ECONOMIE

Da imparare a memoria:
“Abbiamo perfezionato i grandi discorsi sulla parità e una retorica inquietante sulla maternità, ma nessuno parla più di vera indipendenza economica. Non sproniamo pubblicamente le giovani a farne il principale obiettivo. Il risultato è una moltitudine di donne preparatissime che accettano lavori part-time, sottopagati. Si precarizzano da sole con il più indifendibile degli argomenti: così posso occuparmi dei bambini”. (Elisabeth Badinter)
Da prendere molto sul serio:
“Rivendichiamo il diritto all’insolvenza con piccoli, ma concreti atti: lanciamo una campagna collettiva di dilazionamento di tutte le spese, o quantomeno di quelle dilazionabili, a fine anno con la tredicesima!  Se chiedono a noi di pagare la crisi, noi facciamo pagare i nostri buchi di bilancio ai nostri creditori, piccoli o grandi!” (Girolamo De Michele, il testo completo sul diritto all’insolvenza qui)

24 pensieri su “ECONOMIE

  1. Mah, non capisco il senso di dilazionare i pagamenti, ritengo ci sia il rischio di una “guerra tra i poveri”, immagino il piccolo artigiano che non potrà incassare e dovrà comunque pagare le tasse. Avrebbe più senso una disobbedienza fiscale o iniziative che colpiscano direttamente il prelievo. Ad esempio si potrebbe decidere di abbassare il consumo di benzina del 20%, cercando di essere meno pigri, magari impegnandosi a non usare la macchina nei weekend e comprando una bicicletta.

  2. Mi pare che si rischi di perdere il quadro d’insieme. La situazione non è difficile soltanto per le donne. E’ grave piuttosto che le donne cerchino di autoconvincersi che la precarietà sia un valore, un’opportunità.
    Sono pessimista (spero di sbagliarmi) ma ritengo che un sistema mondiale stia crollando. Il problema non è il crollo del capitalismo ma il vuoto di idee che ci circonda. Si parla soltanto di crescita. La parola d’ordne è sviluppo. Ma chi ne beneficia? Pochissimi. Quanto è migliorata la qualità delle nostre vite nell’ultimo decennio? Per niente! Nelle nostre società è cresciuta soltanto l’ansia, la solitudine, il senso di precarietà.

  3. Le donne non si autoconvincono di niente, men che meno che la precarietà sia un valore e un’opportunità.
    E’ però una necessità: senza asili nido, senza strutture di supporto né uno stipendio adeguato c’è poco altro altro da fare che barcamenarsi. Il part-time è questo: un compromesso con una società che non ti viene incontro e faccio anche presente che molto spesso le aziende non vogliono concederlo. Che poi sia la donna a doversi “piegare” di più alle necessità della famiglia e non l’uomo (è la moglie che lavora part time di solito e non il marito), questo secondo me è un altro discorso.

  4. Restando in argomento di donne ed economia: lavoro nella grande distribuzione e ieri ci hanno riuniti tutti per dirci che grazie al decreto, presente in manovra, che permette di decidere in autonomia la aperture straordinarie, la proprietà ha deciso di tenere aperti i punti vendita tutte le domeniche per sempre.
    una riflessione economica: dal punto di vista decisionale noi commessi siamo l’ultima ruota del carro ma siamo coloro che sono in prima fila e tutti i giorni parlano con i clienti, non bisogna essere premi nobel in economia per capire che non è più una questione di orari o di giorni chiusi o aperti, semplicemente la famiglie hanno meno soldi da spendere, semplicemente non possono permettersi di comprare e punto. rimane incomprensibile per noi come sia possibile che aumentando sicuramente le proprie spese (le domeniche si spera siano straordinarie) si possa “fare cassa” conteggiando entrate che sicure non sono!! ci saranno grandi esperti di marketing e mirabolanti teorie economiche alle spalle di questa decisione ma a noi sembra più fantaeconomia, come se fossimo qui a giocare a monopoli e non ci fossero persone e famiglie reali dietro i nomi che vedono scritti sui cartellini.
    venendo invece alla questione femminile ho visto concretizzarsi davanti ai miei occhi il pensiero espresso dalla Badinter, tutte le madri presenti hanno espresso immediatamente il problema della gestione dei bambini, per sottolineare quant’è radicato il pregiudizio che sia la madre a crescere i figli nessun padre ha posto il problema .
    A riunione finita molte hanno espresso l’intenzione di valutare seriamente la possibilità di licenziarsi, ancora una volta a pagare errori e crisi sono le donne!! alla faccia dell’indipendenza economica poi!
    scusate lo sfogo e la lunghezza del commento

