NEW THING? IL PIU' AUTORIDOTTO

Ricevo e, come si suol dire, inoltro assai volentieri:
"Bologna, 1 dicembre – Il romanzo "New Thing" di Wu Ming 1 è stato il libro più acquistato nella libreria Mel Bookstore durante le due ore di "autoriduzione" con sconto al 30% concordate fra il direttore Giangi Marrali e alcuni manifestanti staccatisi dal corteo contro la finanziaria.
Lo scrive l’edizione locale del quotidiano "La Repubblica" di oggi, in coda ad un’intervista a Marrali, che dichiara:"Mi hanno spiegato che non volevano causare problemi, che non avevano intenzione di creare tensione. E allora mi sono detto: perché no? In fondo l’autoriduzione fatta così, in modo civile, può avere un senso. Il problema del costo eccessivo dei libri, come di tutto il resto, è reale. Iniziative come questa erano nell’aria, lo sanno anche gli editori, i più sensibili hanno mandato una nota chiedendoci di essere concilianti, nei limiti del possibile. Ora spero che mi rimborsino, almeno in parte, anche con dei libri".
L’autoriduzione è durata dalle 10.30 alle 12.30 e ha fatto registrare vendite da record, con i manifestanti e gli altri clienti ordinatamente in fila per lo scontrino. "Domani presenterò agli editori la lista dei libri venduti – ha dichiarato Marrali – e chissà che non gli possa servire come sondaggio sui gusti dei clienti. Una cosa è certa, che tra i libri dell’autoriduzione non ce n’è uno di Bruno Vespa".
"Tra i più gettonati- ha chiosato "La Repubblica" – i libri di Michael Moore e molte, moltissime copie dell’ultima fatica di Wu Ming".
Wu Ming 1, membro del noto collettivo di autori con base operativa a Bologna, ha elogiato la condotta tenuta da Marrali e si è detto lusingato della preferenza accordata al suo libro dagli autoriduttori".

36 pensieri su “NEW THING? IL PIU' AUTORIDOTTO

  1. Ecco, “New Thing” è GRANDE LETTERATURA.
    Spero che iniziative del genere si possano ripetere. Purtroppo il costo dei libri è alto, troppo: un romanzo come New Thing vale la spesa, è un romanzo che resta e non si dimentica.
    E che dire di “Q” o “54”? Questa è Letteratura, quella che vale veramente.
    Spero che gli editori si rendano conto che molti prezzi di copertina sono proibitivi per le tasche degli italiani, ma non solo. Sono disposto a pagare per la “Cultura”, ma non a farmi “salassare”. Se i prezzi diminuissero sensibilmente, io credo che si comprerebbero un maggior numero di copie.
    Il fatto che qui hai riportato indica che c’è la buona volontà a comprare la “cultura” ad un prezzo onesto.
    Saludos.
    Iannox

  2. Trovo più interessante la posizione del direttore piuttosto che la questione ‘new thing’. in effetti è come andare a fare gli exit-poll davanti alla sede di un partito, è chiaro che sembrerebbe vincere, la qual cosa mi spiega che non sia stato venduto nemmeno un libro di Vespa.
    Come dicevo però la posizione del direttore, è molto interessante, tutto sommato, per usare i suoi stessi termini, conciliante. Non mi pare una cattiva strada. Ecco. Almeno non siamo lontani anni luce come da altre parti.

  3. Ah, senza contare che a strozzare gli editori, nella maggior parte dei casi, é la distribuzione, che applica percentuali altissime che raggiungono a quanto ne so anche il 60% del prezzo di ogni copia.
    Perchè non fare una visitina a loro, i distributori, piuttosto che ai librai?
    ancora saluti, Jaco
    http://iojaco.splinder.com

