LA TITOLARE HA UNA CRISI INTIMISTA (ANZI DUE)

Abbiate
pazienza. Sarà il caldo, sarà la stanchezza mentale, ma stamattina sono in vena
di egocalissi. Leggendo l’articolo di Marco
Lodoli
sul quotidiano, a
proposito dei temi di maturità, mi sono venute in mente un paio di cose. Specie
su questi due passaggi:

 Diciamocelo francamente, i ragazzi
di oggi non hanno una gran familiarità con la parola scritta, tendono a
comprimere il pensiero in pillole, a frammentarlo, a strapazzarlo in quattro
frasi scomposte. E però, che paradosso, ne sono così intimoriti che raramente
puntellano le vaghe teorie con quelle osservazioni autentiche che danno sapore
a una pagina.

(…)

I ragazzi conoscono bene il mondo
in cui abitano, un mondo magari ancora piccolo, ma sincero, vibrante, doloroso.
Purtroppo spesso non si fidano delle loro sensazioni, credono di dover
scimmiottare i discorsi degli adulti, quel bla bla schiumoso che scola dalle
televisioni-lavatrici, quelle chiacchiere vuote e altisonanti che non
acchiappano nulla di ciò che punge davvero.

 

A Marco,
che ogni tanto passa silenzioso da queste parti, vorrei dire che non concordo.
A me sembra semmai che la familiarità con la parola scritta sia  molto maggiore
oggi rispetto alle generazioni precedenti: la stragrande maggioranza dei
diciottenni naviga. Secondo la ricerca Istat 2006, il picco di utilizzo della
rete si ha esattamente tra gli 11 e i 19 anni (oltre il 75% si connette
regolarmente). E sul web, soprattutto, si scrive. Non sempre benissimo, non sempre
prescindendo dall’uso iconico delle parole ma molto, molto spesso, più che
dignitosamente. E in non pochi casi, meglio che nei luoghi cartacei deputati.

Il punto è semmai che la scuola rende
conformisti: non tutta, lode agli insegnanti valorosi eccetera eccetera. Ma in
moltissima parte chiede ai propri studenti di adeguarsi ad un pensiero dato: ed esige in realtà esattamente quel tipo di tema che tu chiedi di non scrivere, quello che
scimmiotta i pensieri altrui. Arrivo all’egocalisse annunciata.

Diciamo pure che la vostra eccetera aveva
una certa dimestichezza con la penna, a diciotto anni. Eppure, ricordo
perfettamente di aver scelto, fra i temi disponibili, quello di storia
dell’arte: non quello di attualità, non quello letterario. Ma la traccia dove
potevo giocare freddamente e impunemente alla piccola Argan senza mettermi in
gioco e dando quello che mi si chiedeva: pur di finirla, di chiudere un ciclo e
di cominciare finalmente a vedere com’era la vita reale.

Secondo e rapidissimo attacco egocalittico,
sempre dovuto al quotidiano di oggi , cronaca di Roma, testo della serie “un
quartiere, uno scrittore”. Appello per Rocco
Carbone
, che ne è l’autore: la prossima volta che capiti a via dei Monti
Tiburtini, citofonami che ti racconto un paio di cose sulla medesima.

La pianto e passo alle cose serie. Per
esempio: sta circolando questo testo, che vi invito a firmare. Potete farlo
direttamente sul blog di Beppe Sebaste.

 Lo scrittore Beppe Sebaste, che ha
appoggiato una lista di sinistra alle ultime elezioni amministrative di Parma
vinte dal centro-destra (ovvero dalla lista "A Parma con Ubaldi"), è
stato e continua ad essere bersaglio dei vincitori , e soprattutto dell’ex
sindaco Ubaldi (padrino dell’attuale sindaco) con attacchi personali a mezzo
stampa, minacce di querela, fino alla messa all’indice per la strada. Beppe
Sebaste ha solo dichiarato e argomentato il suo dissenso critico – politico e
culturale – nei confronti dell’amministrazione di centro-destra di questi
ultimi anni nella città di Parma. Conoscendo Sebaste, e stimando lo stile del
suo lavoro e delle sue argomentazioni, desideriamo qui testimoniargli
pubblicamente tutta la nostra solidarietà.

