DAL NOSTRO INFILTRATO

Dal momento che gli infiltrati vanno di gran moda, mi sono
chiesta: perché io no? Detto fatto, ho un’Infiltrato anch’io. In particolare,
il medesimo ha seguito con attenzione gli ultimi nonché recenti Stati
Generali dell’Editoria
. Se l’evento vi fosse sfuggito, qui trovate
riassunti, testi degli interventi, il manifesto degli editori e, naturalmente, dati sul mercato del
libro. Tabellina esemplificativa sulle spese degli italiani:

· 64,95 euro pro-capite l’anno per acquisti di libri = una serata in
trattoria per due (ben diverso dai norvegesi che spendono 208,75 euro
pro-capite, tre volte tanto).

· 25,40 euro pro-capite l’anno è
l’investimento per acquisto di libri (romanzi, manuali, saggi, guide di
viaggio, ecc.) in libreria in Lombardia (quello pubblico per la cultura è 45,5 euro, l’indice di lettura
il 51%) = una serata in pizzeria per due.

· 25,6 euro pro-capite l’anno è l’investimento per acquisto di libri
in libreria nel Lazio (quello pubblico per la cultura è 44,6 euro, l’indice di
lettura il 43,4%) = una serata in pizzeria per due.

·  2,02 euro pro-capite l’anno le
risorse disponibili per acquisto di libri da parte delle biblioteche di
pubblica lettura = un cappuccino (in piedi) al bar.

· 3,31 euro è l’investimento annuo
per studente delle scuole italiane per acquistare libri e riviste per la
biblioteca scolastica = una colazione completa (in piedi) al bar.

· 0,31 centesimi di euro è la spesa
giornaliera per acquisto di prodotti e sussidi didattici per studente = e qui
al bar non si riesce ad acquistare proprio nulla…

A questo punto, la vostra umile eccetera ha rivolto alcune
domande all’Infiltrato, che per comodità chiameremo Verbal. Egli, da
bravo Infiltrato, mi ha risposto. Prima puntata:

E va bene: in Italia non si legge.
Secondo
Romano Luperini la colpa è
della Controriforma, secondo alcuni scrittori-digiunatori è di alcune avvenenti
scrittrici che usurperebbero tutto lo spazio sui giornali, secondo molti
piccoli editori è della distribuzione e del controllo sulle librerie. Voi degli
Stati Generali a chi avete imputato la colpa? E, nel caso, avete anche i
rimedi?

La colpa sta sempre da un altra parte: ma direi che nel nostro caso va imputata principalmente
alla scuola. Il raffronto con gli altri paesi europei è persino imbarazzante:
ma se ci limitiamo ai numeri del mercato, basterà dire che Francia e Germania
hanno un mercato del libro per ragazzi che è 3 o 4 volte più grande del nostro.
Ma cerchiamo di essere positivi e diciamoci che coi nostri
bimbi sapremo fare meglio.
La cosa più preoccupante è, in realtà, un’altra.
Ne ha parlato Tullio De Mauro, sempre di fronte ad una
stranita platea di editori, lo scorso inverno: ovvero, l’analfabetismo di
ritorno, che, badi bene, non colpisce
solo e necessariamente le classi meno agiate della nostra simpatica popolazione
italiana.
Stando ai dati del libro bianco, solo il 41% della nostra
classe dirigente, con istruzione universitaria e disponibilità economica,
dichiara di leggere uno o più libri
all’anno. Contro l’ottanta e rotti della Germania e contro un’altra astronomica
quota della Francia.
Non mi pare un buon esempio: lei cosa dice?

Dico, anzi, cito, un’altra  delle questioni non da oggi sul tappeto: piccolo editore uguale produzione
di qualità destinata all’oblio, grande editore uguale voglia di profitto a
scapito della qualità medesima. Immagino che sia stato detto anche questo: ma
ho anche la sensazione che le cose non siano così semplici. E lei?

