HOMBRE SIN NOMBRE

Per una volta, torno ai miei vecchi amori musicali, complice la splendida edizione di Don Giovanni per la regia di Robert Carsen, vista ieri sera, in diretta dalla Scala, su Rai5. Splendida perché il regista ha compreso fino in fondo la natura del mito (il teatro, il travestimento,  l’opposizione vita-morte), dell’opera (che é opera buffa, e non tragedia), del contesto storico (Don Giovanni non viene “visto” come un eroe anarchico e libertario: lo è. La coppia Da Ponte-Mozart veniva da Le nozze di Figaro). Con un finale che rende giustizia a chi è  “dalla parte di Don Giovanni”,  con sprofondamento agli inferi di tutti gli altri personaggi.
Mi aspettavo, lo confesso, che qualcuno avrebbe tirato fuori la parola “maschilista” a proposito dell’antico Burlador in versione scaligera. Mi aspettavo anche di peggio (ovvero, che qualcuno avrebbe fatto un parallelo con Berlusconi, ma grazie agli dei non sembra essere ancora avvenuto), perché le interpretazioni di Don Giovanni nel Novecento, specie psicoanalitiche, hanno spennato il mito, privandolo di tutte le componenti essenziali.
Su Don Giovanni prima di Mozart e in Mozart ho detto, ai tempi, in un libro ristampato qualche anno fa. Oggi mi limito a dire che se la cronaca inghiotte tutto divenendo pietra di paragone, i guai sono maggiori di quel che pensiamo.

24 pensieri su “HOMBRE SIN NOMBRE

  1. L’ho visto stamattina, davvero splendido…unico appunto: la direzione dell’orchestra mi è sembrata un po’ “fiacca” così come un paio di cantanti…ma sarà una mia impressione, e io non sono di sicuro un esperto.
    🙂

  2. Io mi tengo fuori dai giudizi su interpreti e direzione d’orchestra: esistono fior di blog e bacheche Facebook che stanno triturando tutto e tutti. Non mi interessa: lo spettacolo mi ha appassionato ed emozionato, e tanto mi basta 🙂

  3. La rappresentazione mi ha lasciato parecchio delusa, ma si è detto di non addentrarsi in questioni musicali e quindi mi taccio – su questo aspetto 🙂
    Non mi è piaciuta ad esempio l’alterazione iniziale, con Donna Anna consenziente e Don Ottavio ridotto a un manichino. La potenza di Don Giovanni risalta grazie anche a questa interpretazione perlomeno discutibile.
    P.S.: il Don Giovanni settecentesco era un “giovin signore”, non un attempato antieroe come lo intesero in periodo romantico. Per Berlusconi al massimo va bene un caudillo di Garcìa Marquez 🙂

  4. Eh, la “trituratura” di ogni cosa è, putroppo, assurta a sport nazionale. 🙁
    Comunque stavo riflettendo sul fatto che la visione televisiva mi pone in una posizione maggiormente critica e quindi di minor godimento dell’opera.
    Se poi, e capisco che possa sembrare una stupidaggine, e magari lo è pure, guardo una trasmissione registrata, ecco, è come se mi aspettassi una maggiore perfezione. Mi sa che sono “condizionato” dal mezzo e dal modo con cui fruisco dei contenuti.
    Vabbè, tutto ‘sto sproloquio per dire che mi sarebbe piaciuto moltissimo essere nel teatro. 🙂

  5. S. Il consenso di Donn’Anna ha attraversato secoli di reinterpretazioni, da Hoffmann in poi 🙂 Ugualmente, la poca rilevanza di Don Ottavio. Non è discutibile, è un’interpretazione in linea con molte letture tradizionali, semmai.
    (musicalmente, e vocalmente, ho riserve anche io, ma rispetto al coinvolgimento generale dello spettacolo, provo a metterle in secondo piano).

  6. Appunto. È la rilettura da Hoffmann in poi che non riesco a mandar giù, quando si mette in scena quest’opera: l’impronta romantica che le è stata applicata.
    Se vado a vedere un’opera del Settecento, la voglio di impronta settecentesca, con giovin signore e tutto 😀
    Poi, de gustibus eccetera. Se comunque la rappresentazione è piaciuta a tanti, anche non appassionati, ne sono contenta.

