Tag: Pier Paolo Pasolini

Prevedibilmente, alcuni giornali e molti profili social hanno rievocato in questi giorni alcuni stralci dalla poesia Il Pci ai giovani di Pier Paolo Pasolini. Qualche politico ha addirittura affermato di essere “come Pasolini” a difesa della polizia. Non stupisce, ma è desolante: non è bastato un centenario, non sono bastati decenni di studi pasoliniani per fare giustizia del pregiudizio. Varrà la pena, allora, riportare qui almeno qualche stralcio dell’articolo che Wu Ming 1 scrisse nel 2015 per Internazionale (con link all’integrale).
“La polizia italiana… si configura quasi come l’esercito di una potenza straniera, installata nel cuore dell’Italia. Come combattere contro questa potenza e questo suo esercito? […] Noi abbiamo un potente mezzo di lotta: la forza della ragione, con la coerenza e la resistenza fisica e morale che essa dà. È con essa che dobbiamo lottare, senza perdere un colpo, senza desistere mai. I nostri avversari sono, criticamente e razionalmente, tanto deboli quanto sono poliziescamente forti: non potranno mentire in eterno.”
 

Le parole possono essere più efficaci di un’arma? No, risponderanno in molti, e forse molti altri risponderanno sì. Questi sono giorni di fuoco, fuoco vero, dove molte zone di Roma vanno in fumo e anche le bancarelle di libri usati: il che, per molti, sarà poco significativo, ma quando i libri bruciano, come sono bruciati quelli della Pecora elettrica, la libreria nello stesso quartiere in cui si è sviluppato l’incendio di sabato, qualcosa luccica in fondo al cuore, che sia significativo o meno.
Dunque, mi torna in mente un giornalista e scrittore che nel Novecento provò a usare le parole per cercare qualcosa che gli era caro, la verità. Manlio Cancogni firmò uno degli articoli che hanno fatto la storia di questo paese:  uscì sull’Espresso dell’11 dicembre 1955, a pagina 3, con il titolo “Quattrocento miliardi”. Il titolo in copertina era “Capitale corrotta=nazione infetta”.

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