ZITELLE

Cosa dicevamo di bello sull’immaginario?

27 pensieri su “ZITELLE

  1. Questa frase è puro genio di cacofonia lessicale:
    “il viaggio di questo testo delizioso e divertente”
    (si pulisce una lacrima e continua a ridere)
    aaaah gli uffici del marketing…
    M-

  2. Be’, io sono uno zitello delle lettere, sempre più scettico, ormai, sulla possibilità di incontrare un giorno l’editore della mia vita. Ma confesso che anche vivere da single – in tal senso – non è male. Non dev’essere piacevole, infatti, vivere con il perpetuo assillo di dimostrare al proprio editore che ha investito bene i suoi soldi. Quanto alle altre forme di zitellaggio, suvvia, il discorso è superato. Meglio soli che male accompagnati.

  3. Voglio una cerettaaaaaaa! Sperando che il dolore mi faccia rinsavire.
    Consiglio allora “L’ultima ceretta” di Anna Berra, un giallo scopereccio on the road tra precari, un pochino carente nel finale, ma che fino al momento in cui ci arrivi non te ne accorgi, è scritto bene, e a Sex and the city gli fa un baffo. Da depilare.

  4. Invece io chiedo a Loredana: perchè cassare questo libro singolo e non tutta la collana? E Sophie Kinsella, ne volemo parlà? Il libro non mi sconvolge – temevo persino peggio quando ho letto della zitellitas, poteva essere peggio. O persino meglio se il cervello avesse aiutato l’autrice. E invece siamo nel solito minestrone di sessismo in salva piccola provincia italica. E, distinguerei con Sex and the City. Le cui colpe possono essere socio economiche, so ricche magrelle e puro fortunelle, ma insomam c’erano svariate consapevolezze palesi nella sceneggiatura, che qui – manco a li cani.

  5. Capite, la donna zitella è più divertente, auto ironica ed intelligente e fa molto sesso. Anche le sposate dovrebbero presentarsi come future zitelle (prima o poi i mariti vanno rimpiazzati)?
    Tutti i maschietti del blog salvino compagne, mogli, fidanzate comprando tutto i romanzi di Jane Austen. Grazie.

  6. @ quoto zauberei, Sex and the City è un prodotto HBO e pur navigando spesso nell’inverosimile ha momenti di sceneggiatura che manco Allen…

  7. Scusate, ma non capisco lo scandalo. E’ solo l’arrivo in Italia dei cosiddetti chick lit books che spopolano da parecchi anni nel mondo anglosassone. Zauberei cita la Kinsella. In Italia c’e’ gia’ la Guia Soncini che segue quel filone.
    Che vogliamo fare, vogliamo fare un mininculpop che obblighi solo a leggere certi libri? Io invece sono fiducioso: magari qualcuno piglia in mano questo libro e dopo comincia a leggere la Meyer, e dopo arriva alla Rice e da li’ magari si allarga pure.
    O ho perso qualche cosa?

  8. No demonio non hai perso nulla, figurati, Niente mininculpop, al massimo un poco di tristezza sui modelli dell’immaginario femminile e specularmente maschile.

  9. Vincent, secondo me la domanda e’ mal posta. Nel senso che e’ “anche quella” la letteratura che piace, ma non necessariamente “solo” quella. E non solo alle donne, aggiungo. Perche’ a voler andare fino in fondo c’e’ anche un filone maschile (basti pensare a molti dei libri di Hornby e i suoi emuli anche italiani: Fabio Volo e’ chick lit al maschile).
    Mi pare che l’articolo che linki spieghi bene il perche’ del successo: voglia di svago. Voglia di leggersi una bella storia che faccia sognare. E’ un po’ come quando uno decide di andare a vedere l’ultimo film di Tom Cruise. Non cerca grandi verita’, cerca intrattenimento, divertimento. Poi non e’ detto che non apprezzi anche altri film, in altri momenti.

  10. demonio pellegrino intanto criticare non equivale desiderare di mettere al bando. Desiderare di mettere al bando vuol dire esplicitare la necessità di una norma, criticare vuol dire mettersi davanti a un oggetto e dire, non mi piaci. Io mi sono rotta di questo cortocircuito logico per cui ogni volta che si critica, si attacca la solfa della dittatura e della mancanza di libertà.
    Non so come hai fatto a digerire Kinsella, ma io in compenso ho una cultura soapoperistica e telepanettona che levete:) e anche io scivolo in alto e in basso come voglio. Temo però che questo riesce molto meglio quando da bimbo ci hai qualcuno che ti mette in alto – a scuola nella cultura in famiglia sui media. Per cui scendi e sali e trovi profondità ovunque. a partire da Kinsella e approdare riesce, ma a persone di particolare talento. Ad altri in realtà molto meno.
    In ogni caso: Italia demonio, qui si scrive e ci si scorna in Italia. I libri che li sono un fenomeno di un tipo qui assumono forme molto più sinistre.