45 pensieri su “LA TITOLARE HA UNA CRISI INTIMISTA (ANZI DUE)

  1. ho una nipote di 17 anni frequentante la prima liceo classico i cui scrutini sono stati appena esperiti con risultati d’eccellenza:media 9,8.La stessa riesce a trovare il tempo per dare ripetizioni alle coetanee in difficoltà riuscendo a farle conseguire votazioni notevolissime,guadagnando pure qualche soldino.Il problema è che compra i libri di Moccia lo stesso giorno in cui arrivano nella mia piccola ex-città,e non guarda per principio nulla che non sia trasmesso da canale 5 o Italia1(io la spedirei al riformatorio)

  2. “Diciamo pure che la vostra eccetera aveva una certa dimestichezza con la penna, a diciotto anni. Eppure, ricordo perfettamente di aver scelto, fra i temi disponibili, quello di storia dell’arte: non quello di attualità, non quello letterario. Ma la traccia dove potevo giocare freddamente e impunemente alla piccola Argan senza mettermi in gioco e dando quello che mi si chiedeva: pur di finirla, di chiudere un ciclo e di cominciare finalmente a vedere com’era la vita reale.”
    Potrei scrivere esattamente la stessa cosa, con la piccola differenza che io giocai al piccolo Salinari, ma non fa niente, per il resto si trattava anche per me di chiudere il ciclo in cui si doveva più o meno “scimmiottare i pensieri altrui” e passare a poter dire finalmente la mia. E mi illudevo di poterlo fare con l’università, che invece, globalmente, almeno da questo punto di vista, oggi si pone in continuità rispetto alla precedente esperienza di studi. Pertanto, Loredana, quando parli di scuola (che rende conformisti ecc.) occorre includere l’università; e se parliamo di università, il quadro tende a spaventare ulteriormente, ché la scena si allarga, e non dobbiamo più pensare che i problemi segnalati (da te, in parte da Lodoli, benché non siate del tutto d’accordo) riguardino solo la quota di giovanissimi alle prese con la maturità, bensì si estendono fino a interessare coloro che, non più così giovani, sono alle prese con la bibliografia della tesi di laurea, e non sanno distinguere tra cataloghi per autore e per soggetto (mi è capitato di vederne uno proprio stamattina) e roba di questo genere.
    Vabbè, mi fermo qui ché a 36 anni è ancora troppo presto per deprecare sui giovani d’oggi… 😐

  3. Buongiorno Loredana!
    @ Gianni Biondillo:
    Ciao Gianni. Tu sostieni che non ci sono più i giovani “di una volta”, ma forse anche i vecchi “di una volta” erano diversi da quelli di oggi. Il mondo cambia e con esso le problematiche.
    Lodoli sostiene che: “i ragazzi di oggi non hanno una gran familiarità con la parola scritta, tendono a comprimere il pensiero in pillole, a frammentarlo, a strapazzarlo in quattro frasi scomposte”. Ed avrà anche ragione, ma ha me fa più paura l’atteggiamento violento di alcuni giovani studenti proprio all’interno delle scuole. Ho l’amara impressione che costoro siano più interessati a “frammentare” e “strapazzare” alcuni componenti del corpo docente piuttosto che il pensiero.

  4. Beh, io ai tempi della maturità ho fatto l’esatto opposto, svolgendo il tema di attualità in forma di scanzonato racconto. Purtroppo, la professoressa che leggeva Benni era nell’altra commissione, da me c’era una mummia che trovava troppo moderno perfino Pirandello.
    O__*
    Ma l’idea di mettrsi o non mettersi in gioco, secondo me, non dipende tanto dall’ambiente, quanto dai banali conti in tasca che ciascuno si fa. Non credo che questo possa essere un indice valido del conformismo che la scuola imporrebbe.

