L'ALBERELLO E IL GONFIABILE

C’è un filone che da un po’ va di moda in editoria: oltre a quello delle famigliole felici, oltre a quello del “ti racconto i miei guai, la mia malattia, il mio dolore”, c’è la montagna. Oh, la montagna. Le vette, il silenzio, la bellezza, la sfida, la solitudine, l’uomo di fronte alla natura. L’uomo di fronte ai gonfiabili.
Giusto, i gonfiabili. E’ notizia di pochi giorni fa, lo denuncia Mountain Wilderness:
“Di fronte al Rifugio Pian del Crepa sono state installate strutture gonfiabili, tappeti elastici, percorsi a ostacoli, piscina, zona mare con sabbia, ombrelloni, lettini ecc. Non sembra di essere nel cuore delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità, ma inseriti in una fiaba di dubbio gusto, imposta da persone che nulla comprendono dei valori della montagna: rimane evidente solo il paesaggio, uno scenario che fa solo da sfondo e dove prevale l’idea che l’unico obiettivo di questa imprenditoria sia legato al fare cassa. Già simili cose le abbiamo lette in Dolomiti, le auto portate in Tofana con gli elicotteri, raduni di quad che stracciano torbiere, moto che ammorbano l’aria limpida e troppa carta patinata e libri fotografici privi di anima e di cultura”.
La risposta, non al caso in questione ma probabilmente riferita a molte denunce di quelli che ormai sono gli “ambientalisti da salotto, radical-chic in cerca di visibilità eccetera”, viene dal nostro ministro dell’Interno, direttamente da Pontida:
“Serve difendere i nostri laghi, i nostri fiumi e i nostri laghi. Basta con certe sovrintendenze che non ti lasciano tagliare l’alberello, ma lasciate lavorare gli abitanti della montagna!”
Allora, non cado nel trappolone di rispondere al ministro dell’Interno, però una riflessione sul “non ti lasciano tagliare l’alberello” provo a farla. E’ una questione di modelli, banalmente. Uso il luogo dove ho la fortuna (o la sfortuna, nel caso del terremoto) di vivere per fare cassa o provo a immaginare un turismo che non sia il mangia-fotografa-usailbagno-tornatene a casa? Perché quel turismo esiste. Lo dimostrano tutte le esperienze dei cammini, delle escursioni, del rispetto, che vengono fatte, in Italia e fuori dall’Italia. Rispetto non significa che devi stare in contemplazione davanti all’alberello, come certuni amano semplificare nel tentativo di ridicolizzare l’ambientalismo: significa che devi immaginare che quell’alberello deve essere a disposizione non solo tua, ma di quelli che verranno a vederlo dopo di te, dei tuoi figli e dei tuoi nipoti. Significa che se tu l’alberello lo tagli, banalmente ancora, i tuoi figli e i tuoi nipoti non ci verranno nel tuo ristorante, non salteranno sui tuoi gonfiabili, ma andranno altrove.
Circa cinque anni fa una ricerca dell’università inglese di Exeter fondata sul social network Panoramio analizzò le fotografie condivise per capire come cambia il valore estetico di un luogo: in particolare, dallo studio di 55 località della Cornovaglia attraverso 113.686 foto, si deduceva che la bellezza percepita varia a seconda della densità della popolazione (meno abitanti, più fotografie) e dell’attività agricola (più è intensa, meno foto). In altre parole: se la condivisione di un’immagine su un social fotografico corrisponde alla valutazione estetica positiva del paesaggio fotografato, significa che la bellezza è sinonimo di assenza di esseri umani o di umane attività, e i luoghi più amati sono quelli dove restano appena le tracce di quelle attività, le chiese, le statue, le moschee, o nulla del tutto, i mari e le montagne e i deserti. Amiamo quello che non siamo riusciti a distruggere ma dal momento che non possiamo fare a meno di distruggere seguiamo il modello del fare cassa, del “lasciateli lavorare”, del “non ci vogliono far lavorare, questi buonisti che aspettiamo con i fucili”.
Il modello, già. Sabato scorso, andando verso il paesello e poi verso Perugia, mi sono fermata a mangiare a Colfiorito, da una splendida signora che vende magliette con la scritta Route 77, che è il numero della vecchia Statale, percorsa prima dell’avvento del Quadrilatero. C’erano tre famigliole, dirette a Castelluccio di Norcia per fotografare la fioritura, che conquista giustamente l’onore dei telegiornali (i quali telegiornali, però, tacciono sul Deltaplano, e magari tirano pure le orecchie, le inviate di quei telegiornali, a chi si permette di dire “ehm, ci sarebbe un problema”, perché no, non si fa, cattivoni). Ho pensato che a Deltaplano realizzato quelle famigliole avrebbero gustato le loro lenticchie e le loro tagliatelle al tartufo direttamente con vista piana, vuoi mettere? Il che va benissimo, e sarei molto felice per i gestori dei ristoranti del Deltaplano, intendiamoci. Ma il modello, appunto, quale sarebbe? Quello di fare cassa. E fai cassa oggi, fai cassa domani, alla fine rischi di far sparire l’oggetto che ti permette di incassare. Perché oggi il Deltaplano, domani il trenino a cremagliera, dopodomani i parcheggi, l’oggetto del desiderio cambia, e cambia irreversibilmente.
Troppo complicato? In realtà è semplicissimo. Si tratta di scegliere. Oppure di lasciare che scelgano altri, sentendosi buono e bravo perché si leggono romanzi edificanti sulla montagna. Col gonfiabile davanti.

Un pensiero su “L'ALBERELLO E IL GONFIABILE

  1. Come dici tu è un fenomeno che arriva dappertutto. Negli ultimi anni sono state rilasciate concessioni edilizie e ‘premi’ in cubatura per i restauri un po’ ovunque. Dolomiti sicuro. Val D’Aosta. Appennino. Non sta ancora succedendo che il turista sia disgustato dall’eccesso di urbanizzazione? – tra l’altro spesso priva di criteri estetici coerenti! (Le Dolomiti sembrano tutte Alpi svizzere o si vedono enormi alberghi che sembrano letteralmente astronavi aliene di vetro e acciaio)
    Immagino che il disgusto, e l’abbandono, arriveranno. Sparirà l’oggetto del desiderio che serve a far cassa. Sparirà l’atmosfera che il turista cerca. In realtà tutti attendono il boom del dopo crisi…. (Perché guai a contestare. Sono investimenti sacrosanti, il consumo di suolo è un non problema, i posti letto servono, contenete i lupi e gli orsi che danneggiano l’accoglienza, mettete queste belle sagome giganti lungo i sentieri nei boschi. Colori belli e sfacciati eh!). Ok. Obbediscono a leggi diverse. Che devo di’?!
    Poi certamente, ci si sente edificati dalla montagna, ammaliati dal panorama, ispirati dai verdi e dai blu…..o meglio, dai selfie nei verdi e nei blu! Quelli che, se siamo bravi, lasciano fuori lo chalet a cubo di acciaio corten, e le farfallone a molle tra i pini mughi.

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