  4. Dunque, Jaco, sono andata a leggere la tua lettera:è bella e assolutamente condivisibile. Sulla vicenda Berlusconi ed editoria la discussione è antica e mai risolta: gli stessi Wu Ming, che pubblicano per Einaudi che fa capo al gruppo Mondadori eccetera, si sono trovati più volte ad affrontarla con i propri lettori. Stessa cosa vale per Valerio Evangelisti, altro autore evidentemente di ultrasinistra (diciamo così, per semplificazione), e che pubblica per Mondadori. Varrebbe la pena di andare a sbirciare, se volete, negli archivi di Giap!, la newsletter dei Wu Ming stessi che si trova nel loro sito (nei link qui a destra).
    E poi, assolutamente sì, darkripper, i prezzi dei libri sono decisamente alti. Se posso introdurre sia pur fugacemente un altro discorso: sono alti quelli dei libri che desideriamo comprare, ancor di più quelli che dobbiamo comprare. Penso, per esempio, ai libri scolastici: che in moltissima parte, per giunta, non valgono il prezzo, e non si possono nemmeno recensire, accidenti.
    Alessandro, la storia di Q, Luther Blissett e Umberto Eco è buffa: quando si sparse la voce che una parte del Luther Blissett Project stava per pubblicare un romanzo, nacque la leggenda che in realtà lo aveva scritto Eco. Ma quella volta non si trattava di una leggenda creata ad arte da Blissett: era spontanea. E, ovvio, assolutamente falsa. 🙂

  5. Ottima idea. Io autoridurrei volentieri anche un pò di libri che non ho comprato, più decisamente troppi che invece ho comprato. Mi chiedo ad esempio quanta più gente si sarebbe cimentata con Infinite Jest se non fosse costato un occhio dalla testa. Ma magari mi sbaglio, forse la gente ai costi dei libri non ci fa caso.

  6. Uno dei problemi non è solo il prezzo assoluto, ma quello RELATIVO. Intendo dire che è un assurdo che abbiano lo stesso prezzo di copertina l’ultimo “libro” del personaggiucolo che calvalca una costruita onda di popolarità mediatica, ed il frutto della fatica e della passione di uno scrittore, giovane o già famoso che sia.
    La stessa perversa situazione accade nella musica: non sono solo i prezzi dei CD ad essere alti, ma è inconcepibile la quantità di musicanti e cantanti costruiti ed improvvisati il cui disco è venduto allo stesso prezzo del lavoro musicale di chi della musica fa la sua vita e non un semplice, artefatto e momentaneo business da jingle.
    Insomma: è come se un quadro di Picasso e l’ultimo scarabocchio di uno scimpanzè (anche curioso e simpatico, per carità) fossero venduti allo stesso prezzo. E fintanto che ciò continuerà ad accadere, difficilmente si potrà sperare che l’ultima riduzione di prezzo possa essere sufficiente a risolvere veramente IL problema in questione.

  7. Prezzi prezzi prezzi.
    In the Shadow of No Towers Autore Spiegelman, Art, Hardcover, 42 p.; ill. Anno 2004 Editore Pantheon Books, Prezzo $ 19,95.
    Dunque ci si aspetterebbe di trovarlo in Italia a € 18,33, ma Einaudi lo manda in libreria a € 25,00.
    La Coconinopress edita i prodotti più curati sul mercato del fumetto ed è una piccola casa editrice (in cui lavora il grande Igor Tuveri). Un volume curatissimo (rilegatura, carta ottima, progetto grafico eccellente) di Coconino come “Paul ha un lavoro estivo” di Michel Rabagliati, che oltretutto è una straordinaria graphic novel, costa € 12,50.
    Einaudi vende un libro realizzato in modo molto più scadente, ma soprattutto una vera schifezza come “Fa un po’ male” (lo dice lo stesso Ammaniti nelle presentazioni) di Ammaniti Niccolò; Brolli Daniele; Fabbri Davide, un libro destinato a vendere più di qualsiasi volume Coconino per il nome dello sceneggiatore (furbescamente lo fanno collaborare con nomi conosciuti dagli amatori di fumetti), che quindi potrebbe permettersi un prezzo di copertina molto più basso di un concorrente volume della Coconino come quello di Rebagliati, dicevo, Einaudi lo vende a € 14,00.
    Allora se noi ci aspettiamo di trovare libri che possano interagire in qualche modo con la nostra vita, gli editor e responsabili vari delle case editrici, i mediatori (in giornali, radio, tv), le librerie (grosse catene soprattutto) formano un sistema compatto affinché questo possa accadere il meno possibile.
    Poi c’è qualche eccezione di eccezionale valore (penso per esempio al gruppo di nazione indiana, alle piccole case editrici come Sironi e Fernandel).