Invero,
non se ne è proprio parlato. Cosi come
a stento si è parlato di regolamentazione definitiva del prezzo di vendita del
libro. Alla francese. Max 5%. Vecchio cavallo di battaglia di molti editori,
ora ricordato solo da molti "piccoli" editori.
Ma, del resto, la roboante, efficace, incisiva, travolgente presentazione
di Gian Arturo Ferrari, non di certo rappresentate di un piccolo editore, ha
già dettato la linea delle iniziative AIE della prossima presidenza. O forse
no.

Continua, ovviamente…

32 pensieri su “DAL NOSTRO INFILTRATO

  1. mi sento di dire che sto cercando di alzare le varie medie citate.
    si legge poco perchè diamo poca importanza all’olfatto (l’odore di libro su libro è allietante), al tatto (sfregare una pagina è più appagante che sfregare un gratta e vinci), alla sofferenza (portare a casa un mucchio di volumi in metro o in autobus all’ora di punta richiede spirito combattivo).
    avere libri equivale ad avere la possibilità di reincarnarsi senza dover per forza lasciarci le penne

  2. Ricordo che quando mi rivolsi a Gian Arturo Ferrari nella mia querelle con il Fumer (Fronte Unito Megere Editoria per Ragazzi), a malincuore egli dovette assecondare le sue dipendenti e il mercato del libro del settore, che aveva dato qualche segnale di ripresa, tornò a ristagnare miseramente:- )

  3. Alcuni miei punti di Svista veloci, sulla situazione:
    – Qualche anno fa partecipai, con l’università di Bologna, alla catalogazione dei centri di lettura per bambini, il risultato che confermò le ipotesi iniziali, fu la forte carenza dei centri di lettura sul territorio, con tre regioni (valle d’aosta, lombardia e piemonte) a salvare una media nazionale disastrosa.
    -i media sicuramente non aiutano e in famiglia, l’importanza che viene data all’educazione letteraria passa sempre in secondo piano.
    -Come afferma anche la Callari Galli, l’analfabetismo di ritorno non è un problema, ma una realtà preoccupante che aumenta le sue proporzioni di anno in anno.
    -Editori: non credo che ci sia un oligarchia, di alcuni editori, sul flusso quantità/qualità editoriale, noto che la differenza, tra le casa editrici, non sia più da cercare nei contenuti, ma solo dalla grafica della copertina.

  4. io credo che in questa discussione dovrebbe intervenire un piccolo editore. così da parlare di distribuzione e librai, e del meccanismo che porta comunque a favorire i grandi.
    io non ho gli strumenti, ho solo il sentito dire.
    ma ricordo che alla feltrinelli di torino feci fatica a farmi capire.
    voglio un libro di gilberto severini, pequod.
    mi portarono un severgnini.
    rizzoli.
    comprai un sironi: c’erano due copie.

  5. Un piccolo editore che pubblichi appena una mezza dozzina di titoli l’anno è considerato solo una fastidiosa zanzara dai grossi distributori nazionali, che ragionano per grandi numeri e manco si sognano di prendersi in carico tali rompicoglioni. Lo so per certo. Al piccolo editore non resta che appoggiarsi a uno stuolo di nanetti (piccoli distributori locali o regionali)…

  6. Ok, va bene, in Italia non si legge, nonostante alcuni ci sforziamo di aumentare la media dei libri letti. Ai tempi del liceo, durante il biennio era prevista la lettura de I Promessi Sposi di Manzoni, la banalizzazione che ne è stata fatta ha fatto si che ancora oggi è difficile che qualcuno abbia ripreso in mano quel libro, e per estensione qualunque cosa di Manzoni, non c’è verso di superare quel senso di nausea e i conati di vomito. Nello stesso tempo, un’altra insegnante, sempre di lettere, ci portò a vedere un ciclo di tragedie greche al teatro di Siracusa. Un amore a prima vista, col teatro e con le tragedie. Credo che bisognerebbe selezionare gli insegnanti non in base al sapere, ma al saper trasmettere, entusiasmo compreso (che è contagioso). Inoltre, è ovvio che la scuola attuala amplifica tendenze già presenti nella famiglia, chi viene da una famiglia dove si legge, leggerà a scuola e lo farà nella vita. Bisogna agire anche sulle famiglie. Infine, certi libri fanno cassetta, ma rovinano a lungo termine il gusto per la lettura, e sono tutti i libri che non ti lasciano niente, quelli alla moda, di tendenza, quelli dei furbi. E in Italia abbattiamo intere fireste per le furbate.
    Un saluto da Garbo

  7. io leggo quattro-cinque libri al mese, ma ,mi spiace dirlo, quando compro un libro italiano, dopo averlo letto mi pento quasi sempre dell’acquisto.

