DI LIBRI E DI LIBRAI

Romano Montroni, consulente del progetto Librerie Coop, già direttore delle Librerie Feltrinelli, interviene a proposito degli sconti sui libri su Repubblica di oggi.
Caro Direttore, mi inserisco nel dibattito sulla legge che limita al 15% lo sconto sui libri per dire che a mio avviso il prezzo non è uno dei fattori che determinano lo scarso interesse degli italiani per la lettura. Il libro è ancora, senza dubbio, lo svago più economico.
Detto questo, se confrontiamo il provvedimento entrato in vigore in Italia con quelli che da tempo regolamentano la vendita dei libri in altri stati europei, il nostro risulta di gran lunga il più “morbido”: nei paesi economicamente forti e dove si legge molto, da anni la legge è ben più rigorosa. In Francia e Spagna lo sconto massimo consentito è il 5%. In Germania lo sconto non soltanto non è previsto, è vietato. È la dimostrazione che non è da qui che passano il rinnovamento e lo sviluppo del mercato del libro. Dar valore al mestiere del libraio è invece a mio parere la strada da percorrere, ed ecco perché gli imprenditori (grandi, medi e piccoli) dovrebbero investire sulle risorse umane e sulla loro formazione.
In Italia, finora si è andati nella direzione opposta. Nelle nostre librerie, soprattutto di catena, si registra una standardizzazione preoccupante. Il mestiere di libraio non è tenuto in considerazione: i giovani non ricevono una formazione adeguata e la professionalità, quando c´è, è mortificata. Il personale è in tutti i sensi insufficiente, e pertanto incapace di relazionarsi con il cliente. Una delle ragioni, se non la principale, è che il margine commerciale che le librerie ottengono dagli editori – l´indicatore primario per l´equilibrio economico e finanziario dell´azienda – era in gran parte usato, anziché per la formazione, per concedere sconti. Di recente ho sentito il manager di una catena vantarsi di aver dimezzato i librai in una prestigiosa libreria proprio a questo scopo; inutile dire che, alla luce dei consuntivi, non si è registrato alcuno sviluppo nelle vendite: non basta abbassare i prezzi per aumentare numero dei lettori e consumo di libri. L´Italia è da anni al terzultimo posto in Europa come indice di lettura: è dunque ragionevole pensare che il problema non sia il prezzo.
Girando per l´Europa ho incontrato quasi sempre librai eccellenti. È proprio questo, credo, il punto. Perché i librai (quelli bravi) contribuiscono attivamente a suscitare interesse intorno ai libri: curando l´assortimento, manipolando lo scaffale, prestando attenzione ai particolari, offrendo un servizio di qualità. Non credo sia un caso se la lamentela che sento più spesso è che negli ultimi tempi la qualità del personale è scaduta: chi cerca un libro o domanda informazioni riceve risposte insoddisfacenti e vaghe. A volte, persino sgarbate. È inammissibile. Chiedete a un lettore di dirvi quali requisiti dovrebbe possedere la libreria ideale e nove volte su dieci vi risponderà per prima cosa: un libraio competente.
Ecco perché chi ama i libri dovrebbe lamentarsi, invece che della regolamentazione degli sconti, dello scarso investimento sulla formazione dei librai. Basti vedere cosa è successo in Inghilterra, dove abolire il prezzo di copertina liberalizzando quello di vendita ha provocato la chiusura di moltissime librerie piccole e medie che non potevano offrire gli stessi prezzi “stracciati” delle grandi. Il mio auspicio è dunque che il margine adesso sia usato per formare i librai, per esempio attraverso la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri (per chi è già del mestiere) o la Scuola per Librai di Orvieto (per i “debuttanti”).
Per conquistare nuovi lettori le librerie non devono essere – per dirla con Marc Augé – non luoghi (anonimi, di passaggio, frequentati da persone che non entrano mai o quasi mai in relazione le une con le altre), bensì centri di circolazione e scambio di idee, ambienti in cui intrattenersi e soddisfare le proprie curiosità ricevendo al contempo nuovi stimoli. Questo genere di librerie richiede veri librai. Invito dunque chi ama i libri a considerare la nuova legge sullo sconto non una penalizzazione ma un´opportunità per il mercato italiano.