  8. Non facciamo i conti senza l’oste, se non sbaglio “Fa un po’ male” è stampato su carta riciclata al 100% e sbiancata senza uso di cloro, su richiesta di Ammaniti che come i Wu Ming aveva firmato l’appello di Greenpeace e ha fatto pressione sull’Einaudi. Purtroppo finché quella carta non diventerà di uso comune nell’editoria, la fornitura costerà di più e inciderà sul prezzo di copertina. Nel frattempo io non mi faccio problemi a spendere 1-2 euro in più e dare un contributo a fermare la deforestazione selvaggia, perchè i costi che pagheremo se non fermiamo quel processo sono molto, molto più alti.
    Sull’altro dibattito, grandi case editrici, Mondadori etc. etc. segnalo questo:
    http://www.carmillaonline.com/archives/2004/09/000955.html
    Ultima cosa: come mai le edizioni Fernandel e gli autori che fanno riferimento a Nazione Indiana non praticano il copyleft? Mi sembra che i WM abbiano dimostrato che permettere la riproduzione a uso personale non danneggia in nessun modo le vendite, anzi le incrementa, perché il testo ha molte più possibilità di circolare. Rimando al testo “Il copyleft spiegato ai bambini”, che si trova qui:
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/tematico_copyright.html

  9. Guarda, Andrea, che sulla carta riciclata hai preconcetti vecchi di una ventina d’anni. La carta utilizzata per “New Thing” è del tutto indistinguibile da qualunque altra carta, anzi, è sicuramente migliore di molte altre che trovi in libreria. Se non ci fosse scritto che è riciclata, non se ne sarebbe accorto nessuno. Quindi nessun “fruscio”, i fumetti d’autore in carta ecosostenibile, poi, sono una realtà in molti paesi europei.
    Sul copyleft, a me non sembra affatto una trovata pubblicitaria, altrimenti si sarebbe già sgonfiata da un pezzo e invece cresce sempre di più in tutto il mondo, creative commons, linux, free software, programmi peer to peer ecc. ecc. stanno ridefinendo il modo di fare e consumare cultura oggi. Mi sembra anzi una questione fondamentale, questa, che va a toccare i nervi scoperti della produzione culturale. La questione del rapporto fra tecnologie e proprietà intellettuale è forse LA questione di oggi perché tocca tutti gli ambiti della vita, dalla rete alle biotecnologie, dai libri ai cd, dalla rete al satellite ecc. Io credo che la scelta dei WM consista nel permettere a un lettore di non comprare un loro libro “a scatola chiusa”, è una questione di rispetto: lo scarichi, te ne stampi quanti capitoli vuoi, lo leggi in parte o tutto e poi lo vai a comprare o scegli di regalarne una copia. E se non avesse utilità, come dici tu, allora non esisterebbero neanche progetti come liberliber.it o archive.org.

  10. L’oste c’era e ha emesso lo scontrino.
    L’oggetto-libro “Fa un po’ male” considerato come costo unitario è immensamente più economico di “Paul ha un lavoro estivo”, su questo non ci piove.
    Ora si può discutere sull’uso della carta riciclata. Io per un fumetto di qualità e per libri d’arte la escluderei, per fare un esempio è come se tu ascoltassi musica con un fruscio di fondo. Sui romanzi si può discutere. Faletti e i manuali di sicuro su carta riciclata mi viene da pensare. A proposito so che Fernandel aveva in progetto l’uso di carta riciclata di buona qualità a buoni prezzi.
    Sul copy-left non so che dirti, mi sembra più che altro una trovata pubblicitaria. Se il motivo è che tutti possano fruire di un libro, anche chi non lo può comprare, be’ ci sono biblioteche pubbliche che sono anche disposte ad acquistare testi non disponibili, e poi scusa come si fa a leggere un libro dallo schermo del pc, e non mi dire che te lo stampi perché la spesa è piuttosto alta, a meno che tu non lo faccia dall’ufficio.
    Invece i contenuti del sito Nazione Indiana (non parlo delle opere degli autori eh) sono copyleft, ma lì ha un senso, l’articolo lo leggi bene anche dal monitor, oltretutto fra quei contenuti ci sono cose apparse su carta (quindi in questo caso opere degli autori), tra le altre i pezzi che Moresco pubblica su Fernandel.
    Salutiamo dunque l’oste.

