Francesco Erbani firma l’apertura delle pagine di cultura. Si parla di società letteraria, di premi, e di “senza”. Partendo da un documentario.
«Credo di non aver mai letto un vincitore dello Strega degli ultimi dieci anni»: le labbra strette e l´occhio strizzato, Tiziano Scarpa avrà certo messo in conto che, dicendo questo, la stesse cose potrebbe ripeterle il vincitore dello Strega 2010, infilando anche il suo Stabat mater, Strega 2009, nel buco nero e indistinto dove giacciono i romanzi lasciati intonsi.
Sono i paradossi di quel che resta di una società letteraria. La battuta di Scarpa, raccolta nel catino fumigante del Ninfeo di Villa Giulia, è fra quelle che introducono Senza scrittori, un film documentario di Andrea Cortellessa e Luca Archibugi, critico letterario il primo, regista il secondo, una bella inchiesta prodotta da Rai Cinema e Digital Studio che stasera viene proiettata all´Azzurro Scipioni di Roma, in coincidenza non casuale con la trepidante vigilia del Premio Strega che, appunto, giovedì incorona il suo sessantaquattresimo vincitore.
Senza scrittori è un prolungamento del catalogo stilato da Alberto Arbasino nel suo Un paese senza, un elenco di tutte le cose di cui l´Italia è mancante. Racconta il predominio che la macchina editoriale, soprattutto quella dei grandi gruppi, ha assunto nel mercato della letteratura, dove non ci sono più opere o scrittori, critici o riviste, ma solo libri, solo produzione industriale, solo una filiera perfettamente assestata, e nella quale, però, quella che un tempo si chiamava la società letteraria ha pensato bene di accomodarsi, spintonando un po´ e anche dando di gomito, ma trovando un cantuccio nel quale sistemarsi.
Un cantuccio troppo stretto per Antonio Scurati, che ancor prima di essere battuto per un voto da Scarpa, confessa che, sì, è vero, «da qui uscirò triturato anche dal punto di vista del mio stato d´animo», ma che trova il coraggio di annunciare il suo disprezzo per una «società letteraria dalla quale stasera prendo congedo, vada come vada». Un cantuccio stretto anche per il giovane Giorgio Vasta, che lamenta come «la letteratura venga assunta solo se si incarica di essere manutenzione della realtà e che quando ha l´ambizione di essere qualcosa d´altro, le viene sottratta la fiducia». Un cantuccio che sia Scurati che Vasta guardano sempre dall´osservatorio del Ninfeo di Villa Giulia.
Cortellessa, camicia e pantaloni rossi, si aggira come un bonario diavoletto fra i tavoli imbanditi dello Strega, filma le calzature che stropicciano il brecciolino, sovrappone la camminata di un metaforico pavone e domanda a Francesco Piccolo se questa è una messinscena da commedia all´italiana, ottenendo come risposta che «qui c´è l´Italia, non la commedia, che in fondo era più dolorosa». Fra scalpiccii e risatine stiracchiate, ecco invece il corrucciato Valentino Zeichen: «Decadente? No, non è una società di grandi decadenti, questa è una società frolla, senza scheletro morale, priva di grandi progetti, di idealità. Una società stanca».
Lo Strega mostrerà pure lo spettacolo di una letteratura in cui, sentenzia il vincitore Scarpa, «tutto è vanità». Ma è un po´ come la nazionale di calcio, raccoglie quel che trova. E allora ecco che Cortellessa, sempre di rosso vestito, interroga giornalisti come Stefano Salis e critici come Marco Belpoliti, si sofferma spaurito fra i banchi di Fnac e deliziato fra quelli della Coop – accompagnato da Romano Montroni -, ascolta i due proprietari della storica libreria Tombolini di Roma e il responsabile della Demoskopea. Insomma insegue quella filiera produttiva che incasella lo scrittore e la sua opera, dal momento in cui questa prende forma a quando viene distribuita e recensita, meglio se esibita con il suo autore da Fabio Fazio o dalla Dandini o sul palco di un festival.
E allora il punto culminante non può che essere una visita a Segrate, dove c´è la Mondadori, cioè «la Xanadu dell´editoria italiana, la centrale dove si fanno i grandi giochi della nostra letteratura». Qui interroga Antonio Franchini, responsabile della narrativa Mondadori, che vive la grande scissione, annota Cortellessa, dell´essere scrittore e dell´essere editore. E qui si introduce anche un parola che non si sentiva da tempo: letterarietà. Che cos´è che rende letterario un testo? Può essere la letterarietà a distinguere fra scrittori di successo e scrittori che si concentrano sulla qualità e la sperimentazione, per esempio?
Letterarietà, risponde Franchini, «è un´idea discussa, allargata, non più condivisa». Ma il fatto che le discriminanti siano venute meno che effetto fa? (domanda Cortellessa) «Rende il tutto più divertente, più anticonformista». Il controcanto è affidato a Francesco Cataluccio, ex direttore alla Bruno Mondadori e poi da Bollati Boringhieri: «La società italiana è diventata più cinica, non poteva che diventare più cinica anche l´editoria».
a 600 e passa ormai fatico a caricare perciò vi saluto, se passasse la mozione Ansuini, me toglietemi pure, ma non tagliatemi, odio il sangue.
Eppure bisognerebbe esserne fieri.
Fiera tra le fiere.
Guarda mamma, mi hanno buttato nell’arena in mezzo a leoni iene tigri e ogni altra immonda bestiaccia. Mi sono difesa, ho lottato, contro turbocapitalisti, asserviti alle holding, indottrinatori, spacciatori di ciofeche che nemmeno a Scampia.
Resistenza, hasta la victoria, la lucha sigue!
Ho licenziato monografie su Sanguineti, bibliografie su Genette e Bachtin, ho licenziato pure quelli di Pomigliano, analfabeti di merda. Gliele ho cantate, gliele ho suonate, gli ho spaccato la chitarra sulla testa come manco Pete Townsend.
