UN TOCCO DI CLASSE

Un ripensamento sull’indicizzazione delle pensioni? Sembra, pare, chissà. Sarebbe auspicabile, e sarebbe anche una vittoria di chi ha protestato contro la misura. Certo è che per il movimento delle donne sarà difficilissimo, nell’immediato futuro, potersi permettere di non schierarsi. Oggi le pensioni, domani l’articolo 18: l’annuncio, prevedibile, è che verrà toccato.  Fino a quando il movimento  potrà, davvero, non prendere posizione su questo? Fino a quando potrà non occuparsi di classi?
Nel frattempo, altre storie di anziane e di anziani, come promesso.

“Chi era Adalgisa, 83 anni, mal di cuore, il desiderio di non chiedere nulla alla figlia che abitava in un’altra città? A mezzogiorno di un giorno qualsiasi le luci della sua casa erano ancora accese, e la signora di fronte ha chiamato i vigili. Adriana l’ha intravista il dog sitter, riversa sul pavimento.Un’altra si chiamava Vailna, non usciva più di casa da dieci anni. I commessi le portavano la spesa, ma lei, 81 anni, la ritirava solo quando se n’erano andati.La donna delle pulizie l’ha trovata sul pavimento del bagno. Sono morte tutte nel solo 2005. Spulciando le edizioni locali dei quotidiani si scopre una Spoon River dei derelitti.
Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009 tre anziani muoiono tra le fiamme nella provincia di Lucca: la vestaglia di Veronica, 80 anni, prende fuoco quando la donna passa troppo vicino a un fornello. Liliana viene consumata da un incendio misterioso. Giuseppina dormiva quando un corto circuito della presa elettrica sotto il suo letto ha scatenato le fiamme.A Voltri, nel marzo 2008, i pompieri sfondano una porta e si trovano davanti il cadavere di Maria, 84 anni. Suo fratello Giovanni, 82, è semisvenuto. A Roma, nello stesso periodo, un’altra porta viene abbattuta: dietro c’è una donna morta da dodici ore. Aveva 88 anni. Nell’altra stanza, due parenti ancora vivi: due ultraottentenni invalidi che da lei erano accuditi. A Genova, il giorno di Santo Stefano, qualcuno ha l’idea di bussare alla porta di Edda e Ottavio per fare gli auguri. Erano morti da una settimana.
Nel gennaio di quello che sarà il suo ultimo anno di vita, il 2009, la poetessa Alda Merini sbotta: “è una vergogna: i vecchi in questa città vengono trattati come carta igienica”. E aggiunge: “C’ è indifferenza, a Milano, ed è il crimine più grosso. Si è tanto parlato della violenza del branco contro le ragazze, ed è certamente un fatto orribile, ma c’ è una violenza sotterranea che non è meno feroce. Una persona che muore da sola e nessuno se ne accorge è davvero il silenzio degli innocenti”.
In quell’anno, nella civile capitale degli affari, muoiono cinque vecchi in un solo mese. Vecchi che si addormentano davanti alla televisione, con le tapparelle abbassate. Che sperano di arrivare al telefono se si ammalano. Che al massimo, se proprio devono uscire, vanno a prendere il caffè al bar del supermercato, perchè costa meno.
Vecchi che aspettano di morire e nel frattempo non parlano con nessuno, perché di nessuno si fidano. Racconta, sempre a Zita Dazzi, l’ottantenne milanese di nome Anna: “Io non ce la faccio più a pulire casa mia, non arrivo sotto i letti, non ce la faccio a lavare i pavimenti, a togliere la polvere, a svuotare gli armadi. Ci vorrebbe un aiuto, ma quando ho chiesto all’ assistente sociale per un’ amica che sta peggio di me, mi hanno detto che abbiamo la pensione e che dobbiamo pagarcelo, l’ aiuto, se lo vogliamo”. Già, le famose e doratissime pensioni. Anna racconta che c’erano tempi in cui le cose erano diverse, e magari se ne andava a Clusone, d’ estate, col gruppo anziani della parrocchia dell’ Immacolata Concezione: “Ma adesso hanno spostato la pensione troppo lontano dal centro e io con le mie gambe non ce la faccio più. Andavo a Varazze, più da giovane. Ma c’ è troppo da tribolare al mare. Quindi me ne sto qui, al bar di piazza Frattini. Faccio le mie due chiacchiere con le amiche e me ne torno a casa prima che faccia buio. Certo, stare soli fa paura. L’ unica compagnia è quella della televisione. Quando c’ era il marito, era un’ altra cosa. I figli? chi li vede più, i figli, quando hanno la loro famiglia da mandare avanti? Si resta soli e ce ne si va in silenzio. Prima o poi il disturbo bisogna toglierlo. Speriamo solo che qualcuno se ne accorga in tempo”.
A Milano gli over 60 sono quasi 400mila: di questi, 150 mila hanno già compiuto 75 anni. I servizi ne hanno in carico 90mila. Cinquemila hanno la teleassistenza. L’Auser Lombardia assiste 79mila anziani l’anno nella sola provincia di Milano.A Bari, nel 2005, nacque un progetto che si chiamava Anziani in affido per prendersi cura dei 15.000 (su 18000) vecchi soli: si cercavano famiglie che ne accudissero uno dietro rimborso spese. Riuscirono ad affidarne 75.”