  8. olà, Lolip, mi sono liberata, temporaneamente, di una marea di impegni e faccio una capatina.
    Per l’ennesima volta si discute del perchè non si legge e ricordo qualche infervorata discussione dei mesi scorsi a tal proposito. Le variabili in gioco le avevamo grosso modo identificate, non erano diverse rispetto a quelle di cui si parla ora. Potremmo parlarne all’infinito, purtroppo. La cosa ci aiuterà a trovare delle ragioni, ma sono le soluzioni e le pratiche che spesso non riusciamo o non vogliamo vedere. Cerco di spiegare. Questi ragionamenti mi ricordano un circolo vizioso e la conclusione una perenne lamentela sul mondo che, ahimè, non va come dovrebbe. Ammesso che la lettura migliori il mondo (non è detto, anche se personalmente credo che, in molti casi, contribuisca a renderlo meno orrendo o a dargli un senso) dobbiamo chiederci come fare a promuoverla. Quì entriamo in ballo tutti, non solo le scuole o le istituzioni o le famiglie. C’è in molti, tra i cultori della lettura in generale e della ‘lettura alta’ in particolare, un atteggiamento quasi di superiorità o comunque di scarsa comprensione per chi non legge (o non legge le cose considerate ‘qualificanti’). In tutti gli ambienti finiamo con essere una specie di soggetti che girano con il naso all’insù, la puzzetta immediatamente sotto. Pochi sono quelli che riescono a trasmettere un entusiasmo per i libri, la scrittura, il leggere. In loro stessi spesso queste abitudini sono confuse tra un entusiasmo sincero e un bisogno di ‘status’. Questo è frutto di un deformato approccio a tutte le arti e i saperi non limitato alla scuola o alle istituzioni. Ci si costruisce una cultura, un sapere, una specializzazione e la si protegge con barriere di complicazioni formali, burocratiche, di accesso ecc.. perchè solo l’esclusività della propria erudizione e la scarsa elargizione garantisce uno status, un livello di privilegio (quale che sia e in qualsiasi posto, fosse pure una favela). Però siamo anche ‘democratici’, vorremmo vedere un mondo in cui le ‘masse’ viaggino con medesimo nasino all’insù. Idealmente. Ma a quanti non da fastidio l’idea di uno scambio dialettico su Flaubert o la cultura popolare con uno scaricatore di porto o una massaia emigrata da Voghera? se così non fosse, l’entusiasmo fosse autentico e tutti fossimo disposti a fare qualcosa non per il tale editore, la tale editoria, la tale struttura di vendita o la talaltra, cercheremmo di creare momenti di scambio e lavoro dal basso, cominciando dai figli per seguire coi portinai e con i barboni. Anche in biblioteca si può comodamenre leggere, a gratis (per il momento) e stando pure al caldo o al fresco e in compagnia (silenziosa).
    Per chi ancora non mi conosce preciso che le mie non sono accuse, ma a volte esagerazioni, altre suggerimenti o punti di vista diversi.
    Preciso il mio punto di vista: per me l’arte (le arti, ma anche le scienze) hanno una funzione di ‘crescita’ ‘complementarietà’ e ‘completezza’ per Tutti gli esseri umani. Credo anche (e mi applico nel piccolo) che sia molto importante avvicinare i bambini e tutte le persone (soprattutto quelle i cui ambienti sono privi di stimoli e depauperati dall’onnipotenza televisiva o di informazione univoca) curiose e interessate alla pratica delle ‘arti’ e del ‘fare’. Ho detto nel piccolo perchè di questo si tratta, ma posso assicurare che se ciascuno di noi (che si lamenta) proponesse dei laboratori creativi in luoghi in cui l’immaginario sembra irrimediabilmente colonizzato dai luoghi comuni avrebbe delle belle sorprese, soprattutto dai bambini e…dagli anziani.
    besos