  11. Il problema, demonio, è quello che scrive zaub: non tutti hanno lo spirito critico e la consapevolezza dell’alto e del basso, ovvero puoi leggere Kinsella ma non arrivare mai a Fenoglio. Ma anche tutto sport e non Borges.
    Capita, basta saperlo.
    A livello personale niente contro i chick lit e nemmeno contro la Kinsella.

  12. Non ho ancora letto chick lit (anche se una moderata curiosità ce l’ho) e quindi parlo anch’io senza cognizione di causa specifica. Le mie amiche che la frequentano, che sono poi generalmente anche le appassionate di “Sex and the City” (altra lacuna nella mia cultura!), sono donne intelligenti, colte, con ambizioni professionali; nel loro caso, come si è detto, non credo che dal punto di vista intellettuale quel tipo di lettura
    possa danneggiarle sostanzialmente e impedire poi loro di “saltare” o di tuffarsi ad altre profondità. Quello che temo, però, è che possa sottilmente fornire un alibi giustificatorio a una certa tendenza, del tipo: ho una potenziale intelligenza critica, posso interessarmi a mille cose, approfondirle e capirle, ma vivo in una società che esalta il superfluo e il godimento come valori assoluti, quindi un po’, o tanto, me la spasso anch’io svuotandomi la testa. Credo che la differenza stia in quel “un po’” o “tanto”. Le protagoniste di chick lit, per esempio, si occupano mai di politica, o mettono mai in discussione i meccanismi economici di cui loro stesse in quanto appassionate shoppare fanno parte? Quanto alla ricerca del principe azzurro, bè, da quello che posso intuire certi personaggi e vicende rappresentano un’evoluzione verso un tipo di favola più adulta e al passo con i tempi, ma di certo non un’utopia positiva proiettata nel futuro… Voglio dire, se Cenerentola e Biancaneve ci insegnavano che “per trovare il principe azzurro devi avere fiducia nel futuro e capacità di sognare, ma anche essere bella, buona e un angelo del focolare”, questi libri e personaggi ci aggiungono: devi essere autoironica, indipendente, capace di fare carriera…. o in alcuni casi sovvertono (o fingono di sovvertire) la scala dei valori: non devi più essere buona, devi essere stronza. Può esserci un certo progresso del ruolo femminile, ma mi sembra un progresso tutto sommato allineato a quella che è stata, nella realtà, l’evoluzione del femminile. Un’evoluzione ancora parziale e lacunosa, dal “non posso cambiare il mondo perché me ne sto chiusa in casa a occuparmi di cucina, marito e pupi” a “non mi occupo di cambiare il mondo perché ho un lavoro impegnativo, passo ore a fare shopping e nel tempo che mi resta ho voglia di svagarmi.”

  13. @Frau Dinosauro, purtroppo ti devo disilludere. Di mestiere faccio la traduttrice e ho al mio attivo una quindicina di questi capolavori della letteratura mondiale, e il panorama è desolante. Stilisticamente queste storielle fanno pietà, tagliate come sono per assomigliare già a dei film televisivi (mentre leggi ti sembra di vedere le dissolvenze), il linguaggio è piatto e banale, l’umorismo greve. Le eccezioni sono rarissime, tutte oltremanica. Quanto al ‘messaggio’, è sconfortante: l’autrice di Sex and the City è una bacchettona travestita da spregiudicata, e descrive un mondo in cui solo chi nasce ricca è davvero una signora (!). Non ho mai visto i telefilm, ma da quello che sento dire dai fan deduco che le sceneggiature non fossero farina del suo sacco. Poi esiste una produzione sconfinata di chick-lit britannica, in cui spiccano due o tre nomi ma che per il resto è popolata di personaggi femminili privi di qualsiasi spessore, piene di pregiudizi e terrorizzate all’idea di farsi vedere in mutande senza l’onnipresente ‘Brasilian wax’. Insomma, non voglio certo sputare nel piatto dove mangio 🙂 ma di letteratura, anche solo a scopo di intrattenimento, dalle parti della chick-lit non se ne vede molta.

