FINALMENTE

Sul quotidiano di oggi, Emma Bonino dice una cosa tanto scomoda quanto sacrosanta. Questa:

Credo che, lungi dall´essere un privilegio, il pensionamento anticipato
per molte donne sia una trappola. Del resto, tutta l´Europa si muove
verso l´equiparazione dell´età di pensionamento e il differenziale che
vige in Italia è oggetto di una procedura d´infrazione comunitaria per
quanto riguarda l´impiego pubblico. Perché è vero che questo non è
obbligatorio, ma il solo fatto che sia una facoltà per le donne è vista
come un incentivo ad andarsene, ad uscire dal mondo del lavoro, cosa
che peraltro può far comodo anche al datore di lavoro.
Non penso
che il pensionamento anticipato possa servire a indennizzare le donne
per la doppia fatica svolta nella loro vita, lavorando e occupandosi
della famiglia. Molto meglio indirizzare il risparmio derivante da un
progressivo innalzamento dell´età pensionistica verso investimenti
nelle cosiddette "pratiche di conciliazione", cioè in tutte quelle
iniziative (a cominciare dagli asili nido) che serviranno ad aumentare
il tasso di occupazione femminile. Una maggiore disponibilità di
strutture di supporto alla famiglia migliorerà la qualità della vita
anche delle donne di una certa età come la signora Gina, non più
costrette a restare a casa appena possibile a fare le bambinaie per
consentire alle figlie di lavorare.
Perché la mia proposta di
equiparazione dell´età è stata accolta con tanta acrimonia? Credo che
sia ancora diffusa, come segnalato anche da economisti e sociologi, una
tendenza a pensare che il ruolo della donna debba essere all´interno
della famiglia, che il lavoro femminile sia uno sgradevole accidente da
contenere il più possibile. Senza rendersi conto che al giorno d´oggi
senza un secondo stipendio nel nucleo ben difficilmente si fanno i
figli e che in ogni caso l´apporto dell´altra metà della popolazione
alla produzione di ricchezza è fondamentale per lo sviluppo futuro,
come ha ricordato di recente l´Economist, citando in particolare i
ritardi di Italia e Giappone.

13 pensieri su “FINALMENTE

  1. Devo averlo già detto in un altro post: le donne a casa servono a coprire gratuitamente dei costi sociali altrimenti elevatissimi; come spesso accade nella storia, prima c’è la questione economica, solo in seguito si cerca (e si trova sempre)la teoria sociologica, la morale religiosa, l’ideale vago e commuovente che giustifichi al popolino la soluzione di quel problema economico sulle spalle della vita di una intera categoria sociale.
    Esempi nella storia ce ne sono tanti: mi vengono in mente il cavalierato dei fratelli cadetti nel feudalesimo e il celibato dei preti.
    Quello delle donne a casa è solo l’esempio più eclatante.

  2. qualcuno informato sui fatti fa presente che l’inps è in passivo solo per ciò che concerne la spesa sanitaria.Questo dovrebbe dircela lunga su quanto potremmo adottare la politica che più ci piace sulle pensioni.Di solito questi discorsi vengono insabbiati prima che qualcuno possa tirare un sospiro di sollievo(forse dagli stessi loschi personaggi,e abitano in tutto il paese,che continuano a pensare che sia meglio non regalare troppi robot da cucina alle proprie mogli diversamente utilizzerebbero il tempo risparmiato per andare in giro a farsi sbattere)

  3. qualcuno informato sui fatti fa presente che l’inps è in passivo solo per ciò che concerne la spesa sanitaria.Questo dovrebbe dircela lunga su quanto potremmo adottare la politica che più ci piace sulle pensioni.Di solito questi discorsi vengono insabbiati prima che qualcuno possa tirare un sospiro di sollievo(forse dagli stessi loschi personaggi,e abitano in tutto il paese,che continuano a pensare che sia meglio non regalare troppi robot da cucina alle proprie mogli diversamente utilizzerebbero il tempo risparmiato per andare in giro a farsi sbattere)

  4. Ogni tanto uscite dalla retorica dei generi. Letterari.
     
    In Italia ci sono 4.500 casalinghi iscritti ad un’associazione che ne promuove la tutela e i diritti.
    Il mio vicino di casa, libero professionista, a quarantadue anni ha avuto il primo figlio. Attualmente lo accudisce. Fa il baby-sitter. Lavora a casa. Pagare una tata gli costerebbe troppo. La compagna è impiegata statale. Salario fisso. Garanzia.