11 pensieri su “UN TOCCO DI CLASSE

  1. L’anziano fa tristezza,un anziano non può essere nè contento nè felice perchè sta smarrendo la proprio vita,perchè sarà,un’imminente prossimo,
    tra quelli che legge.

  2. Il movimento delle donne ha due possibilità: fa politica o non fa politica.
    Se non la fa è destinato a “contare” poco o nulla.
    Se la fa non può evitare di considerare le classi.
    Ovviamente per “fare politica” non intendo l’entrare in parlamento o diventare partito.
    Se poi “fare politica” significasse essere un movimento rivoluzionario…eh, io ne sarei felice, ma, a maggior ragione, sarebbe necessario considerare le classi.

  3. Paolo, sei Camillo Langone sotto pseudonimo? (in realtà no, non lo sei: vorreste, cortesemente,ricordare che IP, come qualcuno ricordava qualche commento fa, non significa benzina?)
    Per inciso, commentatori che usano identità multiple per postare opinioni che distolgono dal tema in ogni dibattito (dal caso D’Andrea alle pensioni) non sono graditi.

  4. Mi capita oggi in mano, e credo che sia appropriato in materia di governi tecnici e tecnici al governo:
    «Se ogni giorno – al di là dei suoi calcoli astratti – il fisico nucleare dovesse fare i conti con le vittime di Hiroshima e Nagasaki, riuscirebbe a sostenere la neutralità della scienza cui si dedica, come se l’uso fatto dei risultati da lui ottenuti non si trovasse a sovrapporsi e a coincidere con la finalità della sua stessa ricerca scientifica? È difficile dimostrare la neutralità della medicina, come prestazione di un servizio tecnico, che trascenda ogni tipo di rapporto di natura più specificamente socio-economica, se non addirittura politica» [Franco e Franca Basaglia, Introduzione all’ed. italiana di Erving Goffman, Asylum, Einaudi, Torino 1968, p. 15].

  5. E’ un tema che affligge il paese e rimane silenzioso, sotterraneo, per fortuna c’è qualcuno che ne parla, perchè di vecchi ce ne saranno sempre di più.

  6. Qualcuno si ricorda il titolo del libro di Doris Lessing (scritto sotto pseudonimo e non tra i suoi migliori) dedicato all’incontro tra una donna quasi cinquantenne e una vecchia povera? E’ molto doloroso leggerlo perché è impietoso. I vecchi e le vecchie sono spariti dal nostro orizzonte – anche concettuale.
    E i soldi sono importantissimi ma non sufficienti. Ogni tanto mi pare che l’unico modo possibile per stare al mondo da vecchi sia di abitare in posti davvero piccoli dove ancora, in qualche modo e chissà per quanto, resiste l’idea di comunità.
    Benissimo ha operato il comune di Bari, però la mia personale sensazione è che non sia possibile ricostruire a tavolino quel che si è distrutto scientemente in anni e anni di politiche dissennate.

  7. @barbara: era Il Diario di Jane Somers, mi pare. lo lessi molto tempo fa. Significativo soprattutto il contrasto-identificazione progressiva tra due donne agli antipodi per condizione sociale.

  8. A Roma il comune ha da poco varato il numero verde “Pronto nonno”. Non ho capito esattamente in che consiste ma lo trovo offensivo fin dal nome – profondamente rivelatore di un’ottica paternalistica che esclude il rispetto. Nonno? Nonno a chi???

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