EPIDEMIA DI INFLUENZA

Impeccabile, lucido eFFe a proposito della ricerca Aie sui Lit-blog, sulla quale, in tutta onestà, le perplessità erano e restano notevoli (guardare il pdf per credere). Segnalo anche un vecchio post di Diario di pensieri persi dove, in febbraio, si ponevano le stesse perplessità sulla confusione fra influenza e disponibilità a parlare bene di tutti i libri segnalati. Qui la parte centrale del post di eFFe:

Il punto è che gli editori fanno promozione solo per i propri titoli, mentre i blog fanno promozione della lettura tout court. Avete mai visto Feltrinelli promuovere un libro Rizzoli? Mondadori promuoverne uno di Bompiani? No, né li vedrete mai. I blog invece – con delle differenze, si capisce – parlano di libri, non di marchi editoriali. Lo avevo già detto: i blog sono agenzie di socializzazione, che, in maniera aggregata, rappresentano anche mappe concettuali del presente. I blog sono luoghi di cultura a tutti gli effetti. E dunque chi li gestisce è richiamato a una vera e propria responsabilità civile, come custode di uno spazio pubblico, abitato dai lettori.

Quello che sta accadendo è che gli editori si sono accorti (non da oggi) dell’esistenza di questi spazi/comunità e stanno provando a colonizzarli. Dico subito che ciò è comprensibile, persino naturale: non sono certo così naïve da pensare che un’azienda privata debba smettere di perseguire il proprio interesse in nome di un senso della collettività che geneticamente non gli appartiene. Ma proprio per questo credo che i blog, soprattutto quelli che si basano sul lavoro volontario e gratuito di un gruppo di persone, debbano tutelarsi attraverso la messa in atto di pratiche di trasparenza sempre più precise.

Ciò che nel migliore dei casi è naïve e nel peggiore un insulto all’intelligenza è affermare cose come “noi scriviamo solo dei libri che ci piacciono e non ci poniamo il problema degli editori”. Se ciò fosse vero rappresenterebbe il segno evidente di un’irresponsabilità morale, culturale e sociale; e nel negare il “problema” degli editori non farebbe altro che consentire a questi la privatizzazione di uno spazio e di un’intelligenza collettivi, in cui pochi traggono beneficio dal lavoro di molti, e chi ne resta danneggiato, in ultima istanza, sono i lettori. Con gli editori, invece, bisogna parlare da pari, senza alcun timore reverenziale, negoziando con loro e facendolo, se possibile, in nome di valori come la trasparenza, la collegialità, la ricerca della qualità.

17 pensieri su “EPIDEMIA DI INFLUENZA

  1. Per me parlare di libri nel mio blog è un piacere ma parlo di quelli che sono piaciuti a me non di quelli che mi chiedono di recensire. Se un libro non mi piace tendo a non parlarne, non amo “stroncare” i libri, semplicemente evito di consigliarlo. Se invece un libro, anche se non mi piace, mi suscita perplessità o ragionamenti o mi induce in discussioni allora, in quel caso, decido di recensirlo. Ma il mio non è un lavoro è una passione. Anche se recensire libri per lavoro, e recensirli positivamente, lo trovo un po’ triste.

  2. interessante la riflessione sulle recensioni….
    quando collaboro a Humus, trasmissione di Radio Città del Capo Popolare network, e recensisco i libri, il mio caporedattore e interlocutore Piero Santi mi chiede spesso perché non faccio recensioni negative come fa il collega che recensisce i film…
    la risposta è “perché non ce la posso fare”
    leggo per promuovere la lettura nella mia libreria, e alla radio lo faccio come volontariato, la recensione positiva scaturisce dalla lettura di un libro che assaggio, mi piace, lo finisco, lo racconto in poche parole per condividerlo.
    Una recensione negativa non la faccio perché quando assaggio un testo che non mi convince, o provo una lettura che non trovo interessante per me, semplicemente la accantono per mancanza di tempo… una recensione negativa credo debba essere fatta su una lettura approfondita che non ho il tempo di fare
    è così che mi giustifico con Piero e con me stessa, d’altra parte purtroppo anche in una libreria piccola come la mia dall’inizio dell’anno sono transitati 10306 nuovi titoli
    e comunque buona lettura a tutte e tutti
    Nicoletta Libreria Trame Bologna

  3. A me dà fastidio il “tutto bellissimo sempre” che serve ai blogger – e a qualcuno in particolare – per tenersi tutte le porte aperte sempre.