Mamma guardami, molto meglio di Marco l’Ispanico!
E invece no. Ci siamo ammosciati con la Technicality, me lo dovevi dire prima, se lo sapevo che era una festa mi vestivo meglio.
Mr. Cort, hai proprio ragione.
Il problema c’è.
L.
@ aldovrandi,
c’è qualche differenza: Elvezio, lo ha detto anche lui, non nega affatto la legittimità o la normalità dell’operazione, e si è rammaricato che la sua richiesta stia avendo strane ricadute. In ogni caso andargli incontro è stato indolore, i suoi interventi sono brevi e occasionali e non fa nessuna differenza se sono firmati da, putacaso, “Elviro” anziché “Elvezio”. Non condivido i suoi timori, ma è una cosa incidentale.
Invece Gilda Policastro è venuta qui a esprimersi in quanto Gilda Policastro, col peso del suo nome e cognome e dei suoi studi, e ha lasciato commenti lunghi, densi, strutturati, poderosi che sono tra le colonne portanti dell’intera discussione. Inoltre, a differenza di Elvezio, ha continuato imperterrita a scrivere e scrivere e scrivere per 48 ore dopo aver saputo che facevamo il PDF. Perché adesso questa remora, peraltro insensata?
Sì, insensata. Chi lo sa quanta gente si è già stampata questa discussione per poterla seguire meglio, anche se in un’impaginazione non ottimale? Che senso ha dire che si può stampare con questo font minuscolo ma non si può stampare con un font più grande e leggibile?
In quelle stampate, tra l’altro, c’è anche il nome “Elvezio”. Se uno stampa da qui senza passare per il pdf, legge “Elvezio”. Per questo fossi in lui tornerei sui miei passi, non c’è proprio niente di cui preoccuparsi.
@ Alessandro Ansuini,
il sito rimane questo, è come se Lipperatura avesse la versione stampabile. E poi ha ragione Pigna: “Se domani Kataweb lo inserisse retroattivamente su tutte le pagine?” La cornice è autogenerante, è data principalmente dalla discussione stessa, pagine e pagine di commenti senza illustrazioni né altro, questo è il flusso su cui nessuno è intervenuto, e c’è pure il link a questo thread per leggere anche i commenti non inclusi nell’impaginato.
Non capisco cosa c’entri la galanteria, sinceramente, né mi sembra che Gilda Policastro l’abbia pretesa per sé, anzi, penso troverebbe un po’ umiliante se adesso ne facessimo una questione di galanteria. Semplicemente, qui c’è una discussione pubblica in cui si è intervenuti pubblciamente, è liberamente stampabile e questo non è affatto un “cavillo” da trovare “spulciando spulciando”, è l’ABC della libertà di espressione in rete.
@ Alessandro,
se adesso “ripetiamo la discussione” (ma dici sul serio?), tutti staranno a culo stretto, e non si produrrà mai più il concorso di fattori che hanno portato questo thread a toccare *tutti* (tranne Garufi) i punti critici del dibattito su editoria, mercato, letteratura, rete, con questa spontaneità, questa conflittualità, questa schiettezza.
Ma, dico, cos’è questa paura (non tua) che qualcuno stampi il thread? E’ impressionante, non avevo mai visto sollevare un argomento del genere in vent’anni che sto in rete…
Perdonatemi, riposto qui il mio intervento di ieri non per protagonismo quanto per il fastidio fisico che sento nel costatare gli errori dovuti alla fretta. A mia scusa posso solo dire che ho scritto quel testo in 2 nanosec sotto minaccia di sfratto telematico causa fine credito connessione.
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@ Cortellessa/Policastro
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Condivido in parte il vostro discorso quando sostenete che una critica competente ed attenta può sostenere un libro che altrimenti non avrebbe spazio sul mercato. Le intenzioni in teoria sono buone e, forse, anche in buona fede. In pratica però non credo che è così che funzionerebbe.
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Il problema dei mediatori culturali è questo: che -in mancanza di vero mercato- essi rischiano di diventare il vero pubblico, gli unici reali destinatari del lavoro letterario. E questo, mi spiace, è male.
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Mi spiego facendo un paragone con l’industria cinematografica, di cui conosco alcune dinamiche. Come forse saprete le percentuali dei film italiani che rientrano con le spese e producono degli utili sono bassissime: si parla di due, tre film all’anno. E spesso sì, sono i Vanzina. Ora questo stato del mercato (che non è assolutamente solo un problema italiano) fa sì che il 95% del nostri film siano direttamente o indirettamente finanziati dallo stato. Portando avanti il vostro ragionamento, le commissioni che giudicano le sceneggiature per stanziare i famigerati articoli 8 e fondi di garanzia fanno parte proprio di quell’elite preparata di cui vuoi dite: giornalisti, professori universitari, eccetera. Ora: è innegabile che queste giurie negli anni hanno permesso la realizzazione di film non commerciali di indiscusso valore. Ma la verità che nessuno si dice è che da anni gli sceneggiatori non scrivono più per il pubblico che va in sala: scrivono per piacere proprio alle elites dei critici e censori che scelgono quale film si realizzerà e quali no. Questa è -ridotta ai minimi termini- la ragione per cui negli ultimi venti anni i film italiani si assomigliano un po’ tutti. Non perchè non si scrivano film diversi. Ma perchè i film diversi non passando la ‘censura’ (non trovo parola migliore) non vengonono nemmeno realizzati.
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Certamente, ci sono delle eccezioni (Garrone, Sorrentino) ma davvero si contano su una mano. Per il resto chi vuole sopravvivere facendo il regista o lo sceneggiatore deve piegare il capo: o scrive di certe cose (un canone di ‘narrazione del disagio’ simile a quello auspicato dalla Policastro) in un certo modo (non parlo di stile di regia, ma di impianti narrativi) o non vedrà mai realizzato nulla. Una triste prospettiva.
