DARE I NUMERI

Chissà quante copie ha venduto in Italia Il mago dei numeri di Hans Magnus Enzesberger? Non so se ve lo ricordate, ma trattavasi di un incantevole libretto dove un bambino sbuffava sul solito problema di quanti pasticceri ci vogliono per fare ottantotto ciambelle, e il demone dei numeri appariva spiegandogli che la matematica era un’altra cosa.
Ci ripensavo leggendo, questa mattina, dell’allarme lanciato dall’inclito ministro Fioroni, il quale sottolineava come il 44% degli studenti italiani delle superiori abbia seri problemi con la matematica.
Ci ripensavo ritrovando un’intervista ad Enzensberger dove il medesimo diceva:
“Le ragioni emotive per questo rigetto della matematica si trovano nel modo di insegnare, perché, in fondo, la matematica è una cosa di un grande fascino, di una grande attrazione, che non ha niente a che fare con la routine, lo schematismo e la noia
E poi pensavo anche ad altre cose.
Per esempio, a come nella nostra scuola e nella nostra cultura si continui a privilegiare la letteratura, anzi, la scrittura, ma circondandola di quella malefica aura sacrale che provocherà in molti la consapevolezza di essere nato scrittore (di essere nato “grande scrittore”, anzi), e la futura convinzione che basterà raccontare della propria infanzia, della proprie scopate e delle proprie frustrazioni per entrare nell’olimpo. L’adozione di questo libro nelle scuole superiori è un’utopia, suppongo.
Infine. Ho letto su Repubblica l’intervista al mio vecchio e adorato amico Piergiorgio Odifreddi.
Precisamente, c’è un passo dove il medesimo spiega il poco amore matematico così:
“… tutto l´Occidente è diventato antiscientifico, tutto spinge ad una visione irrazionale, magica, basta guardarsi intorno, al fenomeno Harry Potter, i bambini crescono pensando che la magia risolva i problemi, la matematica diventa un´eccezione in una visione del mondo ascientifica. In Italia poi…”
A parte tutto, debbo portare almeno un paio di controesempi che vengono proprio dal mondo dei bambini. Da due anime, per essere precisi.
In Naruto, divorato dai ragazzi delle medie, i ninja che sono protagonisti della storia usano la matematica, eccome. Uno di loro, pur dotato di strabilianti tecniche (non magiche, ma apprese in anni di studio) vince un duello calcolando entro quanto tempo l’angolo dove si trova il suo avversario verrà raggiunto da una zona d’ombra.
In Full Metal Alchemist avviene di meglio. Nell’ultima puntata dell’anime, accade che i due fratelli alchimisti si trovino in dimensioni spazio-temporali separate. Ebbene: uno di loro si mette a studiare forsennatamente i testi alchemici per raggiungere l’altro. Quest’ultimo si dedica invece alla fisica della relatività: per ottenere gli stessi risultati attraverso la scienza.
Mi fermo, ma continuare si potrebbe…

13 pensieri su “DARE I NUMERI

  1. Finalmente qualcunno rende giustizia ad un’opera deliziosa e “formativa” come Naruto che, vorrei sottolineare, non è divorato solo dagli studenti delle medie, ma anche da tutti gli studenti fuorisede che conosco! Volevo ricordare anche una puntata dell’anime Neon Genesis Evangelion, in cui uno dei nemici, gli angeli, si manifestava come ombra tridimensionale di un’ente a 4 dimensioni e tra i vari riferimenti alla matematica avanzata fatti in quella puntata ci fù anche quella al fisico Paul Dirac; certo è che se avessi visto qualcosa del genere quando avevo 13 anni probabilmente avrei studiato matematica con più passione!