  5. ma sui cinquantini d’oggi chi deve dire? perché da dire ci sarebbe, credo.
    ne conosco pochi, io, che han meno di vent’anni. ma quelli che han vent’anni e che lavorano con me in primo luogo non hanno una scrittura frammentata, semmai il contrario, e in secondo luogo son meglio di quelli della mia generazione.
    sono più puliti. più coraggiosi.
    la solidarietà: perplesso (ho letto nel blog…).
    quando ci si mette in gioco ci si mette in gioco, rischiando. e cercando soprattutto d’essere voce di chi non ha voce.
    buona giornata

  6. i giovani sono conformisti? certo. come sono conformisti gli adulti e gli anziani. una gran fetta di umanità accetta di recitare il ruolo che gli viene assegnato, punto e basta. alla maturità fai il tema su manzoni ripetendo le 4 banalità di norma perché così stai tranquillo,l’avvocato usa il tono sicuro e aggressivo standard perché questo ci si aspetta da lui, così il medico e così il paziente. poi ci sono quelli che rompono le regole e le scatole. fra i giovani e fra i vecchi, da sempre e per sempre. il contesto, la tv, la società possono influire, certo, ma non credo alzino o abbassino di molto la percentuale del conformismo o dell’anticonformismo, sia che si esprima nella scrittura di un tema (o saggio breve o articolo giornalistico, vabbe’), sia che venga fuori in altri ambiti.

  7. Mah. Questa storia che i ragazzi non leggono i libri non e’ verissima. Dalla mia esperienza con la Mondadori Ragazzi ho capito che i ragazzi leggono parecchio sino alla terza media, poi le ragazze continuano, mentre la maggior parte dei ragazzi smette sino ai quarantacinque. Hanno un altro modo di vivere lo spazio interiore e la comunicazione. Preferiscono stare con gli amici, o chattare, o giocare alla playstation, che leggere in solitudine, mentre le ragazze lo fanno di piu’. In effetti, il pubblico dei lettori italiani e’ fatto per lo piu’ di donne.
    Devo dire, pero’, che qualcosa e’ cambiato dai libri di Moccia in poi. Con Tre metri sopra il cielo, (che e’ per le nuove generazioni quello che Liala era per i nostri genitori) molti adolescenti che non avevano mai preso in mano un libro che non fosse di scuola hanno cominciato a leggere. Anche qui piu’ femmine che maschi, ma non solo. Moccia e i suoi libri rappresentano per me uno dei pochi “ganci” per cominciare a parlare di letteratura con i ragazzi, quando vado nelle scuole. L’importante e’ che leggano, un gusto meno omologato se lo faranno libro dopo libro.

  8. sono abbastanza sicuro che la parola scritta nel presente ha ripreso la funzione comunicativa che con la televisione e la radio aveva in parte perso. i quotidiani, diciamolo, non sono il bestseller dei giovani.
    oggi internet è ancora sopratutto parole, forse dovuta alla banda stretta.
    forse un giorno riusciremo di nuovo ad evitare di scrivere e di leggere.
    nel frattempo vorrei non si confondesse la parola stringata, la necessità di farla breve, con la “non scrittura e non lettura”.

  9. Poco tempo fa ero giovane e da frequentatore dei luoghi deputati alla scrittura dentro e fuori la rete devo dire che il numero di giovani che scrive decentemente è basso.
    Ho anche fatto l’insegnante e i temi che ho letto erano scritti con in piedi. Io sono classe 74 e ai miei tempi si scriveva meglio. Questo discorso vale per la massa. Che poi su internet si trovino ragazzi che scrivono bene in blog o forum è vero ma è poco.
    La qualità oggi è bassa più di ieri.

  10. Biondillo:
    “Io sono del ’66 e ai miei tempi si scriveva di merda”
    Vero. Infatti i tuoi libri fanno cagare. Però qualche vantaggio ce l’hanno. L’ultimo tuo che ho visto in libreria è talmente spesso che ci puoi salire sopra per prenderne uno migliore.

