COME SI CREA UN SOTTOBOSCO: PRIMA DELLO SCANDALO "IL TACCUINO"

In queste ore si sta assai parlando in rete del Taccuino (il sito è “work in progress” da qualche ora, dunque niente link), sedicente agenzia di ufficio stampa venuta alle cronache per aver insultato una blogger, rea di non aver scritto una recensione osannante a uno dei loro libri. Sta venendo fuori molto altro, come ricostruisce tra gli altri Open (ma si attendono sviluppi): falsi collaboratori, intanto, e soprattutto false collaborazioni con case editrici e false partneship con radio e testate. Magliari, d’accordo. Ma come nasce tutto questo, e cosa lo rende possibile? Non me ne vorrete se vi ripropongo un frammento dall’antico Morti di fama, scritto nel 2013 con Giovanni Arduino.
“Che molti autori si recensissero sotto falso nome era cosa nota ancor prima dello scandalo Ellory, lo scrittore inglese beccato con le mani nella marmellata (dal Daily Mail), mentre su Amazon commentava entusiasta la propria opera e stroncava quella altrui firmandosi “Jelly Bean” e “Nicodemus Jones”. Anche fuori dal piccolo mondo dei libri, la prassi è simile: ristoratori e albergatori hanno da sempre massacrato i rivali su TripAdvisor sotto falso nome. Almeno prima di scoprire il sito Trip Advisor Success: 499 dollari per tre recensioni positive al mese (scontoni per chi prende il pacchetto da sei, a soli 749 dollari), giudizi sollecitati ai clienti del loro enorme database, e probabilmente retribuiti.
Perché a guadagnare sui dati e sul desiderio di avere una buona reputazione, aziendale o artistica che sia, sono le società che forniscono servizi. Salon ha azzardato un interessante parallelo fra Internet e la corsa all’oro in California del 1848: una pacchia non tanto per i cercatori d’oro, ma per coloro che vendevano equipaggiamenti e mappe. Tornando ai libri, varrà la pena conoscere un venditore di mappe, il signor Todd Rutheford: un uomo che dimostrò il proprio innato senso degli affari a sette anni, quando acquistò una copia di Playboy per cinque dollari, ritagliò le fotografie e le rivendette agli incuriositi amichetti ricavandone quattro volte tanto. A trenta, fonda GettingBookReviews.com, un giocattolo da 28.000 dollari al mese: vende recensioni, naturalmente, a 99 dollari l’una, o in pacchetti di 20 a 499 o da 50 a 999. L’idea gli viene mentre lavora nel settore marketing di una compagnia che fornisce servizi ai cercatori d’oro, ovvero agli autori self published: lavoro ingratissimo, perché deve convincere quotidiani e blogger a recensirne i libri, con risultati molto scarsi. Perché, dunque, non offrire direttamente agli autori la recensione dei propri sogni, quella che recita “un libro incredibile, un romanzo sconvolgente, un memoir classico, cambierà la vostra vita, lo aspettavo da sempre”? Fondato a fine 2010, GettingBookReviews decolla, al punto che Rutheford deve cercare collaboratori disposti persino a leggere i libri che recensiscono (una recensione di trecento parole richiede, confessano, quindici minuti di lettura). Il lancio definitivo gli viene da John Locke, prima assicuratore, poi scrittore di thriller, infine membro del Kindle Million Club, perché è uno dei primi a vendere, dice, un milione di ebook in cinque mesi dopo aver abbandonato gli editori tradizionali per pubblicarsi da solo (segue saggio: “Come ho venduto un milione di ebook in cinque mesi”). Come ha fatto? Per cominciare, abbassando il prezzo a 99 centesimi (che, come vedremo, era uno dei requisiti per entrare nella lista dei libri “popolari”di Amazon). All’inizio non è sufficiente, e nei primi nove mesi da autopubblicato vende solo poche centinaia di copie: ma nel solo dicembre 2010 tocca, d’un balzo, le 15.000. Merito di Tom Rutheford, dichiara Locke, che ammette di aver acquistato cinquanta “pezzi” per mille dollari: “non ho esitato a comprare recensioni da persone oneste”, dichiara.
