LA CURIOSITA' NON UCCIDE I GATTI E TANTO MENO GLI SCRITTORI E I CRITICI: ANCORA? ANCORA.

Come era prevedibile, la morte di Andrea Camilleri e i primi posti in classifica di altri scrittori italiani popolari, rinfocolano l’antico pregiudizio: non puoi leggere gialli e leggere Saramago; bisogna che qualcuno spieghi a questi bifolchi che leggono solo gialli, o robaccia simile,  cosa va letto per essere veri lettori; tutto non è uguale a tutto (ma chi mai l’ha detto? Semmai, qui e altrove si spiega che si può e si deve leggere tutto se si fa parte professionalmente del mondo dei libri, perché chi scrive, e chi fa critica, ha l’obbligo della curiosità: ovviamente, ognuno è autorizzato a tirare il libro contro una parete qualora lo trovasse mal scritto, disonesto, non significativo. E vi assicuro che alla vostra umile narratrice capita, e capita  anche con i testi lodatissimi in quanto frutto della pura mente dell’autore in scuderia con la pura casa editrice indipendente che invece andrebbe celebrata a prescindere: errore, errore grave).
Se a qualcuno interessa, ribadisco come la penso: la cultura è fatta di componenti diverse. C’è la cultura popolare, cui dobbiamo, come scrive Roberto Maragliano in uno dei commenti su Facebook, molti dei nostri passi avanti: “Siamo diventati sensibili al nuovo rapporto spazio tempo con il fumetto di Superman (anzi Nembo Kid), sensibili alle forme e ai colori dell’avanguardia artistica con i cartoni di Disney, sensibili ai suoni dissonanti della nuova musica con il rock. La cultura popolare ci ha reso contemporanei al nostro tempo. Contrariamente a quel che ha fatto la cultura (falsamente) elitaria dell’università e della scuola. Tutto qui. E oggi paghiamo questa dissociazione”. Poi  c’è la cultura non “alta”, ma legata alle poche grandi menti della letteratura. Poche, ribadisco. Anzi, lo ribadisce Stephen King in “On writing”. Se non credete a me, credete a lui. Se lui è, a vostro modo di vedere, parte del problema, non so cosa dirvi: andate pure avanti così, ma alla prossima vostra lamentazione sulla diminuzione dei lettori so cosa rispondervi. Due parole: colpa vostra.