  5. Retorica? generi letterari? Caro, questi sono dati:
    Quasi la metà delle donne in età lavorativa non partecipa alla vita economica: si tratta di 9 milioni 600 mila persone, di cui un terzo- che corrisponde a 3 milioni 250 mila donne – è nella fase centrale della vita (35-54 anni). Gli uomini inattivi sono meno di 5 milioni – quindi 4 milioni e mezzo in meno delle donne – e di questi soltanto 580 mila sono nella fascia d’età centrale”. Il che significa che l’Italia ha il più basso livello di partecipazione femminile al mercato del lavoro tra tutti i 25 stati membri dell’Unione europea, e che figura al terzultimo posto tra i 30 paesi aderenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). Dietro il nostro paese vengono Messico e Turchia.
    Ps. Un pezzettino del libro in anteprima, in tuo onore.

  6. Io farei lavorare meno sia gli uomini che le donne. Non vedo perché si debba sempre cercare la soluzione dell’affogamento economico tipico delle società capitalistiche, adducendo la necessità di un secondo stipendio. Se fossi una donna poco m’importerebbe delle motivazioni sociologiche che spingono a considerare in un certo modo il ruolo della donna. Magari questa proposta l’avanzassero per i maschietti!
    Farsi governare dagli schemi dei sociologi e dei politici mi sembra la peggiore schiavitù.
    Il guaio è la società dei consumi.

  7. Io lavoro in fabbrica e vedo tutti i giorni donne cinquantenni con dietro 30 anni di lavoro alienante con figli,famiglia e case da accudire.
    Perchè mai nessuno pensa a tutta questa gente?

  8. E’ vero Mid, non ci si pensa. Non esistono servizi degni di questo nome per le donne che lavorano.
    E soprattutto il novanta per cento (cifra reale) dei partner non contribuisce alla cura di casa e famiglia.
    Non si tratta di schemi sociologici, luminamenti: per il libro ho incrociato diverse statistiche (se parlo anche di esperienze viste e toccate con mano suppongo non interessi, in questa sede).
    A fronte dell’immagine della donna rampantissima, spietata, ipermanager e quel che volete, esiste un’altra realtà, di cui si parla molto poco.
    Quanto al lavorare meno, lavorare tutti, d’accordissimo. Peccato che gli uomini continuino ad essere allevati nell’identificazione realizzazione personale= lavoro. E alle donne si torna a dire, più o meno sommessamente, che la vera centralità è nella famiglia e la maternità.
    Alessandro, i dati sul genere rispecchiano quelli che ho fornito prima. L’occupazione maschile sotto i trentacinque anni (anche quando è precaria) supera quella femminile.

  9. Mi chiedo cosa spinga persone anche intelligenti a fingere di non vedere una realtà che non ha bisogno dei dati citati da Lipperini per essere ‘vista’, sentita, percepita.
    Finché la nostra società si basa sul lavoro, è giusto creare condizioni equilibrate. Poi al contempo, e mi pare vi alludesse anche Luminamenti, non sarebbe male cercare la via per l'”‘esodo’ da un sistema che perpetua come obbligo, norma, fondamento insostituibile dei diritti e della dignità dei cittadini quel medesimo ‘lavoro’ di cui ha reso scarsa la disponibilità, restaurando le peggiori forme di dominio, asservimento e sfruttamento”(André Gorz).
    Utopia? :-\

  10. Sono d’accordo con te Loredana Lupperini, non intendevo disconoscere le esperienze toccate con mano. Quando parlavo di sociologia mi riferivo proprio a confermare quanto tu dici. Sono dell’idea che uomini e donne debbano lavorare entrambi molto meno. Ma per arrivare a ciò bisogna mettere in discussione il rapporto tra produttori e consumatori, il capitalismo. Per il resto, penso che la donna sia ancora poco tutelata e che governi ancora una logica maschile opprimente, nauseante.
    Luminamenti

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