  7. Un’ultima cosa, e poi mi taccio. Il finale prevederebbe una scena di esultanza di tutti i personaggi per la morte di Don Giovanni. In epoche successive fu regolarmente espunta, e così è stato anche ieri sera. Renderà giustizia al Don Giovanni “eroe anarchico e libertario” ma non al libretto originale.
    (questione annosa, la libertà del regista. Sarebbe davvero interessante approfondirla, in effetti :))

  8. Bravi i cantanti, forse con una vocalità un po’ troppo aperta per un’opera del settecento (sopratutto Donna Anna e Don Ottavio). Bella la direzione. Discutibile la scelta di far tornare Don Giovanni in trionfo sulle ultime note. Il libretto effettivamente è chiaro su questo, come sulla drammaticità della prima scena.

  9. Eppure la condanna inappellabile all’impenitenza è anche la forza del mito e della figura di Don Giovanni: lui che ritorna con la sigaretta e gli altri che sprofondano annacqua il mito, o è che che i miti hanno fatto il loro tempo?

  10. Peccato che oltre alle (più che legittime) prese di distanza tra opera e cronaca e tra mito e riduzionismo psicanalitico a nessuno venga in mente la lettura che fa Kierkegaard dell’opera in “Aut aut”.

  11. riporto le parole di Isaiah Berlin su don giovanni contenute ne Le radici del romanticismo che ho letto in questi giorni. scusate per il commento lungo, ma dato che è un argomento nuovo per me non sapevo cosa togliere.
    “Se volete un esempio molto vivido della capacità mitopoietica del primo ottocento, che è il cuore del movimento romantico – il tentativo di frantumare la realtà, di fuggire dalla struttura delle cose, di dire l’indicibile – , la storia del Don Giovanni di Mozart calza a pennello. Come sa chiunque l’abbia ascoltata, l’opera termina ( o quasi ) con la distruzione di don giovanni da parte delle forze infernali: egli rifiuta di correggersi, rifiuta di pentirsi, e allora si ode un rombo di tuono , e le forze del’inferno l’inghiottono. Quando la scena è sgombra dal fumo, i personaggi che restano cantano un breve, graziosissimo sestetto: che don giovanni sia stato annientato, è una cosa magnifica, e intanto loro sono vivi e felici, e si propongono, ciascuno a suo modo m, di condurre una vita perfettamente pacifica e lieta e ordinaria: masetta sposerà zerlina, elvira tornerà al suo convento, leporello troverà un nuovo padrone, ottavio sposerà donn’anna, e così via. Nell’ottocento questo sestetto assolutamente innocuo, che è uno dei pezzi più incantevoli di Mozart, era considerato blasfemo dal pubblico, e di conseguenza veniva sistematicamente omesso. Per quanto ne so, fu introdotto sulle scene europee da mahler verso la fine del secolo, o al principio del novecento, e oggi viene regolarmente eseguito. La ragione è la seguente. Ecco l’immensa, dominatrice, sinistra figura simbolica di don giovanni, che sta non sappiamo bene per che cosa, ma certamente per qualcosa d’inesprimibile. Forse sta per l’arte di contro alla vita, per un principio d’inesauribile malvagità di contro a una sorta di bontà filistea; sta per il potere, per la magia, per una qualche specie di sovrumane forze infernali. L’opera termina con un formidabile climax, in cui una forza infernale viene inghiottita da un’altra forza infernale, e l’immenso melodramma attinge un culmine vulcanico, che mirava a intimorire il pubblico, e a mostrargli che viveva in un mondo quanto mai instabile e terrificante; ed ecco d’un tratto seguire questo piccolo sestetto filisteo, in cui i personaggi non fanno che cantare tranquillamente di un depravato che è stato punito, dopodiché i buoni continueranno a vivere le loro vite ordinarie e perfettamente pacifiche. Esso fu giudicato antiartistico, vacuo, risibile e disgustoso, e pertanto eliminato. questo innalzamento di don giovanni al rango di un grande mito che ci sovrasta, e che, debitamente interpretato, ci svela gli aspetti più profondi e inesprimibile della terrificante natura della realtà, era sicuramente lontanissimo dagli intendimenti del librettista e probabilmente anche di Mozart. Ma nell’ottocento fu questo l’atteggiamento assunto verso don giovanni, che ossessionò tenacemente le menti degli uomini ( turbò a un livello profondissimo la mente di Kierkegaard ) e continua a farlo ancora oggi. È un esempio molto tipico di totale rovesciamento di valori, di qualcosa che era nato asciutto, classico, simmetrico, in armonia con le convenzioni dell’epoca, e che spezzata la sua cornice comincia d’un tratto a spiegare le ali in una maniera quanto mai bizzarra e terribile”.