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Ecco, sentendo i vostri discorsi sui ‘mediatori’ mi pare di avere un deja vu. La ragione per cui in linea di massimo approvo il discorso sul mercato dei Wu Ming è proprio perché, credo che alla fine sia meno deformante ai fini della creazione artistica scrivere per un’ idea (personale)di pubblico di massa, piuttosto che per una cerchia di eletti dai gusti ossificati dall’ideologia. E aggiungo: che se nell’editoria si dovesse creare una situazione analoga a quelal che vige nel nostro cinema –finanziamenti statali, giurie di specialisti che decidono cosa si pubblica e cosa no– l’aria nel già asfittico mondo letterario italiano diventerebbe assolutamente irrespirabile.
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Ossequi
@ aldovrandi
Immagino dipenda dal fatto che chi si prende la responsabilità di trasferire la discussione su un altro medium non è in alcun modo una parte terza, bensì un contendente della cui correttezza e del cui rispetto per le opinioni altrui non ci si può dire perfettamente certi.
Scaricare un pdf, ovvero fare “salva pagina con nome”, salvando l’html dalla pagina web, è tecnicamente la stessa cosa. Sul tuo computer finiranno le stesse informazioni, seppur in formato diverso.
Dal momento che tutte le informazioni rimangono on-line, usufruibili da chiunque in qualsiasi momento (e qui sta il nodo della faccenda), fare il relativo pdf non può essere considerata un’iniziativa editoriale, né chissà che. E’ solo cambiare il formato di un documento (da html a pdf).
Questo è anche il motivo per cui non comprendo la richiesta dell’istanza di “anonimato” di Elvezio. Il suo vero nick resterà comunque on-line, come quello di tutti quanti, quindi perché preoccuparsi del pdf?
Forse perché magari tra un anno o dieci, questa pagina potrebbe sparire e il pdf invece restare a e-mperitura memoria? In tal caso credo che ci attribuiamo fin troppa importanza. Da ora fino a quando questa pagina esisterà più, sapete quante altre discussioni come questa saranno intavolate? 😉
@ Il grande marziano
infatti, ed è da un po’ che provo a spiegarglielo.
Sono piani sottili. Luogo pubblico: siamo in un bar e discutiamo animatamente di peckinpah. tu vuoi spiegarmi quanto ti piace io quanto mi annoia. discutiamo così accesamente che ci si crea un capannello intorno. ogni tanto qualcuno dice la sua. a metà discussione tu dici, toh, avevo registrato tutto. ora vado a casa me lo sbobino e lo metto sul mio blog.
Potresti farlo?
E’ ovvio che abbiamo discusso davanti a tutti, basta chiedere a qualcuno dei testimoni del bar, ma farne una cornice che verrà letta in un altro contesto – quando non era stato detto prima – richiede secondo me l’accettazione di tutti i partecipanti. Io avevo capito che finisse anche su carmilla, nel caso in cui la Lipperini invece voglia farne un pdf di Lipperatura è già diverso. Però ecco, in mezzo a tutto questo, c’è un vizio che è comunque quello che l’operazione va a diventare altro rispetto alla discussione, e questa informazione è stata data a giochi in corso.
Galanteria è un sinonimo di rispetto – riconoscere l’avversario e le sue istanze, anche se non ci piacciono.
Non ne farei un dramma, figurati, io sono d’accordo sul fatto che venga pdieffata, ma preso atto del diniego della Policastro io la inviterei a ripetere l’operazione – in fondo la discussione dovrebbe essere tesa a far sì che tutti si sentano pienamente appagati delle proprie posizioni – la Policastro si è sentita raggirata? Bene, si ripeta la cosa, se c’è una reale intenzione di mettere a disposizione i propri strumenti per tutti. è questo che mi sembrava il bello discussione. Oppure fategli correggere le sue parti, fatelo insieme sto pdf. non so, ma prendere atto e cercare di risolvere la questione.
@Alessandro: non è la stessa cosa della discussione al bar. Nel momento in cui metti un commento qui, sai già che resterà “stampato” on-line. Verba volant, blog manent.
Dobbiamo continuare il gioco al massacro? L’ho già detto, ho la scorza dura, non mi scalfisco.
Tanto ero ostile a una discussione aperta e democratica (realmente democratica, non questa pessima imitazione della parresia) sui temi del documentario di Andrea (da cui si era partiti: non certo dalla qualità dei libri dei Wu Ming, cui poi si è arrivati di palo in frasca, e cioè dopo il garbato invito a leggerseli prima di parlare rivolto più o meno nei termini di ”cosa parli tu che dei Wu Ming non hai letto un c***”), coi Wu Ming stessi, con Ostuni, con Andrea, che, quando mi sono accorta che io stessa faticavo a seguirla dallo schermo e che indulgevo io stessa, di tanto in tanto, a toni decisamente fuori misura per una discussione critica che avesse una qualche ambizione teorica, ho posto il problema di trasferirci fuori, in sede appriopriata, di confrontarci sul terreno delle idee, liberi dalla compulsione della tastiera, e pronti a mettere su carta (con argomentate, lucide, distese argomentazioni) quanto sostenuto in questa discussione PUBBLICA E LIBERA.
Si continua a ripetere che ho paura delle mie idee, e che avrei fatto una pessima figura.
Falso: amici critici che (a differenza della sottoscritta) trovano ripugnante intervenire in rete continuano a scrivermi in privato la loro approvazione e il loro entusiasmo per la qualità dei miei interventi. Ma a voi le voci di fuori non arrivano, e se vi arrivassero le etichettereste come accademiche-non pervenute in ogni caso.
