IL TABU' (LAICO) SULL'ABORTO

Esiste un tabù, in questo paese, ed è il tabù dell’aborto. Ma non è tale solo perché l’Italia è un paese cattolico, e perché, come detto altre volte, la narrazione fondamentalista cattolica sta lavorando da anni per fare leva sulla parte più intollerante dei credenti (riuscendoci molto bene). E’ tale anche perché manca una discussione limpida e chiara sul peso che alcuni intellettuali e politici laici hanno tuttora sulla questione. Non basta dire “è una cosa da donne, mi tiro fuori”. Bisogna prendere posizione con chiarezza, dire (e devono dirlo anche gli uomini) che esiste un diritto alla scelta e che quel diritto, oggi pesantissimamente messo in discussione in Europa e negli Stati Uniti, va salvaguardato a qualunque costo.
Bisogna avere il coraggio di prendere le distanze da Pier Paolo Pasolini, perché anche il nostro più amato e citato intellettuale prendeva posizioni aberranti, come quella che la portò a dire:“Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni e nel comportamento quotidiano io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente. Mi limito a dire questo perché a proposito dell’aborto ho cose più urgenti da dire. Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio ancor più forte di qualsiasi principio della democrazia, ed è inutile ripeterlo”.
Bisogna prendere le distanze da un politico che stava per diventare presidente della Repubblica come Giuliano Amato e che in più occasioni, appena poteva, si scagliava contro l’autodeterminazione delle donne (magari spergiurando il contrario, ma tant’è).
Bisogna ragionare su queste posizioni, e non su quelle prevedibili e previste, non sui Giuliano Ferrara e i suoi foglianti e sulle Costanze Miriano e i suoi fedeli. Quelle sono ovvie. E’ all’interno del mondo laico, ripeto, che esiste un irrisolto che porta a questo silenzio.
E questo silenzio è grave: nessun diritto è acquisito, e non solo perché la legge 194 è inapplicabile per eccesso di obiezione di coscienza, ma perché quanto avvenuto in Spagna dimostra che ci sono battaglie che non sono mai finite. Anche per cecità e disinteresse di chi sostiene di rappresentare le donne: Nadia Somma ricorda qui la responsabilità dei sei eurodeputati pd nella bocciatura della risoluzione Estrela, per fare un solo caso.
Spero che qualcuno parli, da qui al 1 febbraio, quando sono previste manifestazioni in molte città italiana a sostegno delle donne spagnole. Per ogni informazione, consultate womenareurope.
E parlate, santo cielo. Parlate adesso.

64 pensieri su “IL TABU' (LAICO) SULL'ABORTO

  1. La prima cosa da fare è riportare al centro di ogni discorso il “diritto di scelta”, perché oggi è questo l’argomento tabù in Italia. Oggi anche a sinistra quando si parla di aborto si parla di rischi per la salute, di diritti dei bambini, di “misure alternative”. Il toro va preso per le corna: un aborto non è mai una scelta leggera (mai), ma in gioco c’è il fatto che una gravidanza influenza irrevocabilmente non solo la vita della madre, ma prima di tutto il suo stesso corpo. E’ sul corpo delle donne che si gioca la battaglia: sul diritto di ogni donna di scegliere quello che vuole per se stessa e per il proprio corpo, PRIMA di prendere in considerazione il diritto di qualunque altra persona esistente o futura (padre, bambini non nati ecc). Il concetto è talmente rivoluzionario qui da noi che non se ne parla mai, benché sia il primo argomento invocato da Zapatero, e ancora ieri da Obama…

  2. C’è molta ignoranza e forse anche malafede, certo una mancanza di razionalità, in chi è contro la legalizzazione dell’aborto.Non sottolineano mai che la legge fa uscire dalla clandestinità quella necessità di rifiutare alcune gravidanze “non volute” che è sempre stata ed è sempre una dura, se non tragica, realtà. Chiamare assassinio un aborto coincide col dare dell’assassine a quelle donne che, per i motivi più vari e anche personali, non sono in grado di portare avanti una gravidanza. GRAVISSIMO dal punto di vista sociale e umano!
    Non a caso in prima linea sono i religiosi che si escludono, per voto e per principio, dalla vita riproduttiva. Lo stesso forse, con motivazioni diverse, possiamo dire di Pasolini. Il suo tono assoluto, assiomatico, a proposito di questo problema, ha forse a che vedere con la sua assiomatica scelta di escludere la sua vita sessuale dalla sfera della vita riproduttiva. Piera Mattei

  3. Abortire NON è mai una passeggiata di emozioni multiple in vagina,nè fiori veri o inventati che alimentano la psiche. DOLORE cosciente e profondo si.,anche e qualora fosse stato INcosciente la disattenzione che permise l’ingravidamento. OGNI DONNA LO SA. L’uomo forse un pò meno. Nell’uomo, anche tra i più (evoluti) vive “nascosto” un Torquemada,un Santo Uffizio che,con la forza o con l’astuzia fa proseliti a vita.
    Bisogna difendere questa conquista a favore di un diritto femminile sempre negato e sempre pronto a sparire con scuse di falso moralismo NON amore per la vita il diritto di difenderla con consapevole volontà fosse pure per un “no” motivato nel profondo di se stessi. Bianca 2007

  4. Per concepire una vita c’è bisogno anche di un uomo e questo uomo, questa parte maschile è quasi sempre assente nel dibattito. Si sa le streghe son sempre donne. Ma possibile che una disattenzione o un errore debba sempre e solo essere pagato dalla parte femminile della coppia?
    Cosa pensano gli uomini? Cosa dicono? Chi ha mai fatto coming out su un argomento del genere? Chi ha osato dire: si a me è successo e io e mia moglie/compagna/fidanzata abbiamo deciso INSIEME di abortire?

  5. La vita, ogni vita è sacra, sono pienamente d’accordo ma anche la vita della donna è sacra e non può essere sempre la sola a pagare, in denaro e spesso disprezzo, per qualcosa che si è commesso in due.
    Ci sarebbe un mezzo per contrastare l’aborto (tranne i casi di violenza) ed è l’educazione capillare. Occorre far maturare uomini e donne, fin dalla prima adolescenza, a rispettare tanto la vita da non crearla alla leggera.