  11. intanto un grazie a sandrone. per come ci ricorda che parlare non significa pontificare. e se ai ragazzi vogliamo parlare dobbiamo cominciare a farlo con la loro lingua. cioè moccia, se moccia è.
    credo cmq che ogni analisi che provi a comparare il passato, con un lasso di tempo superiore ai vent’anni, all’oggi, sia sbagliata nelle fondamenta.
    negli ultimi venti anni è cambiato il mondo. no, non cambiato, ha subito una trasformazione così intima e profonda (sopratutto irreversibile)da non poter comparare quello che succedeva prima di internet e dei cellulari a quello che sta succedendo dopo l’avvento di queste cose.
    e allora il problema quale potrebbe essere?
    il problema sta nei contenuti. nelle forme che si utilizzano.
    la difficile impresa che spetta agli “intellettuali” oggi è di riuscire a comprendere quali fra i contenuti del passato erano e sono veramente essenziali allo sviluppo ed alla crescita degli esseri umani e travasarli nelle nuove forme di comunicazione, nei nuovi linguaggi.
    certo, l’opposizione di chiese e consorterie di ogni tipo rende l’impresa difficile, ma, a mio avviso, è questa la strada, la direzione da prendere.
    p.s. sono rimasto veramente disturbato dall’intervento di cristini. non perchè definisce di merda i libri di biondillo, ma perchè lo fa senza argomentare.
    ecco uno che dal passato sta travasando i valori sbagliati (cristini, ovvio)
    saluti

  12. Cara Loredana, non sottovalutare del tutto il fatto che insegno da più di vent’anni, in una borgata sul bordo del Raccordo, e che ho letto migliaia e migliaia di temi. Magari qualcosa di vero nelle mie parole ci potrebbe anche essere, qualcosa che io ho notato e tu no. Magari la mia esperienza sul campo non è da trascurare completamente. Un saluto a tutti, Marco Lodoli

  13. Cara Loredana, non sottovalutare del tutto il fatto che insegno da più di vent’anni, in una borgata sul bordo del Raccordo, e che ho letto migliaia e migliaia di temi. Magari qualcosa di vero nelle mie parole ci potrebbe anche essere, qualcosa che io ho notato e tu no. Magari la mia esperienza sul campo non è da trascurare completamente. Un saluto a tutti, Marco Lodoli

  14. Marco, è proprio perchè non la trascuro che ho scritto quel che ho scritto: insistendo sul punto del conformismo. Il fatto che i ragazzi non scrivano bene a scuola, non significa che non scrivano bene altrove.
    Il punto, per me, è appunto questo.

  15. Due cose.
    1. La familiarità con la parola scritta.
    È facile fare confronti: anch’io mi ricordo che i miei compagni di scuola scrivevano meglio: la volta che Peppe sbagliò un congiuntivo per iscritto fece notizia – e Peppe era abbonato al 4.5.
    Però: i miei compagni di scuola, ed io stesso (io di più, perchè ho proseguito sino a vincere 3 concorsi per diventare insegnante) erano (eravamo) il prodotto di una selezione malthusiana, altro che Darwin! Chi misurava la familiarità con la parola scritta del mio compagno delle elementari sbeffeggiato dal maestro, che scappò di scuola con l’intenzione di andarsi a buttare giù dal ponte, e che finì sotto padrone a portare la spesa a casa a noi che continuavamo a studiare?
    2. I ggiovani che leggono Moccia, e poi prendono la media del 9 (e quelli che leggono Harry Potter invece della riduzione per bambini della Bibbia delle edizioni Paoline?).
    Beh, i miei ragazzi – che masticano (alcuni) Bauman come fosse Tex Willer – i guardano i programmi della De Filippi e Beautiful, ascoltano Le Vibrazioni e vestono D&G. Perché, voi altri invece alla loro età passavate i pomeriggi a comparare la prima edizione della Critica della Ragion Pura con la seconda, ovviamente in tedesco? Non leggevate Topolino, Alan Ford, Kriminal, Tex, Zagor, Asterix (e i pornazzi di Manara, e quelli che neanche avevano una firma d’autore)? O forse – come nel dialogo tra Muccino e De Filippo in Come te nessuno mai – la vera letteratura popolare era quella degli anni Settanta? E i Grand Hotel dei vostri padri, allora?