  4. Detto questo, aspetto una ricerca seria non solo sui lit-blog, ma sui social. Perchè le ricerche serie, non italiane, dimostrano fin qui che i social “in sè” non spostano una cippa, per parlar forbito. Sposta il passaparola reale, quello non pilotato. Sposta Fabio Fazio, e moltissimo. Spostano le comunità (penso a quanto hanno fatto i lettori, davvero, per Accabadora o prima ancora per Gomorra), quando sono formate da persone che si aggregano per motivi validi e non per arrivare, ognun per sè, alla pubblicazione. Non spostano le recensioni su carta. Sposta il personaggio noto (vedi il twit su Open di Agassi) che dichiara la sua predilezione. Sposta l’autore che ha già un suo pubblico consolidato, l’autore-brand (Baricco, Camilleri). Altro al momento non sposta. In compenso, arricchisce, che non è poco, la discussione e l’approfondimento su un tema. Per questo è inutile considerare i lit, i twit e gli status come – sigh – marketing.

  5. Tra i blog che si occupano di libri, io preferisco quelli che scelgono un tema, un filone letteraio, attorno al quale raccolgono un determinato segmento dei lettori che facilmente diventano protagonisti, per passione, per dimestichezza rispetto agli argomenti. Vedo per questi blog un futuro sempre più sociale e co-prodotto. Arriveremo ad un momento in cui tanto materiale sarà diffuso liberamente in digitale tra i lettori dei blog e le opere migliori, dal punto di vista dei lettori, non dal punto di vista degli editori, saranno stampati e distribuiti sfruttando logiche di crowdfunding e costruendo partnership con le librerie e i circoli letterari. Ci vorranno anni, spero di vedere questo mondo.

  6. Giorgia, vedremo: davvero è difficile fare previsioni in questo senso (anche se un piccolo, piccolo dubbio sui voti popolari io lo mantengo: perché molto spesso “vince” quello che riesce a spostare più persone, il più popolare e non il più meritevole. ma magari ci si evolverà, da questo punto di vista). Quel che è certo è che in questo caso parliamo di una – ehm – ricerca che riguarda l’influenza dei blogger nello spostare le vendite di un libro. E che non dimostra affatto lo spostamento medesimo: e quindi torniamo daccapo. Blog influenti uguale blog che pubblicano i comunicati stampa?

  7. @Loredana, hai ragione, io la faccio troppo semplice. Trascuro cose fondamentali tipo che tra quelli che affermano “mi piace un libro” ci sono quelli in varie forme contraccambiati per dire la stessa cosa. Ci sarà sempre qualcuno che detta la direzione da seguire; é un bene, é un male? Per ora i blog non spostano, proviamo a chiederci se sia utile qualcosa che “sposti” e se così fosse, quali caratteristiche dovrebbe avere se non la somma più democratica possibile del comune sentire. Oppure accettiamo la guida dei “migliori”, dopo avere definito migliori in cosa.

  8. Esatto. Io sono, tutto sommato, ottimista: ci vuole un’assunzione di responsabilità collettiva e un atto di rinuncia al narcisismo per arrivare a una situazione dove davvero la qualità viene premiata. Purtroppo, al momento, non ci sono luoghi dove si “sposta” qualcosa. Magari verranno, e me lo auguro di cuore.

  9. Ho visto il pdf, quello che mi viene in mente, oltre a WTF, è “ma da dove viene questa roba?”. Ma mi viene in mente pure altro, visto che i blog li leggo, specie quelli di “ultima generazione”. Ma qualcuno lo dice prima o poi che molti “blog letterari” vengono aperti primo per ottenere libri gratis dagli uffici stampa, secondo per entrare nel giro giusto?