  6. certamente è auspicabile che come il racconto delle proprie esperienze abbia aiutato il dibattito pubblico, arrivino racconti di coppia e non solo di parte, però al contempo non facciamone una questione di donne e uomini, nel senso che è una questione di diritti civili che ci riguarda in quanto cittadini ( e quindi non è che l’uomo è tirato in ballo solo in quanto partecipante alla fecondazione ), fermo restando che la decisione ultima, per quanto condivisa, è unicamente di chi partorisce.
    @ Bianca 2007
    ho guardato un attimo fa, nessun Torquemada inside 🙂

  7. Accolgo l’invito di Elena, qui sopra. A me e alla mia ragazza di allora (parliamo di circa venti anni fa) capitò di abortire. Il travaglio interiore non fu lacerante, perché quella gravidanza portò alla luce un suo problema congenito che la metteva a rischio di vita. Ma questo non lo sapemmo subito: incappammo infatti in un primario pro-life che fece di tutto per confonderci le idee, garantendoci l’impossibile e soprattutto il felice esito della gravidanza. Fui io, che non ci vedevo chiaro, a rubare (letteralmente: rubare) in archivio la cartella clinica e gli esami (lei era ricoverata, e quindi non era possibile richiederli). La portai per un consulto a un gruppo di specialisti che una mia amica era riuscita a mettere insieme nella clinica in cui lavorava. Questi impallidirono e mi dissero di tirarla fuori immediatamente da quell’ospedale, dove stava rischiando la vita già in quel momento e da dove non sarebbe mai uscita viva se non avesse interrotto subito la gravidanza. Cosa che facemmo in realtà in quello stesso ospedale, imponendo la nostra scelta al folle e permettendo quindi l’intervento chirurgico risolutivo che non sarebbe stato possibile con la gravidanza in corso. Questo breve racconto non per fare professione di eroismo, ma per mostrare un comportamento che ritengo in realtà abbastanza normale nella maggior parte degli uomini della mia generazione, che non credo siano peggiori di me. Ci siamo, di solito. E’ dal dibattito pubblico, che tendiamo ad essere pericolosamente assenti o, quando non lo siamo, ad intervenire in modo scomposto e maldestro. Qualcuno accampando diritti, altri ostentando posizioni ideologiche e fideistiche, e altri ancora sfoggiando un atteggiamento liberale che nasconde paura o disinteresse: ma sì, è giusto che abbiate questo diritto, fa comodo anche a noi che possiate decidere di sbrigarvela da sole. Nel privato, gli uomini che conosco e che come me (anzi, in modo più drammatico di me, che in fondo non avevo una reale possibilità di scelta) hanno vissuto questa esperienza non l’hanno presa affatto alla leggera. Credo però che anche in questo campo manchi, nella maggior parte delle coppie, la capacità di confrontarsi a partire dai sentimenti e dalle emozioni; un confronto che alla fine magari arriva, ma dopo un percorso tortuoso e tormentato fatto spesso di litigi, incomprensioni, accuse reciproche. Non credo sia casuale se, almeno nella cerchia di persone che conosco, l’aborto abbia quasi sempre preluso alla fine della coppia, o quanto meno a un periodo di forte crisi. Credo che quasi sempre la paura (di entrambi) e la scarsa conoscenza di cosa giace nelle profondità recondite proprie e dell’altro/a inducano le persone a rifugiarsi dietro i sempre rassicuranti stereotipi. E quindi io, donna, ti accuso perché mi lasci emotivamente sola (qualche volta anche materialmente) a gestire questa enormità, e io, uomo, ti rivolto contro l’accusa perché che cazzo vuoi, ti ho lasciato piena libertà di decidere o (variante opposta) tu vuoi fare tutto da sola e mi escludi dalla decisione sulla vita di mio figlio! Mio figlio, cazzo! Chi non riesce a superare questa fase del confronto (che per fortuna non riguarda tutte le coppie: c’è anche chi parte subito dal livello superiore) accumula poi un rancore che può sfociare, in futuro, in posizioni pubbliche non qualificabili altrimenti che come razionalizzazioni a posteriori del proprio risentimento. Restringendo il campo all’ottica maschile, che è l’unica su cui posso dire qualcosa che non sia una congettura, oltre alla paura c’è anche molto imbarazzo. Si hanno remore, a dire qualcosa su un avvenimento che si decide sul corpo di un’altra persona. E però… mentirei, se dicessi che quell’aborto non l’ho vissuto io stesso come un sacrilegio. Io che sono ateo, e che avevo come unica scelta non solo di avallare, ma anzi di sollecitare la decisione della mia partner di allora. Perché ne andava della sua stessa vita. Dopo vent’anni, e più che mai ora che sono papà di due bambini nati in un’altra vita, avuti con un’altra donna, mi trovo spesso a chiedermi come sarebbe stato quel bambino, e che uomo sarebbe adesso se avesse potuto nascere. Me lo chiedo con nostalgia, con un dolore remoto ma presente. Lo stesso che provo quando penso ad altri bambini non nati, voluti in questo caso, e però respinti indietro dalla natura. La posizione di Pasolini è insostenibile a livello pubblico, è reazionaria come spesso lui sapeva essere (aspetto pasoliniano mai messo abbastanza in luce, secondo me), ma a livello di sensibilità personale e privata la capisco. Ecco, l’ho detto. Mi sto sforzando di vincere l’afasia che colpisce anche me, come la maggior parte degli uomini, quando si parla di questo tema. E’ più facile limitare l’esposizione all’aspetto pubblico: in quel campo deve dominare la razionalità, necessariamente, e non sono possibili a mio avviso posizioni diverse da un aperto e combattivo sostegno alla libertà di scelta da parte delle donne. La 194, in quest’ottica, è forse anche troppo restrittiva (nei principi, più che nella prassi, al netto dell’obiezione tracimante).
    Ma il privato, ciò che si sente dentro, è un’altra faccenda. Lì io non ce la faccio a considerare l’aborto semplicemente un’opzione tra le altre possibili. Dovesse capitarmi oggi, una gravidanza indesiderata con mia moglie, credo che mi spenderei molto per convincerla ad andare avanti, se lei volesse invece fare altrimenti. Ovviamente finirei per accettare una sua diversa decisione, ma sono piuttosto certo che soffrirei molto e non so neanche dire se riuscirei a sviluppare quella condivisione necessaria a salvaguardare il rapporto. Perché credo che uno dei punti nodali sia questo: il partner, l’uomo, non deve solo “accettare”: deve essere capace di arrivare a condividere empaticamente quella decisione; se non ci riesce – e non sempre basta l’amore, per arrivare fin lì – si sedimenta un senso di amputazione, un dolore, infine un rancore che può portare anche alla fine del rapporto, se non affrontato e superato. E’ una ferita anche per noi, la fine volontaria di una gravidanza. Perché anche uno come me, che alla forza incoercibile della natura non ci crede più di tanto e privilegia il culturale e il sociale rispetto al presunto naturale (che spesso non si sa neppure bene cosa sia), in questo caso alla natura deve inchinarsi: un’altra persona porta in sé una parte di me, una parte che mi interessa, e dipende solo dalla sua volontà il fatto che quella parte sia coltivata, oppure no.
    Per questo mi ero ripromesso di leggere il libro di Chiara Lalli, “La verità, vi prego, sull’aborto”. Purtroppo non ne ho ancora avuto il tempo, ma se ho capito bene le anticipazioni che ho letto l’autrice si ripropone, tra le altre cose, di sfatare quello che per lei è un luogo comune, e cioè che questo evento debba necessariamente essere associato a sofferenza e travaglio; l’aborto sarebbe quindi una decisione che rientra nel ventaglio delle possibilità che si aprono a una donna, punto e basta. Dal punto di vista del discorso pubblico, che certo non deve essere condizionato dalle emozioni, questo è per me certamente vero; dal punto di vista privato può anche essere, per quanto ne posso sapere io, che esistano donne in grado di prendere una tale decisione a cuor leggero; mi sento però di dire che una donna così io accanto a me non la vorrei. Spero di aver chiarito bene il mio pensiero, che penso possa essere rappresentativo di quello di moltissimi altri uomini convintamente dalla parte della 194 e anche oltre, ma comunque privatamente dubbiosi e problematici in materia. E spero anche di non aver detto cose che possano risultare pesanti per qualcuno: per esperienza, so che quando si toccano certi temi si finisce quasi sempre per urtare qualche sensibilità. Se l’ho fatto, non era mia intenzione.