  5. doversi occupare dei bambini non è un argomento così indifendibile, è sbagliato, questo sì, che siano quasi solo le madri a porlo e i padri no (se il figlio l’hanno voluto in due sarebbe auspicabile che entrambi se ne occupino in maniera il più possibile paritetica specie se lavorano tutti e due), è sbagliato che non ci siano stipendi e servizi adeguati, come è stato fatto notare

  6. @ Valberici
    il senso del dilazionamento (che può anche essere indefinito: io mica sono sicuro di avere la tredicesima) è questo: far sì che anche chi si crede immune dalla crisi ne senta il peso. Io ho una riserva in banca: quanto mi occorre per comprare un’auto (usata), dal momento che la mia attuale è maggiorenne, e una lavatrice, dato che la mia attuale sta per cioccare. Piuttosto che intaccare questa riserva, che sia qualcun altro a ridurre la sua. Vorrà dire che forse a fine anno qualcuno non avrà di che pagarsi la settimana a Sharm el Sheik o il week end nella beauty farm.
    Quanto alla riduzione del consumo di benzina: per uno come me, che ha casa e lavoro in città, la riduzione (ossia l’aumento del chilometraggio ciclabile) è già arrivata, anche a causa della benzina a 1.6 €. Per chi lavora fuori città e deve usare la macchina, anche a gruppi, e lavora anche di sabato la riduzione è impraticabile, ne converrai.

  7. Girolamo: dunque un dilazionamento mirato e non indiscriminato. Nell’ articolo si parlava di tutte le spese e non mi sembrava giusto ritardare il pagamento di persone che lavorano in proprio solo in base ad un assunto del tipo: tutti gli artigiani evadono le tasse e/o sono ricchi. Mi sembrerebbe una lotta tra classi destinata a dare pochi frutti, un “sparare nel mucchio”. Io conosco artigiani che sono quasi rovinati dal pagamento anticipato delle tasse e dai furbi insolventi.
    Naturalmente parlo di artigiani ma il discorso si estende a tutte le altre categorie.

  8. @Laura Verosimilmente sbaglio nel mio ragionamento, ma a me sembra che l’apertura di molti negozi 7 giorni su 7 (comunissima qui in Svezia) aiuti la parità e le donne. Ad esempio: se il negozio è aperto al sabato ed alla domenica uno/a non è costretto a fare la spesa quando il coniuge lavora. Entrambi possono lavorare a tempo pieno e far la spesa di domenica senza costringere uno (spesso la donna) al part-time. Se la cassiera, spesso donna, deve lavorare la domenica il padre è “costretto” a prendersi cura della casa e dei figli.
    Come scrive Silvia però, il tutto andrebbe sostenuto da infrastrutture adeguate.

