MIMESIS, AGON, ALEA, ILINX

A volte, anzi spesso, fa bene guardare indietro. Inizio degli anni Zero. Enrico Baj intervista Jean Baudrillard.  Dovevano accadere ancora molte cose. Ma.
A Jean Baudrillard sono legato da lunga frequentazione. Recentemente è uscito un saggio che egli considera tra i suoi principali, al pari della Società dei consumi , dello Scambio simbolico e la morte, della Seduzione , delle Strategie fatali . Si tratta di L’Èchange impossible (“Lo scambio impossibile”, editore Galilée), il quale si basa su tre teoremi. Il primo riguarda l’incomprensibilità del mondo, ove sembra che compito del pensiero umano sia quello di renderlo ancora più enigmatico e incomprensibile. Col secondo teorema si afferma che questo nostro mondo delirante va osservato da un punto di vista delirante. L’ultimo punto riguarda il gioco e il giocatore, con l’affermazione che il giocatore non può mai essere più grande del gioco stesso.
Nel tuo ultimo libro ribadisci il concetto che questa società aleatoria e dissipatoria è dominata dal principio di incertezza. Ma si tratterebbe di una incertezza creativa, quindi positiva.
“Vi è una situazione instabile che può essere sfruttata, non dico in termini positivi, non amando io questo aggettivo, ma per fini poetici, singolari. Voglio dire che la stessa situazione, l’incertezza, può essere angosciante, ma può anche essere esaltante, a condizione di farne un gioco e di fare quindi del principio di incertezza una regola, la regola del gioco. Non si tratta necessariamente di gioco ludico, né tanto meno di videogiochi. Alludo piuttosto a un principio di gioco arbitrario, pur tuttavia disciplinato da una regola, quindi arbitrario, ma non aleatorio. Il gioco degli scacchi, i giochi di denaro, possono anche essere arbitrari e aleatori, eppure contengono anche la regola. Una regola dico, non una legge”.
Una regola che non sarebbe violata.
“No. Le legge tu puoi trasgredirla, anzi diciamo che la legge è fatta per essere violata. La regola invece è fatta per essere osservata; ma all’interno della regola tu puoi far saltare i limiti del reale con le sue leggi e il suo principio di economia e quindi puoi finire a trovarti al di là dell’economico, al di là delle cose. Il giocatore può arrivare a questo porsi al di là: ma il gioco, a mio avviso, è un principio duale, non è un principio individuale.
Quindi la regola resta superiore. Si gioca perché c’è una regola, dunque secondo una regola. Il giocatore non può distruggerla, perché in questo caso non vi sarebbe più gioco possibile. La legge invece puoi trasgredirla; resta una legge violata che poi viene violata altre volte, e tutto continua come prima”.
Ma vi sono anche giochi collettivi, a squadre…
“Quelli sono giochi competitivi, sono altra cosa. Roger Caillois per il gioco dava quattro categorie: Mimesis , ovvero la rappresentazione e il gioco di teatro; Agon , ovvero la competizione; Alea , ovvero i giochi aleatori; Ilinx , ovvero di giochi di vertigine. Ho sempre trovato questa distinzione geniale perché in tutte le opere creative, siano esse oggetti, pitture, fotografie o avvenimenti, è pur necessario che vi sia una parte di rappresentazione, ovvero di competizione, l’azzardo dell’ Alea , e anche un senso di vertigine”.
Nel tuo libro sembri accostare il gioco alla necessità di evasione.
“L’evasione è una visione facile, quasi marginale della realtà, mentre quando parlo del gioco parlo del grande gioco del mondo, del mondo stesso che è un gioco ed è in gioco. Qui non si gioca a nascondino perché si partecipa totalmente e molte cose sono riconducibili al gioco. Anche la seduzione è un gioco, naturalmente a due”.
Trattando della scrittura, tu parli di scrittura automatica virtuale…
“La scrittura automatica virtuale, nei termini delle nuove tecnologie virtuali e informatiche, significa la tentazione di produrre un mondo che si svolge da solo. A questo punto è la tecnologia che marcia da sola, è la scrittura automatica della tecnica che marcia senza soggetto. È quello che avviene nel virtuale: non c’è più soggetto, è il calcolo che funziona da solo, è il numero, è la sintesi logico-matematica, è un’autoproduzione di un sistema che gira su stesso in modo tautologico”.
L’idea dell’eterno ritorno, di cui parli nel tuo nuovo libro, presuppone un moto circolare opposto a quello lineare storico del divenire senza ritorno.
“Possiamo certo immaginare un ciclo in cui si finisce sempre per essere nello stesso punto. L’eterno ritorno è un punto, come dice Nietzsche, che è sempre nello stesso punto. Possiamo considerare l’esistenza di tre forme del tempo. Anzitutto vi è il tempo ciclico che è il tempo mitologico di culture passate. Poi c’è il tempo lineare, che è il tempo storico. Oggi siamo nel tempo reale, che non è più il tempo storico, ma il tempo in cui contemporaneamente siamo in tutti i luoghi del globo e in tutti gli angoli del tempo. Si tratta della “frattalizzazione” del tempo lineare, che sarebbe la risultante di una somma di frattali, che ci portano ben lontani dal tempo ciclico. Quindi il tempo ciclico scompare nel tempo lineare, e il tempo lineare scompare dentro il tempo reale. In definitiva si può dire che prima vi è un cerchio, poi una linea dritta e finalmente una linea retta formata da una serie di punti”.
A proposito del tempo tu introduci la contrapposizione tra due concetti che potrebbero anche assimilarsi: il concetto di cambiamento e quello di divenire.
“La grande opposizione tra cambiamento e divenire è importante ed è già evidente tra noi. Nietzsche, parlando degli individui moderni, afferma: “Quelli cambiano, cambiano continuamente, ma non diventano mai niente”. Questo fatto lo si vive tutti i giorni e l’osservazione è valida anche per gli avvenimenti e l’informazione. Questo cambiare senza divenire è il mondo del virtuale. È la possibilità di adottare tutte le forme che è specifica di un certo lavoro sul computer e che costituisce una sorta di morfismo. E il morfismo in questo continuo cambiamento formale è esattamente il contrario del concetto di metamorfosi”.
Tu rilevi anche in questo libro che è la televisione che ci guarda, che è il libro che ci legge, che è l’immagine che ci osserva.
“Le immagini, osservandoci, diventano autonome, acquistano una potenza autonoma e ci prendono in ostaggio. Al punto che diventiamo noi stessi un’immagine, senza identità, se mai questa sia esistita. A questo punto, nel concatenamento delle immagini, non siamo che un anello. Non c’è più il soggetto che guarda con un principio di giudizio, di piacere e altro. Al posto di tutto ciò subentra un passaggio di immagini su una banda magnetica. E là ritroviamo una sorta di scrittura automatica del virtuale”.
Dove l’individuo si perde appunto nella sua immagine…
“L’individualità è una sorta di modello di rappresentazione, che esiste in quanto vi è una sorta di consenso, ma è un sistema di valori estremamente fragile”.
A tuo avviso tutti i valori trascendenti sono stati assorbiti dalla tecnologia, divenuta simbolo del Bene, mentre la trascendenza è stata abbandonata alle forze del Male. E citi Ceronetti, per il quale la virtù non può porsi in competizione con i mezzi di trasporto.
“Quella di Ceronetti è una metafora, che val quanto dire che i mezzi tradizionali non possono competere con i media. Quanto al male e al bene, essi sono il riflesso l’uno dell’altro: sono asimmetrici. Anche il discorso del bene e del male è riferibile ad una forma, quella dell’ iceberg . Il bene sta sopra, separato dalla parte inferiore, che è molto più grossa, dalla linea di galleggiamento, la quale è una linea oscillante. Il male, stando sotto, non lo si vede. Questa figura di iceberg si scontra, nella realtà, come nell’immaginario, con un suo omologo duale, il Titanic . E succede quel che succede. Anche nelle grosse imbarcazioni vi è una linea di galleggiamento che divide il galleggiante dal sommerso. Il crimine perfetto, perpetrato in nome del bene, consiste nell’organizzare un universo tecnico e artificiale privo di anticorpi, di cui il Titanic doveva essere un simbolo perfetto. Un mondo fatto per soddisfare i nostri desideri.
Quello del desiderio è un discorso a parte, separato dalla seduzione, perché la seduzione gioca con il desiderio, ma non è il desiderio. Ormai anche nel sessuale il desiderio è un’incarnazione secondaria. Il desiderio ha accaparrato il sessuale rendendolo ambiguo e di conseguenza il sessuale è diventato tutto e niente: il discorso sul sesso ormai è un discorso di copertura”.
Sensazione, desiderio, gioia. Che cosa cerca l’uomo attraverso l’immagine virtuale?
“Se gli uomini cercano macchine originali e geniali è perché non credono più nella loro originalità, quindi vogliono liberarsi della propria riflessione e del proprio sapere. È così che i computer sono prodotti da handicappati e producono handicappati, persone private in parte della loro funzione”.