  8. facile dare sempre la colpa di tutto ai preti. Noi abbiamo dormito sulle nostre battaglie vinte, ci siamo fatte infinocchiare dalla visione della donna-oggetto, ci abbiamo giocato su, ci siamo fatte abbindolare. Diete, cosmesi, botulino, fitness, ritocchi…Ora che le nostre figlie sono in età di “rischio gravidanza indesiderata” e che vediamo la vita che fanno (discoteca, feste, abuso di alcolici e sostanze) ci svegliamo e scopriamo che il diritto ad abortire in una struttura sanitarie viene messo in crisi dalla società, da uno stato e addirittura a livello di concezione europea. Io non avrei mai abortito, nè consiglierei di abortire ad una figlia o nipote, ma non per questo mi permetterei di vietare a una donna di esercitare una libera scelta. L’aborto volontario (e qualche volta anche quello spontaneo) spacca la coppia. Non è mai una passeggiata e non credo che donne dotate di normale coscienza e normale afftettività lo possano vivere senza -almeno- dispiacere. la parola “autodeterminazione” non mi piace per niente, in nessun ambito. nessuno di noi si autodetermina del tutto, crede di farlo (e questo rischi di diventare patologico) se non si rende conto che le sue scelte sono anche il frutto di un condizionamento sociale.

  9. Scusate ma le intemerate di sagitta contro cose peraltro assolutamente legittime come fitness, cosmesi e discoteche ecc.. non c’entrano nulla con questa discussione.
    Sul piano strettamente “politico” io dico questo: nessuna gravidanza può essere interrotta (salvo gli aborti spontanei ovviamente) o portata avanti senza il consenso della donna incinta, questo è un dato di fatto che dovrebbe tagliare la testa ad ogni argomento “pasoliniano” o “amatiano” e qualunque cosa provi una donna dopo un aborto (dispiacere, dolore oppure no, sollievo o altro a seconda di situazioni e circostanze, di sicuro abortire non è mai una festa) è di per sè legittima.
    Poi se passiamo al piano umano e personale la cosa può essere più complessa come scrive maurizio e anche questo va rispettato.

  10. Trovo che l’unico commento degno di nota sia quello di sagitta.
    In molti casi si continua a parlare invece di autodeterminazione, insieme difendendo una legge che da tempo è a rischio applicazione per via del massiccio ricorso all’obiezione di coscienza, ma che non è per niente ispirata a un’idea di autodeterminazione totale, ma prevede casi precisi e l’obiettivo nobile dei tempi fu quello di rendere legale l’aborto, procedendo contemporaneamente con una buona educazione sessuale e alla contraccezione, in maniera di eliminarlo proprio l’aborto.
    mi pare che troppo spesso i più difendano una legge che non c’è e che era all’epoca “solo” nella testa dei radicali che infatti, tramite lo strumento referendario, avrebbero volutovo abolirla perchè troppo restrittiva.
    E la delegittimazione delle altrui opinioni, unita alla sistematica presunzione di malafede non aiuta, così come non aiutano le parole e i toni sprezzanti: per me le posizioni di un Pasolini non sono aberranti, sono le sue posizioni, spiegate con argomenti logici. E Amato Giuliano personalmente dice cose aberranti su altri tempi, di politica, di lavoro, ecc.
    Quelle sull’aborto (così come su tutte le questioni etiche) sono posizioni legittime, da parte di tutti.
    E se si hanno passione argomenti umanità buon senso e rispetto verso tutti – eliminando una volta per sempre vecchi slogan e vuote parole d’ordine e paroloni tipo medioevale e oscurantista – si possono portare avanti le proprie battaglie e anche vincerle.