  11. Se è per avere un’anticipazione del libro basta andare in libreria e sfogliarlo, ieri per esempio ho fatto così con “La lente scura”, e allora il copyleft lo fanno tutti. Per il resto dal monitor un libro non lo leggi e stamparlo… se pensi il costo delle cartucce, della carta, della rilegatura alla fine ti conviene comprarlo. A questo proposito mi viene in mente Mozzi che affisse sul suo diario in rete un topic dove dichiarava di essere disposto a prestare volumi di C. Coccioli a chi fosse interessato, pubblicandone l’elenco e il numero di copie (Coccioli è difficilmente reperibile nonostante sia un grande scrittore): ecco un’iniziativa meno cool di quella dei Wu Ming e molto molto più utile. Sul copyleft in contesti diversi dal libro credo che tu abbia ragione, anche se a volte un programma copyleft serve a ottenere una posizione di monopolio sul mercato informatico come ben sai dalle vicende della microsoft.
    In ufficio sono sommerso dalla carta non riciclata, cominciamo da qui invece che dai libri d’arte, che dici?
    Scusate vado a produrre.

  12. Non so qual’é la politica sui commenti qui sul LippeBlog, visto che si sta andando (credo) vagamente fuori tema. Comunque: le copie sul pc dei libri di Wu Ming sono utilissime, mi capita di voler ritrovare un pezzo di romanzo cartaceo e a volte ci metto un sacco di tempo. Secondo me si prestano molto a letture successive, di singoli pezzi, frasi, passaggi. Di recente ad esempio mi sono andato a rivedere le parti ‘toccate’ dal bellissimo reading realizzato in collaborazione con YoYo Mundi.

  13. Io di “54” ho letto una trentina di capitoli stampati dal file, poi ho deciso che lo compravo, e ne ho regalate diverse copie. Oltre a consigliare questa cosa anche agli scrittori che si lamentano di vendere poco, di essere ignorati, mal distribuiti etc. (mettete on line il testo e se vale qualcosa lo venderete anche), io dico che se Andrea è in grado di leggere trenta capitoli in libreria, in piedi, coi commessi che spostano pile di libri etc. buon per lui.
    Oltre al fatto che non tutti hanno la fortuna di vivere in posti dove c’è una libreria (la situazione nella provincia meridionale, dove vivo, è disastrosa), mentre i cavi del telefono arrivano più o meno dappertutto.
    Poi faccio di quei files lo stesso uso che fa Darkripper, e se uno vuole citare un brano di Wu Ming sul suo blog può farlo subito, senza bisogno di ribatterlo o passarlo a scanner.
    Poi che è questa storia che un libro da monitor non lo leggi? Io ne ho letti e continuo a farlo.
    Se poi il problema è il toner per stamparli, si può sempre scroccare a scuola, all’università, in ufficio.
    Comunque, la cosa che mi sembra non venga capita è che il copyleft libera l’opera, la schiude, le fa incontrare il mondo, la mette a disposizione, permettendone qualunque riproduzione non a scopo di lucro.
    Il che significa che il libro si può anche fotocopiare (!!!), che si possono usare i personaggi nei giochi di ruolo on line senza preoccuparsi dei diritti (com’è già avvenuto per “Q”), che l’opera può essere archiviata nelle biblioteche digitali (recentemente la Mondadori ha impedito quest’archiviazione per un libro di D’Annunzio) et cetera.
    Ciascuno è liberissimo di pensare che queste sono cazzate, solo fuffa, trovate di marketing etc. Per me invece son cose buone e giuste. Queste cose le hanno già spiegate a menadito i WM, molto meglio di quanto potrei mai fare io. Più su ho linkato la sezione del loro sito dedicata a questi temi.

  14. Dovevo leggere i commenti sul LippeBlog per scoprire che Microsoft ha ottenuto una posizione di monopolio… grazie al copyleft! Quindi Windows è open source! Chi l’avrebbe mai immaginato. Grazie, Andrea, della preziosa informazione. Adesso non resta che informare Gates e Ballmer, così la smettono di fare la guerra a Linux: – Ehi, guardate che anche voi adottate il copyleft! Mettete dei fiori nei vostri cannoni!

  15. Franco, che cosa c’entra windows? ho parlato di windows?
    Copio incollo dal web.
    “Dal 1998 in poi, Netscape ha iniziato a perdere quote di marketshare, specialmente dopo Microsoft ha smesso di addebitare il relativo browser, mentre IE ha approfittato del momento e ora ha una quota di marketshare valutata l’87 per cento.”
    Questo ti basta?
    Invece, per Bokassa, non so da come esponi la cosa forse il copy left può essere utile alla diffusione dei libri. Veramente mi hai fatto venire dei dubbi.