  16. Una volta, da ragazzo, trovammo in un recesso abbandonato della scuola un tema in classe impolverato, era, mi pare, del 1969 o 1970, qualcosa così. Trattava di un argomento tecnico, aveva a che fare con problemi strutturali edili, lesioni, crepe e quali tipi di interventi occorreva fare da parte del tecnico preposto. Indimenticabile la prosa; cito a memoria: “Quand che c’è la creppa, io scapo!”
    Quel ragazzo, ora, ha quasi 60 anni e probabilmente si lamenta di come i giovani d’oggi non sappiano più scrivere, perché ai suoi tempi, etc. etc.
    Ah, Cristini, a proposito: grazie. Del tuo commento me ne fregio.

  17. Per Loredana:
    i ragazzi scrivono male per colpa dei temi?
    Dalla mia poca esperienza sul campo posso dire che una colpa gli insegnanti la hanno.
    Molti, troppi insegnanti di materie letterarie non trasmettono alcuna passione e nemmeno loro hanno una idea ben chiara di cosa voglia dire scrivere.
    Se non si trasmette la letteratura con passione la risposta sarà sempre l’apatia.
    P.s
    Leggo per lavoro e un dato sconfortante sono gli inediti che mi capitano tra le mani, scritti da insegnanti.
    Noiosi e mal scritti.
    Non credo che il problema sia il conformismo nei temi ma la poca voglia di lavorare con i ragazzi. Che poi i motivi siano economici, sociali o psicologici è da vedere.

  18. Però, se tra i temi d’esame ci fosse stata l’analisi della poesia “Cimitero”, p. bianchi – da me, che sono un ex insegnante – avrebbe ricevuto OTTIMO, da Lodoli non so:- )[Il testo integrale di ‘Cimitero’ + l’analisi di p. bianchi sono sul mio blog]

  19. A me quella di cristini è parsa una battuta, volgare forse ma divertente, e le battute non si argomentano. Mentre l’asserzione generica di Biondillo sullo scrivere di merda della sua generazione quella sì avrebbe dovuto essere accompagnata da uno straccio di argomentazione, perché buttata lì così non voleva dire nulla, era solo una fesseria populista.

  20. @ Biondillo.
    “Del tuo commento me ne fregio” :Biondillo, questa sì che è una lezione di stile… al posto tuo io avrei scritto “del tuo commento me ne FREGO” 🙂
    Sei impeccabile!
    Anna Luisa

  21. E poi. Quale scrittura andrebbe incoraggiata e stimolata a scuola? Quale impostazione?
    Il tuo tema, Loredana, lo scrivesti in una buona “technical writing” (che tutto è fuorché una scrittura da/per tecnici) e dimostrando di avere acquisito dei contenuti e delle competenze, suppongo.
    E dimostrasti così di aver appreso quanto ti veniva richiesto. Il principio dello scambio equivalente, direbbe Edward Elrik.
    Da qui ad accusare la scuola di oppressione perché non lascia esprimere o non incoraggia l’esprimersi in forma scritta c’è un bel salto: è questo ciò che dovremmo richiedere all’istituzione scolastica come obiettivo? E’ facendo questo che la scuola compirebbe un salto di qualità?

  22. Paolo, ma quello era tutto tranne che uno scambio equivalente.
    Cosa pensi che accadrebbe se, in un tema, qualche alunno infilasse i fratelli Elrik che giustamente citi? Ovvero, se parlasse del proprio mondo e non di quello che, nella stragrande maggioranza dei casi, “si suppone” che sia il mondo dei diciottenni?
    Valga quello che ha scritto Rodotà ad oggi: si chiede ai ragazzi di provare una nostalgia che giustamente non conoscono. E si parla di passività mediatica ad una generazione che frequenta e agisce media tutt’altro che passivi.
    Il salto di qualità della scuola è quello che le si richiede da almeno quindici anni: prendere coscienza del mondo che ha intorno. Molti, volenterosissimi, insegnanti lo fanno, e con non poche difficoltà. Ma evidentemente non basta.
    Io non ho mai detto che la scuola non incoraggia ad esprimersi in forma scritta: semmai, che non incoraggia ad esprimere realmente se stessi in quella forma. Salvo poi lamentarsi se i ragazzi si adeguano ai discorsi degli adulti.

