EURIDICE, DE LUCA E LA STORIA A META'

Come forse saprete, un articolo di Erri De Luca per l’Agenda 2014 di Magistratura Democratica ha portato alle dimissioni di Giancarlo Caselli dalla stessa MD. Qui sotto pubblico l’articolo medesimo. La sensazione di dover ripensare e rinarrare il decennio dei Settanta in modo più approfondito e meno di parte di quanto fatto fin qui è fortissima.
Euridice alla lettera significa trovare giustizia. Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra. Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla. Intorno bolliva il 1900, secolo che spostava i rapporti di forza tra oppressori e oppressi con le rivoluzioni. Orfeo scende impugnando il suo strumento e il suo canto solista. La mia generazione e scesa in coro dentro la rivolta di piazza. Non dichiaro qui le sue ragioni: per gli sconfitti nelle aule dei tribunali speciali quelle ragioni erano delle circostanze aggravanti, usate contro di loro.
C’è nella formazione di un carattere rivoluzionario il lievito delle commozioni. Il loro accumulo forma una valanga. Rivoluzionario non è un ribelle, che sfoga un suo temperamento, è invece un’alleanza stretta con uguali con lo scopo di ottenere giustizia, liberare Euridice.
Innamorati di lei, accettammo l’urto frontale con i poteri costituiti. Nel parlamento italiano che allora ospitava il più forte partito comunista di occidente, nessuno di loro era con noi. Fummo liberi da ipoteche, tutori, padri adottivi. Andammo da soli, però in massa, sulle piste di Euridice. Conoscemmo le prigioni e le condanne sommarie costruite sopra reati associativi che non avevano bisogno di accertare responsabilità individuali. Ognuno era colpevole di tutto. Il nostro Orfeo collettivo e stato il più imprigionato per motivi politici di tutta la storia d’Italia, molto di più della generazione passata nelle carceri fasciste.
Il nostro Orfeo ha scontato i sotterranei, per molti un viaggio di sola andata. La nostra variante al mito: la nostra Euridice usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all’aria aperta e pubblica, ma Orfeo finiva ostaggio.
Cos’altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana. Cambiammo allora i connotati del nostro paese, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nella aule scolastiche e delle università. Perfino allo stadio i tifosi imitavano gli slogan, i ritmi scanditi dentro le nostre manifestazioni. L’Orfeo che siamo stati fu contagioso, riempì di sé il decennio settanta. Chi lo nomina sotto la voce “sessantotto” vuole abrogare una dozzina di anni dal calendario. Si consumò una guerra civile di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro. Quella parte di Orfeo credette di essere seguito da Euridice, ma quando si voltò nel buio delle celle dell’isolamento, lei non c’era.
Ho conosciuto questa versione di quei due e del loro rapporto, li ho incontrati all’aperto nelle strade. Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all’inferno.

18 pensieri su “EURIDICE, DE LUCA E LA STORIA A META'

  1. Trovo inutile spiegare qui,in casa altrui,i motivi per i quali sono felicissimo di avere disertato.Cordiali saluti gentile Loredana.LMG

  2. Io sono un po’ confuso. Ogni tanto cerco di aggiungere qualche tassello ( La tragedia negata di Demetrio Paolin ), ma anche dal tuo prologo non capisco bene dove si voglia arrivare. Di ogni epoca è bene cercare di saperne di più, ma la parte della narrazione mi lascia perplesso. L’unica cosa che mi pare di aver capito è che la stessa espressione “Anni di piombo” è un’etichetta troppo riduttiva e che se si parla di proteste lo spettro del terrorismo viene agitato quasi subito. Però mi pare anche che sotto il termine Rivoluzione ci finisca tutto. Compreso, per come mi pare di capire legge De Luca, l’idea che esista uno spirito rivoluzionario detentore della giustizia. E mi pare anche di vedere uno schema un po’ semplice: i rivoluzionari, i disertori, i poteri forti. Infine la gioventù. Ecco, direi che la possiamo anche smettere di vedere gioventù e generazioni come dei blocchi unitari, cosa che non sono mai stati.