3 pensieri su “MIMESIS, AGON, ALEA, ILINX

  1. Io credo che il tempo non esista, sia solo un tentativo dell’uomo di interpretare la realtà, il circostante. Non esiste un “accaduto prima”o un “accaduto dopo”, esistono punti nello spazio e l’uomo non è in grado di gestirli, trovarli e dare loro l’attributo dell’esistenza senza stabilire coordinate, salvo poi scoprire contraddizioni e indeterminazioni. Così crea macchine che lavorano per approssimazione e che devono per questo necessariamente scomporre e frammentare. Questo comporta la ricerca di velocità di calcolo, velocità intesa come capacità di frattalizzare, se vogliamo usare questo termine.
    Questo significa che una società reale e un virtuale, che si basano o addirittura sono creati dalle macchine, diventano progressivamente sempre più veloci e frammentati. Lo possiamo notare nell’accelerazione della comunicazione, con scritture abbreviate, con contatti veloci con molte persone, con la fruizioni di grandi quantità di contenuti brevi. Viene così a ridursi progressivamente la capacità di riflessione e l’interpretazione del “tutto”, a vantaggio della schematicità e della somma di particolari. Ma l’uomo non è una macchina, e così questa velocità e frattalizzazione confligge pesantemente con le nostra emotività, con il nostro immaginario e con i nostri vecchi archetipi. Io credo che il futuro porterà un collasso della comunicazione, causato dalla progressiva perdita di empatia. A meno che non intervengano guerre tra le grandi potenze, ma non vorrei casaleggiare troppo e qui mi fermo.

  2. Questa intervista mi lascia i dubbi che ho da sempre su Baudrillard. Provo a riassumerli così: scambia un po’ troppo facilmente le metafore per rappresentazioni. E le sue parole tentano di trasformare la metafora in uno strumento di conoscenza – ma non lo è. Può solo farla iniziare, poi ci devi mettere il corpo, se no non funziona. I suoi testi sono di profonda e cogente critica, ma gli manca sempre troppa “pars construens”, e alla fine ti lascia il sapore di un raffinato cinismo. Va letto insieme a qualcun altro, o fa troppo male 🙂

  3. Quando si esprimeva sul tema della reversibilità del linguaggio, dei codici e dei significati non mi è sembrato che Baudrillard scambiasse le metafore per rappresentazioni.

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