  23. Imbarazzato,
    è evidente che non so spiegarmi. Quello che cerco di dire è che OGNI generazione è fatta di chi scrive bene e di chi scrive male. Che queste lamentele io le sento da sempre, fin da quando ero ragazzo. C’è sempre una generazione precedente che rimpiange i suoi tempi, dove, chissà perché, le cose si facevano meglio.
    Quando Daniele P. mi dice “sono classe 74 e ai miei tempi si scriveva meglio” io sorrido. E’ più giovane di me di 8 anni e già rimpiange i bei tempi andati. Ogni generalizzazione non porta da nessuna parte, allora, prvocatoriamente, dico che ai miei tempi si scriveva di merda. Così come oggi, così come 37 anni fa, ai tempi di “quand che c’è la creppa, io scapo!” (e, altrettanto, 37 anni fa c’erano fior di studenti, così come nella mia generazione, in quella di Daniele P, e nell’attuale).

  24. Concordo con Biondillo: ai miei tempi non ha senso.
    Quello che posso dire è che di questi tempi, molti dei ragazzi giovani che incontro per lavoro sono molto più preparati di quanto non lo fossi io, e la mia generazione, 25 anni fa.
    Danno fastidio, spesso, e allora li si butta in un angolo e li si costringe, a forza, a digerire l’amaro boccone della ‘conoscenza’… conosciuta.
    Ma conosciuta da chi gestisce la baracca; piccola o grande che sia.
    Blackjack

  25. Sicuramente la scuola difende una tradizione, e il fatto che la difenda senza capirla, aprirla e spesso senza neanche discuterla va a suo danno.
    Sicuramente i ragazzi vivono in un mondo che si muove secondo altre coordinate.
    Purtroppo non abbiamo un’antropologia valida, quindi non si può produrre una pedagogia decente, né avere una scuola “umana”. Leggere i vari libri bianchi UE sull’educazione per toccare con mano la tristezza.
    In questo contesto, però, sono convinto che l’insegnare “regole” (intese come regole del gioco, non come emanazione di una verità interpretata dalle autorità) porti più profitto che l’incoraggiare l’autoespressione sincera o la fantasticazione indisciplinata (dopo leggo il post su Rodotà).
    Il fatto che ci si senta “costretti” a scuola è perfettamente normale, così come il desiderio di esorbitare. Ma insegnare o incentivare l’esorbitazione mi sembra meno produttivo che difendere quanto ci viene consegnato come tesoro. Ripeto: capire perché si difende quel tesoro sarebbe però fondamentale…

  26. Biondillo, io non parlavo di bravi studenti o meno. Stavo parlando di scrittura e credo che oggi il livello medio sia più basso rispetto ai miei tempi. In 15 anni sono cambiate parecchie cose a livello di media. Preciso che non rimpiango nulla infatti i ragazzi di oggi sono più svegli e rapidi di noi. Hanno affinato altro ma meno la semplice scrittura.
    I pochi che scrivono bene però, nel mio vero lavoro, mi danno belle soddisfazioni.

  27. la bontà di un insegnante si misura sulla sua capacità di insegnare o no? se dico che i miei studenti scrivono male, forse, ho delle corresponsabilità. “ai miei tempi” il compito di insegnarmi a scrivere ce l’aveva qualcun altro, era forse un insegnante migliore di me?

  28. Ma è normale che una volta fosse tutto meglio? L’università era più formativa, gli studenti più interessati e scrivevano meglio, ecc, ecc, ho i miei dubbi..