  3. E’ vero che lo Stato fosse violento e repressivo, ma è vero che le Br sparavano ad altezza di gamba. La lotta armata lungo una serie di sfumature da umorismo del’assurdo, da Negri a Curcio, capi insopportabili e cupi, rese ovvia la clandestinità, le rapine alle banche, i rapimenti. Trascinarono nel suicidio il Movimento, con un avanguardismo fascisteggiante che ancora mi scandalizza. Rapinarono il ’77 della sua valenza politica nuova. Ricordo bene il linguaggio dei volantini delle Br, l’assenza di umanità che li caratterizzava e in questo senso mi meraviglio che uno scrittore del livello di Erri De Luca, un dissidente vero, che rispetto, non passi al vaglio la naturale nostalgia che tutti proviamo e senza rendersene conto rimuova la violenza grigiastra delle Br. Nessuna nostalgia, se non del fatto che si discutesse di tutto, sempre pronti a mettersi di traverso. Il dissenso manca a tutti, le Br a pochi o a nessuno.

  4. ho letto questo brano con profonda commozione e scosso dai brividi, soltanto un uomo dall’animo sensibile, come Erri De Luca, e profondamente onesto può scrivere cose simili. è la più bella pagina di storia scritta in poesia.

  5. @ Alessandro Schwed
    Forse hai perso qualche puntata di una fiction tutta tua: Toni Negri non è mai stato un capo delle BR, non è mai stato nelle BR, era uno che le BR le ha sempre criticate, uno a cui Curcio aveva promesso un colpo di grazia, uno che quando fu arrestato le BR avevano deciso di ammazzare. Come dice Loredana Lipperini nell’introdurre questo testo, la sensazione di dover ripensare e rinarrare il decennio dei Settanta in modo più approfondito e meno di parte di quanto fatto fin qui è fortissima.

  6. @ girolamo
    però ecco, se puoi spiegarmi una cosa, perché io forse mi sono perso il passo iniziale e anche altri successivi. Il preambolo di Loredana vale un po’ per tutto, penso che se ogni persona prova a dire qualcosa sui passaggi o le epoche storie varie, grossomodo poco ne sa. Per rinarrare bisogna che una narrazione ci sia stata, ma io a questo punto chiedo quale sia stata, e soprattutto, in relazione a questo testo, la cui morale, per quel che ne ho capito è: la Giustizia va trovata, anche ( o magari grazie a; oppure è addirittura inevitabile ) a costo di sporcarsi con il male. Tu poi hai rilanciato con una giustizia di fatto, mentre mi pare che De Luca alluda a una giustizia diversa. Grazie cmq

  7. @(**)
    Io volevo solo ricordare, perché ce n’è bisogno, che in molti cercarono giustizia e trovarono la legge, ma siccome non era una canzone(tta) la trovarono sotto forma di proiettili, autoblindo lanciate a 100 all’ora contro i cortei, sicari infiltrati, manganellate a morte, e bombe nelle piazze, nelle banche, nei treni e nelle stazioni, e forse dimentico qualcosa (ah, ecco, sì: defenestrazioni, ci sono state anche quelle). Solo per ricordare contro quale forma e sostanza di Stato, di dominio, di sfruttamento, di potere ci si ribellava. Poi, io non ho mai creduto che la giustizia sia qualcosa o qualcuno o qualcuna che resterà segregata finché non arriva l’eroe a liberarla: la giustizia non esiste, né in terra né negli inferi, men che meno nei codici. È per questo che bisogna lottare, e ai tempi si lottava, e oggi da qualche parte si lotta ancora: per farla esistere. Come con l’amore, del resto.

  8. Dopo aver letto lo scritto di De Luca, rimane lo sconcerto e lo stupore per come in esso non vi sia traccia di senso morale. De Luca celebra la scelta fatta da lui e da altri di eleggere a loro personale Euridice la lotta armata, ma da quando il mondo è mondo alla libertà di scegliere corrispondono la valutazione delle conseguenze delle proprie scelte e l’assunzione di responsabilità per tali conseguenze. Tutto ciò manca in De Luca, che evoca con nostalgia la scelta della Euridice che ispirò lui e i terroristi degli anni settanta e non si preoccupa in alcun modo di riconsiderare la sorte delle vittime di quella scelta e tantomeno ritiene di portarsi dietro la responsabilità per quelle morti, per quei ferimenti. Tutto si riassume nella descrizione di un rimpianto vitalismo giovanile che si arroga il diritto di usare il mondo e chi lo abita a suo totale piacimento per dare sfogo alle proprie pulsioni, senza remore per le conseguenze dell’azione e senza il fastidio dell’assunzione di responsabilità.
    Non esiste neppure il problema della rimozione delle vittime, perché si rimuovere solo ciò che pesa, ciò che ingombra, ciò che causa disagio. Ma le vittime programmaticamente non esistono nell’orizzonte di De Luca, sono programmaticamente tenute al di fuori, non sono contemplate nel mondo del suo vuoto vitalismo.
    Orribile, francamente orribile.