  11. Oh, meno male che c’avemo chi dà il rating ai commenti! Così la prossima volta ci impegnamo e magari prendiamo sei. E ci dica professoressa Marilì, ci dica, dovè che abbiamo sbagliato? Ci consigli, così ci emendiamo!

  12. Molto toccante il commento di Maurizio.
    Penso che proprio perchè i diversi approcci al ‘tabù’ provengono da più parti il problema non risieda nè nella ‘visione fondamentalista cattolica’ nè in quella laicista da chiunque provenga (Pasolini/Amato/Ferrara o chi per loro). La questione chiama in gioco tutti. Sul piano di realtà. Non è una questione ‘al femminile’. E’ una questione di civiltà, di cittadinanza, di libertà. Sono certa che le donne deciderebbero il meglio per sè e per chi è coinvolto da tale decisione (eventualmente abortiva- il partner, per intenderci, e l’eventuale creatura) all’interno di un sistema Paese (culturale- giuridico- amministrativo) più corretto, che le vedesse effettivamente soggetti autonomi di diritto, che dialogasse con loro senza giudicarle o porre divieti. Istituzioni sanitarie comprese che dovrebbero offrire professionalità e trasparenza. Penso pure, però, che sarebbe utile monitorare il rapporto maternità/paternità responsabili, in rapporto al tema (più apertamente quanto inutilmente dibattuto) del welfare. Il tabù sull’aborto, a mio avviso è una cosa molto seria, una di quelle propaggini estreme che nasce dalla discrasia ancora presente sul territorio tra cittadini (non solo tra maschi e femmine ma anche ricchi e poveri, tra istruiti e meno istruiti, ecc.). Purtroppo mancano ancora i numeri. Quelli che contano in democrazia. Da qui la difficoltà di affermare decisioni (pur drammatiche) che dovrebbero trovare attuazione attraverso strumenti di legalità.

  13. Il rating in effetti mi mancava. Quanto all’umanità e al buon senso, sono spiacente per Marilì, ma non vedo umanità e buon senso nelle argomentazioni dei NoChoice. Quanto ai paroloni oscurantisti e medievali come autodeterminazione, ci dica lei quale narrazione possa essere convincente, se si esclude il “siete tutti degli imbecilli” che traspare dalle sue parole. Sono pronta a prendere appunti.

  14. (Mi ha indicato un errore di service unvailable quando ho provato a spedire il commento)
    Perché tabù? Mi sembra che sull’aborto si discuta e che, proprio perché se ne discute, è difficile trovare soluzioni condivise. Meno male, mi viene da pensare, che la discussione sia così difficile: perché significa che esiste uno spirito critico e che la questione è percepita in modo sensibile.
    Da parte mia, annichilente sarebbe se esistesse una sola voce. Ma non succede, fortunatamente.
    Però, se alcuni personaggi pubblici che in genere sono un estratto non si espongono sulla questione non significa che nel Paese esista un tabù. Essi non sono il Paese. Guardare ad essi come la rappresentanza del Paese ho paura che possa portare ad un fraintendimento verso la comprensione delle persone che fanno realmente il Paese, che non sono illuminate dai riflettori.
    Piuttosto, un tema tabù è la pedofilia. Questo sì non lo si può affrontare, sia pubblicamente che privatamente. Così come un tema tabù, che riguarda il Palazzo anche se non circoscritto a questo, è la discussione sulle proprietà finanziarie di chi, veramente ricco, è attivo politicamente; di questo, là, cioè qui, nel palazzo, non si può parlare.
    Mi sembra che l’articolo di Pasolini iniziasse con una affermazione precisa e, secondo me, ragionevole: “chi può dire di essere a favore degli aborti?”, correggetemi se sbaglio: sto usando la memoria per un articolo giornalistico. Pasolini era ideologico e non era il solo o il più amato intellettuale di riferimento. Poi, povero lui, non è riuscito a vedere la comparsa dei telefonini, la perdita della fiducia umana provocata dalla rapidità connettiva, questa questione di internet che mi sembra ancora da scoprire nella sua estensione e le resistenze che si formano e che, per fortuna, non se ne discute sui palchi mediatici. Anche perché questi non le conoscono. Chissà qual è la concezione dell’aborto nei luoghi non visitabili dai media.
    Per mio, credo fortemente che l’obiezione di coscienza sia un escamotage che, questa sì, la considero aberrante. Poiché un medico di questo tempo non potrebbe rifarsi ad altro che ai contributi portati dalla scienza, non alle convinzioni religiose o morali. Sempre che non voglia perdere la propria credibilità di medico. Mi sembra che inserire l’obiezione di coscienza come facoltà di scelta per i medici significhi avere un’idea infima di cosa è significato far progredire la medicina, di ciò che ha moralmente, religiosamente, dovuto superare per proseguire la propria ricerca.

  15. Loredana, credo però che definire aberranti le posizioni di Pasolini non sia un buon modo di dialogare. Direi che le sue parole siano frutto di un’analisi basata su convinzioni scriteriate circa la società e le persone, ma non aberranti. E in realtà il commento di Marilì pone una questione vera, perché a leggere il testo della legge 194 in effetti mi sono chiesto ( a meno di non averla letta male ) perché difenderla così tanto, dato che è un testo ambiguo. Non dice che una donna è libera di abortire punto, ma laddove ci sia un serio pericolo per la vita psichica o fisica e in relazione a certe condizioni. A me questo non sembra un modo per garantire autodeterminazione. Mi sembra più un modo per dire, ok, l’aborto è sbagliato, ma non criminalizziamo. Anche il teatrino dell’obiezione di coscienza credo derivi da questa ambiguità.

