IN QUESTO MONDO DI AUTOBIOGRAFI

C’era una volta, in un piccolo paese dai pochi lettori, il libraccio fortunato: poteva essere la raccolta di barzellette del grande calciatore, l’annuario politico del giornalista televisivo, l’autobiografia di un personaggio noto. Il libraccio fortunato vendeva tante copie, gli editori si fregavano le mani, qualche critico sospirava sui tempi malvagi e oscuri e tutto veniva dimenticato, libraccio incluso, fino all’esemplare successivo.
In quel piccolo paese dai pochi lettori, va registrata un’inversione di tendenza che merita qualche parola, anche in vista del probabile caso mediatico che occuperà le pagine dei quotidiani nei prossimi giorni, quando, se le cose continueranno ad andare come sembra vadano in questi giorni quanto a numero di copie vendute, l’autobiografia di Fabrizio Corona, Mea culpa, pubblicata da Mondadori, entrerà in classifica, e sarà tutto un fiorir di ma perchè e ma percome.
In altri tempi, un libro così sarebbe stato presentato per quel che é: un acchiappacopie, rivolto a coloro che seguono le cronache scandalistiche e vogliono sapere tutto della storia d’amore fra l’autore e Belen.  Vende, porta un poco di sollievo nelle casse dell’editore, punto. Quel che avviene oggi è invece singolare: il curatore-coach-postfatore, Franco Bolelli, avverte con mesi di anticipo (maggio) che il libro è davvero potente, e che ha scelto di occuparsene sia perché chi “si reinventa” va appoggiato, sia perché “provo gusto a mostrare la lingua al perbenismo moralista”.
Dunque, chi esprime un dubbio non sul lecito e anzi auspicabile cambio di passo di qualsivoglia individuo ma sul fatto che per rinnovare la propria vita occorra scrivere un libro, è “perbenista” e “moralista”. Singolare definizione, ma diamola per buona. Pochi giorni fa, Bolelli torna sulla vicenda con uno status su Facebook nel quale rimette le mani avanti, dice che non l’ha fatto per denaro (e a questo credo: nel senso che i coach-postfatori-curatori vengano pagati comunque pochi spiccioli) e che il libro non è un’operazione di marketing. Contemporaneamente, sui social si sostiene, qua e là, che Mea culpa è un libro importante, una sorpresa, un evento: ancora un passetto e si arriverà a strillare che abbiamo il nostro Ed Bunker.
Dunque, il cambiamento è il seguente, rispetto alle autobiografie di Barbara d’Urso e di Pietro Maso (Mondadori, entrambi) : non ci basta pubblicare il libraccio fortunato, ma vi diciamo anche che è un libro importante, potente, sorprendente e se non siete d’accordo siete perbenisti e moralisti. Onestamente, erano migliori i tempi in cui si sosteneva che le vendite del libraccio fortunato avrebbero finanziato la prossima traduzione del vincitore dell’Orange Prize, o il giovane esordiente italiano, o anche un rifugio per gatti abbandonati: ipocrisia per ipocrisia, meglio quella vecchia. Specie in un momento dove ci si sta interrogando sulle strade possibili per uscire da una crisi editoriale devastante.
Ps. Ma come, diranno i miei piccoli lettori, non vuoi dare fiducia a Corona che magari ha scritto un bel libro? No, piccoli cari lettori, da quello che ho letto fin qui non è un bel libro, neanche un po’: solo che per le precedenti biografie mondadoriane (oltre ai citati, Roberto Cavalli, Licia Colò, Andrea Pirlo, Shel Shapiro, Alessandro Del Piero, Teo Teocoli, Anna Tatangelo e così via) nessuno si sarebbe sognato di lanciare anatemi preventivi verso eventuali diffidenti. Almeno questo.

17 pensieri su “IN QUESTO MONDO DI AUTOBIOGRAFI

  1. Questo si chiama parlare CHIARO e dare il valore giusto, ai nomi,alle cose,alle persone,a un’Ego molto compiaciuto e forse anche alienato da un’estemporaneo successo dovuto a un bel pò di fortuna. Brava! Bianca 2007