Io le mie idee le confermo punto per punto (già detto pure questo: repetita iuvant, come con gli studenti somari): non è quello a farmi problema.
A farmi problema è come mai gli espertoni della rete, i santoni della comunicazione nel web, quelli che quando noi critici parrucconi non avevamo manco la posta ellettronica utilizzavano le BBS, etc. ebbene, costoro vogliono darci a bere che è per la difficoltà a seguire la discussione su una schermata -come persino questa neofita assoluta del dibattito in web si sforza di fare ormai quasi quotidianamente (salvo confondere ogni tanto questo con quello, 1 con 2, ma non è gran danno: più rileggo e più i toni mi appaiono i medesimi: intimidatori e mistificatori soprattutto)- che vogliono stampare il pdf?
Ma per cortesia: cca nisciuno è fesso, visto che la sapienza popolare vi è più cara e familiare del linguaggio critico.
Sono ancora a favore di una discussione distesa e civile, con gli strumenti critici e le possibilità di argomentare in spazi e tempi meglio regolati, da esportare altrove (va bene tutto, tranne il bar e la palestra).
Resto contraria alla diffusione altrove (cioè comunque nel web) di una discussione strutturalmente disorganica, discontinua e non formalizzata: non è il mio modo, ma dopo aver letto NIE dovevo ben aspettarmelo che fosse il vostro.
@ WuMing1 (torno solo per questo, mi costa infiniti nanosecondi di attesa)
dice Elvezio
@ wm1: come detto non è solo un problema di contesto. Io ormai leggo quasi esclusivamente formati elettronici, per me un pdf è cosa diversa da un commentarium.
Se sei al pub con amici e parli di, boh, Simmons ti escono espressioni che stanno bene al pub, se sei a un tavolo conscio che ti stanno riprendendo per un documentario allora usi altre espressioni (che magari al pub farebbero sorridere).
risponde WuMing1:
Elvezio, tu sei stato tempestivo, no problem. E poi i tuoi erano tutti commenti “en passant”, mentre quelli di Gilda erano intenzionali dalla prima all’ultima sillaba, strutturati e coesi, lenzuolate teoriche ex cathedra.
quindi è un problema di tempestività e di intenzionalità, coesione e anche di rapporti personali, non un problema di pura tecnica e possibilità di piattaforma.
Io penso che la discussione dura è cosa buona, ma il truccare le carte non è cosa buona.
Ripeto, a me fa ridere che uno pensi di scrivere in pubblico (quanta gente ha letto qui, se i commenti sono stati solo 600 e passa?) senza rendersi conto di scrivere in pubblico e anche per l’eternità, però li devi trattare uguale.
@ Alessandro Ansuini,
l’esempio mi sembra improprio. Se io vado al bar e faccio due chiacchiere, non mi aspetto assolutamente che qualcuno registri e metta la conversazione sul suo podcast. Ma se io intervengo su un blog, è perfettamente normale e non dovrebbe stupire nessuno che qualcuno stampi la discussione. Fa parte delle possibilità date in partenza e note a tutti gli attori di quel particolare gioco linguistico. Per questo anche la questione dell’annuncio dato in corso d’opera è molto, molto relativa. Tra l’altro è strano: all’inizio avevo parlato di effettivamente di una “operazione editoriale”, perché nella redazione di Carmilla si era pensato a dei paratesti, delle illustrazioni, addirittura qualcuno aveva proposto il print-on-demand etc. Gilda Policastro non ha fatto una piega. Poi ho spiegato che l’operazione era diventata molto più di routine, era un semplice pdf della discussione, e a quel punto Gilda Policastro e altri si sono impuntati! Avrei capito il contrario: una semplice ri-impaginazione in PDF diventa un’operazione editoriale più complessa, e giustamente uno può obiettare: “Me lo potevi dire prima!”. Ma qui è avvenuto l’inverso, e questo invece di rassicurare ha preoccupato di più. Per me è del tutto inspiegabile.
@ Il grande marziano
Se blog manet (non manent), allora di cosa stiamo parlando? la discussione è qui, leggibile da tutti anche fra un miliardo di anni, ai confini del mondo conosciuto. Se qualcuno vuole in qualsiasi modo e misura editarla, io non ho problemi come detto e ripetuto. Ma se altri li hanno, è loro diritto che vanga loro chiesto un consenso.
@ Melmoth
Al commento che hai avuto la bontà di ripetere, avevo già risposto (evidentemente invano) ieri alle 3.46.
Sono sicuro che alla fine sia tutto stampabile, non dico di no. Ne facevo una questione di prassi – sarebbe ottimale che tutti fossero d’accordo, e per primo non ci vedo niente di male. capisco anche che ripetendo l’operazione si perderebbe proprio quella frizione spontanea giungla web vs stiletto accademico, quindi non so, spero che otteniate il consenso della Policastro. Alla fine la discussione è avvenuta comunque, al di là della forma.
@ aldovrandi
fammi capire: in cosa, nella sostanza, quel che ho risposto a Elvezio è diverso da quello che ho risposto a te?
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A Elvezio: “i tuoi erano tutti commenti “en passant”, mentre quelli di Gilda erano intenzionali dalla prima all’ultima sillaba, strutturati e coesi, lenzuolate teoriche ex cathedra.”
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A te: “i suoi interventi sono brevi e occasionali e non fa nessuna differenza se sono firmati da, putacaso, “Elviro” anziché “Elvezio”. Non condivido i suoi timori, ma è una cosa incidentale […] Gilda Policastro è venuta qui a esprimersi in quanto Gilda Policastro, col peso del suo nome e cognome e dei suoi studi, e ha lasciato commenti lunghi, densi, strutturati, poderosi che sono tra le colonne portanti dell’intera discussione. Inoltre, a differenza di Elvezio, ha continuato imperterrita a scrivere e scrivere e scrivere per 48 ore dopo aver saputo che facevamo il PDF. Perché adesso questa remora, peraltro insensata?”