  16. Andrea scrive:
    “Dal 1998 in poi, Netscape ha iniziato a perdere quote di marketshare, specialmente dopo Microsoft ha smesso di addebitare il relativo browser, mentre IE ha approfittato del momento e ora ha una quota di marketshare valutata l’87 per cento.”
    A parte che con Netscape stiamo parlando del pliocene inferiore, oggi c’è Mozilla Firefox, browser open source che si sta diffondendo a macchia d’olio *guadagnando* quote su IE, e Firefox esiste anche grazie al fatto che Netscape “aprì” il codice-sorgente, qualche era geologica fa… A parte questo, dicevo, mi dovresti spiegare come mai il 70% dei server attualmente gira su Apache Linux, e perché Windows fa la guerra a Linux se il copyleft è questo grande svantaggio… E’ chiaro che la situazione è esattamente opposta: il copyleft è garanzia di grande diffusione, le pubbliche amministrazioni quindi il monopolio di Microsoft è minacciato, da qui la reazione violenta. Le pubbliche amministrazioni di moltissimi paesi, a cominciare dal Brasile, che era un mercato telematico gigantesco, e di migliaia di città importanti, sono passate da Windows al software libero. Cosa che a Gates non ha fatto molto piacere. Ma già, il copyleft è uno svantaggio, Microsoft in fondo ci guadagna…

  17. Ehm… Per tornare in tema autoriduzione, ecco un commento di WM1 preso dal forum di New Thing, paradossale ma non troppo:
    “l’unico vero risultato di quell’azione è stato permettere al libraio intelligente di avere, ready made e senza sforzo, una fantastica operazione promozionale: una happy hour durante il passaggio di un corteo gigantesco, con vendite da record in tempi di vacche magrissime, e amplificazione mediatica della cosa. Sicuramente l’afflusso di clientela a Mel Bookstore è aumentato fin dal pomeriggio del giorno stesso. Ci sono maligni che dicono che se la sia organizzata da solo, l’autoriduzione, pagando alcuni figuranti etc. Ovviamente è una cazzata, gli “autoriduttori” erano i soliti ‘Disobbedienti’ di casariniana osservanza, e hanno fatto tutto gratis. Averceli! E’ il sogno di ogni direttore del marketing, avere contestatori così facilmente disinnescabili, disposti a fare la figura degli “addomesticati” che si fanno usare da un commerciante e se ne vanno con le pive nel sacco ma contenti. Se pensiamo alla reazione molto diversa che ha avuto Carlo Feltrinelli dopo l’episodio di Roma, capiamo che è questa la strada per salvare il capitalismo! :-)’

  18. Franco comincio a pensare che tu sia un caso patologico. Io non ho detto che il copyleft è uno svantaggio, ho detto che microsoft se ne serviva per ottenere una posizione di monopolio su alcuni programmi informatici. Questo come tu fai notare giustamente accadeva tempo fa, ora i concorrenti affrontano microsoft con le stesse armi, il copyleft. Ai tempi di mumù microsoft per il copyleft fu citata in giudizio da 19 stati, ora ricorrerà al giudice anche Gates ma dall’altra parte.
    Do una notizia che farà piacere a molti, chiudo con ‘sto blog (non ho molto tempo libero e ho di meglio da fare). Devo ancora un risposta a Loredana Lipperini che sbrigo appena posso e poi basta.
    Santa liberata!

  19. Scusate se m’inserisco, ma qui si leggono cose che, francamente…
    Andrea dice:
    ” Io non ho detto che il copyleft è uno svantaggio, ho detto che microsoft se ne serviva per ottenere una posizione di monopolio su alcuni programmi informatici. Questo come tu fai notare giustamente accadeva tempo fa, ora i concorrenti affrontano microsoft con le stesse armi, il copyleft. Ai tempi di mumù microsoft per il copyleft fu citata in giudizio da 19 stati, ora ricorrerà al giudice anche Gates ma dall’altra parte.”
    Non me ne volere, Andrea, ma di ciò che non si conosce bisognerebbe tacere. Quello che hai scritto non ha il minimo senso, da nessun punto di vista.
    Probabilmente confondi il copyleft con il fatto che Microsoft metteva Explorer già installato nel sistema operativo. Ma chiunque può garantirti che questa cosa, con il copyleft, non c’entra proprio niente. Altrimenti sono “copyleft” anche gli sconti “prendi 3 paghi 2” che vedi nei supermercati.
    Il copyleft è la libertà di circolazione, riproduzione e modifica, tramite l’apertura del codice-sorgente e tramite una particolare licenza (nel software si chiama GPL) che autorizza a copiare il programma. Software libero.
    Una volta il software era tutto libero, poi proprio Bill Gates introdusse l’idea che dovesse essere proprietario. Quindi non solo la Microsoft non ha MAI usato il copyleft, ma è sempre stata la nemica n.1 di questa pratica.
    Spero che adesso la situazione ti sia più chiara.