Gli scrittori formano la piramide tipica di tutte le professioni che associano talento e creatività. Alla base ci sono gli scalzacani. In mezzo, un gruppo appena più piccolo, ma ancora nutrito e accogliente, quello degli autori decenti. E’ possibile trovarli nella redazione del giornale cittadino, sugli scaffali della libreria dei paraggi e alle gare di poesia aperte al pubblico.
Poi arriva lo spazio riservato ai pochi scrittori davvero bravi. E infine, sopra tutti noi, svettano gli Shakespeare, i Faulkner, gli Yeats, gli Shaw e le Eudora Welty. Geni, miracoli divini, provvisti di doti che non riusciremo mai a comprendere, figuriamoci a eguagliare. Cazzo, spesso non ci capiscono nulla neppure loro, costretti a esistenze infelici, in parte consapevoli di essere soltanto fenomeni da baraccone baciati dalla sorte, la versione in chiave intellettuale delle modelle da sfilata nate con gli zigomi giusti e un seno in linea con la tendenza di un’epoca.
Sto per affrontare il nucleo del mio libro armato di due semplici tesi. La prima è che la buona scrittura consista nel padroneggiare i principi essenziali (vocabolario, grammatica, elementi di stile), per poi riempire il terzo scomparto della cassetta con gli attrezzi adatti. La seconda è che, se è impossibile trasformare uno scalzacane in un autore decente, proprio come è infattibile ricavarne uno eccezionale da uno bravo, è invece plausibile che uno soltanto decente diventi valido e capace, grazie a un sacco di lavoro duro, passione e aiuto al momento opportuno.
Temo che la mia teoria sarà confutata da parecchi critici letterari e insegnanti di scrittura creativa. Pur di vedute liberali, spesso sono irremovibili nell’ambito del proprio campo di competenza. Uomini e donne disposti a marciare in corteo per protestare contro l’esclusione dal circolo sportivo locale di neri e nativi americani giurano poi agli allievi che le qualità di un autore sono invariabili e immutabili. Insomma, scribacchini si nasce e tali si rimane.
Anche se uno scrittore dovesse aggiudicarsi l’approvazione di un paio di critici influenti, si porterà sempre dietro l’antica reputazione, come una rispettabile donna sposata che da ragazza è stata troppo disinibita. Certa gente non dimentica nulla, punto e basta, e molta critica serve solo a rinsaldare una divisione in caste vecchia quanto lo snobismo intellettuale che l’ha generata. Ormai Raymond Chandler sarà pure riconosciuto una figura di spicco all’interno della letteratura americana del ventesimo secolo, un precoce cantore della mancanza di valori della vita urbana nell’epoca post-bellica, ma esistono ancora schiere di letterati pronti a respingere su due piedi una simile valutazione. E’ uno scribacchino! strepitano indignati. Uno scribacchino pretenzioso! La specie peggiore! Sono quelli che credono di passare per uno di noi!
In genere i pochi che cercano di distanziarsi da questa visione arteriosclerotica ottengono risultati modesti. Forse i loro colleghi accetteranno Chandler tra i grandi, riservandogli però un posticino sul fondo. E non mancheranno i pettegolezzi: veniva dalla scuola del pulp… comunque, non se la cava male per uno della sua risma… sapevate che negli anni Trenta scriveva per Black Mask… sì, che imbarazzo.
Addirittura Charles Dickens, lo Shakespeare del romanzo, è stato vittima di ripetuti attacchi per le trame sensazionalistiche, la spensierata prolificità (quando non sfornava libri, metteva in cantiere figli insieme alla moglie) e, naturalmente, il consenso della plebaglia di ieri e oggi. Critici e studiosi non hanno mai visto di buon occhio il successo commerciale. Spesso la loro diffidenza è giustificata, ma talvolta viene usata da scusa per non mettere in moto il cervello. Non esistono persone con maggiore pigrizia mentale di quelle con un’intelligenza prodigiosa. Appena ne hanno l’occasione, tirano i remi in barca abbandonandosi sonnacchiose alla corrente… magari fino a Bisanzio, per parafrasare Yeats.
Quindi, sì, mi aspetto l’accusa di diffondere idee ottimistiche e superficiali, un po’ alla Horatio Alger, difendendo nel mentre la mia reputazione non proprio adamantina, e spingendo tizi che «non appartengono al nostro ambiente, vecchio mio» a iscriversi al club più esclusivo del circondario. Saprò farmene una ragione. Prima di continuare, permettetemi di ribadire la premessa fondamentale: se siete cattivi scrittori, nessuno sarà in grado di aiutarvi a migliorare. Se siete bravi e ambite a diventare eccezionali… scordatevelo subito, cazzarola.
A seguire, tutto ciò che so sul confezionare buona narrativa. Mi sforzerò di essere più sintetico che mai, perché il vostro tempo è prezioso quanto il mio, e sappiamo che le ore trascorse chiacchierando di scrivere sono sottratte al farlo sul serio. Cercherò di essere il più incoraggiante possibile, perché è nel mio carattere e amo questo mestiere. E voglio che lo adoriate pure voi. Però, se non siete disposti a spaccarvi il culo in quattro, non provate nemmeno a tentare di scrivere bene: accontentavi di essere decenti e già di questo ringraziate il cielo. Esiste una musa, ma non si calerà svolazzante nel vostro studio, spargendo la polvere magica della creatività sulla macchina per scrivere o la postazione del computer. Lui è un tizio terra terra. Sì, lo so che per tradizione le muse sono femmine, ma la mia è un maschio; temo che dovrete accettarlo. E poi gli piace stare in cantina. Sarete voi a scendere per arredargli l’alloggio dove abitare. In altri termini, sbrigherete il lavoro di fatica, mentre lui se ne sta in panciolle a fumare sigari, ammirando i trofei di bowling e fingendo di ignorarvi. Secondo voi è giusto? Io penso di sì. Forse questo tizio non è una bellezza, e nemmeno un abile conversatore (il mio si limita a mugugnare scontroso, a meno che non sia in servizio), ma dalla sua ha l’ispirazione. Vale la pena sgobbare fino a tarda notte, perché il nostro amico dispone di un sacchetto pieno di magia. Il suo contenuto è in grado di cambiarvi la vita.
Lo so bene, credetemi.

3 pensieri su “LA CURIOSITA' NON UCCIDE I GATTI E TANTO MENO GLI SCRITTORI E I CRITICI: ANCORA? ANCORA.