  9. @stefano infatti i problemi in questo caso sono due: senza strutture adeguate il castello crolla irrimediabilmente, i servizi, in italia almeno, esistono solo dal lunedì al venerdì e coprono una fascia oraria che va circa dalle 8 alle 18, ma per chi come me lavora il sabato o la sera fino alle 22 non esiste una rete di supporto pubblica, devi affidarti ai genitori o ai suoceri se li hai vicini o pagare una babysitter se puoi permettertelo, capisci dov’è il problema? per questo tante mie colleghe vedono il licenziamento come l’unica soluzione, perché sono ingabbiate in un meccanismo di part-time che le stritola fingendo di essere fatto per loro e le loro esigenze, ti assicuro che ho visto colleghe piangere la domenica vedendo le famiglie fare la spesa insieme come racconti tu. e fa male vederle così.
    credo anche come diceva qualcuno qui sopra che questo sistema inneschi un meccanismo di odio sociale, di malumori e frustrazioni che tardi o presto scoppieranno.
    leggo spesso il tuo blog (lo trovo meraviglioso) e leggo di riunioni rimandate per problemi ai bambini, di orari flessibili, tutto questo in italia non è possibile o lo è solo per pochi, ma i diritti non dovrebbero essere proporzionali al reddito o alla posizione professionale.
    mi domandavo poi perché nessuno degli uomini presenti (anche quelli che fanno meno ore lavorative) ha pensato di licenziarsi per seguire i propri figli? mi sembrava perfettamente calzante con ciò che Loredana riportava del libro della Badinter.

  10. Laura: “mi domandavo poi perché nessuno degli uomini presenti (anche quelli che fanno meno ore lavorative) ha pensato di licenziarsi per seguire i propri figli?” E temo che ci siano anche uomini che faranno pressioni sulle loro compagne perchè trovino un altro lavoro, visto che loro non saranno disposti a sacrificarsi e men che meno ad essere costretti, come dice Stefano, a guardare da soli i figli la domenica. 🙁

  11. Esatto Val è proprio quello che intendevo, io se fossi un uomo o un padre mi sentirei inutile se la mia assenza alla domenica non rappresentasse minimamente un problema per la mia famiglia, se “l’importante è che ci sia a casa la mamma”, questa mentalità racconta un’ italia ferma in tutti i sensi, una società senza futuro!ora scappo il lavoro mi attende!!!!

  12. In Italia il maschilismo è arrivato a essere un fatto talmente pervasivo da non riguardare più solo le donne, ma la sfera della vita di cui si occupano le donne. Quindi la cura della prole, la cura della relazione, o delle persone anziane o malate, siccome da noi sono priorità della donna sono questioni che non meritano l’agenda pubblica come tutto quello che riguarda le donne. Per questo Badinter mi stona sempre mi sembra fichissima in altri contesti ma qui è come se cortocircuitasse con un contesto, e alla fine rema contro. Qui è proprio il delirio per quel che è il privato. E’ la schizofrenia.
    Per quel che dice Laura, i paragoni con il resto del mondo non tengono perchè mi si corregga se sbaglio, c’è molta meno turnazione di personale, e i posti dove lavorano le commesse da noi, le sfiancano con un numero di ore fuori dalla grazia di Dio. Certo che tenere un negozio aperto sette giorni su sette è civiltà, ma dall’altra parte del banco è tutta altra storia.

  13. “Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi,due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico… .A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera. Io mi oppongo” La vita agra, L. Bianciardi 1962
    Sarebbe auspicabile che fossero gli uomini a lavorare molto meno, non che le donne si spertichino a lavorare come gli uomini. Ma ci tenete proprio tanto a usare metà del vostro tempo da sveglie per contribuire a questo sistema economico sociale culturale?
    La metà dei lavori che facciamo, uomini e donne, è inutile e serve solo a perpetuare un mondo ingiusto per tutti, primi fra tutti i bambini.
    Si potrebbe tendere ad una evoluzione in questo senso? o è ancora presto?

  14. Concordo. “La crisi” potrebbe aiutarci a rivedere le priorità che non sono (non per me, almeno) spendere tutto il giorno in un rumorosissimo open space, ma coltivare me stessa (i miei interessi, le mie amicizie e via discorrendo). Ottima l’indipendenza economica. Ma perché non ottenerla riformando tempi e modi del lavoro?