  12. coincidenze per coincidenze ( per 3 e 14 ):
    passeggiando per la biblioteca mentre con uno sguardo occhiavo i segnalibri che invitavano a firmare l’appello c’era un tavolino adibito a don giovanni, e indovinate un po’? c’era pure il libro di M.de Lip. ( apro una parentesi: una cosa che mi ha sempre colpito tra la tua bibliografia è l’invito all’ascolto di bach, che colpevolmente non ho letto, ti spiace se me lo fotocopio, una volta preso in prestito ? ; hai mai scritto da qualche parte in maniera cospicua di questa tua passione? )
    http://www.aib.it/aib/cen/iniz/in1110.htm

  13. forse ho trovato anche dove comprarlo.
    domanda, dopo tre commenti di fila c’è la messa in moderazione? ( in do# minore? ) e dopo le battute cretine?

  14. Io ho trovato affascinante il ribaltamento di prospettive e Donn’Anna vista come una tigre giustamente disponibile all’avventura (per contrasto con il suo insipido fidanzato. Ottavio è un manichino perchè Da Ponte lo descrive così, mica per caso). E cattiva, pronta alla vendetta quando capisce che con Don Giovanni non c’è trippa per gatti. Effettivamente per Carsen il protagonista è l’unico che va al di là della norma sociale. Questo ‘posizionamento’ di Donn’Anna (ma senza una presenza scenica come quella della Netrbko sarebbe stato impossibile) serve anche a far spiccare le individualità ben diverse di Zerlina e Elvira, l’una pragmatica contadina che appena verificata l’inconsistenza delle promesse materiali del libertino, torna al suo fidanzato; l’altra donna abbandonata pronta a tutto per riconquistarlo – molle creta di fronte all’acciaio furioso di donn’Anna. No, veramente, una lettura più che credibile, costruita su un’analisi attenta del libretto…