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Ho detto esattamente *le stesse cose*. A te le ho spiegate un po’ più nel dettaglio, ma la sostanza è la stessa.
Sempre senza astio, 1. Può essere che al tuo primo proposito (sul quale non le ho espresse ma avevo le mie riserve) G.P. non abbia fatto caso, mentre si sia accorta del secondo proposito (del quale lei invece prendeva atto per la prima volta).
Ok, ma anche fosse: il secondo proposito è, ehm, ben più innocente del primo. Non è che GP ha scambiato il secondo proposito per il primo proposito?
E poi, scusa, ma se è andata come dici tu, ma perché una interviene senza leggere i commenti altrui? 🙁
Può capitare. Guarda Melmoth subito qui sopra. Comunque, perché la domanda che fai a me alle 2.35 non la fai a lei, con la cortesia del caso?
@ cortellessa
ma se il pdf riporta esattamente, salvo la maggiore leggibilità, il thread in questione, continuo a non vedere la differenza.
Comunque, se Policastro non vuole, avrà i suoi motivi.
Io ne vedo solo due:
a) non si rende conto di dove scrive
b) è indispettita
Ma magari c’è un c).
Ma che WuMing1 usi due pesi e due misure nell’accogliere le richieste degli intervenuti, non ci piove.
Gli avrebbe fatto onore rispondere con la stessa accoglienza a entrambi.
E adesso cerco di andarmene definitivamente.
Buon pomeriggio a tutti, partecipo alla discussione per la parte sul pdf perchè mi lascia un attimo sconcertata: capisco il non intendersene di social web ma il mezzo presuppone il suo modo d’uso peculiare, come qualunque altro mezzo. Non posso salire in macchina e poi lamentarmi se non avendo la patente pretendo che gli altri si facciano da parte così non li investo.
O si sta dentro o si sta fuori. Se lo si usa si accettano le sue regole e come ogni regola va conosciuta prima, non lamentandosi dopo dell’accaduto. Pubblicare su internet è pubblicare tout court, anzi peggio. Perchè mentre pubblicare fuori talvolta porta a visibilità pari a zero, la rete ha come presupposto intrinseco la visibilità globale, se no non sarebbe quello che è.
E duratura. Anche se sparisce la pagina rimane la cache.
Pubblicare anche un semplice commento prevede la sua diffusione in tutti i modi che parranno utili a chi vorrà, pdf, stampe, feedback, linkature, citazioni e chi più ne ha più ne metta. Perciò il controllo va fatto “prima”, estrema responsabilità nell’uso.
Per cui inutile preoccuparsi del pdf si/no, quello lo avranno già fatto in cento e passa, tra cui io e gli altri che verranno. Anche Google l’ha già fatto.Wu Ming1 non fa niente di strano: fa internet.
(per chi pensa di aver problemi con ciò ci sono tre alternative: controlli che nelle opzioni “commenti” ci sia la possibilità di cancellare dopo (poco nei blog, più spesso nei forum), altrimenti non intervenire, o se si conosce il titolare del social in quel momento usato, chiedere a lui di cancellare i nostri post. Ma è negare l’essenza stessa del mezzo e un esempio pessimo di netichetta: non è un obbligo, è un favore. Inutile poi stupirsi che si venga avversati e malamente)
[ho provato a postare il commento che segue questa mattina ma evidentemente l’ip del mio ufficio ha qualche tipo di blocco. niente di grave, non è certo fondamentale ma, anzi, ormai quasi ot. lo posto giusto per completare la mia partecipazione al thread]
@wm1: in effetti, non credo che stallman mi scaracchierebbe in faccia, perché mi sembra una persona molto a modo e che non se la mena più di tanto perché trova della “confusione” in un elenco anodino ed esemplificativo.
ora, fatto salvo il reciproco riconoscimento del fatto che sappiamo di cosa stiamo parlando (per es.: la differenza tra copyleft e pirateria), rimane la questione che il copyleft funziona in modo efficace, per ora, solo in determinati ambiti e non in quelli della produzione letteraria (in italia come anche in mercati molto più ricchi come quello usa).
ma sia chiaro: assolutamente non sparo contro il digitale ed i suoi effetti sulla produzione letteraria (anzi, in italia, credo di essere uno di quelli che più ci lavorano e ci investono) dopodiché rimane il fatto che, come dicevo più sopra, il nodo politico-economico messo in campo da cortellessa non è risolvibile con il “digitale”, neppure nei termini (anche condivisibili) secondo cui pone la questione @wm4, nel cui ragionamento mi sembra che manchi la considerazione che la condizione attuale influisce pesantemente anche sullo sviluppo delle alternative.
oddio, vorrei andarmene, e non si può;-)
@WuMing1
non è quello che spieghi a me, che conta, ma che a due richieste di pari tenore da parte di due intervenuti tu dia due risposte diverse, disponibile a Elvezio, armata, conflittuale, acida a Policastro.
vero che Elvezio lo ha chiesto con cortesia e Policastro anche lei come te con la daga in mano, ma non facciamo passare questa faccenda per una cosa tecnica, a questo punto, è una questione di rapporti umani, sempre così URGENTI nelle discussioni in rete, e tanto più urgenti, mi pare delle posizioni teoriche.
Non rispondetemi direttamente, vi prego, che poi mi tocca rispondere a mia volta.
@Andrea Cortellessa: certo che se ci mettiamo anche la pedanteria ortografica… Dunque “Blog” essendo parola straniera, in italiano è invariabile, ma questo non significa che non possa essere contestualizzata e dunque intesa al plurale. Se posso dire “i computer si rompono”, potrò dire anche “Blog manent”. O no? Se così non è, mi piacerebbe conoscerne le ragioni linguistiche, da chi evidentemente ne sa più di me.