33 pensieri su “DI LIBRI E DI LIBRAI

  1. Aggiungo che in una libreria si dovrebbero vendere SOLO libri. E’ inammissibile che io debba attendere che un commesso finisca di vendere un profumo per poter chiedere informazioni su un libro.

  2. Benissimo investire sulla formazione di librai competenti. Ma fondamentale è dar vita a una politica che promuova la lettura fin dall’infanzia. I lettori vanno coltivati da piccoli. Nessun libraio, per quanto bravo possa essere, riuscirà a trasformare in lettori assidui quarantenni che non leggono mai. In quel caso il danno è fatto ed è irreversibile. In Italia non legge nessuno o quasi, quantomeno leggono in pochi e certo molti di meno che negli altri paesi europei. Non è possibile far sì che i lettori aumentino ORA, ma si può fare in modo che aumentino in futuro. Purtroppo il futuro nella politica italiana non è contemplato.

  3. “Invito dunque chi ama i libri a considerare la nuova legge sullo sconto non una penalizzazione ma un´opportunità per il mercato italiano.”
    Io sono un cosiddetto lettore forte. La legge sugli sconti la trovo sbagliata per varie ragioni e quest’ultimo articolo non mi convince per niente. Certo, quello che scrive Romano Montrono è vero. Ma non sono io, lettore, a dover considerare la legge sullo sconto un’opportunità. Semmai allora sono i librai o i dirigenti di catene e librerie. Ma crediamo davvero che queste persone storneranno davvero i soldi che prima utilizzavano per gli sconti sulla preparazione professione del personale? Io non lo credo. Se un dirigente licenzia i librai per fare maggiori sconti, ora che non può più fare sconti si inventerà altro, magari vendere i profumi in libreria, ma certo non riassumerà il personale licenziato né formerà meglio quello rimasto. Non è con questa (brutta) legge che si risolve il problema italiano della scarsa lettura. Così alla fine si sfiancano persino quelli che già leggono. Chi ci tiene alla lettura (come me) arrancherà dietro al prezzo dei libri (o tornerà in biblioteca!), chi già tentennava comprerà un libro in meno… e leggerà meno di prima. Chi non leggeva, amen.
    E per quanto riguarda il prezzo dei libri, vorrei fare presente che in Francia e Germania la capacità di acquisto delle famiglie è maggiore che in Italia (e il prezzo dei tascabili minore). Anche questo è un fattore che va preso in cosiderazione.

  4. la questione è in procinto di assurgere al rango degli annosi problemi.Diciamo che se fossimo in politica potremmo camparci sopra abbastanza per costruirci intorno vent’anni di campagne elettorali senza mai arrivare alla radice.L’intervento di Montroni,e quelli scritti sulla stessa falsariga,hanno il merito di farci intravedere una luce fuori dalla mediocrità di un lamento sterile
    http://www.ghostwhisperer.us/Music/Elvis%20Presley/Hound%20Dog.mp3

  5. Tutte belle parole, guarda caso tuute propinate da gestori/direttori di grandi catene che finché non si è fatta viva Amazon (oddio, ho nominato il babau) se ne stavano tranquilli fottendosene bellamente delle piccole librerie che venivano triturate dagli sconti che Feltrinelli, Mondadori ecc. potevano permettersi. Poi qualcuno fa assaggiare loro la stessa medicina e allora, apriti cielo, vai con la bandiera della qualità!
    E tutti che ripetono la stessa tiritera: lo sconto non aiuta, guardate all’estero dove gli sconti son bloccati. Poi, come già ha fatto qualcuno qui, si fa notare che all’estero anche i prezzi sono differenti e -toh- nessuno controbatte.