Per Rutheford, è il trionfo, e tutto andrebbe meravigliosamente: non fosse per una ventiquattrenne dell’Oregon, Ashly Lorenzana, escort, una storia di tragedie e abusi alle spalle, autrice autopubblicata di Sex, Drugs & Being an Escort. Ashly va in cerca di recensioni a pagamento, trova eccessivi i 425 dollari chiesti da un’altra società, Kirkus, e firma per 99 con GettingBookReviews. La recensione tarda ad arrivare, e dopo qualche sollecito tarda ancora. Lorenzana non ci sta, e posta una lunga lettera di accusa su molti siti di consumatori, sostenendo di essere stata trattata molto meglio da recensori che le avevano chiesto solo cinque dollari. Rutheford la recensisce, ma ormai è fatta: il j’accuse di Lorenzana appare a chiunque faccia una ricerca col nome della società. Google sospende l’account pubblicitario di Rutheford, Amazon elimina molte delle recensioni della sua società e sue. In compenso, Ashly diventa microfamosa e si conquista una pagina di Wikipedia in quanto sex worker, dipendente da metanfetamina e reietta, mentre Rutheford si limita a fondare un nuovo servizio dove, per 99 dollari, blogga e twitta meraviglie su un libro e sollecita recensioni dai blogger e dai “normali” recensori di Amazon. Senza pagarli, giura. Nel frattempo, ha anche scritto un libro, The Publishing Guru on Writing.
L’avventura di Rutheford, e dei tanti emuli, giù fino al titolare di Consigliamoci un libro che implora dieci euro per una recensione, venti con intervista, a tutti gli utenti di Facebook che si interessano di scrittura, dimostra che i venditori hanno capito molto bene quel che altri (guru della rete, guru della letteratura, guru in genere) stanno comprendendo in ritardo: la “gente” vende. Il percorso iniziato con i reality  dimostra che le persone non titolate sono il vero brand dei nostri anni. Quel che viene dalla “gente” è affidabile, sincero, profondo, non contaminato dalla professionalità. La gente è buona perché la Rete è Buona, così come era ed è Buono il Popolo. Chi fa distinguo o, peggio, chi proviene da altri settori, è il Potente e dunque il Nemico.
Il gioco della semplificazione è non solo retorico ma pericoloso: perché ammanta di libertà quel che libero non è. La Rete, come ogni medium, è complesso: renderla facile e soprattutto omogenea serve a un solo scopo. Vendere. Infatti si vende di tutto: alberghi, ristoranti, scarpe, libri, biscotti e oroscopi sono irresistibili se ben recensiti dalle “persone comuni” che in apparenza vanno a sostituire il marketing ma che nella maggior parte dei casi SONO sollecitate dal marketing. Il microfamoso è il brand, il marchio, il gadget, la merce che deve vendere prima (e talvolta al posto) di fare qualcosa che valga la pena vendere. Il microfamoso non ha bisogno di produrre. Forse è per questo che tutti lo stanno corteggiando. Forse è per questo che resiste agli scandali.
Il 26 agosto 2012 il New Yorker intervista Bing Liu, esperto di data-mining all’università dell’Illinois: a differenza della pubblicità, dice Liu, le recensioni dei consumatori “offrono l’illusione della verità”. D’accordo, sono false per un terzo: ma persino gli utenti che le commissionano le “sentono” vere. “E’ difficile passare da essere un autore a essere un autore riconosciuto”, racconta al New Yorker un programmatore e romanziere self published che ha speso 20.000 dollari in recensioni. Amazon lo sa, anche se dichiara di aver epurato le critiche false, magari dimenticando di fornire i criteri con cui lo ha fatto: perché anche verificando se il recensore ha comprato il testo di cui parla, un investimento di 99 centesimi a fronte di 99 dollari di incasso è più che fattibile.