Entrando invece nel merito della questione, quello che viene fatto non è “editing”, è solo un cambio di formato atto a rendere la discussione maggiormente leggibile, e dunque più sensatamente stampabile. Se si leggono 600 messaggi sul video, dopo un po’ ci si brucia gli occhi; se li si stampa impaginati come sono, viene fuori una schifezza (carattere piccolo, intestazioni sballate ecc.). Il pdf è semplicemente inteso a rendere più facilmente fruibile tutto il (lungo e interessante) thread.
@ ciemme
Capisco il suo argomento, ma mi permetto di obiettare. Se io salgo su un’automobile senza avere la più pallida idea di come si accende il motore, semplicemente resto fermo senza usarla. Se salgo su un’automobile senza patente ma avendola già guidata, «sono in grado» di usarla anche se dal punto di vista giuridico non «mi è lecito» farlo. Ora, patenti di navigazione su web (tranne appositi corsi di laurea, che però abilitano semmai nel web-editing) non mi pare che se ne rilascino, ma il fatto stesso che sto digitando su questa tastiera e che le mie parole appaiano fra pochi istanti sullo schermo dimostra che «sono in grado» di farlo. Se sia a me «lecito» farlo, mi perdoni, non lo decide lei. Riguardo al trasferimento della discussione, non automatico e dunque fatto manualmente da alcuni dei partecipanti alla medesima, mi pare che persone più esperte di me (e che come me nulla hanno in contrario al fatto che ciò avvenga), qui, abbiano espresso opinioni diverse. Dunque il dubbio mi pare «lecito».
@Cortellessa
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“ne ha chi ne ha meno bisogno”; no, in effetti ha ragione è proprio così che va, anche se non nel senso che intende lei. Ricevono i fondi i film che sono meritevoli secondo parametri che sono stati costruiti a tavolino, e che non hanno nulla a che fare con la funzionalità del ‘testo’ filmico davanti a un pubblico.
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Che poi questi parametri siano “pizza e mandolino” oppure “la lotta di classe oggi” non importa, perchè sono comunque canoni contenutistici di bassissimo livello, che nulla hanno a che fare con l’essenza del narrare. Parlo da tecnico: spesso le sceneggiature dei film italiani hanno proprio una scarissima competenza ‘sintattica’ oltre che a mancare di originalità (personaggi inesistenti, dialoghi sciatti, etc). Mi spiace dissentire con lei ma il cinema nasce per affrontarsi con un pubblico vero, reale, non di ‘settore’; un pubblico che va al cinema per essere “entertained” (anche a livello intellettuale, infatti in inglese si dice ‘to entertain a thought’) non per giudicare il valore di un opera a secondo un codice di valori prestabiliti. In questo contesto affermare che la letteratura (il cinema) deve raccontare “questa cosa sporca che è la vita”, come ha fatto la Policastro, è imporre i propri limiti ideologici agli altri, se si è in grado di intervenire non sull’accoglienza del pubblico, ma sulla stessa produzione dell’opera d’arte (come appunto nel caso delle giurie di cui dicevo).
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Rimane il meccanismo aberrante: un film è -o dovrebbe essere- per tutti, non proprietà di pochi. Il risultato di questo processo di selezione ideologica “a monte” è che il cinema italiano è diventato negli anni sempre più monotematico, povero di contenuti & di forme, nonchè sempre più lontano dalla gente. E l’orrore di questo meccanismo è che poi l’unico cinema che davvero parla al pubblico è quello d’che fa leva sulle forme più infime di appagamento: cioè Vanzina, Moccia, Neri Parenti etc.
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Ecco, mi piacerebbe che questo non accadesse anche il letteratura, dove sento comunque un fermento molto più vivo di voci e ‘mondi’ da raccontare. Tornando alla letterarietà, forse adesso è più chiaro perchè l’idea di alzare il livello del ‘pop’ avanzata dai Wu Ming mi sembra come minimo interessante, o almeno proponitiva di qualcosa che ancora non c’è. Per inciso chi scrive NON è un amante sfegatato del pop, ed ha anzi spesso dei gusti piuttosto elitari. Ma ciò non toglie che ritengo non si possa creare una casta di giudicanti, e dare a quei giudicanti un potere che bypassi completamente il pubblico, se non si vuole incorre in un impoverimento generale su TUTTO il settore culturale. Poi so benissimo che il mercato è altrettanto censore-anzi, peggio, sono censori quelli che agiscono in suo nome, ma resto dell’idea che le sue maglie siano comunquepiù large e imprevedibili dell’ideologia di quei pochi che da trent’anni pensano ed agiscono con un solo cervello (non parlo nè di lei, nè della Policastro- o almeno spero).
Ragazzi, questa è una versione di prova, l’ho appena ricevuta dai grafici. Per comodità, al fine di mostrarvela l’ho caricata su wumingfoundation. Ditemi voi cosa possa esserci di male. L’intro mi sembra del tutto super partes. L’illustrazione di copertina mostra due giocatori di hockey che si azzuffano, ad armi pari, duramente ma nel contesto di uno sport dove ciò non fa scandalo, anzi, è consuetudine. La discussione è così com’è avvenuta qui. Non c’è nessuna interpolazione a parte lo scambio “Elvezio”/”Elviro” che io continuo a ritenere poco sensato ma tant’è. Se Gilda Policastro vuole, possiamo anche mettere “Rita Multirocca” o che altro, ma ripeto, è insensato, perché comunque *qui* su Lipperatura ci sono i nomi veri. Come giustamente dice ciemme, bisogna pensarci *prima* di scrivere, non dopo avere scritto.
http://www.wumingfoundation.com/italiano/StroOokk.pdf
@ Luca: ti apprezzo e di molto, ma non avremmo superato un poco il limite?
Io pure non mi sono tenuto, incanaglito ho risposto piccato a dei commenti che trovavo semplicemente “scemi”, facendo di peggio.