  16. Il mio intervento precedente è frutto di una riflessione sociologico-esperienziale. Appartengo alla generazione nella quale i radicali organizzavano consultori sulla contraccezione interpretando in anticipo lo spirito preventivo della 194. Non si può vietare ad una donna di abortire se veramente lo vuole fare. Sente l’embrione come un intruso, non come una vita potenziale. Avverte la gravidanza come il crollo dei suoi programmi, se è ammalata in modo ancora più drammatico. Bisogna garantirle, nell’interesse suo e di tutti, la possibilità di interrompere la gravidanza in modo sicuro e non dannoso alla sua salute. Ma non si può neanche costringere un medico obiettore (sincero) a praticare un IVG. Sarebbe una violenza inaudita. Se il regime nazista avesse ammesso l’obiezione di coscienza forse non avremmo avuto 6000 morti nei campi di sterminio. Certo che l’obiezione di coscienza usata da certi medici come strumento per far carriera o per rifiutare un impegno noioso e, chissà, poco remunerativo, la svilisce anche nel suo contenuto valoriale. Ma basta con le dita alzate “io sono mia” l”autodeterminazione” e vecchiumi simili. C’è un padre, o potenziale tale, da interrogare e responsabilizzare. C’è una società che avrebbe bisogno di futuro. Si abortisce a 25-30 anni per cercare figli improbabili a 40, magari lamentandosi poi della L.40! Pensiamoci.

  17. Sagitta, appartengo alla stessa generazione e ho rivolto un invito agli uomini a parlare in questo stesso post (salvo che quando parlano arrivano le Marilì di turno a dire che quelle parole non vanno bene, visto che Ella ha il Verbo). Ho criticato l’impianto della 194 per decine di post negli anni, anche se mi rendo conto che non si è obbligate a leggerli. Ma almeno mi sarà consentito dire che arrivare a piè pari per contestare una parola, “autodeterminazione” (non ho mai scritto “io sono mia”, gli stereotipi della vecchia femminista teneteveli, grazie, o almeno informatevi sul luogo in cui state dialogando, prima di spararli fuori) va benissimo: ripeto quello già detto e ripetuto. Quali sono le nuove narrazioni? Prima di fare le maestrine, ditemelo, grazie.

  18. @Sagitta: nel discorso generazionale non entro e non commento i riti e i linguaggi che si sono generati in quel periodo, perché io non c’ero. Però mi preme sottolineare alcuni equivoci “fallaciani”, se mi si passa l’analogia acrobatica; intendendo per tali quelle posizioni di sapore reazionario di ritorno (almeno al mio palato) che sono niente più che luoghi comuni e tali apparirebbero, se solo ci si prendesse la briga di vagliarli alla luce di informazioni reali. “C’è una società che avrebbe bisogno di futuro. Si abortisce a 25-30 anni per cercare figli improbabili a 40”. Come se fosse l’aborto, il principio responsabile della denatalità della nostre società. A fronte di circa 200.000 aborti l’anno, molti dei quali terapeutici, il numero enorme dei non nati va ricercato nell’insicurezza e nella precarietà, come dimostra il confronto scientifico con paesi che hanno messo in campo politiche serie a sostegno della genitorialità e hanno dedicato reale attenzione all’infanzia (Francia, Germania, ma ancora di più le socialdemocrazie del Nord Europa). E poi il riferimento, che in sincerità trovo odioso e carognesco, alla legge 40. Che vuoi dire? Che quello è un falso problema, perché chi voleva figli avrebbe dovuto pensarci prima? E tu chi sei, per giudicare i percorsi di vita degli altri? Non credi che dovresti confrontarti con la realtà, quella vera delle persone in carne e ossa, invece che con le congetture che vivono solo nella tua testa? Se lo facessi, magari sapresti pure che nei campi non morirono 6000 persone, ma sei milioni di ebrei (leggasi milioni, non migliaia: un milione = mille volte mille); più svariate centinaia di migliaia di altri esseri umani di varia estrazione: nomadi, omosessuali, malati mentali, disabili, piccoli criminali. Non è un caso in cui basta enunciare il principio: è una di quelle situazioni in cui le dimensioni contano. Oh, quanto contano, e quanta superficialità rivela il non averle presenti!

  19. Da molti dei commenti noto con immensa amarezza che poch* hanno capito il grido d’allarme di Loredana. Per questo si preparano tempi bui per le donne e per tutte le minoranze.

  20. @ sagitta
    non si capisce perché mai l’autodeterminazione appartenga al vecchiume, semmai è il contrario. I medici nazisti, ma non solo ( pratiche di sterilizzazione forzata e di sperimentazione farmacologica e di psico-chirurgia sono state adottate nei principali paesi democratici di allora ) , praticavano senza il consenso delle persone, cosa oggi non più permessa proprio perché vale il principio dell’autodeterminazione più o meno garantita grazie al consenso informato. E l’obiezione di coscienza non può prevaricare questo principio. Se non ti piace l’IVG non ti fai assumere nella pubblica sanità. Che poi si possa fare un discorso sul fatto che se oggi questo è un tema percepito come di appartenenza esclusiva femminile, almeno per quanto riguarda la sfera politica pubblica, probabilmente derivato da un difetto di impostazione iniziale, forse ci può stare.

  21. “siete tutti degli imbecilli” non è assolutamente il sottinteso al mio commento e non ho proprio niente da insegnare.
    semplicemente io “c’ero” e ricordo come andarono le cose e come si sono poi evolute nei decenni.
    i termini oscurantismo, mentalità medievale, non erano – come è evidente – riferiti all’idea di autodeterminazione, ma al tono con cui di solito una “fazione”, quella “progressista” si rivolge all’altra, quella “reazionaria”. E quella reazionaria dal canto suo non sa far di meglio spesso che rispondere con epiteti diversi ma ugualmente sprezzanti.
    Ho inserito dei “per me”, “personalmente”, ho solo detto come la penso.
    @Maurizio: la sua domanda “ci dica dove abbiamo sbagliato così ci emendiamo”, insieme all’incomprensibile sarcasmo, potrebbe essere benissimo applicata al post di cui si sta discutendo: lo rilegga, poi, visto che sa leggere e mettendosi in una posizione super partes, mi dica se i toni non potrebbero essere interpretati come quelli di chi deve impartire lezioni di civiltà ai duri di cuore e di cervello, intellettuali “laici” e mondo “laico” in primis, dato che risulta incomprensibile all’autrice del post come possa un “laico” avere opinioni sull’aborto come quelle di Giuliano Amato.
    E non posso a questo punto non ricordare l’ottima definizione di “laicità” di Claudio Magris.
    P.S. ogni blogger di successo ha i suoi fedeli, nessuno escluso.