  29. Non mi sembra d’aver affermato che i giovani di una volta erano migliori di quelli di oggi, Ogni generazione è meravigliosa e tremenda, ma ogni volta in un modo diverso, I ragazzi di oggi, non quelli che vanno al classico o allo scientifico, ovviamente, non quelli che hanno buone biblioteche in casa, ma quelli che vivono nelle periferie delle grandi città, scrivono malissimo e faticano a dare un minimo di senso ai loro frastornati pensieri. La verità è questa, ne sono testimone quotidiano. Un saluto, Marco Lodoli

  30. Marco, ti prego… I giovani di 20 anni fa, in quelle stesse periferie (te lo dice un testimone diretto), parafrasandoti, scrivevano malissimo e faticavano a dare un minimo di senso ai loro frastornati pensieri. Molto peggio di oggi. Ne sono testimone quotidiano anch’io.

  31. Infatti, Gianni, mi pare che Lodoli abbia premesso che i giovani di ieri non fossero affatto migliori di quelli di oggi. Di che lo accusi, dunque?
    Forse dovreste definire meglio il problema di cui si discute…

  32. Sì, Livemore, forse hai ragione tu. Tendo a sovrapporre discorsi fatti da persone diverse e me ne scuso. C’è chi ha detto che ai suoi tempi si scriveva meglio, è questo che io contesto.
    Lodoli, comunque scrive: “I ragazzi di oggi” E SOTTOLINEO QUEL ‘DI OGGI’ “non quelli che vanno al classico o allo scientifico, ovviamente, non quelli che hanno buone biblioteche in casa, ma quelli che vivono nelle periferie delle grandi città, scrivono malissimo e faticano a dare un minimo di senso ai loro frastornati pensieri.”
    Il problema è che era così 10 anni fa (ma ve lo ricordate il film “la scuola” di Lucchetti, di 12 anni fa? Praticamente in contemporanea con la generazione di Daniele P.?), era così 20 anni fa, 40 anni fa (“quand che c’è la creppa io scapo”), etc.
    Lodoli fa un distinguo interessante: cioè dice che non fa riferimento a quelli che hanno fatto il liceo, hanno la biblioteca in casa, etc. Un distinguo, in soldoni, classista. Che, in fondo, è corretto.
    40-50 anni fa c’erano solo loro a studiare, però, gli altri no. Oggi gli altri, male, di merda, alla cazzo, studiano. E mia nipotina Elena, figlia di un imbianchino, che ha 13 anni e sta facendo gli esami di terza media, nella provincia leghista profonda, è tanto intelligente e curiosa che mi riempie il cuore.
    Forse è solo un modo diverso di vedere il bicchiere; mezzo pieno o mezzo vuoto, non so.

  33. Sono d’accordo. Credo sia giusto riflettere sulla condizione giovanile odierna, come fa (e bene) Lodoli, ma se si cade nella facile deprecazione occorre dire alt. Non vi è nulla di più facile della deprecazione. Basta commisurare la condizione dell’uomo contemporaneo a quella del borghese elisabettiano, del cortegiano, dei gentiluomini del Bembo… “Quale squallore”, “quale tragico divario”, “che perdita di umanità”. O tempora, o mores. Accade da che mondo è mondo, si sa.
    Ragioniamo sui problemi d’oggi (e sono tanti), ma l’allineamento in posizione deprecatoria ha sempre un sapore vagamente aristocratico che ripropone il vecchio impasse dell’”anima bella”.

  34. A me sembra che Marco Lodoli abbia ragione. In più direi che scrivono male e parlano male dappertutto, dentro e fuori la scuola e l’università, in periferia e in città, a casa e fuori. Però comunicano meglio, si capiscono meglio tra di loro, decodificano altri linguaggi molto meglio, si esprimono secondo nuovi codici audio e visivi, sono più vittime dell’elite tecnocratica, mediamente più egoisti e meno sensibili, più belli e più forti fisicamente, molto veloci, carenti energeticamente perchè il cibo fa schifo, destinati quasi tutti all’apocalisse psichica e alle patologie croniche, ben impasticcati, incapaci di patire, smarriti e paurosi, ma sembra amabili come tutti i ragazzi di qualunque generazione. Ma per l’italiano, il latino e il greco non mi rivolgerei a loro. Per l’inglese sì. Per dirmi l’ultima novità in tema di moda sì, per parlarmi di motori vanno ancora bene, per chiedere soldi non vanno bene, per produrne non ne parliamo proprio, per farsi raccomandare quasi tutti disponibili, per cambiare definitivamente in meglio rispetto al peggio delle generazioni precedenti sempre plasmabili se ci sono meno chiacchere e più esempi di vita portata all’eccellenza (le mosche bianche). Con il pessimismo si cambia il mondo, con l’ottimismo non si va da nessuna parte.
    Luminamenti

  35. Sempre a patto che questa professione di pessimismo non sia intesa, per dirla col buon Bobbio, come un gesto di rinuncia.