  9. Sono poco più vecchia di De luca, abbastanza da ricordare che noi, mentre Orfeo s’illudeva di combattere la sua guerra, non facevavamo confusione di date. Euridice si rese senz’altro conto di quella che lui aveva in testa (la confusione, intendo), irresponsabile, dannosa, talvolta criminale. Per questo non c’era e forse – a voler mantenere la futile metafora – piangeva da sola in un angolo dimenticato.
    Se non sbaglio, oltre agli astenuti, nella casta attuale c’è anche qualcuno dei suoi.

  10. io non c’ero, ero poi molto piccola sul finire, e ne so troppo poco. No, davvero, c’e’ bisogno di parlare, piu’ per chi ricorda, con nostalgia o indignazione, per chi e’ venuto dopo. Abbiamo trent’anni e non sappiamo davvero cos’era. Non sappiamo abbastanza di che stato c’era, che rapporto di valori tra le ideologie, i diritti, il quotidiano e le vite del prossimo – e la tua pure – si stabiliva, non sappiamo perche’. Vediamo memoriali annuali scorrere al tg, verita’ celate e “ordinate” nelle sentenze, ma non sappiamo. Sapremo spiegare per filo e per segno cosa e’ stata tangentopoli e il berlusconismo. Ma ci dovete raccontare gli “anni di piombo”, coi fatti e coi pensieri, o non impareremo nulla. Mi rendo conto che col sangue che e’ scorso e’ impossibile parlarne con freddezza, ma e’ uno sforzo che alle generazioni di ora farebbe molto molto bene, credo.

  11. Per cercare Euridice, oggi, devi almeno sapere dov’e ‘. Orfeo non ha luce da recuperare. La generazione post ideologica ha bisogno di nuove fedi e di riorientar la sua ricerca.

  12. @sullepunte
    La mia sensazione è che quasi tutti coloro che furono parte di quelle vicende o che anche solo vissero in quel perido non abbiano voglia di ricordarle, perché ne uscirono esuasti con la sensazione di aver attraversato un periodo duro, inutile e dissennato della loro vita. La vicenda di cui parlo è ovviamente la lotta armata.
    La mia esperienza personale è quella di uno studente universitario che nella seconda metà degli anni settanta viveva a Torino in Borgo San Paolo e che si trovò ad avere nel giro di un chilometro e mezzo da casa sua cinque persone ammazzate (Emanuele Iurilli, Carlo Casalegno, Salvatore Lanza, Salvatore Purceddu, Giuseppe Ciotta) dai ricercatori di Euridice cari a De Luca, per motivi fatti di idiozia, superficialità, crassa ignoranza.
    Di sicuro non ho nostalgia di quegli anni di merda e non ho una gran voglia di riparlarne.

  13. @ picobeta
    “De Luca celebra la scelta fatta da lui e da altri di eleggere a loro personale Euridice la lotta armata”
    De Luca non ha mai preso parte alla lotta armata.

  14. Sullepunte parla per i T dei TQ, io invece per i Q.
    Una cosa di cui non si dice un granché, mi pare, è che la mia generazione tende(va) a mitizzare quegli anni, probabilmente – banalmente – proprio perché non li ha vissuti nell’età della ragione.
    Ho impiegato anni per staccarmi da Negri, ma delle narrazioni decostruite di Balestrini sento ancora tutto il fascino violento, ogni volta che riapro un suo libro (il che non mi accade così di rado).
    Lo stile retorico di De Luca però, istintivamente, mi ha sempre infastidito, anche se non so esattamente il perché. Non mi sento lontanissimo dal contenuto di ciò che dice, ma il modo in cui lo dice proprio non mi va giù.

  15. @adele
    d’accordo, ho esagerato in sintesi, il condividere le motivazione e i fini e il non prendere le distanze dai metodi non vuol dire prendere parte.
    Comunque non ho mai incontrato De Luca di persona e si mi capitasse sarei curioso di esaminare da vicino, anche solo per aumentare la varietà delle tipologie dell’umano con cui ho avuto a che fare, una persona così sicura di sé da riconoscersi l’autorità morale o la profondità di pensiero o la lucidità politica o il rigore analitico o semplicemente il cinismo (lascio a voi di scegliere il discriminante) di decidere quali siano le Euridice la cui rincorsa giustifichi l’uccisione delle persone che per scelta o per caso si trovino a costituire un ingombro in tale rincorsa.

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