  15. Beh sono contenta di sentire che anche altre donne hanno maturato un pensiero critico differente sulla questione lavoro.
    Grazie alle lotte degli anni passati la maggiorparte delle donne si è affrancata dalla maternità come obbligo biologico, benchè questa come altre sia una conquista da difendere.
    Personalmente non avrei rinunciato all’indipendenza economica però l’avrei fatto il part time se me l’avessero concesso, ANCHE, ebbene si, per occuparmi dei miei figli, i miei figli sono stati una scelta, sono persone e come tutti, hanno bisogno di persone vicino, non di essere considerati un peso o un ingombro che ci impedisce di fare le cose importanti della vita…quali?
    Come persona valgo meno se lavoro solo 4 ore e riesco a vivere con meno soldi? Valgo meno della mia vicina che disegna 10 ore al giorno oggettistica su ordinazione per ricchi signori e signore vogliono il portasapone che nessuno altro ha pagandolo quanto il mio stipendio ?
    Se gli uomini eil pensiero maschilista e patriarcale (e tutt* quelli che ci cascano nella trappola del lavoro come liberazione) sono così ottusi e sordi e ciechi da rinunciare a cambiare in questo senso, sono problemi loro, nel privato, e di tutt* se questa è la cultura dominante. E lo è.
    Non è la mia cultura però, io voglio poter scegliere ed essere rispettata qualsiasi cosa scelga, e me lo aspetto prima di tutto dalle donne.
    Oggi la maggiorparte delle donne, quelle vere, non le borghesi illuminate con la colf straniera, NON SCEGLIE questo è il dramma.
    E una donna che invece, potendolo fare, decide di fermarsi qualche anno, viene considerata una donna debole. Invece la manager che torna al lavoro dopo 15 giorni dal parto, quella si che è tosta….tanto a casa facilmente ha una donna, come lei, che magari i suoi figli li ha dovuti lasciare a km di distanza per permettere a questo mondo di rimanere come è…Scusate ma non ci sto.

  16. @Mara, Danila: io condivido l’idea che non è il fatto di lavorare tutti di più il senso della vita, in parte le scelte che ho fatto anch’io stessa sono state proprio dettate da questo. Però bisogna tener presente una cosa: spesso scegliere di lavorare in due non è una scelta, ma una necessità. L’esempio della manager cazzuta è proprio marginale…vedo tante coppie in cui si lavora entrambi per necessità, e non per pagarsi il vacanzone alle Maldive, ma la rata del mutuo o l’affitto (ovviamente con l’aiuto gratuito di nonni e parenti a tenere i bambini). Se poi uno lavora in modo precario (e ormai in Italia sono tanti), garantirsi una seconda entrata è ancora più fondamentale.
    Inoltre, è anche innegabile che manca molto in Italia, anche tra le giovani donne, la percezione che la cura della prole dovrebbe essere cosa dei padri quanto delle madri: e se la rinuncia alla vita professionale della madre spesso è forzata da fattori esterni, dunque c’è una nebbia che rende difficile capire quanto ci sia di scelta e quanto di obbligo, si vede però in tante altre cose nella vita quotdidiana (frequento molte madri e ne sento di ogni che mi fanno rizzare i capelli su quelle che “sono cose da donne”, che “gli uomini sono fatti così” ecc. ecc.).

