CHIUDERE LE FINESTRE: GLI UCCELLI DI DU MAURIER E LA CATASTROFE DEL BELLUNESE

Quando, nel 1953, Daphne Du Maurier scrive il racconto “Gli uccelli” ha 46 anni. Ne aveva 31 quando pubblicò “Rebecca-la prima moglie”. Du Maurier non è quella che oggi si ritiene sia: non è una scrittrice “per ragazze”, non è romantica ma affilata. Hitchcock lo sapeva bene, visto che da lei ha tratto due film che sfidano ancora gli anni: anche se, nel caso de “Gli uccelli”, ne mantiene solo lo spunto iniziale, affidando a Evan Hunter una sceneggiatura meno claustrofobica.
La storia, in Du Maurier, è semplice e terribile: l’inverno sta arrivando, ma insieme alle nuvole nere e al vento gelato stormi di uccelli si avvicinano alla costa. Nat Hocken e la sua famiglia vivono in una fattoria isolata in riva al mare.  Nat è il primo ad accorgersi che sta accadendo qualcosa di imprevedibile, e tenterà invano di mettere sull’avviso i vicini o far arrivare la sua voce alle autorità. Infine, sarà costretto a barricarsi in casa, con i viveri contati, mentre i becchi degli uccelli battono sulle finestre inchiodate, e il mondo, supponiamo, finisce.
La natura che si ribella agli umani, facile facile: lo abbiamo letto infinite volte, noi frequentatori di letteratura fantastica, e lo abbiamo sentito ripetere altrettante volte dai saggisti e attivisti più avvertiti (rileggete Una rivoluzione ci salverà di Naomi Klein, per esempio).  Eppure, quando abbiamo davanti a noi alcuni degli effetti di quella ribellione, ed effetti reali, le notizie finiscono a pagina 20 o 21 dei quotidiani. Sto parlando del bellunese e di quello che sta avvenendo: paragonabile, scrivevano ieri gli ascoltatori di Fahrenheit, soltanto alla devastazione della Grande Guerra, la cui fine ci accingiamo a ricordare, cent’anni dopo. Tocca spulciare le bacheche di Facebook, ricorrere ai quotidiani locali (qui il Corriere delle Alpi) per capire cosa sta accadendo.
E, ora, va benissimo tutto. Va benissimo discutere delle deriva del nostro paese, va benissimo compulsare i sondaggi e interrogarsi sul che fare. Ma ci sono fatti, e drammi, che non possono essere ignorati: perché non riguardano solo le popolazioni che quei drammi stanno vivendo, così come il terremoto del 2016 non riguardava solo il centro-Italia. Riguardano tutti noi. E lasciare che le narrazioni cadano nel nulla, e non farle proprie, significa aggiungere un altro tassello a quella deriva, e restare chiusi nella propria casa sbarrata, mentre gli uccelli la circondano, aspettando che qualche asse ceda.
«Dal Ministero degli Interni, ore undici. Da tutto il paese giungono continue notizie sull’enorme quantità di uccelli che si affollano sulle città, sui villaggi e sulle zone più lontane, provocando intasamenti e danni e in certi casi attaccando le persone. Si pensa che il flusso d’aria proveniente dall’Artide, che al momento investe le isole britanniche, spinga gli uccelli ad emigrare verso sud in immensi stormi e che la fame li porti ad attaccare gli esseri umani. Si raccomanda alle famiglie di chiudere finestre, porte e camini e di prendere le necessarie precauzioni per garantire la sicurezza dei bambini» (Daphne Du Maurier, Gli uccelli).

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