Insomma non ho dato nessun contributo significativo alla discussione, bellissima, di questi giorni (non mi importa molto, ma essere bollato come analfabeta politicamente scorretto e imbecille seguace dei WM mi sta un poco stretto). Però se a tizio scrivo che mi fa pena e a caia che è una depressa bipolare, non mi posso aspettare il red carpet. Anzi.
no, ah ecco, dimenticavo: neanch’io voglio partecipare al .pdf. grazie cmq per l’ospitalità offerta.
@ Melmoth
Confesso che sono stanco della discussione, e sto finendo per appassionarmi più alla meta-discussione sul trasferimento o meno della medesima. Ma i suoi toni e la sua apertura al dialogo mi impongono una risposta. Certo, la letteratura e il cinema (costitutivamente intesi, cfr. Genette) sono «per tutti». Anche la musica lo è. Ma mi concederà che non «tutti» sono in grado di capire e apprezzare Ornette Coleman o il tardo Beethoven quanto Amy Winehouse (che personalmente apprezzo). Dunque il «per tutti» da lei enunciato, mi concederà, è meramente formale. La realtà della letteratura e del cinema è fatta di livelli «condizionali» (Genette), e la sanità di un sistema è data (a mio parere) dalla coesistenza di livelli diversi. Ora, il sistema di mercato temperato da interventi pubblici, vigente nel cinema e nella musica in Italia, a mio modo di vedere ha sino a poco tempo fa permesso una sufficiente circolazione di certe testualità – magari assistite, con le storture e le micro- o macro-malversazioni che ogni assistenza comporta. In letteratura i contrappesi erano diversi, ma c’erano. Fatto sta che oggi non è più così, né da una parte né dall’altra; e io sono dell’opinione – a questo è indirizzata la mia discussione – che sia urgente mettere a punto nuovi contrappesi: rispetto alla censura del mercato.
Peraltro non so a chi alluda lei con «l’ideologia di quei pochi che da trent’anni pensano ed agiscono con un solo cervello», se si esprime più chiaramente magari capisco dove vuole arrivare.
ho postato un commento alle 2:26. mi dice ancora che è in attesa di approvazione. si può fare qualcosa? (non prendetevela con me se le risposte non sono in sincrono: è la rete, baby).
WM 1: commovente, irriverente, utile. Ad ognuno il suo nome e il suo commento. Non mi sembra grave.
@gherardo,
cioè anche tu sostieni che i tuoi commenti sui blog possano essere letti solo sullo schermo e guai a chi dà un comando alla stampante? Singolare pretesa.
E guarda che Stallman fa il diavolo a quattro per molto meno 😀
@ Gilda,
avevi messo più di un link? WordPress ragiona così, se in un commento ci sono 2 o 3 link, lo mette in moderazione.
no, no, sostengo solo che non voglio i miei commenti nel .pdf (stallman è la pettinatura che c’ha che fa paura 😉
Il pdf è solo la versione in pdf del thread in html, scarica la prova e dai un’occhiata. Tra l’altro, i tuoi commenti sono tutti seri, pacati e argomentati. Il primo è in risposta a Ostuni. Il livello complessivo, fatta la tara, è davvero molto buono, ma perché dovremmo vergognarcene, mettere dei paletti, chiamarci fuori…?
La questione pdf vs html all’interno di questa discussione è stata riportata sul blog di Buoni Presagi, e penso che, a lato della vostra conversazione comunque importante, sia interessante di per sé.
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Io non penso assolutamente che si possa dire “è come farne una printable version”. Stampare (su carta o a schermo, usando uno strumento incorporato sul blog o un’estensione del browser) per propria comodità un testo web è un gesto individuale, che prescinde del tutto dal contenuto del testo in sé. l’azione, collettiva, di prendere un testo e farne un pdf, formattandolo, caricarlo su un sito esterno, renderlo scaricabile, oltretutto – se ho capito bene – sotto il marchio “Carmilla” (Carmilla-Lipperatura-Wu Ming), NON è una cosa equiparabile.
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*Non* è “tecnicamente” la stessa cosa. “Indicizzare” e “copiare, formattare, fare un pdf e pubblicare” non è la stessa cosa.
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Voi avete “annunciato” che “sulla mailing list di Carmilla” avete “deciso” che l’avreste fatto. Non è stata un’esigenza partita dai partecipanti alla discussione. Essi avevano un tot di ore per dire sì o no, al rischio oltretutto di fare la parte del “guastafeste”, parte che mi sembra si siano aggiudicati. Immagino che alla Policastro sia sfuggito quel commento in cui annunciavate questa decisione, e sia per questo che abbia tardato a rispondere. Può capitare, nel mezzo di 500 commenti, che uno ne sfugga, anche perché di questo pdf hanno parlato soltanto i Wu Ming in due commenti (giusto per rimarcare quanto non sia stata una decisione collettiva), prima che la questione fosse sollevata da Elvezio
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Per quanto ne so non solo è possibile stampare in pdf direttamente dal web, ma openoffice ha un’estensione in grado di importare e modificare un documento pdf, per evitare che venga “una schifezza”.
Sempre senza astio, 1, ma con pazienza declinante. Stavolta tocca a me fare la parte di quello che mostra la lavagnetta all’altro. Io non ho problemi. Ma mi pare chiaro che non tutti i partecipanti alla discussione non li abbiano. Tu hai: cambiato i font, messo un’introduzione, ancorché breve e anodina, e un’illustrazione (nonché un sottotitolo che parodia una mia espressione facendo sì che un lettore che si trovi poi a incontrarla, nel corso della discussione, la legga con un sorriso a te gradito), hai impaginato diversamente i commenti, ecc.