  6. L’idea di fare della libreria un luogo di scambio per coltivare la lettura è di certo buona, ma francamente non vado il collegamento con la legge sui prezzi dei libri. Una cosa non esclude certo l’altra! E che il prezzo dei libri non incida sulla quantità dei libri acquistati mi lascia un po’ perplessa. Io sono assidua frequentatrice della biblioteca e purtroppo sono uscita alquanto turbata da Feltrinelli il mese scorso, quando per un libro mi hanno fatto sborsare la bellezza di 20,05 euro (hanno voluto anche i 0,05). Ormai in libreria metto piede quasi solo per acquistare i volumi che nelle biblioteche della provincia sono introvabili o per qualche raro caso di romanzo cui sono affezionata. A breve giungerà a casa l’e-reader e vedremo se finalmente potrò permettermi di acquistare i romanzi e non dovrò più solo limitarmi a prenderli in prestito.

  7. Ma basta con questa leggenda dei buoni librai. I librai non hanno spazio per vendere “tutto”, dunque diventa immensamente più semplice reperire un libro in un grande negozio Mondadori o Feltrinelli (avete presente Piazza Duomo a Milano? Ecco, fate un salto lì).
    Io quest’anno, da acquirente sui 50 libri l’anno che sono, dovrò tagliare necessariamente qualcosa. Rimedierò con le biblioteche, NON con i piccoli librai (anche per ripicca, sì).

  8. Oddio…io nel reperire i libri ho trovato le stesse identiche difficoltà anche da Feltrinelli, Mondadori e Melbook e non solo nelel piccole librerie!
    Stessi tempi…anzi a volte nelle piccole librerie hanno l’onestà di dire che un libro è impossibile richiederlo mentre mi è già capitato 2 volte che Feltrinelli mi chiedesse un anticipo di 5 euro per ordinare libri che non sono mai arrivati…non è che si sono presi la briga di avvertire! Sono dovuta andare io a chiedere notizie e pretendere la restituzione del denaro.

  9. Scusate, ma settimana scorsa sono entrata da Feltrinelli e (in barba alla legge levi?) ho trovato libri con il 25% di sconto (promozione CubaLibri o qualcosa di simile).
    Poi stamattina, su Facebook, trovo questo: “Tutto il catalogo Il Saggiatore Tascabili a -20% su LibreriaRizzoli.it! Approfittane subito!”.
    La legge Levi stessa ammete deroghe al 15% per promozioni speciali (non sotto Natale però).
    In pratica, quindi, le librerie della grande distribuzione fanno quello che facevano prima, ma solo un po’ meno?

  10. A me la legge Levi non piace affatto: il costo dei libri in Italia è troppo troppo alto, con o senza sconti promozionali del 25% o giù di lì. La qualità è sempre più scadente, ma si continuano a pubblicare libri di autori che non meriterebbero di apparire neanche sul bollettino parrocchiale.
    Sfoltire e di molto i cataloghi facendo fuori i tanti sedicenti autori incapaci; e portare sul mercato autori e romanzi di qualità. Mancando la qualità anche al lettore cosiddetto ‘forte’ passa la voglia di leggere: il più delle volte la lettura si rivela una tortura e non un piacere. Questo non si è capito sino ad ora, temo dunque che non si capirà tanto facilmente né in breve tempo. Per di più, in un momento storico di crisi globale come quello che stiamo oggi attraversando, come si può pretendere che un lettore spenda 20 Euro per un insipido quando non addirittura ridicolo libercolo di 150 pagine? Non si punta alla qualità, ma però si ha l’assurda pretesa di vendere tonnellate di libri.
    La legge Levi non serve a incentivare la vendita, semmai a far sì che sempre più potenziali lettori abbandonino anche la sola idea di comperare e leggere un libro.
    I librai di oggi, quelli delle grandi catene, saranno anche impreparati e incapaci, ma anche per un librario che fosse ben preparato sarebbe una impresa non da poco, più faticosa di quella di Atlante, riuscire a piazzare dei libri illeggibili, tranne nel caso qualcuno pensi che il libraio debba diventare una sorta di pusher senza deontologia né morale.
    Chiudo qui, il discorso è vecchio e personalmente lo ripeto da anni e non cambia niente mai, se non in peggio, per cui chi è causa del suo male pianga se stesso. Ma in silenzio.