  9. Spettatrice,
    non so chi tu sia.
    ti ho letto diversa volte, qui.
    ma stavolta dico che quello che hai scritto è da taglia-incolla, da ricordare a chi si lamenta e lamenta la stupidità della gente.
    i vecchi, i bambini, certe realtà contadine isolate: c’è tanto da imparare, lì.
    (grazie spettatrice, a volte fa bene leggere certe cose).

  10. Cara spettatrice non so neanch’io chi tu sia però se sei disposta ad accettare che la cosiddetta cultura alta e l’altrettanto cosiddetta cultura bassa siano un inganno (ed io appartengo semmai a…. ci siamo capiti,no?) sono disposto a tagliare-incollare anch’io molto di ciò che affermi.

  11. Non è che i libri costano troppo ??? Io ne comprerei molti di più, ma non ci arrivo economicamente, altro che trattoria e pizzeria !!!

  12. Anch’io ho la sensazione che il discorso sui costi sia un falso problema. Se io fossi un editore, invece, tenterei un’autocritica sull’overbooking. Ovvero, su come assassinare un filone-o genere, o quel che vi pare- per eccessivo accanimento di titoli. Ne parlo con l’Infiltrato.

  13. 1 – Cosa fanno gli scrittori per colmare il divario tra lingua parlata (percepita) e lingua letteraria?
    2 – Dato un campione statistico di persone comuni, quante tra esse capiscono l’espressione “Colmare il divario”?
    3 – Perché non ho scritto “accorciare la distanza” o “riempire lo spazio”?
    4 – Le storie e le idee. Cosa ha “Vivere” in più di “Cent’anni di solitudine”?
    5 – Ho il sospetto che lo scrittore scriva solo per i lettori forti.
    6 – Fate cento flessioni in un minuto, o voi panzoni sedentari, e capirete il punto precedente.
    Chiedo scusa per l’anonimato.

  14. Concordo con ‘sto fatto dell’overbooking. Credo che abbiamo ormai superato il miliardo abbondante di thriller con investigatore-studioso e/o investigatore-bibliofilo, caccia al manoscritto segreto, antichi tomi che svelano cupe e atroci verità, il Vaticano che si mette in caccia e/o insabbia, il codice dantesco o leonardesco o tritemiesco di turno. Niente di male, per carità, se l’offerta nascesse da una domanda dei lettori. E invece: Dan Brown continua a vendere (anche se un po’ meno di prima), qualcun altro tipo Matthew Pearl ottiene buoni risultati, ma gli altri arrancano dietro di parecchie lunghezze.

  15. Io leggo molto perché:
    1. quando ero piccolo mio padre mi ha trasmesso la magia della lettura. (Anche se, chissà perché, ogni volta che glielo ricordo, lui cambia argomento).
    2. la Bibbia è un libro.
    3. a scuola mi hanno fatto amare la lingua italiana.
    Grazie a tutto ciò, ho continuato anche quando ero in lite con mio padre, quando mi professavo ateo, quando ho finito la scuola e avevo amici che leggevano pochissimo.
    E’ lì che bisogna agire, secondo me.
    Messa così, naturalmente, il ruolo degli editori risulta ridimensionato, ma non annullato.
    Se gli editori oggi si muovono poco o niente su questi fronti, è per miopia.
    Ma una volta avviato il movimento, vedrete come si mettono a correre anche loro.

  16. > dice spettatrice
    …scambio dialettico con uno scaricatore di porto o una massaia…
    Importa veramente che lo scambio dialettico abbia come oggetto Flaubert o altro di letterario? Già poterne avere uno qualsiasi in termini amichevoli e sinceri, sarebbe una conquista e sicuramente, nella maggior parte dei casi, un piacere. Leggere mi serve solo per stabilire un ponte, mi dà insomma lo strumento dialettico e possibilmente non banale.
    E se l’interlocutore ha da mettere in campo poco o nulla di letterario (ma attenti alle sorprese!)ha sicuramente quel quid dI cui la scrittura/letteratura da sempre si nutre: l’esperienza profonda della vita.
    A parte casi disperati e/o narcisistici, s’intende.