  20. Appunto, Giovanni mi ha tolto le parole di bocca, anzi, di dita. Andrea, prima di definirmi “caso patologico”, forse dovresti sincerarti di non aver scritto fregnacce. Io avevo capito male (pensavo dicessi che Microsoft ha utilizzato come arma il copyleft altrui, cioè l’apertura del source code di Netscape), ma ti avevo sopravvalutato. La tua spiegazione fa capire che ne sai ancor meno di quello che temevo.

  21. Non so che dirvi, se un programma gratis non è l’equivalente di un copyleft, se i 19 stati e le orde di costosissimi avvocati non avevano capito che si trattava del 3X2 del supermercato non so più che dirvi.
    State bene, nipotini di Sraffa.

  22. “Non so che dirvi, se un programma gratis non è l’equivalente di un copyleft…”
    Appunto, non sai che dirci, s’era già capito.
    Il copyleft è una cosa precisa, ti è stato spiegato, tu – nel tuo delirio da “avere-comunque-l’ultima-parola” (ma mettiti l’anima in pace, non l’avrai) fai finta di no.
    Il processo a Microsoft era per abuso di posizione dominante e concorrenza sleale: non era semplicemente perché IE era gratis (a rigore, non lo era: pagavi di più il sistema operativo), ma perché era già installato in Windows, che IBM forniva già con l’hardware. In quella causa, NESSUNO ha MAI tirato in ballo, né direttamente né indirettamente, il concetto di “copyleft”.
    Anzi, fu proprio Netscape (che, la cosa ti stupirà, era scaricabile gratis) a scegliere quella strada. Se oggi esiste la suite Mozilla, è grazie alla messa in condivisione del codice-sorgente di Netscape.
    Ribadisco quel che ti è stato detto: di ciò che non si sa bisogna tacere.

  23. Forse non mi sono spiegato, quindi mi ripeto:
    Il copyleft è la libertà di circolazione, riproduzione e modifica, tramite l’apertura del codice-sorgente e tramite una particolare licenza (nel software si chiama GPL) che autorizza a copiare il programma.

  24. Da “Il copyleft spiegato ai bambini”:
    “Copyleft” (denso gioco di parole intraducibile in italiano) è una filosofia che si traduce in diversi tipi di licenze commerciali, la prima delle quali è stata la GPL [GNU Public License] del software libero, nata per tutelare quest’ultimo e impedire che qualcuno (Microsoft, per fare un nome a caso) si impadronisse, privatizzandoli, dei risultati del lavoro di libere comunità di utenti (per chi non lo sapesse, il software libero è a “codice-sorgente aperto”, il che lo rende potenzialmente controllabile, modificabile e migliorabile dall’utente, da solo o in collaborazione con altri).
    Se il software libero fosse rimasto semplicemente di dominio pubblico, prima o poi i rapaci dell’industria ci avrebbero messo sopra le grinfie. La soluzione fu rivoltare il copyright come un calzino, per trasformarlo da ostacolo alla libera riproduzione a suprema garanzia di quest’ultima. In parole povere: io metto il copyright, quindi sono proprietario di quest’opera, dunque approfitto di questo potere per dire che con quest’opera potete farci quello che volete, potete copiarla, diffonderla, modificarla, però non potete impedire a qualcun altro di farlo, cioè non potete appropriarvene e fermarne la circolazione, non potete metterci un copyright a vostra volta, perché ce n’è già uno, appartiene a me, e io vi rompo il culo.

  25. Ah ecco, IE non era gratis, era gratis solo se compravi il pc perché te lo ritrovavi dentro, ok.
    Io lo capisco che questo non è tecnicamente copyleft perché il copyleft ha la sua bella fenomenologia che è… però in sostanza IE era un programma regalato, cioè un “permesso d’autore”, regalato con lo scopo preciso di freddare altri programmi analoghi della concorrenza. Mi sembra che con IE ci siano riusciti no?
    Non si potrebbe pensare che un autore/casa editrice usi il copyleft per fare lo stesso, sarebbe fantaeditoria? Non potrebbe insomma essere una strategia per penetrare nel mercato, farsi conoscere a scapito di altri che non possono permettersi di farlo e vendere vendere vendere?
    Saluti.