  1. Concordo.
    Non esiste un limite oggettivo fra alto e basso, e molte valutazioni di sopra e sotto sono in realtà frutto di poca conoscenza, influenze ideologiche, pareri personali, scuole di pensiero, approccio storicista.
    Questo non significa che possono essere fatte delle valutazioni critiche: significa soltanto che molte di queste devono essere rivedute, in alcuni casi addirittura ribaltate.
    Un aneddoto personale, se interessa: mi sono soffermato ad analizzare la sceneggiatura di alcuni dialoghi, a mio avviso molto interessanti, del primo filo di Spider man di Raimi, mentre lo guardavo con mia figlia di 6 anni. le parti che mi interessavano erano quelle più narrative, e avevano a che fare con il rapporto fra Ken Parker e Mary Jane.
    Ho riguardato le parti che mi interessavano più e più volte.
    Non mi sono vergognato di farlo.
    Lo spirito soffia dove vuole, diceva qualcuno …

  2. Il fatto è che se ti fanno leggere Saramago poi ti si sfrantumiano così tanto i cabbasisi che rifiuti qualsiasi altra ipotesi di lettura fosse anche un racconto di Camilleri,
    che poi secondo me, chi ha provato a ridimensionare i suoi libri non lo ha fatto per attaccare la cultura popolare, ma per una più che comprensibile reazione all’incensamento a reti media unificate che è partito al momento della sua scomparsa. E anche a me ( l’incensamento) ha un po’ sconcertato, ma è spiegabile per almeno tre semplici cause di cui 1) Camilleri era un cavallo delle reti rai, sicchè cercare anche per ragioni.. diciamo … affettive, di sottolinearne il valore valorizza pure il capitale dell’Azienda; quindi vai pure con tre quarti di telegiornale , tre giorni di radio e gli special a raffica in praimtaim
    -2) Il nostro paese italo italiano, è un paese orfano di padre per cui siamo sempre in ricerca di un Eroe sotto cui riunificare le varie anime sperse, quando scompare qualcuno di famoso ci proviamo sempre, pure con Sordi , purtroppo però si scopre presto che l’eroe era troppo piccolo piccolo, oppure oltre alla dimensione ci si accorge che il padre invece di unificare e dare identità e riconoscenza è un padre divisivo3) appunto, terza ipotesi circa la sovraesposizione incensativa; per dare più rilievo alle sue opinioni politiche contingenti si sopravvaluta il valore assoluto delle sue opere, senza accorgersi che ponendole sullo stesso piano, si fa un propaganda politica a buon mercato ma alla lunga si svilisce il certosino lavoro delle sue opere.
    Ora sui suoi libri vorrei dire la mia da lettore, che pure all’inizio restai intrigato dalla sua lingua sonora e dalla precisione delle sue storie, però mi accorsi presto (.. mica tanto; ne dovetti leggere almeno tre o quattro dei suoi libretti blu.) che più che uno scrittore il nostro era un orologiaio oppure un cuoco, uno che sa dosare alla perfezione gli ingredienti della storia;; , a quale riga far apparire il morto, quando far passare la bella donna, e dato che di carne siamo e il corpo alla sua ora inizia a brontolare , ci sono anche le pagine dedicate alla mangiata, (un antesignano del porno alimentare che vediamo ininterrottamente in tv di questi tempi,… ) paura, desiderio, fame, emozioni semplici viscerali, popolari ma anche populiste che sapeva dosare alla perfezione in linguaggio vivo, ma che appunto mi dettero la sensazione di essere un lettore usato. Perché lo scrittore mentre ti svela il racconto, svela anche se stesso e svela pure chi legge, ebbi invece la senzazione di essere di fronte a un bravo piazzista, uno che si diverte a tenere in pugno la sala a smuovere le emozioni della persone, senza smuovere le proprie. le sue interviste poi, le sue prese di posizione,( come per Dario Fo e finanche il Beppe Grillo) più che a una sana passione civile rimandano invece questa debolezza della piccola dimensione umana
    ciao,k.

  3. Plaudo il lapsus calami Ken Parker e Mary Jane e mi fa tornare alla storia Nella Terra degi Eroi in cui Ken “Lungo Fucile” Parker sogna di incontrare altri personaggi della fiction ed anche i suoi creatori Berardi & Milazzo. Manca Mary Jane ” Face it Tiger ! You hit the Jackpot ” Watson, ma pazienza. Io sono stato un fan di Chandler per decenni ed ancora oggi mi piace, ma il vecchio Ray – buone scuole in Inghilterra, impiego nei petroli fino a che non è stato licenziato – è stato tra i primi nel non credere fino in fondo al pulp ed infatti ha preso il sintetico mentore Dash Hammett e lo ha rielaborato in un arabesco affascinante in cui profondere il suo disincanto e vulnerabilità. Scriveva per Hollywood, ma non doveva trovare la cosa tanto onorevole ed annegava quella vocina che gli diceva che avrebbe dovuto tentare di essere Hemingway/Kafka/Proust nello scotch. Se oggi fosse a Cinelandia e scrivesse uno Spiderman, Peter Parker incontrerebbe Harry Osborn ubriaco fradicio fuori da un club e sarebbe tutta una altra storia…

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