  17. Sul costo dei libri: dipende da quanto si legge e cosa si legge. Se si legge poco il costo può essere ininfluente, se si legge molto può diventare un problema. Vero che ci sono le bancarelle dell’usato, ma dipende in che città e/o paesello si vive (non dappertutto ci sono le stesse possibilità). Vero che c’ è eBay: ma non mi si dica che ci si trovano facilmente le ultime novità. E allora se si legge molto e si tratta di spendere almeno 200 euro al mese (perchè così è, comperando libri nuovi) chiaro che non si comprano libri che si leggerebbero solo per curiosità o per “tenersi aggiornati” ma che al 90% si sa già non si rileggerebbero. La selezione del “che cosa compero” è inevitabile che diventi feroce.
    Il costo dei libri non è per nulla un falso problema, ma per tutti coloro che hanno un reddito medio e che non svolgono un lavoro per cui ricevono libri in omaggio da autori ed editori costituisce un vero problema . Non è l’unico, certo, ma è irritante vederlo spacciare come alibi per i mancati acquisti.

  18. Gabriella, è un falso problema se rapportato alle spese, per fare un solo esempio, per il cellulare (quante persone conosci che mantengono lo stesso modello da più di dodici mesi? Io poche). Anch’io inorridisco quando vedo libri di meno di cento pagine a dodici euro (ventiquattromila lire, tanto per). Ed è vero, verissimo, che i prezzi andrebbero abbassati. Ma non è questo il punto.
    ps. Quanto ai libri in omaggio, quelli che ricevo io vanno per la maggior parte alla biblioteca del paesello, appunto (dopo la lettura).

  19. Anche per me il prezzo dei libri è un falso problema, o perlomeno non mi pare quello centrale. Qui, infatti, non si tratta di far leggere di più o, se preferite, di far comprare più libri a chi già ne legge e ne compra abbastanza (in certi casi anche troppi, perché questo può finire per diventare un inutile e sterile “collezionismo”, se non addirittura una pericolosa mania, come per il protagonista di Auto da fé di Canetti), bensì di (ri)conquistare gradualmente alla lettura chi – e dai dati si capisce che è la netta maggioranza della popolazione – legge poco o affatto e di instillare saldamente questa passione nei più giovani. Poi è chiaro che tutti vorremmo – specie gli addetti ai lavori – che si comprassero pure più libri, ma perché siano letti e in qualche modo contribuiscano a una crescita individuale e collettiva, e non perché vadano semplicemente a fare da soprammobili che prendono polvere, ma questo è, almeno per me, un altro discorso.

  20. Mi sembrava di avere specificato che il costo dei libri non è “il” problema, ma che semplicemente può costituire un freno per persone che amano acquistare i libri che leggono.
    Perchè io parlavo di libri acquistati per essere letti, non di libri che vengono acquistati per collezionismo, feticismo o per arredare le pareti di casa.
    In quanto poi ai libri omaggio dico solo che chi li riceve probabilmente è più portato a sottovalutare i problemi dei costi, tutto qua.

  21. Vado spesso a Parigi, vedo anche io che i francesi leggono più degli italiani, compero spesso libri in francese sia in libreria sia in rete perciò so quanto costano. Ma si parlava dell’Italia e degli italiani. E in Italia, dove si legge in generale meno che in Francia e dunque c’è meno motivazione a spendere per i libri, forse (anche) il costo può (sottolineo il “può”) costituire un parametro sinificativo.
    Ma mi sembra di capire che il tema “quanto il costo dei libri in Italia incide sulle scelte che il lettore italiano fa in una libreria italiana” viene considerato marginale se non addirittura pretestuoso. Vabbè.