  11. seguo da molte settimane il dibattito sulla legge del libro e sento con rammarico tanta acrimonia nei confronti delle piccole realtà… i soldini in tasca mancano a tutti in questo periodo, e nessuno obbliga a comprare nelle librerie indipendenti.. resta il fatto che nella mia libreria e in tante come la mia, si lavora sulla selezione a monte fra le decine di migliaia di novità proposte ogni anno, si offre una visibilità a titoli e progetti editoriali anche insoliti, si cercano per i clienti editori minori, edizioni non recentissime, qualche classico trascurato, si accolgono le persone con un divano, una macchina del caffè o con acqua e un bagno a disposizione, si ospita un gruppo di lettura e si collabora con altri due gruppi, si continua a lavorare con le biblioteche pubbliche anche se si è persa la gara di fornitura perché non si può competere con lo sconto, offendo collaborazione e supporto per incontri e presentazioni… è un lavoro molto bello, da appassionati, che nelle piccole realtà dà molte soddisfazioni di relazione, in una ottica di esercizio di vicinato, come tante botteghe storiche che mantengono vivo un tessuto sociale… certo la legge tanto invocata è arrivata molto più in fretta con Amazon in Italia a sparigliare i giochi… è tardiva e limitata, non riporterà, temo, giù i prezzi aumentati parecchio negli ultimi 3/5 anni…
    prendo atto della mia prossima estinzione, ma in un paese come il nostro dove un investimento nazionale e coordinato sulla lettura manca e dove l’attacco alle biblioteche pubbliche sta raggiungendo livelli inauditi, ritengo di essere non solo utile ma anche necessaria
    grazie Loredana per tenere vivo il dibattito
    buona lettura a tutti
    Nicoletta, libraia a Bologna

  12. Eh, in Italia siamo tutti dei poveri genii, e possiamo fare a meno del libraio ma non dello sconto… però quando consiglio agli amici bisognosi di libri a poco prezzo di andarsi a cercare i libri dai remainder, due su dieci chiedono “ah, ce ne sono in città?” e cinque “cosa sono?”. Solo tre ribattono che beh, ma loro cercano le ultime uscite.
    Scusa per il sassolino; era nel sandalo, però.

  13. curiosita’: in cina una legge analoga era stata passata a inizio 2010 (no sconti superiori a 15% per online stores e niente sconti nei negozi on-ground per il primo anno di pubblicazione del libro). La legge ha incontrato grande opposizione da consumatori e da rivenditori insieme, anche perche’ ritenuta violare la legge antimonopolio. La legge e’ stata ritirata in Settembre dello stesso anno.
    il famigerato Net Book Agreement in UK e’ anche caduto a inizio anni novanta, e ci si e’ stupiti soltanto che sia sopravvissuto cosi’ a lungo, quasi un secolo.
    Ma quello che mi chiedo, da non esperta, e’: non dovrebbe esser vietato il “price fixing” in EU? E impedire/limitare gli sconti, su qualsiasi cosa non solo libri, non e’ un tipo di price-fixing?

  14. Nessun sassolino, anche perché calzo gli stivali e non gli anfibi. In ogni caso, se involontariamente lo avessi fatto chiedo venia.
    Credo fermamente che libri e prezzo dei medesimi, qualità del libro (e quindi degli autori pubblicati e pubblicizzati), sconti o non sconti, librai e loro competenza, librerie all’ingrosso o no, siano tutti fattori che rientrano nello stesso quadro da prendere in esame. Forse sbaglio?

  15. questa legge dovrebbe riequilibrare le forze in favore delle librerie indipendendenti, ma pensandoci per adesso mi pare inutile. Nella mia città, all’incirca 100,000 abitanti c’erano due librerie indie principali, poi un’altro paio più di nicchia. Adesso ne è arrivata un’altra che mi pare collegata ad una catena e una stile Feltrinelli, di quelle con ampie vetrine che ti illuminano la vi(st)a con cluster di Tamaro, Vespa e Serial-sellers vari. Le varie fnac stanno solo nelle grandi città ( correggetemi eventualmente ), quindi la gran parte dei lettori d’Italia o acquista in librerie indie ( senza sconti ) oppure on-line. Ma la maggior parte dei lettori acquista in libreria, on-line acquista chi cerca spesso i libri, e approfitta delle occasioni, soprattutto con i remainders. Il senso è che è una questione di urbanistica, in ogni città ci dovrebbe essere al massimo una fnac o megastore, il resto librerie indie.