  36. Non credo nelle rinuncie e negli abbattimenti. La responsabilità è degli adulti. La società moderna è inadeguata al potenziale intellettivo e morale. E’ in corso una crisi globale della modernità e i ragazzi si trovano in mezzo all’oceano. La scuola è poi antiquata. Ma il peggio è fuori dalla scuola. Provate a documentarvi su quanto sia impegnativo e innovativo un corso scolastico in una scuola tunisina. Nelle nostre scuole italiane poi non c’è completamente una cultura dell’apprendimento e delle espressioni delle emozioni.La scuola italiana poi ha un grave difetto: ignora completamente la psicologia cognitivista attuale, gli scacchi, l’informatica (fatta solo a parole, non basta un’aula con dei pc. Ignora completamente come si fa a inventare sistemi operativi diversi, base dell’apprendimento generale di qualsiasi cosa)e gli studi sulla delinquenza minorile. Ignora completamente concetti come l’anticipazione della noesi e della prassi, e della trasformazione (teoria del blitz). Ignora la necessità costitutiva di un sistema connessionale e di un abito mentale. Ignora l’allenamento connessionale che viene utilizzato solo settorialmente nelle scuole di arte teatrale e cinematografiche o nelle forme nuove di training per la pubblicità e il marketing. Nella storia dell’umanità l’acquisizione di strumenti segnici nuovi e operativamente molto più efficaci, è stato insieme sintomo e fattore di mutamento (nella transizioni successive alle forme sempre più appropriate di scrittura della seriazione pittura-pittogramma-ideogramma-sillabario-alfabeto; nel passaggio dalla numerazione classica a quella comunemente detta araba; nell’invenzione della notazione musicale; nell’invenzione dal Rinascimento in avanti dei mezzi di comunicazione di massa e nella straordinaria accellerazione della loro crescita e diffusione negli ultimi 150 anni. Nell’invenzione della macchina da scrivere, della stenografia, dell’alfabeto morse; nei linguaggi artificiali e di programmazione).
    Al presente, senza un’utilizzazione molto più ampia delle capacità mentali e dei talenti personali, la speranza di sfuggire alla frammentazione e alla deconnessione dell’orizzonte culturale è minimo. Perché, un esempio tra tanti altri che potrei fare in merito alle cose che non si fanno, non si utilizza la PNL (programmazione neurolinguistica)nelle scuole?
    Non parliamo poi del modo nè carne né pesce con cui si insegnano le scienze naturali e si conosce l’ambiente. Parola molto di moda, purtroppo. Solo di moda.

  37. mia mamma non ha finito le scuole medie e praticamente non sa scrivere, miazia le ha finite e dubito possa scrivere una lettera in maniera corretta.
    mio papà è stato credo uno dei pochi privilegiati a frequentare le “scuole di avviamento professionale” e mi ha scritto una lettera una sola volta e posso dire che nella sua semplicità era scritta senza sgrammaticature.
    Quindi, di cosa state parlando?
    Chi è che scriveva bene una volta, ai vostri tempi?
    in campagna solo chi faceva il seminario o era figlio del possidente terriero o del medico ecc., in città magari qualcuno in più ma la sostanza non cambia.
    E poi vorrei dire a me nessuno ha insegnato a scrivere in 20 anni di scuola. OK t’insegnano la grammatica, poi ti mettono davanti un foglio bianco e quando tu l’hai riempito te lo scarabocchiano di rosso. Vi pare insegnare qualcosa questo?
    Per non menzionare il fatto che non puoi scrivere quello che pensi ma quello che sei tenuto a pensare…

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