  22. Il Ps qualifica marilì (o chiunque si nasconda dietro il nick) per quel che è. Non ho altro da aggiungere, davvero, se non la tristezza per il groppo di livore che alcune donne si portano dentro da decenni nei confronti delle altre. Da ultimo, peraltro, noto che quando si tocca un padre politico, specie se di sinistra, ci si scatena molto volentieri: valga il caso delle donne Pd che azzannano Michela Murgia.

  23. Il livore di alcune donne verso le altre mi ha sempre stupita, così come altre si pensano emancipate adottando i comportamenti e le argomentazioni sessite, e stantie, maschili.
    A proposito di donne e dei loro per me incomprensibili comportamenti. Mi diletto con la grafica e ci sono donne veramente in gamba in questo settore ma per la loro grafica usano immagini femminili orrende, cattive, disastrose, volgari. Perchè lo fanno? Non lo so, loro parlano di bellezza ma non credo sia una risposta ragionata. E’ solo comoda.

  24. Provo a buttarla là: se l’autodeterminazione non è più un principio, un caposaldo, cosa vuol dire essere laici/laiche nel 2014? Senza questa fondamentale risposta non è possibile alcun intervento di stampo “laico” su questo e altri temi denominati (dai loro detrattori e nemici) “eticamente sensibili”.

  25. @Maurizio, lo so che sono sei milioni i morti nei campi di sterminio, ho sbagliato e chiedo venia; era tardi e stavo per andare a dormnire dopo una giornata faticosa. Mi sono resa conto della svista ma qui non c’è il tasto “modifica”. Lavoro nel sociale e non finisco di stupirmi di come i comportamenti di centinaia di persone con cui ho a che fare ogni anno, appaiano (sottolineo “appaiano” e non “siano”) contraddittori e poco responsabili. La crisi ha acuito problematiche sociali e familiari, impedisce ai giovani di avere quelle certezze che i nostri genitori avevano conquistato per noi. Negli anni, la vigenza della 194 ha dimostrato che il ricorso all’IVG è diminuito parecchio. Oggi non ci sono comunque soldi per sposarsi, metter su casa, pagare un affitto; o per lo meno non sono sicuri e garantiti, lo so bene. Ma quello che ci ha salvato dal fare la fine della Grecia è il risparmio delle famiglie: ecco perchè penso che in occasione di gravidanze inattese, si potrebbe fare uno sforzo condiviso anzichè sentirsi “derubate” del futuro, specie se si è finito il percorso scolastico e universitario. E non voglio insegnare niente a nessuno, ma se è consentito intervenire…. Le nuove narrazioni, @lalipperini, parlano di domande nuove sulla vita e sulla morte, ci si interroga, alla luce delle scoperte scientifiche se non di un senso etico più profondo. La 194, ripeto, è una buona legge, può essere anche migliorata, ma non costringendo un medico effettuare un intervento che per lui è un omicidio. Piuttosto indaghiamo se questi medici non pratichino aborti nelle cliniche private o in studio. Magari lo si sa, ma non lo si vuol dire? L’autodeterminazione è una chimera , viviamo insieme agli altri, quello che facciamo ha sempre effetti sugli altri. la nuova parola che vorrei venisse detta, anche per i padri potenziali, è una sola: responsabilità.

  26. …aggiungo alla solidarietà espressa a Luca Perillio, che purtroppo anche il “mio” commento NON si è capito. Mannaggia amme che mi vanto di dire in modo molto esplicito, questo è pane e questo invece è vino ma…beh fate vobis. Io ce l’ho messa quasi tutta. Il resto mi riguarda relativamente. Mica ho la toga da giudice neh?…e neppure da santa pedagoga. In tutti i casi questo è un post sul quale vale veramente soffermarsi e riflettervi. Saluti,Bianca 2007

  27. @Sagitta: beh, certo, così spiegata la tua posizione si capisce meglio. Continuo a non condividerla, però. Mi pare una versione moderna dell’arcaico “dove si mangia in due si può mangiare anche in tre”. Il famoso risparmio delle famiglie italiane, accumulato in forma di patrimonio, nel concreto ha preso la forma della casa: in Italia quasi tutte le famiglie (più o meno l’80%) sono proprietarie dell’immobile in cui vivono, e questo spiega il tono miracolistico di quei giornalisti che vantano la capacità di risparmio del nostro popolo. Ma le mura, oltre a non mangiarsi, si mangiano (loro) una bella fetta di reddito: non paghi l’affitto, ma spesso paghi il mutuo, la manutenzione e una gragnuola di tasse. E quindi non puoi usare quel risparmio passato, ora diventato casa, per mantenere una persona in più senza scivolare sotto la soglia di povertà. Di solito funziona così. Non sono d’accordo nemmeno sulla legittimità dell’obiezione di coscienza a gratis, e anzi premiata: se fai il ginecologo dovresti saperlo, che lo stato ti può chiedere anche questo. Io, per dire, mi occupo di finanza e sicuramente tra i prodotti con cui ho a che fare ci saranno quelli di aziende impegnate in attività detestabili. Ma, ahimè, a me l’obiezione non è consentita. E obietterei, oh se obietterei. Se non ti va di fare aborti, puoi sempre fare il dentista o quello che vuoi. Ma, se proprio non si vuole sposare questa linea hard, quanto meno si penalizzi in qualche modo chi obietta creando oggettivamente un problema, invece di premiarlo; e poi vediamo quanto reggerà la coscienza, di fronte alla prospettiva di una carriera meno brillante. Invece concordo con te sul discorso dei padri: è ora che ci si renda conto che i figli non sono delle donne e basta. Ci siamo, dobbiamo esserci anche noi.