  2. Ma ne sai anche di Manga? Fantastico, Full Metal Alchimist è un capolavoro.
    Per non parlare di Evangelion poi…una religione, nel vero senso della parola.
    Qualche anno fa è uscito un film, (nei cinema non si è visto) che mostra la matematica sotto un aspetto allucinato e molto affasciante, il film in questione è “Pi greco, il teorema del delirio”.
    Di materiale che illustra la matematica “dal lato opposto” a quello che ci fanno vedere per tutta la nostra vita scolastica ce ne sarebbe tantissimo.
    A proposito di scuola, parlavo ieri con un mio collega di come la poesia sia ormai quasi estinta. Nessuno legge più poesia, o sono veramente pochi quelli che ne leggono (oppure è come alle elezioni che chi vota Forza Italia poi si vergogna di dirlo). Discutendo siamo arrivati a dedurre che è la colpa è da attribuire in gran parte alla scuola, perchè agli studenti la illustra con quell’aura sacrale, oltre che maestosa e imponente, che dicevi tu. Però per quel che riguarda la poesia, si ha l’effetto opposto. Quando si scappa dai banchi di scuola non si ha più il coraggio e la voglia di affrontarla. Anche se poi la poesia, secondo me è la cosa più facile da leggere, perchè in poche parole, spendendo veramente due minuti, da infiniti spunti di riflessione. Ma forse sono gli spunti di riflessione che spaventano.

  3. Tra l’altro, l’accusa rivolta ad Harry Potter mi sembra alquanto infondata. In “A passo di gambero” di Umberto Eco c’era proprio un articolo riferito ad HP (e si parlava proprio della credenza nella magia) dove si faceva notare come tutti i bambini anche nel passato sono cresciuti a forza di favole e racconti fantastici, ma questo non ha impedito a nessuno, in una fase successiva, di sviluppare una mente matematica

  4. della poesia ho sempre odiato a morte le interpretazioni scolastiche.
    come se una poesia avesse un solo senso, una sola chiave di lettura
    il mio dubbio è che tutto il sistema sia studiato apposta per limitare la libertà e lo spirito critico dei futuri cittadini
    sulla matematica, riflettendo su dati europei che posizionano i nostri ragazzi a livelli bassissimi nella conoscenza della matematica, la mia esperienza è che anche qui non s’insegna ad affrontare un problema, naturalmente fornendo prima i dovuti mezzi, ma si dà già la soluzione. E’ un classico quando nei comtipi in classe veniva proposto un problema che non era già stato affrontato, ma che poteva essere risolto con le conoscenze già avute; si verificava l’incapacità totale, a volte solo psicologica, di capire il problema e usare le nozioni apprese per risolverlo. Proprio per l’abitudine ad affrontare problemi già noti in maniera stupida, come potrebbe fare un calcolatore che già possiede un algoritmo per la soluzione di un determinato quesito
    in sintesi la scuola deve fornire mezzi e capacità critica non soluzioni, interpretazioni o spiegazioni

  5. Se devo essere sincero, io non vedo tutto questo irrazionalismo in giro: prova a chiedere quali sono considerate le facoltà universitarie “serie” ad un passante e ti verrà risposto al volo: economia, ingegneria, fisica, medicina…
    Del resto, quelli che come me studiano in una facoltà umanistica vengono solitamente etichettati come fancazzisti, inutili per la società o, nel migliore dei casi, idealisti, nel senso che non tengono conto della realtà. Che poi quale sarebbe la realtà? ah già, trovare un lavoro a tempo indeterminato, ben remunerato, magari in banca…).
    Poi, il paradigma scientifico è a tal punto dominante che ha influenzato il metodo di tutte le discipline umanistiche, ma sembra che stiamo a raccontarci le storielle!
    Date retta a me, un po’ di sano irrazionalismo non è poi così male, in confronto al pensiero unico scient-economico

  6. La matematica. A dispetto del certosino impegno profuso dagli insegnanti per farmela odiare,quando mi ritrovavo ad ammirarla in solitudine intuivo che se Dio c’era si ritrovava le pieghe di quegli artifizi , nonostante i vizi di forma (un futuro remoto avrebbe dimostrato quella tesi)

  7. io l’ho sempre detto che odifreddi è ratzinger dall’altra parte dello specchio. sono due talebani. sconcertante che non si accorgano di quanto sono omologhi. il fatto che sostengano tesi opposte è accidentale…