  16. mi è venuta in mente un’altra cosa: ogni anno un bel po’ di famiglie spende qualche centinaio di euro in libri scolastici, cosa che toglie un deciso budget per libri di altro tipo e in più rende la parola “libro” urticante anzichéno.
    Rileggendo l’articolo poi mi sento di aggiungere un paio di cose. Non capisco perché ancora leghiamo il prezzo dei libri all’interesse per la lettura; non c’è legame, finiamola qui. Finiamola anche di parlare dei lettori però, con le stronzate sulle librerie ideali, i librai competenti, il favoloso mondo degli eccetera eccetera. La qualità dei libri, e una volta allo strega c’erano Sticazzi e mecojoni, e gli italiani leggono poco ( dài andiamo per le strade con i libri in mano, facciamoli leggere gli italiani ). I libri potrebbe costare di meno? ma quanto meno? e perché non gratis?
    sassolini OT/IT

  17. Penso anch’io che quella del buon libraio capace di suggerirti che cosa regalare a zia Ermengarda per il suo genetliaco (ma chissenefrega?) o al nipotino in cresima sia una leggenda metropolitana. Con gli oltre 60.000 nuovi titoli l’anno in perpetuo avvicendamento, non c’è buon libraio che possa davvero informarsi su tutto il meglio e il peggio in uscita.

  18. Lucio, non c’è UN libraio, ma ci sarà IL TUO libraio, che non sa tutto delle 60000 novità ma conosce te, e ciò è inestimabile. O l’IA di ibs.it basta a chetare ogni tua curiosità?

  19. Niente di nuovo, purtroppo: in Italia la formazione, l’istruzione e la professionalità sono considerate superflue, anzi peggio, un costo da eliminare.
    Spiace che realtà come quella raccontata da Nicoletta spariscano.
    E concordo con G.L.

  20. Beata solitudo sola beatitudo, Lucio.
    A dire il vero io ho almeno 7 “mie(i)” librai/e, e tutti che r/esistono al di fuori delle logiche delle grandi catene. Tutt’ mi mostrano strade nuove e collegamenti impensati fra libri e autori, tutt’ sono molto conetent’ di farlo anche se non sono i miei pochi euretti a garantir loro lo stipendio a fine mese.

  21. Si dovrebbe investire in corsi formazione per librai? Oltre ad un minimo di nozioni di catalogazione non vedo su che altro si possa istruirli, a parte forse inculcare loro qualche trucchetto da piazzista.
    Per essere un buon libraio, uno deve essere una persona sempre curiosa di tutto; non credo che possa bastare un corso rapido di tuttologia.
    Non ritengo che limitando gli sconti si salveranno le piccole librerie ma che piuttosto il problema stia in un malsano rapporto tra editori, distribuzione e vendita come spiega Fabrizio Tosti in questo articolo su NR http://notizie.radicali.it/articolo/2011-03-08/editoriale/legge-sul-prezzo-dei-libri-il-concreto-rischio-di-un-appiattimento-cu

