diritto di farci notare) non è relativa alla rete ma fa parte di un sistema.  Anzi: Sistema, con la maiuscola.
Allora mi chiedo e vi chiedo che senso ha parlare di eventuali norme sull’hate speech in rete e non applicare le medesime alla televisione? La peggior lezione di hate speech viene dalla medesima, da un quarto di secolo a questa parte. La rete, semmai, accoglie e amplifica.
Vecchi discorsi, mi rendo conto: ma ho la sensazione che sia necessario ripeterli.

12 pensieri su “HATE!

  1. Mi pare che tu sia abituata a censurare i commenti per motivi molto meno gravi di quelli invocati per Google (il dileggio di un Down)… ahi ahi, bisognerebbe girare un remake di “La Cina è vicina”.

  2. Ragionando questo argomento anche dalle mie parti ci si domandava se abbia o no un senso maciullare a valle google e invece non far granché a monte, lasciando che tutti si sentano liberi di assumere atteggiamenti violenti nei confronti dei deboli.
    Normare “a babbo morto” mi sembra davvero ridicolo e rischioso.

  3. Mah soliti meccanismi proiettivi: alcuni eventi ics che sono la traduzione mediatica di analoghi interventi ics fuori dalla rete sono indicati come il nuovo problema dell’umanità con la solita rappresentazione distorta della rete, la quale essendo mezzo spesso produce anche comportamenti virtuosi, ma oh quelli non se li fila mai nessuno.

  4. ho scritto in urofinnico.
    Volevo dire che gli eventi sono gli stessi fuori e dentro la rete, perchè gli eventi sono degli uomini non dei mezzi. Però questo mezzo, rete, serve sempre come caproespiatorio dove guardare le cose a cui normalmente non si fa caso, per dare la colpa alla rete – certo. La rete come mezzo poi riproduce svariati comportamenti positivi – la cultura, la riflessione, la condivisione anche ad alto livello. ahò ma non se ne parla mai.

  5. Allora mi chiedo e vi chiedo che senso ha parlare di eventuali norme sull’hate speech in rete e non applicare le medesime alla televisione? La peggior lezione di hate speech viene dalla medesima, da un quarto di secolo a questa parte. La rete, semmai, accoglie e amplifica.
    Eppure è così evidente che le cose stiano così (io direi anche più di un quarto di secolo, ma non cambia la sostanza).
    Mah, sarà perché io ho sempre considerato la Tv la Madre di Tutte le Disgrazie.
    Ciao.

  6. Comodo pretendere che le regole esistano solo per gli altri… Come diceva Seth Gecko in Dal tramonto all’alba: “Ti ho detto di fare come dico, non di fare come faccio”. Ed era anche uno dei pochi che sopravviveva, Seth Gecko.

  7. sì però ci sono due livelli:
    1°liv: i disgraziati che hanno filmato e aggredito il poveraccio e che hanno pubblicato la cosa. Ci sarebbe da chiedersi se la libertà del web sia libertà di pubblicare qualsivoglia porcata.
    2°liv: il provider che doveva vigilare e qui ci sarebbe da chiedersi se sia oggettivamente possibile farlo.

  8. Un momento. Mi pare che tu sia abituata a censurare i commenti qui da te per motivi molto meno gravi di quelli invocati per Google (il dileggio di un Down)… ahi ahi, bisognerebbe girare un remake di “La Cina è vicina”.

  9. Non sono d’accordo sul fatto che il cattivo esempio sia la televisione e che la Rete pecchi solo se vi si accoda.
    Che Internet sia la prosecuzione della televisione con altri mezzi può anche essere un effetto di transizione. Il futuro potrebbe essere diverso: non necessariamente migliore.
    Il fatto è evidente: certi termini di insulto e discriminazione razziale non si usano in tivù o sui giornali ma dilagano online. I negazionisti dell’Olocausto non vanno in tivù, bloggano. I sostenitori che le donne sono inferiori e che ‘se la vanno a cercare’ non vanno in tivù ma nei forum. Quando Calipari venne ucciso la frase ‘un eroe morto per proteggere una t****’ imperversò online e non in tivù. E se la tivù italiana è effettivamente piuttosto becera nel resto dell’Occidente lo è meno (o vogliamo continuare a pensare che solo quel che succede in Italia conta?)
    A differenza del Web la televisione è stata sempre malvista dal mondo intellettuale. Eppure la prima metà del secolo, quando la tivù non c’era, vide due guerre mondiali, dittature, genocidi, rivoluzioni, crisi economiche enormi grazie alla stampa, al cinema, alla radio, al telegrafo, ai treni… La seconda metà del Novecento, quella dominata dalla tivù, al confronto è stata una passeggiata.
    David Denby, critico cinematografico del New Yorker e letterato intelligente, ha scritto un libretto intitolato ‘Snark’ sullo stile tipico del web, l’odio, il sarcasmo, il cinismo, la falsità che contraddistinguono la comunicazione online. Spero che lo traducano e se ne parli. In tutto il mondo qualcuno sta cominciando a chiedersi se sia tutto oro quel che luccica: in Italia il ‘popolo del web’ pensa ancora che la banda larga spazzerà via Berlusconi…

  10. Sono d’accordo con Sascha…nel web, grazie anche alla possibilità dell’anonimato (assoluto o relativo) è possibile tirare fuori il peggio di sè: assumere, protetti da un nick, identità molto più audaci ed estreme di quelle che si ha il coraggio di sostenere quando ci si deve mettere la firma o la faccia. E anche far circolare idee più becere, poichè si pensa che difficilmente si sarà chiamati a risponderne nella vita reale. In più il web è democratico, di facile accesso, e secondo me questa improvvisa, esaltante possibilità di dire pubblicamente (ma da un luogo distante e protetto) quello che si vuole, fosse anche la prima caxxata che viene in mente, dà alla testa a molti. D’altro canto la concorrenza per l’attenzione dei navigatori è infinita: allora non resta che urlare, in rete ancora più forte che altrove.

  11. Aggiungo che però non penso affatto che Google meritasse la condanna (il video è stato rimosso alla prima segnalazione, se non sbaglio): penso che da punire in modo esemplare sarebbero stati i vigliacchi che hanno perpetrato le molestie e stupidamente messo in onda il video per vantarsene (a proposito, ma l’insegnante che non vigilava, e i compagni indifferenti, nessuno è stato mai perseguito, non per la messa in onda del video, ma per la, diciamo, di fatto complicità coi molestatori?).

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