  2. non stimo corona. Non lo stimo se ciarla, se scia o se scrive. Il pregresso di Corona mi induce a non comprare un libro di Corona, foss’anche steso a 4 mani co Dio.
    Detto questo, non so se sono d’accordo. Questo tipo di ritorno narcisista a sporcarsi le mani con uno considerato cazzone ancorchè cattivello è una consolazione a cui il mondo intellettuale ha sempre ricorso quando ha potuto, in specie quando la percentuale di “dichiarazioni cazzone” è consistente. “Lavoro con uno che ha detto tante idiozie che la metà basta, ahò almeno è cattivo eh! come so’ controcrrente! come so’ gajardo! in salotto mi sento fichetto.” Sembra dire bolelli. La differenza la fa il social netwark che è la prova generale del salotto pubblico, il luogo dove si studia per come si vuole essere percepiti. Io non so se è corretto mettere sullo stesso piano ciò che è scritto sui giornali con ciò che è scritto sulla propria pagina benchè accessibille. Mi sembrano due contesti diversi che implicano necessità diverse e in cui le dichiarazioni hanno un peso diverso. Siccome questo tipo di atteggiamento c’è sempre stato presso vaste aree del mondo intelllettuale, la differenza per me la fa soprattutto Facebook, che ne mostra i tic mentali con molta più frequenza.

  3. Sai qual è la cosa triste? Che qualcuno finirà con l’accostare questo libro all’autobiografia Open di Agassi. Quello si che è un grandissimo libro!

  4. Il modello promozionale…
    Pensare che Open l’ho letto per pura curiosità, non aspettandomi niente, assolutamente niente di che e mi sono ritrovata tra le mani il libro più bello che ho letto nel 2013!

  5. “Ho scoperto tardi la magia dei libri. Dei miei tanti errori che vorrei che i miei figli evitassero, questo è quasi in cima alla lista”: sono le ultime parole dell’ultima pagina di Open (in coda ai ringraziamenti). Ecco: Open è la storia di come André Agassi è arrivato ad essere non “l’ex Number One” o “l’ex tennista punk”, ma un genitore che pensa queste parole, non si vergogna a scriverle e ci mette la firma (oltre che la faccia). Chiunque scriva un’autobiografia dovrebbe scrivere queste parole sullo specchio di casa, leggerle e chiedere se la faccia sotto le lettere è all’altezza di questo pensiero.
    (ps: non so se Open sia il più bel libro del 2013, lo sto leggendo in questi giorni e lo trovo un libro bellissimo, uno di quelli che ti fanno pensare mentre leggi. Un libro che andrebbe difeso dalla volgarità editoriale, perché è un sasso fiondato contro la volgarità del mondo contemporaneo)

  6. Quando Longanesi pubblicò le ‘memorie’ di Arrigo Dumini, l’assassino di Giacomo Matteotti, intitolate ‘Diciassette colpi’ le presente come una grande opera letteraria, la risposta italiana (e migliore) a Hemingway. Quindi non è una tecnica nuovissima (anche se Dumini, come minimo, aveva avuto una parte importante in un evento storico).

  7. Non avevo ancora guardato bene la copertina, il titolo, e il sottotitolo:”voglio che mio figlio sia orgoglioso di me” più gli occhioni da cucciolo bastonato. Patetismo cattolico a manetta. Mi arrendo.
    Il pubblico italiano non lo capisco, io ci avrei messo un titolo cazzuto tipo: “Educazione di una canaglia” e lo sguardo insolente come Eddie http://ecx.images-amazon.com/images/I/81BbsYSgszL._SL1237_.jpg
    A quel punto magari lo compravo anch’io 😀

  8. Non so perché, ma a me torna prepotentemente in testa il finale del sulfureo film di Oliver Stone “Natural Born Killers”…

  9. (da un po di tempo risulta molto difficile tecnicamente postare commenti. Non che voglia dire cose trascendentali,s’intenda. Probabilmente c’è il server scarburato,o qualcosa del genere)L’importante è che sia un soggetto originale(possibilmente scritto di proprio pugno),e un po di gloria effimera non si nega a nessuno.Il lettore peraltro deve imparare a scegliere senza condizionamenti cosa farsi scivolare tra le dita.Le cose migliori,quando non mi affido alla mia rubrica di traduttori preferiti,le ho pescate seguendo,non proprio alla lettera,il consiglio di McLuhan (“Per decidere se comprare un libro, aprilo a pagina 69”)

  10. Ho fatto un esperimento, così al volo, con alcuni libri letti di recente (uno pregevole, gli altri deludenti). La teoria di pag.69 sembra trovare conferma!
    Falsificabile e pure scherzosa, s’intende; se ne conosce l’origine?

  11. Ford Madox Ford dovrebbe essere il colpevole(certo,bisognerebbe capire chi è prima. Comunque non è che i regolamenti dei giochi vadano presi proprio alla lettera.Ricordo sempre che una volta per uscire dall’angolo di un fiori,frutta,città all’ultimo sangue,per uscire dall’angolo come fumetto con la R tirai fuori un “Ragno l’uomo” che non fu molto apprezzato dai cugini)

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