  22. Mi sento di sposare in pieno il commento già postato da Sergei.
    Mi sentirei di aggiungere che il dottor Romano Montroni è indubbiamente un grande libraio, ma, in passato, la catena per cui lavorava attuava una politica di sconti che ha avuto qualche responsabilità nella scomparsa di piccole e medie librerie. Egli lamenta ora la scarsa qualificazione dei giovani librai e del pubblico italiano in genere. Resto piuttosto sorpreso pensando che la Feltrinelli fu tra le prime a spersonalizzare il rapporto coi clienti preferendo collocare in un più accessibile ordine alfabetico la narrativa piuttosto che sensibilizzare alla conoscenza e alla scoperta delle varie case editrici.Quanto sta avvenendo a danno del sistema librario nazionale mi pare non sia poi molto diverso dalla dura logica che egli stesso e la Feltrinelli hanno applicato in passato.
    Aggiungo inoltre che una controproposta è già stata attuata da Montroni stesso, il quale ha realizzato una magnifica libreria presso l’ex cinema Ambasciatori della città felsinea. Per chi non lo conosca il luogo è veramente ammirevole e vale assolutamente la pena di una visita. Il punto è che NON è una libreria o, almeno, non è SOLO una libreria. Qui potrete mangiare, bere o comprare del buon vino o dell’ottima birra, procurarvi prodotti ricercati e sfiziosi, ed è questo il motivo per cui la maggior parte dei suoi clienti frequenta questo ritrovo, ed è già una gran bella cosa, perché poi, forse, ci comprano anche un libro. La libreria tradizionale è bell’e morta anche se chi scrive queste note è tutt’altro che un fan di Amazon e preferirebbe aprire una cartolibreria a Isernia piuttosto che rivolgersi a internet per acquistare un volume (è anche per questo che, ormai, mi procuro i libri solo attraverso due canali: le biblioteche che, almeno per il momento, mi lasciano i loro volumi aggratis, e le librerie d’occasione, che andrebbero riscoperte, eccome se andrebbero riscoperte). Certo, come si sarà capito, il mio modello è piuttosto lontano da quello del libraio-manager alla Montroni, anche se egli ha dimostrato capacità imprenditoriali ammirevoli. Il mio pensiero va, invece, e chi ha frequentato il sottobosco bolognese sa di chi parlo, a Gregorio Kapsomenos, l’ultimo grande libraio vissuto all’ombra delle due torri.

  23. mah, sono “cresciuto” alla libreria Feltrinelli di Bologna gestita da Montroni (e dalla moglie). Che sia un bravo libraio-manager non si discute: la Feltrinelli di Bologna da quando lui non c’è più versa in uno stato pietoso mentre la libreria Coop presso l’ex cinema ambasciatori pur di dimensioni contenute è una vera libreria (i libri recensiti su tuttolibri o sul domenicale del sole il giorno dopo li trovi esposti, per dire). Sulla gentilezza ed educazione degli anni montroniani invece avrei molti dubbi: credo che spocchiosa arroganza sia la definizione migliore. Sia di Montroni che dei suoi librai. Ovviamente a meno che tu non facessi parte della città “che conta”. Conosco persone rimaste traumatizzate dalla maleducazione dei commessi e del loro capo 😉

  24. No no, caro Marco, faccio proprio parte della Bologna-che-non-conta. Sugli episodi di maleducazione dei commessi Feltrinelli della gestione montroniana si potrebbero far le ore piccole scambiandosi aneddoti anche perché il fatto curioso è che, magari, appena arrivati, ‘sti ragazzi erano pure carini e intelligenti, simpatici alle genti, poi, dopo poco tempo che stazionavano fra quelle mura, si trasformavano in casi da manuale clinico di schizofrenia. Chissà perché…

  25. Scusa Paolo, ma stavolta il tuo ragionamento non mi convince. Lo Stato dovrebbe difendere sia te lettore che ami andare dal tuo librario farti consigliare e discutere di letteratura, sia me che ho bisogno di King o di Virgilio e già conosco la traduzione che mi serve e mi affido alla postapay.
    Lo Stato può avere certo un occhio di riguardo per le librerie indipendenti, ma perché ci devo andare di mezzo io, quando poi – e lo dicono in parecchi anche della categoria – questa legge sarà molto gattopardesca?
    E’ come il discorso della bottega “ah quando c’erano gli alimentari così carini, e invece ora il freddo supermarket”.
    Rientrando nel tema, per come la vedo io, lo Stato ha il dovere di supportare la cultura in genere, e quindi la lettura. Ma invece di istituire corsi per librai, perché non sviluppare il sistema bibliotecario? Aumentarne i servizi, i libri, invece di togliere gli sconti? (che poi non penso che i libri venduti da Amazon siano stampati in Cina).
    Il problema “grandi librai vs piccoli librai” credo sia apparso ben prima di Amazon e “C’è post@ per te”. Lo Stato non ha mosso un dito in precedenza, e guarda caso lo fa proprio adesso. Io ho sempre sfruttato biblioteche, catene come il Libraccio e le bancarelle dei mercatini. Senza mai scambiare parola con nessuno, sarà per orsaggine mia, ma non la reputo una condizione sufficiente a far sopravvivere le piccole botteghe.
    Se poi vogliamo parlare di quelle specializzate, dove trovo i libri che le major scartano, è un altro discorso. Lì di sconti ne ho sempre visti pochi, e pago volentieri il prezzo pieno per il semplice fatto di aver trovato il volume desiderato.

