Si sta parlando moltissimo di letteratura, e insieme non se ne sta parlando, in queste ore. Ed è per questo che per un po’ sospendo ogni parola su Alice Munro e sulla rivelazioni della figlia Andrea: è una vicenda così atroce e dolorosa che occorre prendersi il tempo, anche qualche ora, per dire qualsiasi cosa.
Però parlo anche io di letteratura. Stamattina aprendo la newsletter del New York Times, ho trovato la prima parte della lista dei cento migliori libri pubblicati dal 1 gennaio 2000: la lista è stata stilata grazie ai voti e ai contributi di Stephen King, Bonnie Garmus, Claudia Rankine, James Patterson, Sarah Jessica Parker, Karl Ove Knausgaard, Elin Hilderbrand, Thomas Chatterton Williams, Roxane Gay, Marlon James, Sarah MacLean, Min Jin Lee, Jonathan Lethem, Jenna Bush Hager, e altri. Vengono pubblicati venti titoli alla volta, partendo dagli ultimi posti.
Bene, la prima cosa che mi è venuta in mente è che ne conosco pochi.
Non ho letto Tree of Smoke di Denis Johnson, che è stato pubblicato da Mondadori nel 2007 e racconta parte della guerra in Vietnam. Ho letto però L’una e l’altra di Ali Smith, uscito da Sur. Non ho letto Bel Canto di Ann Patchett (Neri Pozza) e me ne dispiace perché sembra bello assai. Non ho letto Sotto la Falce (Men We Reaped) di Jesmyn Ward, NN, e me ne dispiaccio ancor di più. Non ho letto Wayward Lives, Beautiful Experiments di Saidiya Hartman perché non è stato tradotto (Temu ha tradotto Perdi la madre, però). Ho letto Anna Bolena, una questione di famiglia (Bring Up the Bodies) di Hilary Mantel e Della bellezza di Zadie Smith (Fazi e Mondadori, rispettivamente). Non ho letto, anche se è uscito per Bompiani, Stazione undici (Station Eleven) di Emily St. John Mandel. Ho letto, ovviamente, I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante e La macchia umana di Philip Roth e anche Il simpatizzante di Viet Thanh Nguyen (Neri Pozza). Ho letto quella meraviglia de Il ritorno di Hisham Matar ma non The Collected Stories di Lydia Davis perché non è stato pubblicato in Italia. E neanche Detransition, baby di Torrey Peters anche se è uscito per Mondadori. Niente traduzione per Frederick Douglass di David William Blight. Ho letto Pastoralia di George Saunders grazie a Minimum Fax e L’imperatore del male di Siddhartha Mukherjee (Mondadori) e anche Quando abbiamo smesso di capire il mondo di Benjamin Labatut (Adelphi), e persino Stagione di uragani di Fernanda Melchor (Bompiani). Mi è sfuggito Americani (Pulphead) anche se lo ha pubblicato Sellerio.
Undici su venti. Ma non è l’elenco delle mie letture in vent’anni a contare: bene o male, leggere è stato ed è ancora il mio lavoro. Mi chiedo però come sia possibile che a molte e molti di noi siano sfuggiti, immagino, testi che per altri sono considerati fra i più rappresentativi. Mi chiedo come fare a non far dimenticare quei libri poco dopo la loro uscita. Mi chiedo, anche, cosa avrebbero scelto gli scrittori e le scrittrici di casa nostra. E mi rispondo soltanto che è un peccato, e che troppe cose ci sfuggono fra le dita, e chissà quanta bellezza perdiamo.
I nostri scrittori, scrittrici, addetti ai lavori (qua da noi tutto spesso si mischia, i critici scrivono e gli scrittori criticano) hanno scelto i migliori libri del primo ventennio, la classifica di qualità si trova su l’Indiscreto. Ci sono Siti, Durastanti, Mari, Moresco, Ferrante…