Insomma, poco o tanto che sia, automaticamente o manualmente che sia, hai manomesso il testo in questione, e perché uno possa dire: mi sta bene, dovrebbe verificare il tuo lavoro e scorrerlo da pagina 1 a pagina (mi pare) 126. Io, lo ripeto per l’ultima volta, non ho problemi. Ma non capire che qualcuno vuole semplicemente che gli venga chiesto il consenso, per tutta questa operazione, è proprio da ‘gnurènt.
@Wu Ming 1 non vi era nessun link, mi pare. E confermo e ribadisco la posizione dichiarata alle 2:26. Che nel frattempo si potenzia parallelamente al disvelarsi della vostra intenzione effettiva: ma non era un pdf a uso proprio, e approntato solo per comodità di lettura? Ora spunta il grafico, l’introduzione e l’illustrazione! E pure la captatio a Bortolotti (che a differenza della sottoscritta non potete tacciare di scarsa conoscenza e consapevolezza del medium).
E dài, Wu Ming, est modus in rebus (un altro vasetto scaduto, questo qui)
@Wu Ming E leggilo, per favore, il commento delle 2: 26, dimmi da cosa trai la sensazione di vergogna. Altrimenti te lo ri-posto: nessun problema a star qui fino a stanotte.
@Cortellessa
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Parlo -ahimè con una certa conoscenza- dei tetri agelasti che fanno parte delle commissioni valutative per il FUS. Lei ha ragione in via teorica sui contrappesi del mercato. Far valere chi nel mercato non resta a galla e vale la pena di essere letto mi sembra impresa nobile. Ma le facevo l’esempio col cinema perchè non volevo che si dimenticasse cosa accaderebbe se la situazione fosse totalmente rovesciata: ovvero se si avesse un settore culturale dove il mercato praticamente non esiste, e si sentissero solo le voci dei soliti giudicanti. Questo atteggiamento, le assicuro, non fa che fondare una repubblica delle pacche sulle spalle. La verità è che questi di cui parliamo sono assoluti che difficilmente si realizzano (anche se col cinema ci andiamo vicino) non ci sarà mai SOLO mercato o SOLO i critici kalogatoi che giudicano del bello, sarà sempre una mescolanza dei due. Trovo solo che il vostro approccio al “mercato” -che pure mi creda, soffro sulla mia pelle per più di una ragione- difetti talvolta di lungimiranza, dal momento che le sue reti -dal punto di vista della letterarieta- sono più grandi di quanto in questa sede siete disposti ad ammettere. Almeno all’estero. Che le cose cambino qui da noi è proprio ciò di cui si discuteva.
@ Melmoth
Certo, non ci può essere SOLO mercato né SOLO soloni iperciliosi. Poco fa tessevo socialdemocratiche, banalissime lodi del “sistema temperato”. Ma le sembra che – quanto alla circolazione effettiva delle opere d’ingegno – il peso del primo sia commisurabile a quello dei secondi?
1. I “grafici” sono degli amici che si sono offerti di trovare un font leggibile etc.
2. Il testo non è stato manomesso, sfido chiunque a dimostrarlo, è uguale a come è stato preso qui.
3. Il sottotitolo è non solo ironico ma autoironico, perché qui dentro ci stiamo tutti. Dice che la discussione è “autoevidente”, cioè che si presenta da sé, nel bene e nel male.
4. L’introduzione cos’ha che non va?
5. Irene, questa, comunque la si voglia vedere, è a tutti gli effetti una “printable version”. E’ una version dello stesso testo, ed è printable.
6. La formattazione, come potete ben vedere, è unicamente finalizzata alla leggibilità. Non ci sono occhielli che evidenzino passaggi specifici, non ci sono illustrazioni nel testo, non è stato raggruppato il testo in paragrafi titolati, non sono stati nemmeno numerati i commenti!
7. Se dà fastidio la dicitura “co-produzione carmilla etc.” (che però va intesa solo in senso tecnico), si può togliere senza problemi. Lasciamo solo Lipperatura.
8. Irene, Open Office uno non è obbligato ad averlo, e quello che illustri non solo è un passaggio in più con un’app che non tutti sanno usare, ma per farlo devi partire da un pdf di questa discussione, cosa che da Lipperatura non si può ottenere. Certo, uno può mettere il tale add-on su Firefox etc. ma lo vedi come tutto si complica, come si alza la soglia?
9. Davvero, continuo a non capire il problema. L’unica spiegazione che posso darmi è maliziosa.
Avendo vissuto nella repubblica delle pacche sulle spalle posso risponderle: “No, ma l’alternativa è peggio”.
«continuo a non capire il problema». E sì che ti ho fatto la lavagnetta (alle 3.21; a proposito, ma perché i commenti vanno… un’ora indietro? oddio ora temo che arrivi Girolamo con la precessione degli equinozi…).
Andrea, ma nei miei punti numerati ci sono anche le risposte alle questioni che ponevi nella lavagnetta.
Gilda, bene, non ti vergogni. Sono contento. Ma ancora non sei riuscita a spiegarmi perché i tuoi commenti non si possano stampare con un font diverso da questo.
@ Melmoth
Ho il fondato sospetto che parlare con lei, di queste questioni, sarebbe molto più interessante che farlo con tante persone incontrate qui. Ma siamo tutti e due stanchi, e in appendice a un serpentone sterminato. Una sola cosa vorrei precisare: lei teme una censura solonica e pacchesullespallesca di tipo contenutistico. Io auspico un vaglio qualitativo di tipo linguistico.
Ribadisco e tra un po’ se si continua a insistere – questo sì, maliziosamente- su questo punto, ri-posto l’intervento delle 2:26 così questo refrain dell’imbarazzo lo facciamo tacere.
No al pdf, sì a una discussione sugli argomenti affrontati argomentata, distesa, civile FUORI dalla rete, suscettibile di evoluzione in pagina scritta e stampabile quanto si vuole.