  28. @Maurizio hai ragione: bisognerebbe allargarla l’obiezione di coscienza, se lavorassi nel tuo campo mi sentirei in crisi. Anzi, organizzati potreste farne una bandiera per una finanza equa. Se iniziate la battaglia ti appoggio senza meno.

  29. @Sari Perché ti meraviglia tanto il livore, l’invidia e alcuni comportamenti che ritieni incomprensibili fra donne ? Il “sistema” ha tutto l’interesse politico a tenerci divise e in conflitto ..è la “trappola patriarcale” che impedisce il legame fra donne perché è la forza più temuta e che potrebbe davvero rivoluzionare tutto..per fortuna le cose cambiano e ci sono donne schiette e meravogliose (delle intelligenze indipendenti) che ci circondano..YO DECIDO , donne unite per la difesa di un diritto alla decisione di essere o meno madre.

  30. @Sagitta
    Io ho un punto di vista diametralmente opposto al tuo: l’obiezione di coscienza va ristretta e duramente sanzionata, invece! A mio tempo obiettai x il servizio militare: mi aspettavano 6 mesi in più di naja, segnalazione su fedina penale, controlli dei carabinieri. La battaglia x un servizio civile alternativo a quello militare fu vinta attraverso pronunciamenti della Corte Costituzionale validi erga omnes e poi attraverso leggi ad hoc, non attraverso la premiazione dell’obiezione del singolo!!
    Quando si fa un lavoro, specie se pubblico, le proprie convinzioni non possono e non devono venire prima dello svolgimento del servizio stesso: se ho riserve di coscienza su di esso, non si sceglie o si cambia lavoro o struttura. Se ognuno di noi anteponesse le proprie convinzioni al servizio che deve prestare sarebbe il caos, si potrebbero derogare potenzialmente tutte le norme, all’estremo le leggi non avrebbero più senso di essere.
    La 194 è stata volutamente boicottata attraverso questo meccanismo che addirittura premia chi lo pratica: è arcinoto che nelle progressioni di carriera l’obiezione è titolo di merito.
    Sanzionare fortemente l’obiezione di coscienza (in generale) è una battaglia di laicità a favore, tra l’altro, delle persone più deboli. Perché a pagare l’obiezione dei ricchi medici pieni di sacri rimorsi sono spesso le donne più svantaggiate, più penalizzate, quelle più esposte ai molto poco sacri ferri delle mammane. Ed è un atteggiamento anti-individualista perché antepone il bene pubblico all’interesse (magari pure nobile) del singolo: trovo contraddittorio che proprio da chi fa grandi predicozzi su presunte dittature di relativismi e individualismi vari, venga l’esaltazione di un atteggiamento così egotistico, arbitrario e a sua volta dittatoriale (siccome la mia suprema coscienza mi dice la cosa x, tutt* dovete subìre le conseguenze delle mie convinzioni).
    Dato che questo ricorso all’eccezione x obiezione di coscienza si sta espandendo anche ad altri ambiti (vedi quello che è accaduto in Francia con la celebrazione delle nozze gay, per esempio), io trovo che il mondo laico debba combattere senza se e senza ma una battaglia per il ritorno della preminenza del concetto di servizio pubblico sulle convinzioni personali. Di fronte a un bene pubblico da tutelare, noi singoli dobbiamo fare un passo indietro. Battaglia “di sinistra” o per la collettività?

  31. Nessuno meglio di me, @luca perilli, sa cosa voglia dire preminenza del pubblico interesse su quello individuale. Mi tocca insegnarlo ai colleghi, figurati! ma il discorso della diatriba tra diritto naturale e diritto positivo dura da secoli. Pur avendo votato NO, convinta, al referendum sull’aborto (e lo rifarei), ho accolto con soddisfazione l’ingresso dell’obiezione di coscienza come riconoscimento dei valori, degli imperativi categorici di cui il singolo è portatore. Come dicevo qualche post fa, però, dello strumento non si deve abusare, corrompendolo ai propri interessi egoistici, altrimenti lo si svilisce nel suo alto significato morale. Tra parentesi, preferisco le nozze gay, dove si prende un fermo impegno morale reciproco di fronte alla comunità, alle convivenze senza regole.

  32. Standing ovation per Luca Perilli. La diatriba sul diritto naturale è stata risolta da un pezzo con l’attestazione dell’inesistenza dello stesso, non essendo possibile in alcun modo definirlo. Ci si attarda ancora solo Ratzinger e tutti quelli che, come lui, trovano troppo scomodo prenderne atto.

  33. Proprio su questo divergiamo, @sagitta: io non ritengo che al singolo debbano essere riconosciuti (all’interno di un servizio pubblico) “imperativi categorici” perché ognuno potrebbe essere portatore di istanze rispettabilissime ma tali da inficiare il servizio stesso.
    E non mi piace neanche la categoria della “moderazione”: un servizio, un diritto, o c’è ed è garantito anche se come singolo non lo condivido, o non c’è.
    Purtroppo abbiamo scambiato il sacrosanto rispetto del pluralismo delle opinioni con la facoltà di lasciare che qualcuno “più uguale degli altri” imponga a tutti le proprie. In Italia questo seme è stato attivamente coltivato soprattutto (ma non solo) da parte cattolica e da anni ha attecchito anche in troppi sedicenti laici. Con le conseguenze che vediamo ora: ci siamo ridotti a pregare/sperare che gli assolutisti si autolimitino e non abusino delle loro posizioni divenute nel frattempo dominanti; si chiede il favore di rispettare un diritto, sempre che le lor coscienze permettano, però!
    Aldilà della questione di principio, nella pratica il problema sta in una domandina insidiosa: chi ne fa le spese? I più deboli e i più corretti, tanto per cambiare.