  14. Vale, io non mi stavo illudendo… dicevo solo che magari leggere qualcosa di “light” in dosi omeopatiche non fa necessariamente male, soprattutto a donne colte che hanno i mezzi intellettuali per vedere oltre. Certo però, se i modelli (come sospettavo) sono falsamente emancipatori e per di più, come mi dici, il livello letterario medio è infimo, il rischio è che la lettrice meno equipaggiata culturalmente si accontenti,
    convinta di essere “una che legge” mentre in realtà consuma solo spazzatura ben impacchettata (oltre a ispirarsi a modelli di femminile comunque unilaterali). E forse, come dicevo, esiste anche il rischio che qualche donna intelligente finisca per simpatizzare (almeno inconsciamente) con questi modelli di donne eleganti e un po’ materialiste, frivole ma anche capaci di essere autoironiche, o aggressive sul lavoro… contrapponendole al modello (decisamente caduto in disgrazia) della veterofemminista, sciattona e idealista
    fino alla stupidità. E arrivando magari a credere che rappresentino una forma di nuovo femminismo.
    Anch’io faccio la traduttrice! Anche se a livelli di bassa manovalanza…

  15. @vale: la sazietà genera mostri, forse. Per lavoro ne avrai fin sopra i capelli di queste traduzioni, ma non è questo il punto. Se si comprano questi libri avranno una loro intrinseca piacevolezza? Io non lo so e mi butterei in riflessioni cretine che evito accuratamente. Nel frattempo depurati con Jane Austen e/o con Alice Munro.

  16. salve a tutti,
    credo che il problema che voleva sollevare Loredana fosse, giustamente, in merito ai clichè e alle caselle in cui vengono messe/si mettono le donne.
    Zitella?
    Solo perchè una dice quello che le va e scopa è una zitella?
    Purtroppo la fabbrica di clichè danneggia l’immaginario e il cervello. Gli autori commerciali (onore a chi guadagna il pane scrivendo) cercano di appunto mettere il cappello sulle cose in modo da diventarne i profeti e andare in tv.
    Se nell’italietta la Di Pietro rinnova l’aggettivo Zitella, le da lustro, e diventa un caso, ha svoltato. Tutti la chiameranno ai talk show a parlare delle “sue” zitelle, come Moccia è diventato il profeta dell’adolescenza, o la Melissa P. vestale di adolescenti porche per adulti “perbene”.
    E’ marketing.
    Il problema è che questa è minestra riscaldata e non ve ne accorgete come la rana che muore bruciata se alzi la temperatura dell’acqua a poco a poco.
    Sex and the city nasce come serie di rottura, prima di diventare “moda and the city”.
    All’inizio fa vedere donne bianche borghesi americane che parlano di sesso e volentieri, che si confrontano con la modernità, che cercano una via per essere soggetti sessuali attive e femminili, senza essere troie, nè maschiacci o pupe, solo donne occidentali contemporanee che si confrontano liberamente sul pompino o se sia più importante il sesso o l’amore e quanto.
    Poi come tutte le cose popolari, la serie diventa un fenomeno di costume e l’aspetto fashion e mondano diventa dominante e loro diventano bambole macina soldi e sponsor.
    Delle fidanzatine porche, e fatte in serie, dell’america di oggi.
    Al cinema, a vedere il pessimo film tratto dalla serie, la sala ha fatto un sospiro di massa nel vedere la cabina armadio della nuova casa di Kerry, un “ooooooooohhhh” incantato.
    Solo questo importava, come delle mega cenerentole moderne, in attesa del principe di turno.
    La libertà ha un prezzo: ragionare un minimo per scegliere le letture e scartare le minestre riscaldate, appena si riconoscono. Se cercate un minimo intrattenimento fate altro, pensate alla povera rana in pentola.
    D.

  17. ciao,
    conoscevo una ragazza in gamba sempre impegnata culturalmente
    un giorno mi regalò :tina modotti di Pino Cacucci
    visto che io poco ne mangiavo
    mi spiegò e raccontò sino a tardi
    poi un giorno così improvvisamente mi salutò quasi piangendo davanti la libreria a fianco
    partì per la spagna e divenne nervosa nell’esprimersi
    e mi spiegò per telefono che stava scopando il pavimento
    quasi piangendo mi disse che si stendeva i nervi
    si sfogava pulendo con la scopa dove era già pulito
    vidi un giorno così per caso la sua immagine in un bollettino dei baschi
    si stava battendo per la libertà
    così giovane e piena
    troppe cose voleva fare Maria in breve tempo
    la scopa le serviva per pensare
    ed io come tanti non capiamo la lunga e profonda mente femminile
    dario.

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