  15. Il libro di Loredana Lipperini non l’ho ancora letto, ma penso che provvederò a colmare la lacuna, perché m’incuriosisce molto l’idea di Don Giovanni “eroe anarchico e libertario”.
    Per un certo periodo, il commentario di Massimo Mila (Lettura del Don Giovanni di Mozart, Einaudi 1988) è stato praticamente la mia Bibbia. Mila tratta con una certa ampiezza la questione se Donna Anna sia segretamente innamorata di Don Giovanni, e propende per la risposta affermativa, anche se non si spinge fino ad affermare che l’amplesso tra i due sia stato consumato.
    Mila, in proposito, scrive: “è difficile pensare che tra Don Giovanni e Donna Anna si sia giunti alla conclusione di un compiuto convegno amoroso [….U]na supposizione simile dovrebbe ripercuotersi in maniera inaccettabile sulla regìa: se soltanto a cose fatte Donna Anna si fosse accorta dell’inganno, i due dovrebbero uscire dal palazzo in abbigliamento piuttosto scomposto, per non dire sommario. Il che non è nemmeno lontanamente pensabile: Donna Anna esce tutta imbardata in crinolina e guardinfante, e Don Giovanni correttamente vestito da cavaliere, magari con tanto di cappello piumato sulla testa”.
    Purtroppo ho potuto vedere solo alcuni minuti del Don Giovanni di Barenboim e Carsen, però ho trovato interessante osservare che il regista ha realizzato quanto per Mila era impensabile, almeno riguardo a Donna Anna che, nella prima scena, compare appunto in sottoveste. Se l’intento era quello di aderire alla teoria di una “liaison” tra Anna e Giovanni, è stata una scelta registica molto coerente. A sua volta, la ripresa di questa interpretazione (risalente a E.T.A. Hoffmann) sarebbe coerente con la poetica di Barenboim, il quale si riallaccia alla prassi esecutiva romantica, in aperta polemica con le odierne esecuzioni filologiche della musica settecentesca.
    Se non sbaglio, anche la scelta di Carsen di “depotenziare” il finale del secondo atto, facendo ricomparire in scena Don Giovanni dopo che gli altri personaggi hanno appena finito di congratularsi fra loro per la sua scomparsa, trova in qualche modo un antecedente nell’interpretazione antiformalistica di Gustav Mahler, che nelle sue esecuzioni il secondo finale lo ometteva proprio, facendo terminare l’opera con lo scontro titanico tra Don Giovanni e la statua del Commendatore.
    Ma devo per forza sospendere il giudizio, almeno fino a quando non avrò visto l’allestimento per intero: spero che esca presto su DVD, o che qualcuno lo pubblichi su YouTube.
    Voglio però ricordare che in suo libro di qualche anno fa, Lidia Bramani (Mozart massone e rivoluzionario, Bruno Mondadori, Milano 2005) ha proposto invece una lettura interamente negativa del personaggio di Don Giovanni, il quale secondo Bramani sarebbe un erotomane sociopatico, incapace di rapportarsi agli altri e inadatto a quel cammino di maturazione e di crescita individuale che Mozart riserva ai personaggi positivi delle sue opere. Ovviamente Lidia Bramani respinge l’idea di un innamoramento di Donna Anna per Don Giovanni, rivaluta il personaggio di Don Ottavio e non risparmia confronti con l’attualità politica, accennando anche a un parallelo tra Don Giovanni e Berlusconi.
    Nel bellissimo finale del primo atto, Don Giovanni intona: “E’ aperto a tutti quanti / Viva la libertà!” – Ora, come va intesa la “libertà” cui Don Giovanni inneggia: in senso progressista, come liberazione dai ceppi del morente ordinamento feudale? Oppure in senso brutalmente reazionario, come proterva e individualistica affermazione di un privilegio di classe? In realtà entrambe le interpretazioni sono possibili, e la ragione della vitalità del suo mito risiede tutta in questa ambiguità di fondo.

  16. Dico solo che, secondo me, nel 1787 l’opera non poteva uscire se non avesse avuto il sestetto finale che rendeva giustizia al “bene”, alla “morale” (anche se messa graziosamente alla berlina da quello stinco di santo di Da Ponte).
    Comunque Don Giovanni, a parte i precedenti letterari e musicali, non esisterebbe senza il suo rifiuto di pentirsi.

  17. Salvatore Talia, anche donna Elvira è in sottoveste, nera, e per tutta l’opera.
    Mi fa piacere che lei ricordi Massimo Mila di cui parlo anch’io in un commento sul mio blog, risultato di passate annotazioni sul Don Giovanni, che ho scritto dopo aver qui partecipato. E’ un’interpretazione che cerca d’inquadrare Don Giovanni-Mozart nel materialismo sttecentesco, con la religione dell’amore che Mila attribuisce a Mozart, la ricerca della felicità e l’effimero del piacere. Ma, come nota anche lei, il caso resta aperto.

  18. Molti punti di vista interessanti ed è ovvio che de gustibus etc etc. Però alcuni punti sono indiscutibili: 1che donna anna ci stia è una rilettura quanto meno possibile (se non probabile) 2don ottavio non ha carattere perché è scritto così da daponte (non fa altro che promettere di vendicare e non agisce perché è un inetto) 3il finale originale etc: l’interpretazione di carsen è stata bellissima, don giovanni è un mito non possiamo pensare l’opera come una storia che inizia ha uno svolgimento e poi finisce, dobbiamo pensarla come un continuo viverla.
    @lalipperini: a me lo spettacolo ,in toto, è piaciuto, ma lei ha parlato con i suoi amici della barcaccia che invece hanno ne detto peste e corna?

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