  22. Non è marginale o pretestuoso: è che, almeno per come la vedo io, è forse il fattore meno rilevante in un discorso complessivo sulla lettura. In altri termini: abbassare il prezzo dei libri – che pure è cosa, ripeto, giusta- con ogni probabilità non aumenta il numero dei lettori. Sempre per come la vedo io, insistere sul fatto – come è avvenuto anche in occasione degli stati generali, mi par di capire- che la lettura rende buoni e belli non aiuta. Quando, a scuola e non solo, si comincerà a parlare di piacere della lettura e non di dovere della lettura forse faremo un passetto avanti…

  23. Sulla prima che hai detto (costo dei libri) mi piacerebbe precisare ed approfondire, ma l’ho già fatta troppo lunga e non è il caso di insistere.
    Sulla seconda che hai detto sono invece molto d’accordo (alimentare il piacere di leggere + che insistere sul dovere di leggere)
    ciao 🙂

  24. La lettura come piacere, sicuramente, ma anche abituando pian piano all’idea che in un termine più o meno lungo i libri ti possono pure dare qualcosa in più, ti possono arricchire la vita (a livello spirituale, è chiaro, ma, perché no, anche materiale – benché questo ultimamente sia, purtroppo, e specie qui da noi, sempre più raro), magari te la possono persino salvare o più banalmente cambiare (in meglio, si spera). Ma per arrivare a questo sarebbe altresì utile finire di togliere una certa aria di sacralità che resta attaccata ai libri e renderli viceversa oggetti di più ordinaria frequentazione e di facile accesso. In questo senso sono per esempio convinto che il fatto che adesso li si possa trovare in quasi tutti gli ipermercati è – al di là del discorso sconti 🙂 – un elemento altamente positivo (se fossero venduti anche quelli delle piccole case editrici lo sarebbe chiaramente ancora di più :-)), perché anche il non lettore si abitua lentamente alla loro presenza nella vita quotidiana, non li considera più oggetti estranei o di difficile reperibilità: sono lì, a portata di carrello quando va a fare la spesa e, magari, se da qualche parte gli è arrivato uno stimolo adeguato che lo indirizzi verso quella corsia, prima o poi gli verrà anche voglia di prendere in mano uno, forse comprarlo e portarselo a casa, e addirittura leggerlo e/o farlo leggere. La visibilità dei libri e un loro facile accesso (qui, d’accordo, può tornare utile anche un discorso di prezzi più bassi, specie per le novità: sarebbe per esempio utile che le edizioni tascabili uscissero un po’ prima di quanto avvenga adesso, e per una scelta di titoli più ampia, ovvero non quasi soltanto per i libri che già hanno venduto bene in cartonato o in brossura) sono a mio avviso fattori importanti. Scusate la lungaggine e/o le castronerie.

  25. Ho l’impressione che la maggior parte degli italiani si avvicini ai libri come i gatti persiani fanno con gli avanzi: gli danno un’occhiata obliqua, un paio di colpetti con la zampa, li annusano circospetti, e il più delle volte li rifiutano con aria vagamente schifata. Mah.

  26. L’oggetto-libro porta con sé, in Italia, una immagine spaventosamente negativa. Chi ha confidenza coi libri è visto come un topo di biblioteca, uno sfigato, un poveraccio. La cultura, come già Eco registrava a suo tempo nella Fenomenologia di Mike Bongiorno, è vista come un surplus, oggetto di curiosità da guardarsi a distanza, com’erano un tempo i nani dei circhi (si veda anche il fenomeno de “La pupa e il secchione”, in cui questo meccanismo si manifesta in tutta la sua evidenza). In Italia scontiamo il fatto che la letteratura è stata, per decenni, un ghetto per iniziati ammantato di gravità e intellettualismo: ed oggi è difficile far credere al lettore che possono esistere anche libri avvincenti, divertenti, appassionanti. Per fortuna la letteratura di genere ha fatto un po’ breccia in questo senso, ma molta strada resta ancora da fare.

  27. Sottoscrivo anche le virgole di Davide. E aggiungo che finchè la scuola darà spazio alla critica più che alla lettura (e alla scrittura) continueremo a scontare…

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