  26. per tornare ancora una volta all’argomento del post, un tempo la formazione si faceva sul campo, tanto meglio se si entrava in libreria con un buon bagaglio culturale fosse scolastico e/o di letture proprie
    con l’assetto degli ultimi 20 anni non so se vale la pena formare librai se poi li butti nelle librerie di catena con spostamenti di settore continui e turni esasperanti, con programmi gestionali autoreferenziali che non ti permettono di seguire il cliente in modo adeguato per procurare anche ciò che non si ha
    anche io frequentavo la Feltrinelli di Ravegnana fino a che non sono diventata libraia a mia volta e mi sono sempre trovata bene con alcuni librai classici come Pietro e Claudio, ma è vero che poi pian piano era passato il messaggio che parlare col cliente era una perdita di tempo… come era ed è bello andare in librerie con una storia come la libreria delle Moline…
    va beh, forse ho fatto male a rivedere 84 Charing Cross Road…
    Buona lettura a tutti
    Nicoletta

  27. Sono un libraio e lavoro in una libreria a Roma che e’ all’interno di un negozio che vende di tutto di piu’. Volevo portare la mia esperienza e far sapere che, nonostante tutto, nonostante le 60 novita’ giornaliere che dobbiamo esporre e far girare, trovo ancora la possibilita’ di fare bene il mio lavoro; per fortuna non solo i librai non sono tutti uguali (maleducati e perennemente indaffarati ) ma nemmeno i clienti e succede ancora di intrattenersi mezz’ora a parlare con un cliente di un romanzo e saltare di libro in libro come con un amico. Resistiamo! Possono avere il nostro lavoro ma non la nostra passione.

  28. Ci si trova spesso a variare il punto di vista per illuminare o nascondere parti dell’evoluzione. I librai che amano la scrittura, che ne fanno ragione di vita esistono. Ogni professione ha l’eccellenza, la mediocrità e l’impoverimento. Non di questo si parla, altrimenti la regola “alcuni sono fantastici, altri non ci credono” potrebbe essere applicata a qualsiasi categoria professionale. Certo, dilaga un modo differente di essere libreria. Si macinano piccole realtà intime e colte, che per anni sono state fonte di piacere intellettuale e cultura, come si macinano libri suddivisi non sul merito pseudo-oggettivo ma sull’importanza della casa editrice. E sulla conseguente distribuzione. spesso capita di percepire la qualità del libraio quando si ordina un libro di piccola ma onesta casa editrice. A Milano a Mondadori Duomoho ricevuto una risposta così: “ah, anche lei chiede questo autore. Ma sa che in tanti lo vogliono? No, ma non lo ordiniamo nemmeno perché la casa editrice e’ piccola”. Quindi: mercato ne avrebbe, ma e’ nessuno per definizione. Altra libreria in via Farneti, medesima richiesta: “si, e’ bravo, funziona… Ne teniamo qui qualche copia perché merita”. Ecco per me la differenza.

  29. Anch’io non credo a questa storiella del buon libraio amico. Fate la prova, sostituite alla parola libraio del post l’espressione “commessa/o di negozio di abbigliamento” e funziona ugualmente: nelle grandi catene hanno poca formazione, non ti sanno consigliare, sono messe/i lì un po’ a casaccio… Quella delle piccole realtà buone vs. le grandi cattive è nella migliore delle ipotesi un falso problema ideologico da età dell’oro, nella peggiore un modo consapevole per dare il colpo di grazia a un mercato che già non sta tanto bene.

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