  10. Sintetizzando, si potrebbe dire che gli editori si sono “finalmente” accorti del web, e “naturalmente” cercano di sfruttarlo (con il rischio di colonizzarne gli spazi, come afferma eFFe nel suo intervento). Se però queste recensioni non spostano quasi niente, cosa può significare allora questa attenzione?
    Che gli editori stanno raschiando dal fondo del barile?
    Che “fingono” di non capire che i blog non sono soltanto recensioni, ma molto altro (che ad esempio svolgono da tempo il compito di scouting senza averne ritorni economici – e qui torniamo al dilemma del lavoro culturale oggi)?

  11. Credo che il fenomeno sia inverso, Simone: sono molti blogger a essersi “finalmente” accorti dell’attenzione degli editori e a comprendere di avere un peso che potrebbe non limitarsi alla richiesta di libri gratis, come suggeriva pastinafilante.

  12. La frase “entrare nel giro giusto” può significare una gran quantità di cose, sul web come altrove. Come dicevo, i blog fanno ad esempio da tempo attività di scouting – e se questo lavoro viene riconosciuto non mi sembra un male. Inoltre va tenuto conto che molto spesso sui blog ci scrive gente che in qualche modo, anche se marginalmente, nel giro già c’è (mi riferisco a scrittori o redattori vari).

  13. Per altre categorie di blog (penso a quelli delle mamme, ma probabilmente vale anche per quelli che si occupano di cibo o di moda) esiste già la possibilità di chiarire se esiste un vincolo con le aziende che vengono recensite. Se, cioè, un post è di natura pubblicitaria soft o meno soft (si va dall’omaggio del prodotto al compenso). Sui lit-blog, come immagini, la cosa è più complessa. Questo per quanto riguarda le recensioni. Per quanto riguarda lo scouting, vedo il riconoscimento ancora più difficoltoso. Più semplicemente, non penso che in un mercato piccolo come quello italiano sia possibile individuare in un solo luogo del web (blog o social) il momento di influenza. Anche perché sembra evidente che i best-seller sono quelli che convincono i lettori deboli, i quali, sempre a mio parere, difficilmente leggono i lit-blog. Come se ne esce? Sempre al solito modo: cercando di incrementare il desiderio di leggere.

  14. Concordo, e infatti sempre eFFe indicava come più interessante una ricerca condotta sulle recensioni di libri pubblicati da piccoli editori, dove effettivamente si potrebbe vedere se e in quali proporzioni le recensioni sul web spostano le vendite.
    Ripartire dalla lettura è il fondamento, certo 😉

  15. “Detto questo, aspetto una ricerca seria non solo sui lit-blog, ma sui social. Perchè le ricerche serie, non italiane, dimostrano fin qui che i social “in sè” non spostano una cippa, per parlar forbito. Sposta il passaparola reale, quello non pilotato. Sposta Fabio Fazio, e moltissimo. Spostano le comunità (penso a quanto hanno fatto i lettori, davvero, per Accabadora o prima ancora per Gomorra), quando sono formate da persone che si aggregano per motivi validi e non per arrivare, ognun per sè, alla pubblicazione. Non spostano le recensioni su carta. Sposta il personaggio noto (vedi il twit su Open di Agassi) che dichiara la sua predilezione. Sposta l’autore che ha già un suo pubblico consolidato, l’autore-brand (Baricco, Camilleri). Altro al momento non sposta. In compenso, arricchisce, che non è poco, la discussione e l’approfondimento su un tema. Per questo è inutile considerare i lit, i twit e gli status come – sigh – marketing.”
    Gentilissima Loredana, queste sue sono le parole più giuste sull’argomento e che condivido in pieno… Quanto alla ricerca sembra più una iniziativa per promuovere certi blog.. piuttosto che altri.
    Il massimo che si può ottenere allo stato attuale è sollecitare in ogni caso la lettura. Il marketing del libro qui in Italia è spaventosamente indietro a quello che si fa in altri paesi, come al solito USA in prima fila.
    Colgo l’occasione per consegnare auguri per il nuovo anno a lei e a tutti i lettori di questo Blog.
    R.

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