  34. …e permettetemi: si può finalmente dire che Pier Paolo Pasolini, almeno in materia di morale, era perfettamente organico alle “2 chiese” (quella cattolica e quella comunista), al punto da essere perfettamente antimoderno? E si può dire che l’antimodernismo si pone agli antipodi di qualsiasi concezione laica? E che il contrario di un relativismo laico è un assolutismo dogmatico? Qualcuno s’è mai chiesto come ha fatto CL a impadronirsi del pensiero dell’intellettuale tanto caro alla sinistra italiana!?

  35. ma certo che si può dire. L’unica cosa è che è un po’ troppo facile, e che la riflessione dovrebbe servire per una auto-critica, non tanto per evidenziare i normali limiti di una persona.

  36. Cosa ci dice questo post? Che in Italia esiste il tabù dell’aborto. Cosa ci invita a fare questo post? a prendere posizione, a schierarsi. poi a discuterne, e a parlarne, “limpidamente”. E “limpidamente” il post ci dice che è risaputo che molti cattolici sono fondamentalisti. e questo in effetti lo sapevamo. Ma quando invece tali opinioni sono espresse da intellettuali laici.che dobbiamo fare, restare spiazzati? Santo Cielo Giammai! Ecco che il post ci viene in aiuto. Quando in materia di aborto un intellettuale laico esprime una opinione diversa dalla nostra essa sarà definita “Aberrante” . Per cui Giuliano Amato avrà una posizione Aberrante. Pier Paolo Pasolini diciamolo pure tutti insieme “Aberrante” E così via chiunque che oserà sfilarsi anche di poco dal corteo laico. Ho letto con interesse la testimonianza di Maurizio. Alla fine secondo me un tantino aberrante lo è anche lui. Non si offenda , mi permetto di ricordare un altro grande intellettuale forse conosciuto anche dai commentarium, anche lui estremamente contrario all’aborto, alla libertà di scelta, all’autodeterminazione si chiamava Mohandas Karamchand Gandhi detto il Mahatma. Aberrante!
    ciao,k.

  37. @ k. ( e all’insostenibile leggerezza del pippone su Gandhi )
    se seguiamo la visione di Gandhi, ma anche solo se consideriamo la vita nel suo aspetto intrinsecamente violento siamo tutti aberranti. C’è poco da fare. Per questo è perfettamente inutile la visione di Gandhi nella nostra società, o anche una visione anti-specista forte, per cui ogni vita sta sullo stesso piano. Ma il post dice un’altra cosa, leggilo meglio. Al netto del termine “aberrante” la critica non è rivolta alla posizioni di Amato e Pasolini e dei pro-life in quanto non allineate al pensiero laico o ateo, ma per quello che dicono. Questa è una bella differenza.

  38. Su Gandhi vale questa riflessione di George Orwell: “i santi dovrebbero essere considerati colpevoli fino a che non vi è la prova che essi sono innocenti”

  39. Aberrante, forse. Ma non arruolabile. Le sofferenze private non devono condizionare le posizioni civili. E la mia, di posizione civile, è senza ombre: sostegno alla libertà di scelta delle donne. Insieme ai loro compagni, auspicabilmente. Ma questo aspetto non riguarda il mondo dei diritti.

  40. @k Hai centrato il problema: questi “dissenzienti” possono definirsi (ancora) laici? Io dico “nettamente e limpidamente” NO. Dopodiché la loro opinione è rispettabilissima, ma dirsi “diversamente laici” in nome della libertà di espressione significa solo gettar fumo negli occhi e significa non dirsi la verità: da laici sono diventati altro, quindi non lo sono più. Se la libertà di scelta nella nostra società va limitata da singole posizioni ideologiche fatte valere come eccezioni imprescindibili, la nozione stessa di diritto muore inesorabilmente e diventa concessione. Se i citati pensatori sedicenti laici sono pervenuti (legittimamente) a queste posizioni abbiano il coraggio di dire esplicitamente che laici non sono più. Stesso lavoro, però, dobbiamo fare noi. Per onestà con noi stess* e per non raccontarci comode favolette.

  41. Boris,
    procedere con parole e toni aggressivi e perennemente scandalizzati delle altrui opinioni, quindi in maniera del tutto antilaica, non farà altro che incancrenire le opposte fazioni nelle proprie convinzioni e nella propria intolleranza che a volte sfiora il fanatismo; ribadisco il concetto che questa cosa vale – per me – per entrambe le fazioni dove da una parte c’è perennemente l’apocalisse, dall’altra le solite vuote parole d’ordine e una certa sbrigatività nei confronti di temi che vanno sempre maneggiati con cura. Un esempio: consultate se vi va i siti dell’uaar e dell’uccr, la maggior parte dei commentatori di entrambi sono – sempre per me – ottusi, chiusi e fanatici, in maniera speculare.
    In mezzo c’è una affollatissima platea di persone che vorrebbe, ma non riesce quasi mai, a parlare ANCHE di questi temi in tranquilla civiltà e senza lanciarsi reciproci anatemi.
    Tanto appunto, siamo – chi più chi meno, io per prima – tutti quanti delle misere merdacce puzzolenti e un po’ aberranti 🙂

  42. @ marilì
    guarda, io capisco ciò che dici, però a un certo punto posso anche trovare le parole migliori per dirlo, ma la sostanza non cambia di molto. Io non ho capito la tua posizione e il riferimento all’autodeterminazione. Non considero fanatico chi è contrario all’aborto, ma non accetto nessun argomento per impedire a una donna di abortire. L’autodeterminazione in questo caso diventa un principio inviolabile, direi sacro, ben sapendo che parlare di sacro non ha molto senso. Quindi sull’aborto non capisco di cosa dobbiamo parlare. Capisco se si parla di welfare, che potrebbe incidere dando la possibilità di una scelta più libera. Capisco se ne facciamo un discorso circa la coppia, gli aspetti psicologici che entrano in gioco. Capisco se ne facciamo un discorso di prevenzione, educazione sessuale eccetera. Argomenti in realtà collaterali. Così come non c’è da discutere sul consenso informato per un paziente, non c’è da discutere sul diritto alla IVG. Chi mette in discussione entrambi per me è un pericolo, e in questo divento intollerante.

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