  17. Io faccio parte di quelle tantissime che hanno chiesto il part-time per potersi “occupare dei bambini” e davvero, tornassi indietro non lo rifarei e, caro valter, sai cosa mi disse la mia bambina a quattro anni un giorno, guardandomi fare il bagnetto al fratellino di pochi mesi? “Mamma, ma tu torni a lavorare, vero? non è che resti sempre a casa?”.
    Non voglio ritornare al trito dibattito sul tempo di qualità contrapposto alla quantità di tempo, ma penso che con delle strutture adeguate le donne possano lavorare e crescere dei figli equilibrati.
    Mi cambiò la vita persino una misura a costo praticamente zero come la flessibilità in entrata, che mi permise di portarli a scuola e arrivare al lavoro serenamente (già, nonostante il part-time avevo problemi di entrata, non è che l’orario ridotto risolva proprio tutto). Poi tenni in piedi praticamente da sola (dato che il comitato genitori che avrebbe dovuto appoggiarmi evaporò alla massima velocità, salvo farsi vivi con vibratissime proteste al minimo inconveniente) un servizio di tempo pieno integrato gestito da una cooperativa, questo perché nella provincia profonda non esiste il tempo pieno scolastico.
    Ora sono grandi e, sorpresa, a tempo pieno non mi fanno tornare, così mi ritroverò praticamente coi contributi per la pensione dimezzati. No, non lo rifarei.

  18. Va bè Valter spero che la Badinter non intenda che i genitori non devono occuparsi dei figli … Ciò che, credo, lei reputa indifendibile, è il fatto che, mentre l’uomo perlopiù non prende neppure in considerazione l’idea di rinunciare al suo lavoro per occuparsi dei bambini, molte donne al contrario abdichino completamente e, diciamo, automaticamente, dalla vita professionale, per dedicarsi ai figli, in questo modo rinunciando ad avere un’indipendenza economica, e un peso diverso nella società (se il potere economico è maschile, perpetrerà il modello maschilista che relega le donne a un certo ruolo ecc.). Ma appunto come dice anche Zauberei, a me pare che in Italia più che la scelta dettata da mentalità e principi nella gran maggioranza dei casi sia il bilancio famigliare a contare: se c’è bisogno di soldi per pagare il mutuo, “scegli” di lavorare in due a prescinere dalle convinzioni. Ma se asilo+babysitter costa più dello stipendio che prenderesti, e non hai i nonni vicini e in forma, “scegli” di non lavorare.

  19. Che fatica capirsi.
    Quando uno o una (il post che ho linkato è di mia moglie) cerca di mostrare gli effetti perversi di un accudimento frettoloso della prole, la cosa viene letta come un’alternativa alla possibilità delle donne di realizzarsi professionalmente. Ma a voi un mondo in cui i figli foddero considerati il valore primario non solo dalla famiglia ma dalla società, e PROPRIO PER QUESTO le coppie (e sottolineo le coppie) fossero incentivate anzichè scoraggiate ad averne con opportuna legislazione e servizi sociali, un mondo così non vi piacerebbe?
    L’approccio della Badinter è detestabile proprio perchè sciovinista, pone la realizzazione personale e la genitorialità come alternativi e in termini di valori subordina sistematicamente il secondo al primo.
    Poi, Badinter a parte, quando sento marxisti e post-marxisti che elevano l’arrivismo professionale e il prestigio sociale a valori supremi non so se pensare tragicamente alla sindrome di Stoccolma o mettermi a ridere.
    Ma la rivoluzione non doveva cominciare da qui, dal riappriopriarsi del corpo e dei sentimenti liberandoli dal regno della merce?

  20. Valter, solo una cosa: hai letto il libro di Badinter? Ne sto citando solo alcuni passaggi per fare discorsi che appartengono a me. Eventualmente, l’accusa di sciovinismo dovresti dunque virarla nei miei confronti. Ma, a mio parere, non c’è traccia di sciovinismo, in “le conflit”: semmai, c’è il coraggio di privilegiare l’amore alla mitologia. E, per quel che mi riguarda, questo spetta sia alle donne che agli uomini. Spetterebbe.

  21. No, non l’ho letto.
    Privilegiare l’amore alla mitologia, che sia riflessione sua o tua, non è niente male. Diciamo che ci s’innamora mitologizzando e si impara ad amare seppellendo mitologie.

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