  8. Veramente il secondo esempio con l’equivalenza magia-scienza dà pienamente ragione a Odifreddi.
    Il libro sulla scrittura di King è molto bello. Tu difficilmente lo vedi nelle scuole superiori. Vero, però ci sono anche insegnanti in gamba. Io ne conosco una che a Torino fa ragionare i ragazzi su tutto, da Dante ai Gogol Bordello. Una volta ho letto una scheda di lettura di alcuni suoi ragazzi su Blackout di Gianluca Morozzi e faceva impressione tanto erano svegli. Però appunto, si tratta di “far ragionare” sulle cose. Se invece si alzano vessilli di questo o quest’altro, e si pensa di combattere la tradizione intorno a quelli, beh si fa davvero un cattivo servizio ai ragazzi.
    E’ uscito un volume – ma ora non ricordo l’editore – con i famosi fumetti horror americani anni ’50 ultracensurati (di questi fumetti avevo parlato qui tanto tempo fa a proposito di un bellissimo articolo di Edo Chieregato su Hamelin). Le storie non sono granché, ma quei fumetti rappresentavano la libertà di immaginare. Che quella libertà si manifestasse in contenitori tanto “umili” fa riflettere sui pregiudizi che si hanno nei confronti di produzioni e medium considerati infimi.

  9. Anche io penso che il problema della matematica che serve solo a fare somme e divisioni e della Scrittura Che Viene Dall’Alto siano assolutamente paralleli, tutti e due figli delle mistiche di Gentile – e di una certa pigrizia.
    Molto spesso incontro persone che sarebbero stati ottimi matematici – o scienziati, e hanno quasi tutti fatto lingue: nessun professore o quasi passa l’idea che la matematica sia un campo dove usare le proprie doti di rielaborare originalmente qualcosa e di mettere in collegamento idee partendo da una struttura tanto potenzialmente ricca quanto stimolantemente rigida. Va detto che è colpa tanto dei professori quanto dei programmi ministeriali e dei libri di testo che vengono pubblicati (una madre insegnante ha racconti da brivido su come i testi non standard siano sabotati di principio), per non parlare della formazione degli insegnanti: l’indirizzo didattico di matematica è spesso una barzelletta…
    Certo, a tratti la matematica è noiosa. Come tutto, quando si fa bene: anche la scrittura (avanti, ditemi che correggere bozze è il vostro hobby preferito!).
    A margine: da matematica (o giù di lì) e lettrice di Harry Potter, devo dire che l’accusa di Odifreddi non sta in piedi: nei libri della Rowling la razionalità e lo studio di una “magia” estremamente positivista hanno una grande importanza, e il “whodunit” è giocato con toni alla Agatha Christie / Conan Doyle.

  10. A margine dell’intervento di Odifreddi: non riesco a persuadermi di un collegamento solido tra irrazionalità e decadenza dell’interesse per la scienza e la matematica. Penso invece che sia l’eclissarsi del concetto di ‘rigore’ a rendere conto di entrambe, soprattutto il rigore delle argomentazioni e del controllo, democratico, cioè aperto agli altri, sulle argomentazioni medesime. Un discorso simile potrebbe estendersi agli studi umanistici: a scuola traducevo meglio dal greco piuttosto che dal latino perché, a quel livello scolastico di greco, diceva la mia prof, ‘è più facile imbrogliare’. Era cioè più facile sottrarsi a un controllo di rigore, cosa che diversamente accadeva in una lingua più formalizzata qual è il latino. Non credo che il fatto lamentato dall’inclito Ministro riguardi la matematica (o la scienza) in quanto tale ma che esse siano solo le prime, più vistose vittime, del declino di un concetto forte di ‘rigore’. Vostro, BetteDavis.

  11. Ai colloqui con la prof. di matematica del V ginnasio, vengo accolta da due occhi neri e vispi, non è mica il mostro descritto da mia figlia, ricordo di essermi detta. Ci sono entrata per prima, un pò perché non c’era grande fila ma soprattutto perché sapevo che lo studio di questa materia era lontano anni luce dai pensieri dell’alunna di cui sono genitrice. Sua figlia, mi disse con una piacevole erre arrotondata, si vede che pensa ad altvo e non è intevessata a questa matevia: peccato. La sua è una mente bvillante e povtata per la matematica. Visto che ama leggeve le consiglio Il teovema del pappagallo di Guedi Denis. La prima cosa che ho fatto quando uscita da lì è stata infilarmi nella libreria più vicina e procedere all’acquisto consigliato. In fondo meglio comprare un libro che prenotare una serie costosissima di ripetizioni. Ebbene, quel libro ce lo siamo letto tutti a casa tranne mia figlia. E’ prevenuta, si vede, e non c’è niente da fare. Bah, comunque raggiunge la sufficienza e io ho smesso da tempo di pressarla. Adesso risolvo un’equazione e poi preparo il caffé. Janula.

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