A gennaio 2012, Sergio Covelli, scrittore e blogger per Self Publishing Lab, rivela che il proprio romanzo, Senza padre e madre, né rimorsi, è stato al secondo posto nella classifica degli ebook più venduti. Merito di quattro mosse: per cominciare, lancia il libro a 0,99 centesimi. Quindi, ne compra cento copie: “la spesa iniziale dell’operazione è di 0,99 €, di questa cifra (poiché my ebook is my own business…) mi rientra sotto forma di diritti d’autore il 65%, quindi la spesa effettiva dell’operazione è meno di 35 €”. La piattaforma, inoltre, fornisce la possibilità di regalare il libro acquistato: Covelli omaggia del proprio romanzo amici e parenti. Il giorno dopo il libro è secondo in classifica, davanti a opere di editori tradizionali e autori famosi. Seguono immediato rialzo del prezzo a 4,99 € e campagna di autopromozione su Facebook, Twitter, Google + . “Questa è stata la fase più divertente: una valanga di complimenti, tweet, retweet, e-mail, mi piace, commenti ed un netto aumento dei follower su tutti i fronti ‘social’. Subito a ruota un paio di ottime recensioni e tante pacche sulle spalle. Mi è sembrato di giocare a poker e bluffare, ma d’altronde nei giochi di carte il bluff fa parte del gioco e nel mondo digitale vale la stessa regola”. Il gioco funziona: in quindici giorni il nostro passa dalla vendita di un libro a settimana a un libro al giorno: “il che vuol dire che nonostante abbia speso intorno ai 35 €, nel giro di pochi giorni, vendendo il libro a 4,99 € ho ripreso l’investimento fatto e ho iniziato a guadagnarci qualcosina… “
Facile, no? E pensate cosa potrebbe fare un editore, o un’organizzazione. A proposito: lo fanno. Lo fa, almeno, Result Source International, società di marketing con sede a San Diego. Aprite il sito. Leggete. Immagina: il tuo libro, un Bestseller. Violini. Cosa potrebbe fare un Bestseller per il tuo brand, il tuo business, il tuo futuro? Pubblicare un libro costruisce credibilità, ma con un Bestseller inizia una crescita incredibile che aumenta la domanda per la leadership, ti porta a itinerari di valore, ti dà una fama GLOBALE. In soli nove mesi, RSI diventa una potenza, organizza book tour, corteggia blogger e testimonial, invia bozze rilegate a questo e quello. Spedisce cinque milioni di mail (dal database di sua proprietà) per lanciare un libro di Ken Blanchard (il quale sostiene di aver venduto DICIOTTO milioni di copie), promette relazioni con personalità assai in vista nei Sette Canali dell’Influenza (Media, Arts & Entertainment, Business, Education, Government, Church, Social Sector) che garantiscono di arrivare al maggior numero di possibili acquirenti possibili. Piazza sagome di cartone nelle librerie degli aeroporti. Ingaggia presentatori. Promette video, tweet, costruzione di follower (sic). A proposito, quanto costa? Non poco: 55.000 dollari e si entra nella classifica dei bestseller del Wall Street Journal, per 230.000 si arriva a quella del New York Times. Ci riescono davvero? Certo: perché la stessa RSI compra migliaia di libri dello scrittore-cliente prima della data di pubblicazione, spingendo il volume nella top ten. Poco importa se subito dopo le vendite crollano: la permanenza nella lista dei best seller consente all’autore di farsi conoscere, magari di ottenere qualche buona recensione e soprattutto di partecipare a conferenze e sottoscrivere consulenze lautamente pagate. Per esempio, Soren Kaplan, dopo le undicimila copie vendute, ha cominciato a diventare credibile in ambito economico: “avere ottenuto lo status di autore di bestseller – ha dichiarato Kaplan al Wall Street Journal – ha contribuito a rafforzare il mio ruolo di conferenziere e consulente”. Stessa solfa per Networking is Dead di Melissa G Wilson e Larry Mohl: ingresso in classifica, calo, incarichi ben retribuiti agli autori.
Quando la faccenda è diventata pubblica, strida e lai: Amazon giura che “non farà più affari” con Rsi, Nielsen BookScan annuncia provvedimenti, persino l’editore di Kaplan, Steven Piersanti, della Berrett-Koehler Publishers, rivela di essersi opposto alla mossa del proprio autore (che, per inciso, doveva avere non poca liquidità, perché, facendo due conti, deve aver speso almeno 200.000 dollari per arrivare alla lista dei best seller: se ogni copia costa $27.95, riducibile fra sconti e promozioni a $23.50, per entrare in classifica bisogna vendere almeno novemila copie (per il Wall Street Journal ne bastano 3000, e 70.000 dollari). Ma vuoi mettere?”

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