  26. Andrea, ma come dobbiamo spiegartelo? La pratica che descrivi non c’entra NIENTE con il copyleft, e non è questione di forma ma di sostanza.
    Quello di Microsoft sarebbe copyleft se il codice-sorgente di Windows fosse pubblico e il sistema operativo si potesse liberamente COPIARE, installare, modificare. Non mi risulta che questo succeda, anzi, le pubbliche amministrazioni di molti paesi poveri passano al software libero proprio perché non possono permettersi di pagare a Bill Gates le salatissime licenze.
    La materia del contendere di quella causa non era la gratuità perché Windows NON è gratis (e nemmeno IE: per il fatto che c’era Win98 costava più di Win95), ma il suo essere già nella macchina che compri (e ripeto, non è gratis, perché il fatto che c’è aumenta il prezzo del computer). In questo modo il risultato che il cliente non va a cercarsi un altro sistema operativo anche se migliore, e questo oltre a ledere la concorrenza rallenta l’innovazione.
    Da allora, grazie al copyleft, le alternative sono sbocciate un po’ ovunque, e non è un caso che oggi Microsoft faccia un selvaggio lavoro di lobbying per far passare leggi (come quella sulla brevettabilità di ogni singolo algoritmo) che tarpino le ali a Linux e a tutto l’open source.
    Abusare di una posizione di quasi-monopolio, invadere il mercato con operazioni a perdere, erodere con un prodotto scadente ma gratuito il mercato di un prodotto di qualità che costa etc. queste sono cose che esistono da secoli e con il copyleft non hanno nulla a che fare.

  27. Franco scrivi
    “le pubbliche amministrazioni di molti paesi poveri passano al software libero”
    Poi scrivi
    “erodere con un prodotto scadente ma gratuito il mercato … con il copyleft non ha nulla a che fare”
    Allora, il copyleft batte sul mercato i programmi non liberi o no? Linux rischia di mangiarsi il mercato di Microsoft o no? Se no, perché Microsoft preme per nuove regole sui brevetti?

  28. La tua incapacità di leggere e capire mi lascia frastornato e sbigottito.
    Nell’ultimo capoverso, è chiaro che mi riferivo ai casi in cui si tenta di scacciare la moneta buona con immissioni di quella cattiva, ma quando si parla di copyleft, si parla di altro, e mi sembrava chiaro. Non sembra chiaro a te, perché continui a pensare che copyleft significhi roba gratis. Nel copyleft è la moneta buona che scaccia quella cattiva, e il dato principale non è la gratuità (mi spiace doverti informare che le distribuzioni di Linux, come Red Hat, Mandrake etc. si vendono e comprano) ma l’apertura del codice-sorgente, e quindi la verificabilità e la qualità. E’ comunemente accettato che la condivisione, il “reverse engineering” di massa etc. garantiscono maggiore qualità e stabilità del software, non minore. Migliaia di persone che, con passione, provano e scandagliano un programma, segnalano eventuali errori, suggeriscono come correggerli o addirittura lo fanno, come avviene col software libero, sono meglio di poche decine di programmatori stipendiati, e infatti in Windows e in IE vengono scoperti sempre nuovi bug, la Microsoft è costretta a mettere le patch scaricabili dai suoi siti di assistenza, e spesso dalla segnalazione dell’errore alla sua riparazione passa un bel po’ di tempo. Che Apache sia un software per server più stabile di Windows 2000 e compagnia ormai lo sanno anche le rape. Accade spesso che i server che girano su Windows vengano messi in ginocchio da qualche virus super-letale, agli altri non capita, come mai?
    Anche nel caso dei libri, il copyleft premia la qualità. Se un libro è scaricabile dalla rete ma fa schifo, pensi che qualcuno lo comprerà e regalerà? E? chiaro che il circolo virtuoso si instaura solo se l’opera è buona.

  29. Risposta secca: Sì. In alcuni settori hanno praticamente già vinto (la tecnologia dei server, ripeto), in altri (come i sistemi operativi dei personal computer) ancora no ma la tendenza è inequivocabile, per questo cercano di mettere i bastoni tra le ruote in tutti i modi possibili.

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